29 aprile 2014

TSIPRAS ,L'ANTI MERKEL D'EUROPA

da MicroMega

Tsipras, l’anti Merkel d’Europa



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Der Spiegel l’ha definito “il nemico numero uno d’Europa”. Per la cancelliera tedesca è un “piantagrane”. Il libro “Tsipras chi?”, edito da Alegre, ricostruisce la sua storia e quella del suo partito, Syriza, in testa nei sondaggi in Grecia: una sinistra credibile che rappresenta una vera alternativa alle politiche di austerity. La sfida è già alle prossime elezioni, “per cambiare l'Ue del rigore, della finanza e dei banchieri”. Pubblichiamo recensione e prefazione della scrittrice Valeria Parrella.

di Luca Sappino

I violinisti, in lacrime, che però non smettono di suonare. L’orchestra della televisione pubblica greca che suona per l’ultima volta. E suona l’inno nazionale. La televisione pubblica che sospende le trasmissioni, perché i suoi quasi 2800 dipendenti non servono, tutti, al rilancio del Paese, almeno stando al piano del “memorandum”. Chi non si è commosso, chi non ha avuto paura, guardando quelle immagini?

«Non dobbiamo finire come la Grecia» è il timore su cui fa continuamente leva chi sostiene le politiche dell’austerità. «Avete visto quanto è triste finire sul lastrico?». «Mica vorrete fallire?». «Bisogna abbattere il debito, ridurre la spesa, aumentare la flessibilità». Lo spauracchio funziona. Greci ben vestiti che frugano nei cassonetti. Greci che pagano, duramente ma «inevitabilmente», dicono, la propria proverbiale pigrizia. Il greco scansafatiche, statalista. Il greco che trucca i bilanci (e che si sappia che solo i greci truccano i bilanci!). Così ci dicono. E se non vogliamo finire come loro dobbiamo esser meno statalisti anche noi, via i privilegi, via le comodità. Tipo cos’è questa cosa del posto fisso? Il posto fisso non favorisce l’impresa. Troppo alto è il rischio, e l’imprenditore rischia solo se il rischio è condiviso. Suoi i profitti, di tutti i rischi. Altrimenti falliamo. Altrimenti non si cresce.


Parliamo della Grecia o dell’Italia? Di entrambe, in realtà. Perché se Tsipras chi? (in libreria, pubblicato da Alegre), di Matteo Pucciarelli e Giacomo Russo Spena, è un ritratto della Grecia, è il racconto della fortuna elettorale di Syriza, diventata – anche indipendentemente dal pronunciato profilo politico – collettore delle disperazioni, delle speranze e dei dissensi più disparati, questo non può non ricordarci cos’è il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo, per molti, in Italia. In Grecia c’è Alba dorata, sì, ma è Syriza e Alexis Tsipras a rappresentare l’alternativa all’Europa del memorandum. Allo stesso modo sondaggi e rilevazioni più o meno scientifiche dipingono da noi le prossime europee (e poi le politiche) come il campo di uno scontro a due. Renzi contro Grillo. Le istituzioni contro «i cittadini».

Perché «Alexis Tsipras è solo un megafono» nota Valeria Parrella nella prefazione del libro, che è un instant ma solo perché esce al momento giusto. Ma è un megafono di una Grecia a cui somigliamo già. Se non nell’intensità della crisi, nel sentimento verso l’Europa, nel rapporto con i governi. E nelle politiche, nel loro indirizzo se non nella loro violenza. Siamo già come la Grecia, se pensiamo al modo in cui siamo arrivati fin qui, al percorso: «Per quasi due decenni il Pse ha partecipato alla rottura del contratto sociale del Dopoguerra, il quale – paradossalmente – aveva ispirato e contribuito a far nascere». Lo nota Tsipras intervistato dagli autori, pensando al Pasok. L’avrebbe però potuto notare un politico nostrano, da sinistra o da una delle cinque stelle, pensando al Pd, che proprio per queste europee, non a caso, ha deciso di aderire formalmente al Pse.


In Grecia Tsipras ha riunito la sinistra (ed è utile scoprire come), e ha dialogato con i movimenti. Con quella «generazione 700 euro» (da noi era «mille euro», bei tempi!) che difendeva l’università pubblica in via di privatizzazione e subiva il precariato, già prima che la crisi scoppiasse e la sinistra raccogliesse un così vasto consenso. Tsipras e Syriza sono riuscite a politicizzare la disperazione, la rabbia. Chi vota Syriza? Chi sceglie la «sinistra di governo», che – strano, no? – vuole andare al governo senza cambiare, e senza paura per questo di «diventare destra», come dice Matteo Renzi? E’ centrale la figura del leader, certo. E Russo Spena e Pucciarelli ne ricostruiscono la carriera, la formazione, i rapporti con Rifondazione Comunista e i movimento del Social Forum. Il vezzo di vestirsi senza cravatta. La forza di mollare le riunioni per tornare a casa ad addormentare i figli. I limiti, e i rischi. «Spero non si monti la testa, ora che in Italia c’è una lista che porta il suo nome, cosa per noi inconcepibile», confessa agli autori Vassilis Moulopoulos, compagno di Tsipras. Ma non è solo questo. E’ una via d’uscita alternativa, diversa dalla «dottrina dell’austerità espansiva, secondo cui l’austerità dovrebbe assicurare la crescita» e da quella più recente, sancita dall’incontro tra Matteo Renzi e Angela Merkel – come nota l’economista Emiliano Brancaccio – «della "precarietà espansiva": l'idea cioè che attraverso ulteriori dosi di precarizzazione del lavoro si possa generare crescita dei redditi e dell'occupazione». Una via alternativa che per molti può essere una qualunque, in Italia come in Grecia, ma che per Syriza non lo è. E Tsipras chi? spiega perché.


