Una veduta di Sabaudia
La Pontina come tutti i fine settimana è sempre molto trafficata
e nonostante sia un buon guidatore, ho qualche difficoltà a seguire, senza farmi
notare, il generale.
Un anziano play boy che da
tre mesi mi costringe a girare per Roma e provincia ed ad assistere alle sue
grottesche performance con una grandissima gnocca bulgara di 30 anni, un metro
e settantacinque di viagra vivente. L’ha incontrata durante un concorso ippico ai
Castelli romani, dopo che mezza Roma
aveva avuto con lei incontri molto approfonditi e se ne era innamorato
perdutamente con l’incoscienza dei suoi 65 anni.
Non capisco perché io, ex
maresciallo dei CC, cinquantenne e belloccio, con il fascino discreto dello 007,
debba sempre far parte dell’altra mezza Roma…
Prima o poi dovrò convincermi di essere uno sfigato!
Come sempre, il nostro si ferma a
Sabaudia nell’hotel “Irma”, un posto
splendido con una spiaggia da Maldive, molto simile a quella di Ladispoli dove
vado invece io d’estate, con la famiglia accompagnato da suocera e canarini.
Roba da pazzi, anzi devo
ricordarmi di telefonare allo stabilimento Iole per confermare la cabina e l’ombrellone
per il mese di agosto, allo stesso prezzo dell’anno scorso.
Non é molto originale il
generale, sempre la stessa stanza, lo stesso ombrellone vicino al quale,
casualmente è sempre presente la “sua” bulgara con due gambe abbronzate che mi
ricordano quelle della Arcuri, identiche alle gambe di mia moglie Enrica,
altezza 1,50, origini meridionali, coscia alta come il bordo del marciapiede…
Ma lo tsunami non arriva mai
a Ladispoli ?
Mi distendo al sole, con in
testa un cappellino falso acquistato da un vu cumprà di Latina, occhiali scuri
classici e libro giallo da leggere, vicino ai due piccioncini e comincio il
solito rituale, un mix di osservazione e memorizzazione di tutto quello che
loro fanno o dicono, naturale o insolito che sia.
Certo, l’ultima volta che
sono stati ad Ischia, dopo essersi guardati negli occhi per 10 minuti, si sono
alzati e sono corsi in camera abbracciati mentre io riflettevo su quante volte
avevo dovuto invece dedicarmi ad attività autonome suffragando le tesi
metropolitane che giustificherebbero in questo modo l’uso degli occhiali fin da
bambini.
Tra l’altro, oggi è uscito di
gran fretta dal Ministero dove lavora, intorno alle 14, con una valigetta 24ore
che abitualmente non è solito utilizzare ma che soprattutto adesso non ha con
sé.
Con la scusa di cercare una
toilette indicatami da un cameriere quasi compiacente di condividere con me i
suoi problemi di prostata, salgo al primo piano dell’hotel, stanza 27, occupata
dal generale e con l’abilità che mi contraddistingue impiego due minuti ad
aprire la porta senza chiave ma soprattutto senza essere visto. All’interno
noto subito, in un angolo, la valigetta nera ma è chiusa a chiave: la forcina
di mia moglie compie il miracolo per la seconda volta, ma dentro non c’è molto,
solo la copertina di un fascicolo vuoto di colore giallo con su scritto “Secret
Cosmic” ed alcuni riferimenti in inglese circa un aereo.
Maledizione questa volta il
nonno l’ha combinata grossa.
Mi precipito giù per le
scale, ritornando immediatamente sotto l’ombrellone mentre con il cellulare
velocemente chiamo il dott. Chiari per informarlo delle novità.
I due intanto erano rimasti
tranquillamente seduti sulle rispettive
sedie sdraio e nel tentativo di spalmarsi vicendevolmente la crema abbronzante sul
viso continuavano a scambiarsi delle smorfie che inducevano a presagire un
tranquillo ma certo week-end di sesso.
