Nei giorni scorsi la società è stata scossa da una sconvolgente e inattesa notizia.
Che non riguarda il riscaldamento globale, i conflitti sempre più generalizzati nei paesi del terzo e quarto mondo, il dramma siriano e palestinese, le guerre commerciali, la crescente spirale di violenza, razzismo e intolleranza che attraversa il nostro continente.
No.
Siamo stati turbati da una notizia assai più pregnante.
Vale a dire, leggendo un grosso titolo di una rivista detta “di tendenza”, ovvero uno di quei patinati contenitori di pubblicità che hanno l’obiettivo di tenere sulla corda su ciò che conta o non conta e di conseguenza su cosa vale la pena investire -a livello di prodotti da acquistare per dare un senso alla propria vita di microbi- che è stata sancita la fine degli hipster “the hipster is dead”.

Troppo mainstream, comuni, banali.
Pare che quei tizi snob con la barba rasata vintage, i capelli corti finemente modellati e tatuaggi elaborati ben in evidenza, siano stati sorpassati (e qui, non essendoci affatto accorti dell’evento, che si palesa il vero scoop) da un nuovo stereotipo di tendenza (con un nome, se possibile, ancora più stronzo, ops scusate, bizzarro).
Si tratta degli Yuccie, Young Urban Creatives; giovani creativi urbani.
Una categoria umana, sempre individuata dal prezioso giornale (di tendenza) che ci regala una loro simpatica descrizione: “Millennials ultra-colti (?) accomunati non tanto da uno stile quanto da un obiettivo di vita, farsi pagare per il proprio lavoro creativo.” (Cazzo! ndr).

Sono intorno a noi, e qui in Italia soprattutto (guarda caso) a Milano: curano i social network di campagne sponsorizzate, programmatori, consulenti marketing, aprono piccole boutique indipendenti e vendono occhiali fatti di bambù biologico cresciuto in piantagioni sostenibili (Sic!)
Lasciano il posto fisso (ah sì?) dove si sentono sottovalutati (ma guarda un po'!) per dedicarsi alla loro passione o per diventare blogger (un mestiere cult).
Si spremono le meningi (?) per trovare il modo di fare un sacco di soldi preservando la propria autonomia creativa. (Aiuto)
Il lavoro, per loro, è una questione etica. (Argh!)

Sempre il giornale di tendenza ci dice che a definire lo Yuccie non è la ricchezza, ma la relazione tra la ricchezza e la creatività (a m’be!).
Vogliono essere pagati per le proprie idee, invece di eseguire quelle di qualcun altro (ci mancherebbe!).

Il giornale di tendenza dopo attenta osservazione e analisi ha anche pubblicato una lista di caratteristiche identificative, tra cui:
Lo Yuccie
- ama i dolci artigianali
- fa corsi creativi di pittura o acquarello
- evita tatuaggi troppo vistosi (non è prudente dal punto di vista lavorativo)
- compra i giornali solo nel weekend, con gli inserti culturali (?)
- ha migliaia di follower su Instagram, e nessuno su Twitter
- mangia volentieri al ristorante, per postare la foto con i filtri sui social
- è immensamente cinico
- ricerca l’ammirazione altrui per sentire che le proprie idee valgono. (!)

Ovvero saremo presto alle prese con una nuova tribù di sfaccendati cialtroni con problemi d’identità, pronti a invadere l'immaginario e la debole psiche -già destabilizzata a vari livelli da una marea di cazzate- di potenziali giovani adepti.
Non c’è che da rassegnarsi.
Ci estingueremo cinici, tatuati e sorridenti per un eccesso di idiozia, ma con milioni di followers al seguito.


Maurizio Semplice