Con le parole di Tsipras (ditemi voi se non vi suonano familiari): «Non importa se la Grecia alla fine fallisce e sprofonda nella miseria. Ciò che conta è che, in un Paese della zona euro, ora si discuta apertamente di salari alla cinese, di abolizione del diritto del lavoro, di dissoluzione della sicurezza sociale e dello stato sociale, e di completa privatizzazione dei beni pubblici. Con il pretesto di combattere la crisi, il sogno neoliberista delle menti più perverse diventa finalmente realtà». E con la storia recente della Grecia. Che forse non è proprio come ce l’hanno raccontata.

I MAGGIO.PROGETTOROMA INSIEME ALLA COMUNITA' PERUVIANA

 
 

I MAGGIO .  PROGETTOROMA  INSIEME ALLA COMUNITA' PERUVIANA

Un modo speciale per ProgettoRoma di festeggiare il I maggio accanto agli uomini e alle donne peruviane che vivono e lavorano nel nostro Paese, un modello di comunità che rappresenta un esempio laborioso e solidale delle comunità straniere che vivono in Italia.
Giovedì 1 maggio 2014, ore 12.00 - 18.00
Piazza di Via Pietro Marchisio, Cinecittà est, Roma
"Noi Peruviani all'estero desideriamo festeggiare il primo maggio insieme al comitato di quartiere in Via Pietro Marchisio. I progetti della comunità peruviana all'estero sono: il diritto di rappresentanza nel Parlamento peruviano per la comunità peruviana all'estero, l'avvio di accordi bilaterali tra il Governo italiano e peruviano, dove vivono più di 500 mila italiani. Siamo migranti e abbiamo tre fronti di lotta: il primo per i diritti sociali in questo Paese che ci ospita e che esprime forte solidarietà verso il popolo peruviano, il secondo per l'integrazione sociale dei migranti, il terzo per i diritti negati ai peruviani all'estero da parte del nostro governo di Lima. Partecipiamo a questa iniziativa in piazza il primo maggio sopratutto per ricordare e festeggiare insieme i diritti dei lavoratori e la giornata lavorativa di otto ore, conquistata a Chicago dal Movimento Operaio nel 1886 e pagata duramente dalla classe lavoratrice americana, che riprese la lotta per migliorare la condizione della vita e del lavoro. Aspettiamo tutti questo grande evento di unione, solidarietà e scambio reciproco di idee".
Martin Carrubba

27 aprile 2014

IL LAVORO AL TEMPO DI RENZI.....E SIAMO SOLO ALL'INIZIO!


Siamo nella fase dell’intensificazione dello sfruttamento capitalistico del lavoro. Il plus valore prodotto è sempre più iniquamente ripartito. I diritti e le tutele conquistati negli ultimi decenni vengono via via demoliti e annullati. Un mio amico che lavora - la fortuna! - in un’azienda veneta che produce una linea di elettrodomestici innovativa per acquistare la quale fanno la fila i nuovi ricchi degli Emirati Arabi, della Russia, dell’India e della Cina, mi racconta che, malgrado il vento favorevole in poppa, i capi di quell’azienda impongono ai propri dipendenti di lavorare 12 ore al giorno compreso il sabato riconoscendone però in busta paga soltanto otto. E che all’interno vige un clima di terrore con il divieto assoluta di scambiare parola che non riguardi strettamente il lavoro in atto. E nessuno si ribella. Chi ha figli, chi il mutuo della casa, e fuori dai cancelli dell’azienda sono in centinaia pronti a sostituirti accettando qualsiasi condizione. Intanto Nanni Alleva, giuslavorista consulente di Fiom e CGIL, denuncia la legge Poletti sulla precarietà come un maxi bidone, perché i contratti a termine rinnovati senza causa per 3 anni lasciano il lavoratore senza alcun strumento di difesa in piena balia dell’impresa, che dopo averlo sfruttato può mandarlo via poco prima della scadenza dei 36 mesi per non doverlo assumere a tempo indeterminato. Poletti: ma non è il nuovo ministro del lavoro nel governo Renzi? E non è stato presidente della Lega delle Cooperative?  Ma siamo sicuri che non sia in atto un rovinoso cambio delle parti? Non è che è la sedicente sinistra che sta attuando le politiche economiche della destra? Eh, però ci sono, dice, ottanta euro in più in busta paga. Anche fosse vero, non è che svolgono il classico ruolo della vaselina?
Gian Carlo MARCHESINI
Dall’intervista a Emiliano Brancaccio, economista, che appare sul nuovo numero di Micromega

Renzi rivendica i famigerati 80 euro al mese per i dipendenti che ne guadagnano meno di 25mila euro lordi. C’è chi la definisce una mossa finalmente “di sinistra” che sarà anche in grado di contrastare la crisi. Per lei?

Prima di definirla una mossa “di sinistra” vorrei capire più in dettaglio dove nei prossimi anni la spending review andrà a tagliare. Se ad esempio colpisse i servizi pubblici i lavoratori subordinati potrebbero trarre più svantaggi che benefici. Riguardo agli effetti sulla crescita, vorrei ricordare che in Italia negli ultimi 5 anni abbiamo perso un milione di posti di lavoro e abbiamo registrato un incremento del 90 per cento delle insolvenze delle imprese. Sono perdite colossali, di proporzioni storiche, che dovremmo affrontare con una concezione completamente nuova della politica economica pubblica. Chi pensa che invertiremo la rotta con 80 euro in più al mese in busta paga non sa quel che dice.