Beati loro.
Chiari mi ha raccomandato di
tenerli d’occhio perché anche se i documenti sottratti del generale sono stati
sostituti con dei falsi, bisogna capire meglio il ruolo della donna e
possibilmente fotografarli mentre se li scambiano.
Si farà risentire. Certo ‘sto
dottor Chiari, sempre a casa sua il sabato e la domenica, mentre io sono sempre
in giro a mangiare dove capita, con il caldo, il freddo, senza orari. Che vita
ragazzi, anche se è molto eccitante quando per strada ti fermano gli ex
colleghi e te, con noncuranza studiata, gli mostri il tesserino di appartenente
al S.I.S. (Servizio Informazione Segreto) e loro ti lasciano andare subito,
salutandoti con deferenza ed invidia.
Adrenalinico, quasi da James
Bond, come quando mi ritrovai in una squadra che più che speciale sembrava
uscire da un campetto di calcio del Laurentino 38, addetta a controllare un
arabo di passaggio per Roma.
Sceso in un albergo di Via
del Corso, un metro e ottanta di palestra, aveva deciso di uscire per guardare
le vetrine del centro e forse fare qualche acquisto, offrendoci la ghiotta
possibilità di dare un’occhiata alla stanza dove pernottava.
Tutto era a posto, lo
tallonava uno dei nostri di Frosinone, non troppo sveglio ma estremamente
collaborativo, mentre parte della squadra metteva a soqquadro tutti i suoi
bagagli.
Io, Conti, appena arrivato al
servizio, fui collocato nella hall, dove ebbi il modesto incarico di evitare un
suo rientro affrettato, cosa che regolarmente avvenne perché il ciociaro se lo
perse ingenuamente in via Frattina, ed io me lo vidi entrare spavaldo con
alcune buste di cravatte in mano, mentre ero intento a pensare alla prossima
partita Roma – Chievo.
Superato un attimo di panico
ripercorsi velocemente tutti i consigli avuti mentre ero nella nostra “scuola”
che in queste circostanze esortava ad inventare… ed io inventai: un attacco
epilettico simulato con bava vera ed abbraccio fraterno allo stupefatto arabo
che sconvolto si vide costretto a soccorrermi, aiutandomi ad entrare
nell’ambulanza.
Conclusione, la squadra
riuscì a defilarsi, l’arabo non si accorse di nulla ed io finii ricoverato per
tre giorni all’ospedale S. Giacomo, con invasivi cateteri infilati dovunque.
Osservo il mare splendido,
attraversato da una vela lontana che sembra volare, ma con la coda dell’occhio mi
accorgo di essere osservato da una giovane signora, credo romana, con due figli
rompiballe che continuano a giocare con un rumoroso game-boy, che insiste a
guardarmi con trasversale, furtiva attenzione.
Occhi neri, afgani che
sembrano invitarmi ad un momento di cazzeggio, senza troppi coinvolgimenti.
Riepilogo mentalmente se si
tratta di una mia ex ma il mio archivio non ha purtroppo molti nomi inseriti o
di qualche “problema” legato alla mia attività, ma non trovo una risposta
immediata se non un preciso ricordo di quella settimana trascorsa in un
giardino pubblico della capitale dalle cinque alle otto di sera, costretto a
sbirciare se nel portone del palazzo di fronte, sede di un ufficio statale,
entrasse un diplomatico dell’Est con borsa al seguito.
Nella panchina di fianco a
quella da me occupata, con giornale aperto fisso ed occhiali scuri, sedeva
quasi sempre da sola una ragazza sui vent’anni, bellissima, con due occhi verdi
da Irlanda selvaggia, vestita modestamente, ma con un corpo nascosto da top model
alla quale non potevo fare a meno di lanciare continuamente profonde occhiate
copulatrici rimaste inequivocabilmente prive di risposta.
