29 maggio 2018

Le riflessioni di Pradella: cena di primavera

 
 
 
L’altra sera, alla cena di primavera, chiacchierando, abbiamo espresso la nostra opinione sulla possibilità che il governo M5S/lega nascesse.
Ho detto che il governo sarebbe nato. Giò ha invece detto che vedeva nuvole nerissime addensarsi sul tentativo di Di Maio e di Salvini, per l’interposta persona del prof. Conte, di formare il “governo del cambiamento”.
Giò ha visto meglio di me quello che stava per succedere.
E’ difficilissimo – e sono d’accordo con josi – guardare a quello che sta accadendo, liberandosi dalle proprie inclinazioni.
L’unica è dichiararle: le mie sono apertamente e fermamente contrarie alla visione politica della lega di Salvini e non credono ci sia una visione politica  univoca nel movimento delle stelle. Considero d’altronde il sistema finanziario liberista, crudele e inumano
Detto questo cercherò senza annoiare troppo, di valutare la situazione in cui ci siamo cacciati noi, in Italia, e in Europa e nel mondo
Ci troviamo di fronte, in ogni caso e comunque la si pensi, a una crisi istituzionale devastante.
La crisi è “storica”, nel senso che travalica le questioni di “diritto” e incide profondamente proprio là  dove maggiore è la discrepanza tra le regole del governo e la realtà del potere.
Si stanno addensando contemporaneamente le tensioni e gli scricchiolii della globalizzazione finanziaria e della inadeguatezza della sovranità nazionale. 
La profonda rivoluzione  innescata dalla tecnologia, sta scardinando il mondo fondato sul vecchio modo di produrre beni e servizi,  insieme drasticamente riducendo la capacità di governo legata agli ambiti nazionali cui è ancora costretto il potere politico (non solo per l’Italia, ovviamente).
La difficoltà crescente di costruire uno stato europeo – dovuta alla speranza di riuscire a fondare uno stato federale partendo dall’alto, cioè da stati di lunga tradizione,contando su poche radici comuni e sulla paura di un reciproco annientamento scampato,  che spontaneamente trasferiscono potere al nuovo soggetto politico – alimenta al contrario, il rigurgito nazionalista.
La prima vittima di questa profonda trasformazione in atto (arroccamento del liberismo finanziario creatore di crescenti e insopportabili disuguaglianze, ancora per molto dominante a livello mondiale e la contemporanea inadeguatezza della politica territoriale nazionale) è stata la dicotomia del riformismo di sinistra, teso a moderare invano gli eccessi della finanza,  contrapposto alla destra cosiddetta “moderata”, strumento politico dell’individualismo globalizzante.
Entrambe avendo accettato (l’una “obtorto collo” e l’altra con arroganza trionfante)il sistema capitalistico – finanziario, come paradigma stabile della convivenza sociale (scenario da “fine della storia”), sono state sconfitte dalla crescente precarietà della vita delle popolazioni.
Poichè la storia non presenta ricette pre-confezionate, ma le distilla in un processo continuo, la strada del cambiamento è piena di errori costosi e dolorosi.
Assorbita quasi del tutto la scomparsa della dicotomia destra –sinistra, la ricerca di una via d’uscita a ogni costo, da una situazione insopportabile di massa, mette in discussione questioni che fino ad ora si davano per scontate: democrazia, rappresentatività, regole e costituzioni, sovranità, suffragio universale,territorio,....
Se la globalizzazione ha portato precarietà; se la costruzione di uno stato federale acuisce le insofferenze nazionali, se i “poteri egemoni” non si curano della qualità della vita dei popoli....
Allora sarà vero il contrario: evviva la sovranità nazionale; abbasso le regole della economia che sembrano fatte apposta per sudditi e non per cittadini; abbasso le regole in cui le vecchie oligarchie costringevano i popoli....
Soltanto che i popoli non parlano che con la voce delle moltitudini e hanno bisogno di capaci portavoce; che le sovranità nazionali cozzano contro la tecnologia che le rende obsolete; che i portavoce – come nelle aziende a azionariato diffuso – diventano i veri padroni; che la cornice capitalistico – finanziaria non è intaccata da questi sussulti e li ignora, non avendo preferenze per nessun insieme di regole politiche e tutte le accetta, se le sue regole sono rispettate....
Il marasma globale si accanisce come sempre sulle aree di debolezza.
Lo sviluppo scriteriato del dogma capitalistico ha innescato una spirale perversa ambientale e sociale che accelera cambiamenti, spostamenti di popolazioni, paure e sciovinismi, difese identitarie e lotte esistenziali che contrappongono miserie insopportabili a quelle che ancora si credono difese dal peggio.
Così in Europa la crisi di regole della convivenza e della trasformazione, colpiscono con più forza le aree del sud. Non esiste più l’Europa sognata ma almeno tre Europe che non si amano ma si sopportano e che, ciascuna per conto proprio, sta facendo i conti con le proprie difficoltà e con i dubbi sociali sulla  validità dell’esistente, rischiando strade dove si incontrano uomini della provvidenza.
L’Europa di Visegrad, quella a trazione tedesca e quella del sud. Sono tre europe (tutte deboli) collegate da zone di sovrapposizione che fungono da cartilagini, che prima o poi evolveranno in un senso o nell’altro.
Per rimanere in casa, a me sembra evidente che lo scontro riguardi oramai le basi costituzionali della convivenza, che trovano radice nel subbuglio che coinvolge tutta l’Europa e in certi modi, tutto l’occidente.
La nostra Costituzione, avanzatissima nella enunciazione democratica dei principi e normale nella definizione dei poteri istituzionali, non appare più come la legge fondamentale dello Stato e non può esserlo, perchè contiene in sè due principi contrastanti: il diritto di scelta  del popolo sovrano e la sua mitigazione secondo regole estranee al dominio popolare assoluto, secondo la visione violentemente populista della Lega e a quella oscillante, ma formalmente solida,di assemblearismo del M5S .
La crisi istituzionale nasce dal braccio di ferro preteso da Salvini e da Mattarella come prova di forza.
Sarebbe stato possibile abbandonare la pretesa di Savona ministro, o sottoscriverla. Nessuna delle due parti poteva accettare questo risultato. Le istanze di Mattarella e di Salvini (non di Di Maio che, secondo me, avrebbe accettato ogni soluzione)sono contrapposte: Mattarella deve difendere le regole di una oligarchia italiana che ha sposato quella  dominante. Salvini, utilizzando la visione di un potere assoluto della volontà popolare, vuole la nascita di una oligarchia diversa.
In tutto questo, come al solito, il popolo non c’entra e alla fine andrà di mezzo.
Umberto  Pradella

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