17 aprile 2014

I BAMBINI E L'AVVOCATO:IL PARCO DEI GALLI A SAN LORENZO

Il piccolo giardino di Via de'Galli,chiamato pomposamente Parco dei Galli,è un piccolo ma grande esempio di buona gestione , quando l'istituzione pubblica,in questo caso il Municipio,affida un'area verde ai cittadini.Sottratto nel 2003 all'occupazione abusiva di un noto avvocato che lì dentro aveva piazzato una roulotte con due rumeni e due capre,con un blitz dell'allora presidente del Municipio e di alcuni consiglieri fu "liberato" da questa occupazione .La risposta fu una denuncia a loro carico sempre dello stesso avvocato,poi ritirata.Ma il fatto più importante fu il lavoro svolto dai ragazzi di Via de Volsci e dintorni per liberare il giardino dai rovi,dalle erbacce,dalla monnezza.Un lavoro immane a loro cura e spese.Ricordiamo per tutti il generoso impegno di Rino Fabiano.Poi il "Parco"diventò un'isola felice.Aperto e chiuso da volontari,pulito e manuntenuto,fu spesso protagonista delle giornate dell'albero organizzato dal Municipio insieme al Corpo Forestale Provinciale dello Stato e del Servizio Giardini, di lezioni di politica ambientale tenute da alcuni consiglieri del Municipio,appuntamento estivo per alcune iniziative dell'Estate Romana.
Insomma un esempio di buona gestione a cui fare riferimento per l'affidamento di aree verdi pubbliche a cittadini o associazioni residenti.
Adesso il fulmine a ciel sereno.Una sentenza del Tribunale  del 13 marzo pone fine,per il momento,a questa annosa querelle tra l'avvocato e il Comune dando ragione al primo.In virtù della quale ,il già non già smisurato giardino dovrà ulteriormente essere  ridotto,per "restituirne" parte al privato.
Non vogliamo commentare la sentenza nè gridare allo scandalo.Rimaniamo veramente sorpresi che non si sia dato il giusto risalto alla funzione sociale e pedagogica che l'area in questione riveste ormai  per i cittadini,grandi e piccoli ,di San Lorenzo.
Riteniamo che il Comune di Roma  debba assolutissimamente ricorrere in appello e far valere le proprie ragioni.Infatti  pensiamo che ci siano ragioni più che suffucienti da far valere rispetto ad una via de Galli  chiusa  in maniera arbitraria da un lato per via di una costruzione diventata sempre più invadente,e dall'altro ostruita da un cortile che chiude la strada  come se fosse una via privata.
Inoltre giusto per completezza di informazione, ricordiamo che in Via de Sabelli al 492,se non ricordiamo male,sprangato da un portone di metallo apposto da un privato per tutelare la sua proprietà si accede ad un piccolo terreno di proprietà comunale.Guarda caso il proprietario delle minivillette,tipo casetta dei sette nani,protette da questo cancello è lo stesso privato che accampa diritti sul Parco di Via de Galli.Vuoi vedere che le sue mire non sono dirette verso il Parco ma verso questo piccolo terreno e che tutta questa disputa potrebbe essere risolta bonariamente con uno scambio in sede arbitrale?
Non lo sappiamo per certo ovviamente, ma la buttiamo là come ulteriore elemento di analisi e di valutazione.
Raffaele Fischetto







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16 aprile 2014

ELECTION DAY 2014:VOGLIAMO CANDIDATI TRASPARENTI!

 
 







Questa petizione sarà consegnata a:
Candidati alle elezioni 25 maggio 2014

Election day 2014: vogliamo candidati trasparenti!

Lanciata da Libera e Gruppo Abele



  • Il prossimo 25 maggio l’Italia eleggerà migliaia di uomini e donne che saranno chiamati a rappresentarci nel Parlamento europeo, in 2 Regioni e in più di 4.000 Comuni. A parole e in campagna elettorale tutti i candidati sono dalla parte della legalità, ma dobbiamo stare attenti e chiedere impegni precisi, perché le elezioni sono anche una grande occasione in cui corruzione, interessi delle mafie e malaffare si diffondono nelle istituzioni. Ce lo dicono i dati: 120 miliardi di euro rubati ogni anno all’economia dell’Unione europea, con l’Italia che figura tra i Paesi più corrotti, insieme a Romania e Bulgaria.
    L’ “election day” è la nostra occasione per distinguere i proclami dall’impegno concreto. Non c’è tempo da perdere: chiediamo a tutti i candidati di dimostrare concretamente, a partire dalla campagna elettorale, l’impegno per la trasparenza e la lotta alla corruzione.
    Ecco come possiamo fare:
    1) Scegliamo la trasparenza. A tutti i candidati - sindaci, governatori e parlamentari europei - chiediamo una candidatura trasparente, rendendo pubblici curriculum vitae, condizione patrimoniale e reddituale, una dichiarazione sulla loro storia giudiziaria e i potenziali conflitti d’interesse.
    Vogliamo conoscere per scegliere e la trasparenza è il primo antidoto per fermare la corruzione.
    2) Vogliamo un’azione europea. A chi verrà eletto all’Europarlamento chiediamo di promuovere una normativa sul “whistleblowing”, ovvero la tutela di coloro che hanno il coraggio di segnalare le eventuali attività illecite che scoprono lavorando e che spesso per questo rischiano licenziamenti e ritorsioni. Ma vogliamo anche che in tutta Europa si confischino i beni dei corrotti e che vengano restituiti alla collettività con il riuso sociale.
    3) Vogliamo un’azione locale. Ai candidati sindaci chiediamo di mettere in cima alla propria agenda la lotta alla corruzione.
    Che i Comuni non abbiano risorse non può essere una scusa: è possibile combattere la corruzione anche a costo zero. Chiediamo ai sindaci di condividere con i cittadini le informazioni su chi li rappresenta e su come i Comuni spendono i soldi pubblici. Tanti occhi aperti rendono più difficile il malaffare.
    4) Vogliamo ricordare. Non c’è futuro senza memoria: chiediamo all’Europarlamento che il 21 marzo diventi la Giornata europea della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.
    Rivolgiamo quindi il nostro appello a tutti i candidati ad andare sul sito di Riparte il futuro e aderire alle richieste della campagna che da oltre un anno combatte la corruzione per far ripartire il futuro dell’Italia.
    Grazie.

