Lampi e frammenti di un pomeriggio qualsiasi a San Lorenzo di Gian Carlo Marchesini
Nel pomeriggio tra le cinque e le sette di un giorno
di metà maggio a San Lorenzo si possono registrare alcune cose mescolate e
diverse.
Al cinema Palazzo occupato è in corso la proiezione
di un documentario sui problemi in cui versa l’agricoltura nel mondo. Sulle
scalinate di panche per il pubblico siedono all’incirca cinquanta persone,
prevalentemente giovani donne.
All’ingresso del cinema c’è chi vende birre e chi raccoglie le offerte spontanee.
Al cinema Tibur proiettano l’ultimo film di Cronenberg appena presentato a Cannes, le
persone in sala sono venticinque, tutti anziani cinefili che approfittano dello
sconto pomeridiano.
Ai campetti di calcio del complesso sportivo
Cavalieri di Colombo (sta lì a funzionare a meraviglia dal 1924) è in corso un
torneo per squadre di ragazzini delle elementari. Sono in corso nei tre campi contemporaneamente
tre partite, i ragazzetti sfrecciano con una intensità di trame e traiettorie
da capogiro, dietro le reti che cingono i campi fremono e premono tumultuanti
genitori e parenti. Il tifo regna incontrastato: cori, urla, slogan, corni e
trombe, esplosione di boati impressionanti per ogni gol segnato. L’atmosfera è
festosa e bella, i ragazzini e le ragazzine non interessate al calcio giocano a
piroettare e inseguirsi su vialetti e prati.
Lungo la strada verso la libreria dove ho
l’appuntamento incrocio una colonna di ragazzoni e ragazzotte con zaini sulle
spalle che parlano inglese: immagino siano australiani o canadesi, sono così forti
e nerboruti che non possono che venire dai grandi spazi. Si guardano intorno
interessati e compiaciuti di essere finalmente scesi dal loro aereo e sbarcati
non solo in un’affascinante Roma, che esisteva imperiale quando ancora i loro
villaggi non erano nati, ma proprio in San Lorenzo, nel cuore del suo cuore.
In libreria Guido non c’è ancora, c’è l’amico suo
Stefano che mi invita ad aspettare. Nella panchina, sul marciapiede di fronte
al bar con annesso spazio di mescita all’aperto sotto una folta pergola, è
seduto un signore molto anziano che mi chiama agitando supplice una mano. Vuole
che lo aiuti a tirarsi in piedi, aiuto che gli dò volentieri. Mi ringrazia con
un sorriso di auto compatimento un po’ smarrito e se ne va piano piano. Sospiro
e intimamente mugugno facendo ricorso a un pizzico di humour: non è poi così
lontano il giorno di un cambio delle parti.
Mi siedo sulla stessa panchina ad aspettare Guido e
intanto mi osservo intorno. Davanti al bar con la pergola staziona un gruppetto
di persone. Parlano e ridono tra di loro, e subito riconosco Alzetta di Action
e Rino Fabiano, responsabile per l’ambiente del III Municipio. Mostrano tra di loro in rapporto di grande complicità,
sorseggiano soddisfatti i loro Campari alternando ai sorsi voluttuose boccate
di fumo. A vederli, senza per la distanza essere in grado di capire quello che
dicono, si direbbero a loro agio nello stare al mondo, fieri della loro vita
quotidiana piena di senso. Un sorso di Campari, una boccata alla sigaretta, una
sonora risata, la struttura eretta e muscolosa del corpo, la camicia bianca
appena stirata. Hanno le facce semplici ed espressive degli attori di un film
di De Sica degli anni Cinquanta. Si direbbero giovani leoni che si vivono a
loro agio il quartiere come territorio.
Non ci fossero troppe macchine per le strade si
direbbe che San Lorenzo è un quartiere tutto sommato sazio e felice. Pieno di
bambini e giovani, di locali per tutte le tasche e i gusti, di palestre e orti
condivisi, di buoni cinema privati o occupati. Un’amica universitaria mi
racconta che a San Lorenzo una camera in affitto oggi non si trova.
Camminando lungo Via dei Volsci, da una parte si
intravede la Stazione Termini, dall’altra il verde folto e malinconico del
Verano. E viene da pensare che in questo quartiere tutto il necessario si tiene
al meglio. La via di approdo, e quella di partenza e fuga. Il meglio del bere e
mangiare e del divertimento. L’eccellenza per lo studio all’Università e la
specializzazione al Policlinico. La pista di approdo e lancio per la definitiva exit strategy. E poi c’è palpabile
ed evidente la presenza di un pezzo di popolo ribelle e orgoglioso, i piedi
piantati nelle sue radici e lo sguardo all’orizzonte e in alto.