Il sabato, ultimo giorno di
lavoro, tra il perplesso ed il seccato, ma soprattutto perso nei suoi occhi
verdi, decisi di approcciarla ed avvicinandomi in piedi davanti a lei, modello
George Clooney, le chiesi se poteva offrirmi una sigaretta… Alla prevedibile
risposta negativa, insistetti
nell’invitarla a prendere qualcosa da bere con me nel chiosco del giardino e lei
incredibilmente acconsentì ed alzandosi in silenzio, allungò con la mano destra
un bastone bianco di ferro retrattile, che aveva con se chiedendomi se potevo
accompagnarla.
In quel momento compresi
l’incertezza di chi talvolta deve decidere tra l’infilarsi velocemente sotto un
bus o lasciarsi andare senza urlare da un balcone al quinto piano di un
palazzo.
Basta con i ricordi, perchè
magari questa volta ho rimorchiato! Lunedì, al bar, tra la Roma che ha vinto e questa storia guadagno cento
punti.
Mentre mi stavo “fomentando”
(come esclama spesso il ragazzetto che lavora dal carrozziere), lei si alza di scatto dalla sdraio e
dirigendosi verso di me, già afflitto da un’accentuata sudorazione che risente
copiosamente della “gita” effettuata nella stanza del generale, con una voce da
sballo mi chiede un giornale da leggere che io ovviamente non ho perchè non ho
fatto in tempo a comprarlo, avendo dovuto rincorrere il generale.
Bravo!
La vedo allontanarsi leggera
sulla sabbia, muovendo delle splendide mani lunghe che sembrano salutarmi e che
sicuramente non accarezzeranno mai il mio viso.
Mi guarda ancora, ma
l’iniziale sguardo intrigante lascia il posto ad un flash di malinconia e tristezza nei suoi
occhi.
Osservo il marito che arriva
con i gelati per i figli e capisco…
Intanto il generale, dopo
aver fatto un lungo bagno con la donna ed essere ritornato all’ombrellone, le
porge una rivista alla quale lei non sembra essere interessata, ma che lui di
nuovo le offre con rinnovata cortesia affinché la legga.
In quel momento intuisco al
volo e preparo l’accendino-macchina fotografica, dotazione del perfetto 007 e
immolo la scena.
Mi accendo contemporaneamente
una sigaretta che non riesco a fumare perché io in realtà non sono un fumatore,
riuscendo ad emettere un colpo di tosse così forte ed inopportuno da spaventare
un anziano cane.
Nella circostanza non posso
fare a meno di notare che la donna non riesce ad aprire la rivista perchè le pagine
sembrano quasi incollate ed allora eccola fissare negli occhi il generale che
ricambia lo sguardo con un sorriso furtivo ma deciso invitandola ad infilare
rapidamente la rivista nella borsa da mare.
Ma certo, i documenti sono
nascosti tra i fogli della rivista, un vecchio sistema per passare di mano fogli
riservati, senza attirare l’attenzione dei curiosi.
Avverto Chiari e la sua
risposta non mi piace per niente.
La giornata è ormai al
termine e i due non sembrano intenzionati a rimanere come le altre volte per
tutto il week-end a Sabaudia perciò lui la saluta discreto ma affettuoso,
dirigendosi a lunghi passi verso la sua Audi parcheggiata lungo la strada tra
le dune mentre lei sale a bordo della sua Mini nera.
Mi avvio anche io lentamente
con la mia vecchia Fiat Punto bianca e mentre mi allontano, guardando di
sfuggita lo specchietto retrovisore, sento un boato fortissimo mentre delle
fiamme rossastre circondano rapidamente l’Audi del generale.
Tiro dritto.
Roma è lontana e il sabato
sera c’è sempre traffico.
Lunedì devo pagare il
condominio e mia moglie vuole cambiare il frigo. Sento delle sirene che si
avvicinano.
Che tempi ragazzi.