    MODIFICATO L'ART.416 TER DEL CODICE PENALE

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    Ciao Fischetto,

    Grazie! Il Parlamento ha finalmente modificato l’articolo 416 ter del Codice Penale che disciplina lo scambio elettorale politico-mafioso, dopo oltre 400 giorni di campagna e quasi 500mila firme raccolte.
    Una buona notizia e un errore da correggere: la buona notizia è l'inserimento, dopo un iter tormentato, delle due parole "altra utilità", che colpiscono al cuore il voto di scambio politico mafioso, finora limitato all'erogazione di denaro. Si potrà contrastare in maniera più efficace il “mercato dei voti”, venduti e comprati in cambio di favori, a partire dalle prossime elezioni di maggio, europee e soprattutto amministrative.
    L'errore, su cui Libera ha espresso fin da subito le sue perplessità, è quello della riduzione delle pene, che vanno inserite, invece, in un più generale inasprimento di tutti i reati di mafia, a partire dal 416 bis oggi sanzionato con condanne inferiori a quelle previste per l'associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. L'auspicio è che il governo intervenga quanto prima perché siano previste per i reati di mafia sanzioni più severe ed efficaci, nel rispetto del principio della proporzionalità della pena.
    Dobbiamo agire subito: chiedi a tutti i candidati ad europee e amministrative di aderire alle richieste della nuova petizione di Riparte il futuro: pubblicazione online di cv, redditi, patrimoni, conflitti di interesse e situazioni giudiziarie, e l'impegno, se eletti, a portare avanti azioni concrete contro la corruzione, dal più piccolo comune all'Europa intera.
    Libera e Gruppo Abele via Change.org

    15 aprile 2014

    NON PERDONERO' MAI................


    Non perdonerò mai a Napolitano le larghe intese con vecchi esperti in malaffare come Gianni Letta, Verdini, Berlusconi e Alfano, intese che sono una resa pavida alle concentrazioni di potere e ricchezza nelle mani delle multinazionali della finanza e delle banche, a Cameron e alla Merkel, e che ci hanno costretti a subire il governo  del vampiro Monti, di Paola Severino alias Ligresti e delle lacrime di coccodrillo della Fornero.

    Non perdonerò mai al gruppo dirigente del PD di avere consentito che a prevalere, impossessandosi della sua guida, siano stati i democristiani Letta - zio e nipote - e Matteo Renzi, quello che annuncia a raffica rinnovamenti mirabolanti proponendo alla guida di grandi aziende pubbliche vecchi arnesi come Moretti e Caio, Marcegaglia, campionessa nelle  pratiche di scudi ed evasioni fiscali, e De Gennaro, il poliziotto che ha coordinato  le “operazioni” di sgombero della Diaz a Genova (63 feriti su 90 dormienti arrestati.)

    Non perdonerò mai chi, proveniente dal vecchio PCI,  in nome del fatto che anche Napolitano è espressione del vecchio e sacro totem-partito, ha subito e ingoiato tutto questo arrendendosi senza battere ciglio, e anzi ha svolto la sua parte di cane da guardia abbaiando a Grillo come se il comico genovese di tutto questo progressivo cedimento e tradimento fosse la causa, e non l’incazzatissimo, comprensibile e giustificato effetto.

    Questo Paese è oggi nelle mani della peggiore logica di compromesso democristiano - quella, per intenderci, che ha prodotto la trattativa mafia-stato -  ammantata di cori e marcette e hip hip hurrà per la capacità di produrre mirabolanti e salvifiche novità.

    Stiamo assistendo allo spettacolo di un illusionista che più si esibisce in giochi di prestigio e più si conferma impegnato nel nascondere e negare la condizione di un Paese  sull’orlo della resa, confuso e disperato.

    L’obiettivo reale perseguito? Il non essere cacciati del tutto dalla corte dei potenti e dalla loro sala da pranzo, il poter stare sotto la tavola a raccogliere qualche misero avanzo.  Per lor signori vecchi comunisti e nuovi democristi non esiste oggettivamente alternativa altra? Almeno, salvando la dignità,  lo si dica, e ci si risparmi la delirante parata. Ci risparmino almeno la vergogna dell’ipocrisia.
    Gian Carlo Marchesini

    CE LA FARA' L'ASSESSORE CAUDO A RESISTERE?

     
     
     
     
     
    Avevamo fiutato nell'aria che qualcosa stava cambiando ,che la  rocciosa resistenza di Caudo agli assalti dei costruttori si stava via via sgretolando.La rigenerazione urbana voluta da CAudo non è sufficiente a placare gli appetiti dei costruttori romani che hanno persino un loro membro che siede nell'aula Giulio Cesare.Ma questo ci può stare e non ci scandalizziamo più di tanto.Quello che lascia basiti sono invece gli appoggi diretti e indiretti che il Partito Democratico non lesina alle grandi famiglie dei costruttoriSi sà  "pecunia non olet" e che  i palazzinari romani sono stati da sempre generosi finanziatori bipartisan,giusto per non fare torto a nessuno ma soprattutto per ricevere sempre gli appoggi e le delibere necessarie.
    L'articolo del giornale on line Abitare .net che sottoponiamo all'attenzione dei nostri lettori ci dà un quadro esauriente e desolante nello stesso tempo.
    Che dire?Se non confermare il nostro presidio ,il presidio delle forze sane e democratiche della nostra città per sventare l'ennesimo tentativo di sacco di Roma( come per il quartiere della Romanina) che favorirebbe ancora una volta la speculazione immobiliare .
    Domenico Fischetto
     
         
      Da
    “Abitarearoma.net”




    Caudo sotto assedio. Tornano a
    ruggire i “palazzinari” con
    sostegni politici bipartisan.


