21 maggio 2018

Le riflessioni di Pradella: Pettegolezzi e Notizie

 
Lenin e Stalin
 
 
 
Ho letto il contratto M5S/lega.
Se si tolgono alcune cose che ritengo sbagliate, dannose o che non mi piacciono, devo dire che è un elenco di cose che potrebbe accettare qualunque partito.
Insomma una alta percentuale delle cose che si dovrebbero fare – nella attuale contingenza politica – mi sembrano l’elenco delle cose che qualunque governo  metterebbe nella propria lista.
Questo mi conferma nell’opinione che gli spazi di manovra della politica – che inevitabilmente (e per i sovranisti giustamente) agisce come se fosse possibile davvero governare in solitudine un territorio – sono ormai asfittici, mentre le scelte vere appartengono al sistema economico finanziario mondiale.
Considerate le condizioni notarili, una previsione: la terza repubblica non sarà lunga.
Il mondo è in subbuglio e la politica – tutta – annaspa. Chi vince e chi perde non sanno che pesci pigliare
Questo detto, mi sembra più soddisfacente divagare, cercando notizie e pettegolezzi:
 
 
Gennaio 1913. Non in Europa, ma a New Orleans, un ragazzo di 12 anni festeggia il nuovo anno sparando per aria con una pistola rubata. Finisce in riformatorio e è tanto turbolento che il direttore Peter Davis, non sapendo cosa altro fare, gli impresta una tromba; ha l’impressione che gli sia piaciuta.
Il ragazzino  si chiama Louis Armstrong.
 
Nel 1911 la Gioconda è stata rubata  al Louvre. Nel Gennaio 1913 non se ne ha ancora nessuna traccia e la polizia interroga Pablo Picasso, che ha un alibi e può tornare a casa. I parigini depongono fiori davanti alla parete vuota della sala del Louvre. Sarà ritrovata a Firenze nel dicembre 1913. La aveva rubata un certo Roberto Peruggia, trentaduenne vetraio impiegato al louvre. Aveva messo lui il quadro nella teca fatta apposta. Per questo sapeva come aprirla. Si era chiuso la notte nel museo e era uscito la mattina con la gioconda avvolta in un telo, sotto il braccio. Voleva che tornasse in Italia. La  aveva  tenuta nascosta quasi due anni  in casa sua a Parigi, a meno di un km in linea d’aria dal Louvre. I gendarmi erano andati a trovarlo – come avevano fatto con tutti i dipendenti del museo -  ma non aveva guardato sotto il letto.
Il suo desiderio non si è potuto avverare e Peruggia è stato condannato a 7 mesi di reclusione, accompagnato da regali, lettere di conforto e solidarietà. Il museo e la gendarmeria  parigina hanno fatto una bruttissima figura. Il quadro ha viaggiato in pompa magna da Firenze a Roma, a Milano, mostrato e riverito per mesi; scortatissimo  è tornato al Louvre. Prima era un bel dipinto. Dopo è diventato “il dipinto” trattato come il più prezioso dei tesori. 
 
Gennaio 1913. Un uomo di 34 anni arriva alla stazione nord di Vienna. Sul passaporta il suo nome è Stavros Papadopoulos. Trascina una pesante valigia, ha scarpe da contadino russo e zoppica. Legge l’indirizzo scritto su un foglio e, dicendo la parola d’ordine, entra in casa Trojanovskij.Ci starà quattro settimane.
Il suo nome vero è Josif Vissarionovic Dzugasvili e da quel 2013  si fa chiamare Josif Stalin.
La sera prima di arrivare, era a Cracovia e giocava a scacchi con Lenin. Era la settima partita e le aveva vinte tutte.
Zoppicava perchè Lenin, dopo gli scacchi voleva insegnargli ad andare in bicicletta. Non lo imparerà mai . Quella prima volta è caduto e si è fatto male al ginocchio. Zoppicherà sempre.
Stalin va a passeggiare nel parco del castello di Schonbrunn, nella neve di gennaio. Lì incontra spesso un giovanotto di 23 anni.  A tutti e due piace camminare in quel parco. Il giovanotto è un pittore fallito, cui l’accademia di belle arti ha rifiutato l’ammissione e passa il tempo inutilmente nel dormitorio pubblico maschile di Meldemannstrasse. Quel giovanotto si chiama Adolf Hitler. Non si incontreranno mai; nemmeno alla firma del “patto”  saranno presenti.
L’unico loro incontro è stato nel parco. Forse si sono educatamente salutati.
A Vienna c’è anche un giovane croato. E’ un meccanico di bell aspetto, che lavora come collaudatore mercedes. Ha 21 anni e è l’amante della borghese Liza Spuner.Ha lasciato una donna incinta in Croazia. Le manda denaro che gli regala l’amante viennese. Mette in cinta anche lei e la lascia . Ne avrà molte altre , ma un giorno tornerà in patria. Si chiama Josip Broz e si chiamerà Tito.
Sul palcoscenico viennese nei primi mesi del 1913 ci sono, insieme senza conoscersi, Stalin, Hitler e Tito.
Stalin in quel 1913 torna illegalmente in Russia. Per sfuggire alla polizia, a San Pietroburgo, si traveste da donna e si mette una parrucca.che ha rubato dal guardaroba di una manifestazione benefica. La polizia lo ferma, lo scopre sotto la parrucca e lo manda in esilio in Siberia.
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A Monaco c’è un trentatrenne misantropo insegnante di matematica (a riposo!). Il sentimento che lo domina è la paura. E’ un sociopatico che ha paura di entrare nei negozi, di incontrare i parenti, di chi parla in dialetto. Vorrebbe stare con le donne ma si spaventa appena si spogliano.
In questo gennaio è alle prese con la sua opera.  Si chiama Oswald Spengler e sta incominciando a scrivere  “Il tramonto dell’Occidente”. 
 
Franz Kafka, impiegato dell’istituto di assicurazioni contro gli infortuni  sul lavoro per il regno di Boemia, a Praga ha conosciuto la  signorina Felice Bauer, venticinquenne biondina goffa e magra, dattilografa. Si sono conosciuti per caso sotto la pioggia, nell’ agosto del 1911 e da allora, ogni notte e poi ogni pomeriggio si scrivono lettere ardenti e strane. In questo gennaio, Franz le scrive che ha sognato che le loro mani sono indissolubilmente legate insieme e continua “è pur sempre possibile (senza che io lo abbia mai letto  o sentito dire) che una coppia in questo modo sia stata condotta al patibolo”.
Kafka si spaventa di quello che ha scritto e dice “Ma cosa mi passa mai per la testa? Deve essere colpa del 13 nella nuova data”.
Kafka vuole sposare Felice ma le scrive “non esporrei mai me stesso al pericolo di essere padre”.
L’8 giugno 1913, da Praga, Kafka “incomincia a chiedere la mano di Felice. Incomincia, perchè soltanto il 16 riesce a finire la lettera, lunga più di 20 pagine, in cui scrive ”... vuoli diventare mia moglie? Lo vuoi?” e seguita: “ considera ora, Felice, quale mutamento imporrebbe il matrimonio, che cosa ciascuno perderebbe  e che cosa guadagnerebbe. Io perderei la mia generalmente spaventosa solitudine e acquisterei te  che amo sopra tutte le creature. Tu invece perderesti la vita che hai fatto finora, della quale eri quasi del tutto contenta, perdersti Berlino, l’ufficio che ti piace, le amiche, i piccoli divertimenti, la speranza di sposare un uomo sano, allegro, buono, di avere figli sani, che, se ci pensi, desideri ardentemente. In cambio di questa perdita tutt’altro che trascurabile, acquisteresti un uomo malato, debole, poco socievole, taciturno, malinconico, rigido, quasi disperato.” 
 
Gabriele D’Annunzio regala a un amico il suo Martirio di san Sebastiano, Ma nella dedica invece di 1913 scrive 1912 + 1.
Anche Arnold Schonberg è scaramantico. Nelle sue opere non compare mai il numero 13, nè come misura, nè come numero di pagina.
Quando si accorge che il titolo del suo Moses und Aaron avrebbe avuto 13 lettere, cancella la seconda A e, da allora, l’opera si chiama Moses und Aron.
Era terrorizzato dal pensiero di morire un venerdì 13, essendo nato il 13 settembre.
Niente da fare; morirà nel 1951 (niente 13), ma di venerdì 13.
 
Albert Einstein nel 1913 vive a Praga e cresce la sua disaffezione per la moglie.
Stanno male insieme e lui la tratta come un ‘impiegata che non può licenziare” e alla sera va a bere una birra in un caffè dove va anche Kafka.
Si è innamorato della cugina Elsa che si è appena separata dal marito e le scrive peste e corna del suo matrimonio
Non è il solo a mal sopportare il matrimonio:
Hermann Hesse sta  male con la moglie a Berna e Arthur Schnitzler con sua moglie a Vienna.
 
 
Vienna, Parigi, Monaco, Berlino.
Vienna vive il suo ultimo anno di sfavillio; ma che anno! Ci sono Gustav Klimt, oscar Kokoschka, Sigmund Freud,Egon schiele, Karl Kraus, Hugo von Hofmannsthal e tanti altri. Monaco è in declino; Parigi è la ville lumiere e la tragedia non la stroncherà. Berlino è in ascesa. Il resto d’Europa è un contorno.
 
Sigmund Freud è diventato ricco. Fa fino a 11 sedute al giorno a cento corone l’una (è lo stipendio mensile di un suo domestico).Eppure dopo la morte di Gustav Mahler  scrive al curatore testamentario cercando di incassare il compenso, sostenendo che una passeggiata con il compositore fosse una seduta psicoanalitica. La vedova Mahler, Alma, ce l’avrà con lui per tutta la vita. (non è che lei fosse una santarellina).
 
Se la rivoluzione dell’accoppiata Di Maio – Salvini è tutta qui (ci sono persino molti punti su cui sono d’accordo o molto d’accordo) forse scriverò di altri pettegolezzi
Umberto  Pradella   

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