    Gli
    scontri aperti fra l'assessore
    all'Urbanistica e i
    “poteri forti” del cemento. La contraddizione fra le
    previsioni del PRG e la “rigenerazione urbana”. Il
    tentativo di ripescare le delibere di Alemanno. Quel
    che potrebbe accadere nella centralità di Romanina.
    di Aldo Pirone - 10 aprile 2014
    Pare che dentro al PD
    romano fra le tante baruffe in corso una, certamente
    la più importante, riguardi la politica urbanistica.
    Lo scontro investe l’assessore all’Urbanistica Caudo
    che continua a non essere simpatico ai costruttori e
    ai politici di destra e di sinistra che ne fanno le
    veci dentro l’assemblea di Roma Capitale.
    Nei giorni scorsi di
    questo complesso cementizio-finanziario si sono fatti
    portatori i soliti house organ della carta stampata,
    “Il Messaggero” del tycoon Caltagirone e “Il Tempo”
    del patron Bonifaci, con articoli che oltre a
    rappresentare il forte malumore dei loro padroni
    invitavano esplicitamente a dare il benservito al
    povero assessore-professore non prono ai loro
    desiderata.
    Da parte sua
    l’assessore Caudo cerca di portare avanti la sua
    ardita scommessa strategica: non consumare suolo
    attraverso la cosiddetta “rigenerazione urbana”. In
    sostanza si tratta, se non intendemmo male le sue
    intenzioni fin dall’inizio, di piegare le previsioni
    cubatorie del PRG costringendole ad allocarsi là dove
    c’è già la città consolidata o da ristrutturare con i
    suoi servizi se non proprio adeguati almeno non
    inesistenti. Ma questa strategia basata sul non
    toccare le previsioni edificatorie del PRG, se non in
    aumento ovviamente come sta già succedendo con
    l’adozione delle varianti sulla densificazione dei
    Piani di zona 167, alla prova dei fatti non regge e
    rischia di essere travolta. Per cui sull’assessore
    incombe il pericolo ogni giorno di essere stritolato,
    stretto com’è fra le pressioni sempre più perentorie
    dei costruttori e questa contraddizione fra le sue
    buone intenzioni e la dura realtà dei fatti previsti
    da un PRG veltroniano redatto sulla base neoliberista
    della sovranità assoluta del mercato.
    L’avvento di Marino in
    Campidoglio, con il suo approccio un po’ marziano,
    all’inizio ha certamente scombussolato i “poteri
    forti” di questa città aprendo qualche varco e
    accendendo non poche speranze. Ma la sensazione in
    questi primi mesi di governo è che la cosiddetta “luna
    di miele” con la cittadinanza, se mai c’è stata, è
    ormai tramontata. E ciò anche per il peso di
    un’eredità finanziaria disastrosa unita alle diverse
    gaffe di una non brillante performance su varie
    questioni: dal governo delle Municipalizzate ai
    disastri annunciati dal maltempo, che oltre agli
    allagamenti hanno ridotto le strade a tanti campi da
    golf, nonché a quello incombente dei rifiuti. E
    tramontata da tempo. E che i varchi aperti vanno
    chiudendosi sotto la ferrea regola dei rapporti di
    forza. “Se fur cacciati, ei tornar d’ogni parte”, e
    oggi, i “poteri forti” della speculazione, chiedono la
    loro shakespeariana libra, si fa per dire, di cemento.
    Un primo segnale di
    questo rancoroso ritorno è già venuto dall’opposizione
    al nuovo schema di Convenzione urbanistica che
    l’assessore Caudo stava preparando per introdurre il
    sacrosanto principio che prima, o in contemporanea
    alle abitazioni, si fanno le opere di urbanizzazione
    primaria (strade, reti idriche e fognanti,
    illuminazione, gas, telefono ecc.) e secondarie
    (scuole, verde e servizi in genere) in modo che non
    succeda più quel che è sempre successo: le case in
    lande desolate e senza servizi. I costruttori del
    tutto ostici a questi vincoli di civiltà percepiti
    come terribili “forche caudi(a)ne” hanno trovato, il
    19 dicembre scorso, un compiacente sostegno bipartisan
    in commissione urbanistica capitolina presieduta dal
    PD Stampete per prorogare di un altro anno lo schema
    di convenzione in vigore varato da Corsini-Alemanno,
    il 70/2011, del tutto prono agli interessi dei
    “palazzinari”.
    Quindi, durante il
    calvario caudiano, si è aperto uno scontro con la
    Regione Lazio di Zingaretti che non intende modificare
    a fondo, come sarebbe necessario, il famigerato “Piano
    casa” della giunta Polverini altrimenti detto il
    “Piano delle cavallette cubatorie” per il cemento a
    gogò che produce a cascata su tutto il territorio,
    comprese le aree dove non c’è, come ha osservato
    l’assessore-professore Caudo, l’oggetto già costruito
    da ampliare.
    Il 1 aprile scorso poi,
    in una commissione urbanistica convocata a tambur
    battente presenti i costruttori di Acer, Legacoop e
    Federlazio l’assessore Caudo è stato contestato anche
    per le convenzioni sui Piani di zona per l’edilizia
    agevolata. I costruttori bianchi e “rossi” hanno
    lamentato i tempi biblici dell’intera manovra edilizia
    volta, secondo loro, a produrre 5.000 alloggi in 28
    mesi.
    I desiderata dei
    “palazzinari” sono stati poi scrupolosamente elencati,
    ma anche mimetizzati tra altre cose giuste, il giorno
    dopo in una
    mozione in Campidoglio a firma
    bipartisan: Coratti, Bordoni, Caprari, D’Ausilio, De
    Palo, Dinoi, Ghera, Panecaldo, Pedetti, Pomarici,
    Quarzo, Stampete, Tredicine le truppe scelte
    dell’assalto cementifero nell’aula di Giulio Cesare.
    Infine, per completare
    il quadro, non si sfugge all’impressione che sia in
    atto nelle segrete stanze il tentativo di ripescare
    tutte o in parte le famose delibere (circa 64) di
    Alemanno che avrebbero dato ulteriore impulso, anche
    al di là delle generose previsioni del PRG, alla
    cementificazione in lungo e in largo del territorio
    dell’urbe.
    Come i lettori
    ricorderanno fra queste c’era anche quella
    scandalosissima riguardante la centralità di Romanina
    incrementata fino a quasi 2 milioni di mc. con la
    scomparsa dell’area pubblica ristretta dal 60% al 5%.
    Ovviamente, almeno speriamo, questa giunta non darà
    seguito a quell’obbrobrio perché il Sindaco Marino e
    l’assessore Caudo hanno già preso impegno in questo
    senso, però potrebbe avverarsene un altro simile e già
    accaduto in altre parti di Roma come in quel di
    Bufalotta dove 1 milione di mc. di uffici direzionali
    sono stati cambiati in residenziale perché gli uffici
    non si vendevano. Mentre invece gli appartamenti!
    Nell’area di
    Scarpellini potrebbe succedere la stessa cosa. Siccome
    non si trovano le funzioni direzionali da allocare – e
    che sole ne farebbero una “centralità” – allora invece
    di ripensarla come sarebbe più corretto in nome della
    “rigenerazione urbana” caudiana e della contigua vera
    centralità di Tor Vergata, ci si arrende agli appetiti
    immobiliari e il 1.129.000 mc. previsti si
    convertirebbero con una magica variante in quasi tutte
    abitazioni in un gigantesco piano di espansione
    mattonifero sotto Frascati. Rispetto all’obbrobrio di
    Alemanno che prevedeva appartamenti per 1.280.000 mc
    circa non cambierebbe granché. La porcata diventerebbe
    un cochon de lait (una porchetta). Naturalmente
    a pagare la maggior parte delle opere di
    infrastrutturazione su ferro sarebbe sempre il Comune
    che, come si sa, non ha un euro in cassa.
    Che l’aria stia
    cambiando evidentemente l’ha fiutato anche il patron
    di Romanina, Sergio Scarpellini, che intanto continua
    il suo tour nel territorio del Municipio per farsi ben
    volere o meglio per far ben volere i suoi interessi
    fondiari e finanziari. Dopo l’utilizzo dell’8 marzo
    festa delle donne per accreditare i suoi progetti
    adesso, sempre con la compiacente ospitalità
    dell’”Associazione Berlinguer”, è riuscito ad
    infilarsi anche nelle celebrazioni per 70° del
    rastrellamento nazifascita del Quadraro fra
    personalità di rilievo come Veltroni, Sposetti e l’ex
    Presidente dell’ex X municipio Sandro Medici.
    Nello scadimento etico
    della politica odierna ormai succede di tutto, anche
    che per le cose profane si utilizzino quelle sacre. A
    Torino, nei giorni scorsi, qualcuno ha pensato bene di
    intitolare un hotel a 5 stelle ad Antonio Gramsci
    (come tutti sanno noto albergatore), per cui non è
    escluso che si pensi di intitolarne uno dentro la
    centralità di Romanina a Enrico Berlinguer noto maitre
    di sala. Per cui non sarebbe sorprendente vedere il
    simpatico imprenditore Scarpellini presenziare anche
    alle cerimonie del 25 aprile, festa della Liberazione,
    e del 1 maggio, festa dei lavoratori. In attesa che
    arrivi qualcuno a scacciare i mercanti dal Tempio.









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    13 aprile 2014

    DUE GIORNATE FORMIDABILI CON DON SARDELLI,LUCIANA CASTELLINA,TONI NEGRI E RAFFAELLA BOLINI

    Avere la fortuna di avere come amico  Marchesini comporta anche quella a volte di essere testimone delle riflessioni che puntualmente Gian  Carlo scrive nel suo diario quotidiano.In particolare all' incontro con don Sardelli,Luciana Castellina,Flavia Perina e Umberto Croppi c'eravamo anche noi e abbiamo ascoltato rapiti  le parole asciutte e profonde pronunciate dal prete,rivoluzionarie in un certo senso se si sono allargate,stimolate da una domanda dal pubblico,a "criticare"dal suo punto di vista l'operato di Papa Francesco e il suo modo di evangelizzare ,come esso viene "usato" da chi lo circonda ,un modo che,sempre a suo dire,esclude chi ha bisogno veramente e che non ha nemmeno la forza di chiedere.Un pensiero potente detto tutto d'un fiato senza sbavature e ripensamenti.,frutto di riflessioni e convincimenti lungamente analizzati e praticati.
    Un pensiero protocristiano ci verrebbe da pensare.E' questa la vera chiesa di Cristo?Questo è l'interrogativo che ci ha lasciato in testa le parole del religioso.
    Nel breve testo che segue troverete la cronaca di questa due giorni che per una combinazione astrale ha visto tanti personaggi affacciarsi nella vita di Gian Carlo.Ci viene da dirgli semplicemente grazie.
    D.F.



    Nell’arco delle ultime due giornate ho avuto la ventura e la fortuna di partecipare ad alcune  iniziative. L’altra sera alla presentazione del mio Diario militante alla libreria Arion di Palazzo delle Esposizioni da parte di don Roberto Sardelli, Luciana Castellina e altri illustri ospiti. Ieri pomeriggio, prima all’iniziativa di Uninomade alla Facoltà di Scienze Politiche de La Sapienza che ha indetto un incontro/seminario sull’Europa con Toni Negri relatore principale; poi a un corteo-manifestazione per le strade e le piazze promosso dalla Libera Repubblica di San Lorenzo contro la speculazione edilizia nel quartiere. Infine la sera, a una cena organizzata dall’associazione culturale Articolo 3, durante la quale sono intervenuti alcuni candidati romani della Lista Tzipras.

    Alla presentazione del mio libro, le riflessioni e i ragionamenti proposti dai relatori - don Roberto Sardelli tra tutti - mi hanno dato conferma che valeva la pena fare lo sforzo e mantenere l’impegno, per cinque anni, della redazione pressoché quotidiana del mio Diario politico. E poi pubblicarlo. In queste recenti presentazioni del libro mi sono sentito simpaticamente dire e dare di tutto: dal folle e perlomeno ingenuo, al moralista candidamente onesto, al cronista infaticabile e pignolo, e infine al rompiscatole  perfino ossessivo. Ma l’ottantacinquenne don Roberto Sardelli ha esortato a considerare, con me per il mio libro così come con le testimonianze e il fare di tutti, quale è il punto di vista e l’approccio assunto, quale lo scopo e l’intento. Se giudicare per trarne qualche lucro e vantaggio, o porsi al fianco di chi soffre ed è oppresso per dare una mano e insieme affrontare e risolvere le cause del disagio. L’attuale fuga di massa dalla politica - ha aggiunto don Sardelli con il suo tono essenziale, ieratico e perfino profetico - dipende dal fatto che essa da un bel po’ di tempo interviene non alla radice delle cause dei mali, ma soltanto per temperarne, bene che vada e in superficie, gli effetti. se non proprio per piegarla e asservirla a vantaggio di pochi. Ben venga quindi un libro che la smascheri e critichi.

    Toni Negri, alla facoltà di Scienze Politiche della Sapienza, è stato seguito per oltre un’ora dai trecento presenti, in gran parte giovani, malgrado la voce flebile interrotta dai continui colpi di tosse, in un silenzio di ascolto quasi religioso. Cito qui alcuni dei suoi punti e spunti, il primo così proposto: è necessario interrogarsi sul senso della democrazia di oggi, visto che quella in atto è una schifezza dove il criterio della rappresentanza è tradito, e quello deliberante è completamente assente. Il secondo: ciò che si sta attuando da parte del sistema di potere bancario e finanziario è un vero e proprio nuovo Ratto di Europa, non più soltanto mitologico, ma materiale e concreto. Bisogna rimettere a nuovo una capacità di lettura e di azione che negli anni recenti si è arrugginita, per mettere in campo forme e iniziative efficaci di contrasto e resistenza al ratto. E, stante il fatto che la globalizzazione sfrenata ha ingenerato disordine oltre le stesse previsioni di chi l’ha creata, mette in difficoltà le stesse forze capitalistiche che è come avessero scoperchiato un vero e proprio Vaso di Pandora. La crisi in atto è così grave che negli spazi aperti irrompono pulsioni fasciste distruttive che mettono in pericolo lo stesso ordine sociale capitalistico. E’ dal basso, dalle fasce sociali che più soffrono e dai movimenti antagonisti che bisogna ripartire per aggregare, unire, imporre la riscrittura, nella lotta, di una Costituzione democraticamente rigenerata.

    Più tardi, girando nel corteo per strade e piazze di San Lorenzo dietro un camion festoso e colorato, ho colto tra i partecipanti lo spirito e l’entusiasmo di lotta allo strapotere predone speculativo.

    Infine, ieri sera, a cena con una cinquantina di partecipanti di quartiere del comitato per la Lista Tzipras, ho ascoltato con interesse e attenzione la perorazione di Raffaella Bolini a sostegno e al voto per la Lista del dirigente greco che guida Syriza, la forza politica di sinistra più votata in Grecia. Di Raffaella, dirigente nazionale dell’Arci e da sempre impegnata nel sociale, non a caso mi aveva già parlato molto bene Luciana Castellina. La quale, nel suo intervento affrettato dal dolore per la notizia appena giunta della morte a Parigi del compagno di Rossana Rossanda, prima di andarsene a scriverne il necrologio per il manifesto, è riuscita a dire che per chi come me criticava il PD restando al suo interno, lei giudicava tale operato come del tutto ininfluente: il PCI allora era così serio da prendere in considerazione le critiche  dei compagni de Il Manifesto al punto da decidere la loro espulsione dal Partito. Oggi, a chi dirige il PD televisivamente dall’alto, le critiche non fanno neanche il solletico.

    Dopo tanto bendiddio politico e culturale serio, posso stasera rilassarmi in casa con i ragazzi del Protettorato a vederci insieme la partita di calcio?
    Gian Carlo Marchesini

    11 aprile 2014

    DOPO LA CRIMEA ,LA RUSSIA SI ANNETTERA' ANCHE LA TRANSNISTRIA?

    Dopo la Crimea annessa recentemente alla Russia dopo un referendum e a seguito delle tensioni ucraine,non si sono esauriti i motivi indipendentisti ,per la maggior parte filo-russi,che si agitano all'interno  degli ex Paesi di orbita sovietica.Anzi la soluzione del problema Crimea sembra aver dato nuove motivazioni e nuovo vigore a questi movimenti che un pò a macchia di leopardo si stanno organizzando nell'area.E' facile prevedere che tali tensioni potrebbero risolversi in veri e propri conflitti armati destabilizzando la regione con riflessi negativi su tutta l'Europa.
    L'articolo che sottoponiamo all'attenzione dei nostri lettori ci dà un quadro abbastanza dettagliato delle regioni e delle etnie che sono i soggetti di queste tensioni e ci danno una mano per meglio comprenderne lo scenario.
    Buona lettura
    D.F
     

    da AffarInternazionali
    Rivista online di politica,strategia ed economia
    Crisi ucraina
    L’effetto domino della Crimea
    Andrea Carteny
    09/04/2014
    più piccolopiù grande
    La riannessione della Crimea da parte della Russia sembra aprire una nuova fase storica nelle relazioni internazionali. Sotto i riflettori sono le recenti mosse di Mosca in Ucraina orientale, che possono sfociare in un’escalation, e la nuova strategia degli Stati Uniti e dell’Alleanza Atlantica per la creazione di un nuovo “cordone sanitario” di contenimento dell’espansionismo russo - un vero e proprio “new containment” sulla falsariga di quello della Guerra Fredda.

    Nazionalisti ungaro-segleri
    Non molti però hanno messo in relazione questi eventi con altre rivendicazioni nazionali anche interne all’Unione europea, in particolare quelle che sono all’origine dei contrasti tra Ungheria e Romania.

    Il 15 marzo scorso, giorno in cui gli ungheresi ricordano la rivoluzione di Pest del 1848, in Transilvania si sono svolte manifestazioni degli autonomisti della minoranza seclera (in ungherese székelyek, in romeno secui) di lingua e cultura ungherese.

    Con gli scontri tra nazionalisti ungaro-secleri e polizia romena si torna ad un clima di agitazione che negli anni si era anestetizzato, dopo i violenti scontri di Targu Mures (in ungherese Marosvasarhely) del marzo 1990 che caratterizzarono questa regione, anticipando i conflitti etnici poi esplosi in Jugoslavia.

    Al contempo, il parlamento di Tiraspol, la capitale della Transnistria, regione secessionista della Moldova, ha avviato i negoziati per la proclamazione della propria riunificazione con la Russia. La Transnistria, con oltre mezzo milione di abitanti, è a maggioranza russo-ucraina e si è dichiarata indipendente nel 1992, alla caduta dell’Unione Sovietica, dopo un breve conflitto militare con le forze moldave.

    La presenza militare russa nella regione - circa un migliaio di soldati - sarebbe stata rafforzata, secondo alcune fonti non confermate, dopo il referendum in Crimea.

    Ritorno della grande Romania?
    Intanto in Moldova riprende forza il movimento nazionalista “grande” romeno per la riunificazione con la Romania. Così, accanto alla mobilitazione “contro” le rivendicazioni di autonomia territoriale dei secleri ungarofoni, riemerge in Romania anche la questione della riunificazione con la Moldova per la ricostituzione di quella “Grande Romania” che fu uno dei cardini del sistema di Versailles dopo la prima guerra mondiale.

    La prima fase della crisi ucraino-russa, incentrata sulla Crimea, sembra aver tracciato un modello per i movimenti secessionisti che prevede la proclamazione della “sovranità” da parte di comunità russe, quindi lo svolgimento di un referendum, e infine la legittimazione da parte di Mosca.

    Questo scenario sembra riprodursi a Donetsk, Karkhiv e in altre regioni dell’Ucraina a maggioranza russa, dove il 7 aprile gruppi di russofoni hanno occupato alcune istituzioni locali. Il governo di Kiev ha denunciato questa mobilitazione come la seconda fase della strategia geopolitica di Mosca.

    In verità, ad alimentare il secessionismo è anche l'assenza di un assetto federale nei paesi postcomunisti che includono aree culturalmente ed etnicamente molto differenziate, il che provoca gravi fratture e tensioni.

    L’Ucraina fatica a trovare un equilibrio tra il modello centralista delle cosiddette forze pro-occidentali vecchie e nuove guidate da leader come Julia Timoscenko e Vitalj Klichko e quello federalista, cardine della piattaforma del Partito delle Regioni dell’ex presidente Viktor Yanukovich.

    Non solo i russi, ma anche le altre minoranze, in primis i romeni di Cernovchi o gli ungheresi di Beregovo, hanno sostenuto le politiche del partito di Yanukovich, che durante l’ultima amministrazione ha dotato l’Ucraina di una legge sul bilinguismo locale tra le più avanzate della regione.

    Federalizzazione della Moldova
    In Moldova, oltre alla secessione de facto della regione transnistriana, vi è l’insofferenza delle comunità slavofone e soprattutto di quella della regione della Gagauzia, popolata da comunità rom filo-russe, per il rafforzamento dell’elemento romeno.

    I progetti di federalizzazione della Moldova si scontrano con lo scoglio delle rappresentanze delle varie etnie negli organi federali. Inoltre, la maggioranza della popolazione (i 2/3 dei circa tre milioni di abitanti) di lingua romena è sempre più integrata con la Romania, che vede come sua madrepatria (quasi mezzo milione hanno la doppia cittadinanza moldovena-romena).

    Anche in Romania il problema del federalismo e della regionalizzazione torna come un fiume carsico proprio in risposta alle esigenze della minoranza ungherese di Transilvania, un milione e mezzo di ungarofoni, la metà dei quali concentrata in un paio di province nel centro del paese.

    Eppure la chiave di volta per la comprensione dei conflitti endemici della regione sta proprio nella mancata valorizzazione dei territori periferici. A risentirne è anche l’immagine dell’Ue, da cui le popolazioni di queste regioni speravano venisse un sostegno ben più robusto al disegno autonomistico.

    La secessione della Crimea, al di là del ruolo di Mosca, rischia perciò di creare un effetto “domino” verso Occidente che potrebbe arrivare fino in Ungheria: Crimea e altre regioni russe dell’Ucraina sperano di unirsi a Mosca, così come la Transnistria, il resto della Moldova vuole fondersi con Bucarest, la “terra dei secleri” con Budapest.

    È un fatto che in queste regioni i federalisti sono perlopiù filo-russi o anti-europei. Bruxelles, Washington e le cancellerie europee dovrebbero tenerne conto.

    Andrea Carteny è Docente di Storia delle minoranze etniche presso l'Università di Teramo e Segretario del Comitato di Roma dell'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano.