28 agosto 2015

Recensione film:BAI RI YAN HUO di Yi'nan Diao


Bai ri yan huo - viewed 1 minute ago  


i non-luoghi
Un bellissimo film sui “non luoghi” retrodatato di una decina di anni. I veri protagonisti del film “Bai Ri Ya n Huo” sono i quartieri/città nati attorno alle miniere di carbone probabilmente a nord della China. Tali ambienti urbani comunicano squallore e depressione, e sono fissati in quadri come solo Edward Hopper sa fare. Di questo pittore è stato detto che sapeva "dipingere il silenzio". Spesso i soggetti dei suoi quadri sono proprio i luoghi urbani desolati o lo sfondo cittadino o gli interni con intonaci scrostati. Molti sono gli artisti che si sono ispirati a lui, anche il regista Wim Wenders nelle inquadrature del filmDon’t come knowking nel senso di sospensione e di perdita di punti di riferimento - come afferma lui stesso in alcune interviste - ha un esplicito nesso con i suoi quadri.
Il regista Yinan Diao pone le sue figure in spazi vuoti illuminati da una luce cruda per accrescere l'angoscioso senso di solitudine e d'isolamento che pervade alcuni locali anonimi. Talvolta sono i luoghi collettivi di svago come la pista del ballo, il luna park con la sua ruota o la pista di pattinaggio, tutti siti semideserti e spesso innevati.
La durezza della vita in questa periferia operaia si amplifica con la violenza delle storie di omicidi, di uomini fatti a brandelli e i cui pezzi vengono sparsi e ritrovati in varie parti del territorio e il protagonista detective ex poliziotto, che indaga con i colleghi poliziotti tra negozi di tintoria e locali equivoci come proprio “Fuochi di artificio in pieno giorno”. Un noir classico dove nasce una strana storia di amore e di violenza intrecciate, di sospetto e attrazione.

Ghisi Grütter

10 agosto 2015

Recensione film:LA FAMIGLIA BELIER di Eric Lartigau

 
 

 
L' Arcadia canta

Film francese molto garbato e rassicurante. Il film è incentrato sui problemi dell’adolescenza come la cinemato grafia francese ci ha mostrato e abituati a prendere in considerazione, basti pensare a tutti i film di Eric Rohmer. La ricerca di un’identità, i primi amori e rossori, il desiderio di emancipazione dalla famiglia insieme ai sensi di colpa che in questo caso sono aggravati dal fatto di essere tutti sordomuti ad eccezione di Paula (Louane Emera) protagonista indiscussa, necessaria interprete tra i Beliér e il resto del mondo. Quasi un’ironia del destino, Paula ha un grande dono vocale e viene stimolata dal suo maestro di canto a esercitarsi fino a partecipare (tra umori alti e bassi, entusiasmi e rinunce) a un Concorso canoro organizzato da Radio France a Parigi, da cui esce un lieto fino che ricompatta tutte le tensioni familiari.
Molto belli i paesaggi campestri in cui si trova questo piccolo villaggio di campagna, presumibilmente, a tre ore da Parigi, che rappresenta un luogo idilliaco di un’Arcadia incontaminata.
Bravi tutti gli attori, l’unica vera obiezione è la scelta musicale, in particolare nutro forti dubbi sulle canzoni di Michel Sarda.


Ghisi Grütter

7 agosto 2015

Il Marnetto Quotidiano : Il patto del Nazareno con gli evasori

Il Marnetto Quotidiano : Il patto del Nazareno con gli evasori
Il vero patto del Nazareno di Renzi è con gli evasori.
Questo governo li rassicura ogni giorno abbassando le pene e alzando le tolleranze. Il segnale di Renzi è chiaro: evadi, ma senza esagerare; poi però ricordati di me quando voti. E così gli "elementi attivi" sottratti alla dichiarazione passano da 2 a 3 milioni di euro. In più c'è sempre il bonus valutazioni (devi essere preciso con il numero dei beni, ma puoi barare col loro valore senza preoccuparti). Anzi, fino al 10% di valutazione falsa, puoi dormire tranquillo.
Le carezze agli evasori sono di destra, perché aumentano la diseguaglianza sociale. Senza le loro tasse, aumentano quelle di salariati e pensionati. E inoltre non ci sono i soldi per welfare e sussidi sociali. "La tua evasione è la mia povertà" dovrebbe essere lo slogan della sinistra. Ammesso che prima o poi torni ad esisterne una.
Massimo Marnetto

5 agosto 2015

VIA CUPA

 
La redazione di Tre Righe è in Via S.Ciriaca,via parallela a Via Cupa.Ogni giorno incrociamo l'umanità di uomini,donne e bambini che popolano il Centro di accoglienza Baobab e spesso abbiamo portato il nostro piccolo contributo.In particolare un componente della nostra redazione ,che ha vissuto per un anno come volontario in Etopia, è particolarmente attivo nel sotenere questi immigrati..
In questo periodo di vacanza non si è spezzato il filo con la città di Roma ma sicuramente si è allentato.Le vacanze sopratutto.Loro stendono i poveri panni sulle cancellate,trascorrono il tempo seduti per terra in piccoli gruppi,parlando animosamente al cellulare di cui parecchi sono provvisti,oppure assiepandosi in un bar etnico nel centro commerciale Crociate.Sono in attesa ....
Leggiamo quello che scrive a proposito Marchesini
D.F.
 
Via Cupa
Seduti per terra i migranti somali ed eritrei aspettano il soccorso di chi li veste e sfama. I ragazzini giocano con una palla, le donne stanno sedute in cerchio a proteggersi e farsi compagnia, gli uomini sono semisdraiati ognuno per sè, muti per l'afa e l'inedia. Sono in attesa di qualcuno che li accudisca, offrono l'immagine di una dipendenza inerte e arresa. E' un pezzo di un villaggio d'Africa approdato tra il Verano e San Lorenzo. Da qualche parte, lontano, c'...
è stata una catastrofe, un bombardamento che ha provocato l'esodo. Il romano che si avvicina, me compreso, viene osservato con attenzione per capire se porta un aiuto, acqua e cibo, un vestito, un qualche ristoro. Ma non si cerca, non si manifesta alcuna voglia di dialogo e incontro. La lingua certo non aiuta, e troppo è il caldo e lo sconforto. Anche la carezza, il sorriso a un bambino in quel contesto così fortemente, miseramente connotato suona inadeguato e quasi provocatorio. Fuori, sulla Tiburtina, romba il traffico ostile e rabbioso.
Via Cupa è un approdo di sussistenza e sopravvivenza minimo. Ma in assenza di un percorso di inserimento serio rischia di diventare cronico. Un bivacco e un lazzareto a cielo aperto. Intanto buona parte dei romani, incolonnati in autostrada con i loro Suv, sono partiti per raggiungere la seconda casa al mare, in campagna o in montagna. O qualche ospitale albergo, agriturismo o bed&breakfast. Le vacanze sono sacre. I corpi abbandonati, gli sguardi vuoti, l'odore di miseria forte e tenace, il silenzio spettrale di Via Cupa possono aspettare

PARCHEGGIO DI VIA GIULIA

Ormai Roma è governata dal TAR e dal Consiglio di Stato.Davanti all'ignoranza colposa dell'amministrazione comunale ormai i cittadini si sono organizzati e rispondono alle nefandezze delle autorizzazioni comunali assumendosi l'onere del ricorso al TAR e se nel caso anche al Consiglio di Stato.
Questa volta è il turno del contestatissimo parcheggio in via Giulia,di cui non si sentiva assolutamente il bisogno e che il Coordinamento  Residenti  Città Storica ha contestato sin dal primo minuto.Ma come niente fosse la CAM,ormai la  società monopolista dei PUP  a Roma,è andata avanti dritta come un treno e ha quasi finito di realizzare l'opera tant'è che ormai fanno bella mostra i cartelloni pubblicitari in cui si propone la vendita dei box(a caro prezzo ovviamente) .
La sentenza del Consiglio di Stato ormai blocca tutto e temiamo che il parcheggio in questione si aggiungerà alle tante opere incompiute che si trovano in giro per Roma.Quello che ci si chiede è come mai il Comune di Roma e chi di competenza non abbia vigilato e abbia  invece rilasciato autorizzazioni in palese contrasto con le norme attuative.Siamo alle solite:temiamo che non pagherà alcuno as usual.I cittadini e non solo i residenti avranno,in una delle vie più belle di Roma, davanti le transenne del parcheggio per chissà quanto tempo finchè la matassa non sarà sbrogliata.
Ci piacerebbe che qualcuno pagasse.Che l'assessore Sabella ,che tanto si sta dando da fare per capirci qualcosa in quel verminaio che sono i punti verdi qualità,desse uno sguardo attento anche alle autorizzazioni dei vari PUP ch si sono succeduti a Roma.Magari potrebbe trovarci dei punti di collegamento e capire come mai la CAM abbia sbaragliato tutti i suoi concorrenti ed sia rimasta praticamente monopolista.Abbiamo indicato Sabella e non il Sndaco Marino perchè quest'ultimo non crediamo nemmeno che sappia cosa siano i PUP nè tantomeno la loro storia.
Riportiamo il comunicato pubblicato in merito dal Coordinamento Residenti Città Storica
Raffaele Fischetto




Parcheggio di Via Giulia: il Consiglio di Stato ci ha dato ragione!

light PUP Via Giulia 29 luglio 2015Il Consiglio di Stato ha dato ragione al Coordinamento Residenti Città Storica sul parcheggio interrato (1) in costruzione tra Via Giulia e il Lungo Tevere: l’ordinanza di ieri 29 luglio   accoglie la tesi del Coordinamento che il livello di scavo del nuovo progetto è più profondo rispetto al precedente, con rischi di interferenza con la falda idrica, e che quindi sono necessarie nuove indagini e una eventuale nuova V.I.A. (Verifica Impatto Ambientale). Così scrive il CdS: “…Ritenuto che si intende approfondire nel merito – anche sul piano tecnico – la questione della sussistenza o meno di una rilevante differenza, quanto alla diversa quota di scavo, fra il progetto 2007-2010 e la variante del 2014, e quindi della necessità (o meno) di acquisizione di una nuova VIA in relazione a quest’ultima…il Consiglio di Stato accoglie l’istanza cautelare in primo grado…” Ora toccherà al TAR (tribunale amministrativo regionale) pronunciarsi con un giudizio di merito sul ricorso promosso sempre dai residenti.
 
(1) in realtà il parcheggio, definito “interrato” ai sensi del Piano Urbano Parcheggi (si tratta infatti di un intervento inserito nel Piano Comunale in seguito alla Legge 122/89 cosiddetta “Tognoli”, emerge sul lato di Via Bravaria di 4 metri dal livello stradale. Per approfondimenti vedi il dossier sottostante.

4 agosto 2015

Recensione film:IL FIDANZATO DI MIA SORELLA di Tom Vaughan





Locandina Il fidanzato di mia sorella






L’estate romana…2015

 

Spinta da un insano desiderio di andare al cinema e trovando moltissime sale chiuse a Roma (nei giornali sono addirittura scomparsi i nomi delle sale cinematografiche!) mi sono rifugiata all’Adriano dove, per espiare i sensi di colpa di un prezzo più alto, viene inclusa nel costo del biglietto una bottiglietta di acqua minerale (ma il Comune di Roma non le distribuisce gratis ai pellegrini da anni?) o in alternativa un bicchiere di Coca Cola.
Ho scelto così di vedere “Il fidanzato di mia sorella”, del regista scozzese Tom Vaughan: un filmetto allegro, ho pensato. Il film presenta un cast d’eccezione: Pierce Brosnan, ex 007 ma ancora in forma nonostante la pancetta dei suoi 62 anni, è l’improbabile professore di letteratura inglese specializzato nel romanticismo e Malcolm Mc Dowell (ossia il protagonista del celeberrimo “Arancia Meccanica”) è il ruvido e stravagante padre anch’esso professore universitario. Le due sorelle in questione sono interpretate dalla piuttosto inespressiva Jessica Alba e dall’eccessivamente focosa Salma Hayez (protagonista di Frida Khalo).
Ma quanti attori sprecati per un film la cui banalità è veramente imbarazzante! Tutti i luoghi comuni tra Vecchio e Nuovo Mondo e le ovvie contrapposizioni tra l’Inghilterra e la California trovano posto nei dialoghi del film il cui doppiaggio non fa che peggiorare la situazione. Si sprecano le storielle idiote, demodé e un po’ “da caserma” a scapito delle donne del tipo: D.
«Perché gli uomini aprono la porta alle donne per farle passare prima? » R. «Per poterne vedere meglio il culo…»
Le battute continue senza soluzione di continuità impediscono anche di “apprezzare” la vicenda di un dongiovanni rimessosi in sesto per l’amore del figlio (non mi risulta sia mai avvenuto nel mondo reale…), la comprensione umana del padre in punto di morte, il trionfo dell’affetto tra sorelle-amiche…(anche questi fatti piuttosto rari)
Certo se questo è ciò che offre l’estate
romana del 2015, forse è meglio fare una fuga magari in qualche piccola località balneare.
 

Ghisi Grütter

3 agosto 2015

MONTE DEI COCCI:PRESTO LA SUA APERTURA AL PUBBLICO?

Roma è piena di aree verdi negate all'utilizzo pubblico.Per esempio ricordiamo nel II Municipio il parco di Villa Blanc ,il parco Piccolomini all'ombra del Cupolone, e il Monte dei Cocci nel I Municipio,che oltre ad essere un'area verde è anche un sito archeologico.Mentre per le prime due saranno le carte bollate a decidere l'uso pubblico o meno,per il Monte dei Cocci una lodevolissima iniziativa di un'associazione su change.org ha portato l'apertura del Monte alla pubblica attenzione e alla raccolta di quasi cinquemila firme.

Leggiamo questo aggiornamento tratto da www.di-roma.com

Raffaele Fischetto

Roma, anche il I Municipio chiede l'apertura del Monte dei Cocci

Testaccio monte dei cocci 2
Monte dei Cocci” - Forse in tempi brevi i romani si riapproprieranno di un sito archeologico sede della tradizione popolare, come Monte Testaccio, il cosiddetto Ottavo colle di Roma
di Maurizio Ceccaioni
Irene Rinaldi da Rai Regione ridAd annunciarlo Irene Ranaldi, sociologa urbana e presidente dell’associazione culturale «Ottavo colle» di Testaccio, che tempo fa aveva lanciato una petizione su «Change.org», che ha raggiunto circa 5.000 firme. In questa, come nella lettera inviata al sindaco di Roma Capitale, Ignazio Marino e all’assessore alla Cultura e turismo, Giovanna Marinelli, si chiedeva di mettere fine alla chiusura di questo sito archeologico di alto valore culturale che, come molti altri nella nostra città, vengono aperti solo su richiesta per mancanza di personale, ma che potrebbe essere gestito anche con la collaborazione delle realtà territoriali presenti.
Cancello Monte Testaccio ridIl 24 luglio scorso è stato approvato dal Consiglio del I Municipio di Roma, un atto in cui si chiede che Monte dei Cocci ritorni ai romani. Perché questa collinetta artificiale a 44 metri sul livello del mare, che da sempre è stata chiamata così dai romani, ha dato anche il nome al rione in cui si trova (cocci, in latino testae, da cui il nome di Testaccio).
E di cocci, cioè frammenti di anfore, è fatta questa collinetta. Merci arrivate al porto di Ostia da paesi lontani e poi sbarcate al vicino porto fluviale di Ripa grande sul Tevere, dov’erano i magazzini dei generi alimentari (horrea) da distribuire alla popolazione per evitare rivolte e l’Emporium, la piazza tuttora esistente, dove si commerciavano i prodotti.
Monte Testaccio Antenne 2 ridQuella di Monte Testaccio è considerata dagli esperti la più antica discarica regolata al mondo. Vi sono accumulati, su strati disposti ordinatamente, come moderni “vuoti a perdere”, i cocci delle anfore olearie usate per trasportare il prezioso olio d’oliva necessario alla vita quotidiana della Roma antica (dalla cucina alla medicina, alle lucerne per l’illuminazione). Arrivavano per la maggior parte dalla provincia romana di Betica, l'attuale Andalusia, ma anche dall’Africa e, una volta usate s’irrancidivano e venivano rotte per essere messe in discarica a formare strati successivi. A vigilare si pensa ci fossero dei curatores, personale che regolava gli scarichi dei materiali e manteneva in ordine la discarica, anche cospargendo di calce quei cocci per “disinfettarli” durante la decomposizione dei resti oleosi contenuti in essi.
È stato anche definito «un archivio a cielo aperto» che durante varie campagne di scavo ha permesso la lettura di una storia inedita della città. Dai carotaggi fatti, calcolando che Monte Testaccio è alto circa 30 metri e che la superficie totale è di circa 20.000 metri quadrati, ci dovrebbero essere accatastati i frammenti di circa 25 milioni di anfore. Frammenti che raccontano la loro storia attraverso il marchio di fabbrica impresso su una delle due anse (manici) o le iscrizioni dipinte in parti diverse (tituli picti), che indicavano i commercianti (mercatores) a cui appartenevano, il peso dell’anfora vuota, il nome dell’olio, di chi lo aveva prodotto e da dove arrivava, oltre al registro dei vari controlli dalla partenza all'arrivo. Tuuto questo, anticipando di qualche millennio le moderne regole dell’etichettatura e tracciabilità del prodotto.
Monte Testaccio Antenne 2b ridCome conferma Irene Ranaldi, «questo sito archeologico va aperto perché è un patrimonio del rione e dell'intera città».
Un posto dove si potrebbe realizzare un percorso culturale che racconta secoli di vita di Roma, dall’epoca imperiale ai giorni nostri. Perché quel “monte” che sovrasta Campo boario (l’ex mattatoio ora Città dell'altra economia), ci riporta non solo alla sua funzione originaria, ma anche a momenti di socialità come le feste del carnevale durante il Medioevo, alla nascita dei “grottini", locali scavati direttamente nei cocci lungo la base della collinetta, adibiti prima a cantine e stalle, poi a osterie per le scampagnate e oggi diventati locali notturni e ristoranti di fama. Luogo di passeggiate romantiche per la gente del rione, durante la Seconda guerra mondiale fu uno degli avamposti per la difesa contraerea della Capitale e i resti delle quattro piattaforme della batteria di cannoni sono ancora visibili sul posto.
«Il Monte dei Cocci è amato e studiato all'estero molto più di quanto lo sia in Italia», dice la Ranaldi e l’affermazione è validata dal recente servizio della televisione pubblica francese «Antenne 2» con un reportage realizzato durante una delle aperture straordinarie del sito, a cui è seguito un servizio di Rai 3 Regione sui siti dimenticati di Roma.
Se è proprio vero che senza un aiutino estero a Roma non si muove niente, si spera che il Comune e la Sovrintendenza Archeologica del Lazio, così come è stato per lo stato indecoroso della città dopo l’articolo in prima pagina del «New York Times», possano concretizzare quando sottoscritto da migliaia di cittadini e ribadito con l’atto deliberato dal Consiglio del I municipio, riaprendo giornalmente i cancelli di Monte dei Cocci per romani e turisti.
(immagine sotto: Stratigrafia orientale Monte Testaccio)
Stratigrafia orientale Monte Testaccio rid
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2 agosto 2015

PER LA DEMOCRAZIA :APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA,SERGIO MATTARELLA

 

 
                                           Il Presidente della Repubblica,Sergio Mattarella
 
A proposito della votazione del Senato  a non procedere nei confronti del senatore Azzolini,sul cui esito magari non si può essere d'accordo,come lo siamo, ma che comunque deve essere accettata  come l''espressione libera di eletti chiamati ad esprimersi sull'argomento,si rimane basiti sulla presa di posizione del Presidente del Consiglio ,non nuovo a dichiarazioni che sono veri e propri scivoloni antidemocratici.Ci si chiede se sia veramente giusto affidare il destino del nostro Paese ad un premier che si dimostra cosi'sprezzante nei confronti,come in questo caso ,della magistratura.Se fosse stato Berlusconi o altri si sarebbero rivoltati i morti nelle tombe e sarebbe successo un macello da parte della sinistra,della intellighentia democratica o di quello che ne rimane.Pennivendoli delle svariate testate si sarebbero dichiarati inorriditi e avrebbero condannato una presa di posizione del genere che in prospettiva,data la giovane età del premier,non può far altro che preoccupare.
Quindi noi ci appelliamo a lei signor Presidente della Repubblica,lei che qualche giorno fà ha dichiarato solennemente in un discorso pubblico che mai ci dovrà essere un uomo solo al comando per le derive antidemocratiche che tale scelta causerebbe.Ebbene, caro Presidente, si guardi vicino :ne ha uno a portata di mano che aspira a fare quello che Lei condanna.Dimostri la sua autonomia da colui che in qualche modo l'ha designata a ricoprire la più alta carica della nostra Repubblica,  prendendo esempio dai suoi predecessori illustri come Pertini, e non tenga legata la lingua a improbabili equilibri e separazioni di potere e parli.
Parli e condanni le velleità di chi aspira a diventare l'uomo solo al comando.
Il Paese gliene sarà grato
 
Domenico Fischetto
 
Riportiamo una breve nota di Gian Carlo Marchesini sull'argomento.
 

«Noi non siamo i passacarte della magistratura».
Noi - noi parlamentari della Repubblica, noi classe politica, noi che abbiamo il potere e la responsabilità del governo della cosa pubblica - non riconosciamo l'autorità, le prerogative, la funzione esercitata dalla magistratura. Non accettiamo le sue sentenze, non ci facciamo processare in piazza.
Ma in questa battuta sprezzante e liquidatoria non c'é una delegittimazione radicale, un rifiuto sovversivo per chi ha il compito cruciale e delicatissimo di esercitare la giustizia?
Ma così non si rovescia il tavolo, non si infrange il patto su cui si regge ogni civile consorzio? Non c'è dentro l'eterno spirito italiota del «io sono io e voi non siete un cazzo?»
Non è questa mentalità e linguaggio da boss mafioso?
Tolto di mezzo lo Statuto dei lavoratori e il sindacato, apicalizzato e sottomesso il Parlamento, drasticamente ridotta la dialettica democratica dentro la scuola, gasparrizzata/governizzata la Rai, ora «pisciamo in testa» - o era in bocca, come Azzolini a minacciato di fare con le monache? - al magistrato. Non è così che si procede imperterriti e decisi nello spingere il nostro Paese fuori dalla democrazia?
GCM

1 agosto 2015

Il Marnetto Quotidiano:MEZZOGIORNO

da www.libertaegiustizia.it
Il Marnetto Quotidiano : Mezzogiorno
Sottosviluppo permanente: il verdetto di Svimez suona come una condanna all'ergastolo dell'arretratezza per mezza Italia. Eppure questa analisi così impietosa stride con il valore di molti meridionali intelligenti e colti, che conosco fin dagli anni universitari.

Perché allora tante persone preparate del Sud non riescono a farlo sviluppare?

"Perché noi meridionali - mi risponde un caro e intelligente amico - non siamo educati alla collaborazione, ma alla diffidenza. Fuori dal cerchio della famiglia non esistono vincoli morali di impegno e lealtà. Anzi, la collaborazione a favore di un semplice sconosciuto è sconveniente, perché può essere fraintesa come un gesto di sottomissione, in quanto la cooperazione gentile è dovuta solo verso chi è più importante".

Ci sono senz'altro cause di altra natura e più complesse del sottosviluppo del Mezzogiorno. Eppure, credo che se i meridionali iniziassero a fidarsi di più gli uni degli altri e a collaborare, potrebbero - con la capacità e tenacia che in molti possiedono - risollevare le loro regioni in tempi brevi. E per l'amicizia che mi lega a molti di loro, è un riscatto che auguro.

Massimo Marnetto

FARE SUBITO CIO' CHE SI DEVE FARE (ovvero l'alternativa di governo della sinistra)

Altra Europa con Tsipras

Fare subito ciò che si deve fare

Argiris Panagopoulos, Marco Revelli ( pubblicato su Il manifesto del 28 luglio 2015)
Mai come oggi la situa­zione — nazio­nale e inter­na­zio­nale – è stata così gra­vida di peri­coli e in così rapido muta­mento. Mai come oggi sen­tiamo la paura di per­dere del tutto il “nostro mondo”. Al tempo stesso, le evi­denti con­trad­di­zioni aprono straor­di­na­rie oppor­tu­nità di cam­bia­mento, se solo la sini­stra sapesse ritro­vare il senso del pro­prio esi­stere, come ha invi­tato a fare mar­tedì Norma Ran­geri sul mani­fe­sto del 28 luglio.
Lo sce­na­rio euro­peo in par­ti­co­lare – dal quale dipen­dono buona parte dei nostri destini e che non può non costi­tuire il rife­ri­mento prin­ci­pale del nostro agire – va rive­lando dram­ma­tici punti di caduta che met­tono in discus­sione la soprav­vi­venza dell’idea stessa di Europa. E che comun­que rive­lano che così com’è essa non può soprav­vi­vere. Che l’Europa o cam­bia o muore.
L’iniziativa poli­tica corag­giosa del governo greco e del suo popolo ha avuto il grande merito di mostrarlo a tutti, con­fer­mando la por­tata dav­vero sto­rica dello scon­tro che si sta svol­gendo nello spa­zio euro­peo. Il fatto che in que­sti giorni cru­ciali la Gre­cia sia rima­sta sola, denun­cia tutto il ritardo e l’inadeguatezza della sini­stra euro­pea a svol­gere il pro­prio ruolo in que­sto nuovo spa­zio poli­tico e sociale.
Il mer­can­ti­li­smo libe­ri­sta dei Trat­tati, defi­niti a misura dell’interesse nazio­nale tede­sco, è inso­ste­ni­bile. Porta l’eurozona al nau­fra­gio. E d’altra parte, non pos­siamo nascon­der­celo, è debole oggi il con­senso, non solo al livello dei governi, per la radi­cale cor­re­zione di rotta neces­sa­ria alla soprav­vi­venza eco­no­mica e demo­cra­tica dell’eurozona. L’ostacolo immenso lungo la strada non è solo la debo­lezza delle lea­der­ship poli­ti­che ma il defi­cit, morale e cul­tu­rale, dei popoli pri­gio­nieri dei diver­genti inte­ressi nazio­nali. Dob­biamo con urgenza defi­nire insieme come uscire da una trap­pola che svuota di senso sto­rico e poli­tico la sinistra.
Non sono, que­sti, gli unici segnali deva­stanti che ci arri­vano da Bru­xel­les, Fran­co­forte e Berlino.
Vi si aggiunge l’ostentazione di “disu­ma­nità sovrana” mostrata nella que­stione dei migranti, la vera emer­genza uma­ni­ta­ria del nostro tempo affron­tata come fasti­diosa que­stione di sicurezza.
La crisi delle cul­ture poli­ti­che demo­cra­ti­che tra­di­zio­nali, a comin­ciare da quella socia­li­sta, tra­volta dalla subal­ter­nità cul­tu­rale al libe­ri­smo delle social-democrazie occi­den­tali, e il sim­me­trico rie­mer­gere di popu­li­smi xeno­fobi e raz­zi­sti, non dis­si­mili da quelli che carat­te­riz­za­rono la cata­strofe euro­pea degli anni trenta.
La pra­tica costante di chie­dere ai governi mem­bri – a comin­ciare dal nostro, e da quelli spa­gnolo, por­to­ghese e irlan­dese oltre che, natu­ral­mente, a quello greco — di “far male” ai pro­pri popoli, impo­nendo loro sacri­fici dan­nosi e par­ti­co­lar­mente dolo­rosi per gli strati più deboli, come prova di fedeltà a un patto mai siglato da quei popoli e dive­nuto insop­por­ta­bile eco­no­mi­ca­mente, social­mente e moralmente.
In que­sto qua­dro il governo ita­liano è total­mente subal­terno a quella impo­si­zione e a quei dogmi, non solo inca­pace di modi­fi­carne quan­to­meno gli aspetti più pena­liz­zanti ma, anzi, impe­gnato a por­tare a com­pi­mento con zelo il man­dato rice­vuto dall’oligarchia che dirige l’Europa.
Vanno in que­sta dire­zione la mano­mis­sione del nostro ordi­na­mento demo­cra­tico costi­tu­zio­nale; la ten­den­ziale liqui­da­zione della nostra demo­cra­zia rap­pre­sen­ta­tiva in nome di una forma di governo bru­tal­mente sbi­lan­ciata sul potere ese­cu­tivo (una “demo­cra­zia ese­cu­tiva” o“ese­cu­to­ria”); l’imposizione di una legge-truffa desti­nata a defor­mare gra­ve­mente le volontà dell’elettorato e di con­se­gnare al dema­gogo di turno un potere senza più con­trap­pesi né anti­corpi; la volontà di can­cel­lare le rap­pre­sen­tanze sociali (in primo luogo quelle sin­da­cali) e l’umiliazione del mondo del lavoro con la can­cel­la­zione dei suoi diritti; l’aggressione vol­gare al mondo della cul­tura e della scuola, con l’umiliazione del sapere in nome di cri­teri gerar­chici azien­dali; la ridu­zione a merce di ciò che rimane del nostro patri­mo­nio ter­ri­to­riale e dei nostri beni comuni…
Quella che si con­fi­gura con il governo Renzi è una vera “emer­genza demo­cra­tica”. L’azione svolta finora e quella che si pre­para a por­tare a com­pi­mento defi­ni­scono il pro­filo di un muta­mento di sistema che richiede, per essere con­tra­stato, un’innovazione poli­tica e orga­niz­za­tiva all’altezza della sfida.
Come mostra la vicenda greca in tutta la sua dram­ma­ti­cità, oltre al con­flitto tra Stati e inte­ressi nazio­nali , si pro­fila all’orizzonte un con­flitto poli­tico e sociale di tipo nuovo, tra demo­cra­zia e oli­gar­chie finan­zia­rie e buro­cra­ti­che trans­na­zio­nali; tra domi­nio tota­liz­zante della forma denaro e affer­ma­zione dei prin­ci­pii fon­da­men­tali di giu­sti­zia sociale, egua­glianza e soli­da­rietà; tra governo dall’alto di società sem­pre più ingiu­ste e par­te­ci­pa­zione con­sa­pe­vole e dif­fusa alle scelte col­let­tive, com­bat­tuto non più solo nell’angusto spa­zio nazio­nale ma in campo euro­peo, in cui sarà fon­da­men­tale la capa­cità di dar vita a for­ma­zioni di grandi dimen­sioni, cre­di­bili, forti, auto­re­voli, capaci di supe­rare le distin­zioni di nazio­na­lità e le altret­tanto asfit­ti­che fram­men­ta­zioni identitarie.
Per que­sta ragione noi oggi rite­niamo non più rin­via­bile l’impegno di tutte le forze che si pon­gono in alter­na­tiva a que­sto qua­dro dram­ma­tico e che ancora si richia­mano ai valori di egua­glianza, auto­no­mia e libertà che furono della migliore sini­stra a porre in campo anche in Ita­lia, nei tempi brevi impo­sti dalla gra­vità della situa­zione, una forza uni­ta­ria, inno­va­tiva nello stile poli­tico e cre­di­bile nel pro­prio pro­gramma, non mino­ri­ta­ria né chiusa in ste­rili pra­ti­che testi­mo­niali ma capace, come già è avve­nuto in Gre­cia e in Spa­gna, di costi­tuire un’alternativa di governo e di para­digma allo stato di cose pre­sente. Un sog­getto poli­tico dichia­ra­ta­mente anti­li­be­ri­sta, dotato della forza per com­pe­tere per il governo del paese in con­cor­renza con gli altri poli politici.
Tutte le ultime tor­nate elet­to­rali hanno rive­lato che senza un pro­getto uni­ta­rio a sini­stra, capace di supe­rare l’attuale fram­men­ta­zione, non c’è spe­ranza di soprav­vi­venza per nes­suno. Non pos­siamo con­ti­nuare a ripe­tere che il tempo è ora. Biso­gna dare, da subito, un segnale chiaro. Che si è pronti. E che c’è biso­gno di tutte e tutti. Non solo di chi, in que­sti mesi, nell’area poli­tica alla sini­stra del PD, ha avviato un fitto dia­logo in vista dell’apertura di un “pro­cesso costi­tuente”, ma soprat­tutto degli altri, che nei “luo­ghi della vita” con­ti­nuano a tes­sere resi­stenza, soli­da­rietà, azioni civili, coe­sione sociale. A com­bat­tere l’imbarbarimento e a spe­ri­men­tare il bien vivir. Quelli che aspet­tano che qual­cosa si muova, e che sia cre­di­bile, nuovo, diverso, forte.
Dovranno essere soprat­tutto loro i pro­ta­go­ni­sti della grande “casa comune” che di deve ini­ziare a costruire.
Fac­ciamo sì che sia da subito un “per­corso del fare”. Indi­vi­duiamo fin d’ora nell’iniziativa refe­ren­da­ria sui temi più vicini alla vita delle per­sone un ter­reno su cui impe­gnarsi qui ed ora.Impe­gnia­moci a costruire su ogni tema la più larga rete di sog­getti, che già ci sono, e già sono attivi.
Si lanci, ancor prima della pausa estiva, un mes­sag­gio chiaro e forte: che ci siamo. Che par­tiamo. Che pos­siamo far­cela. Lo dob­biamo ai tanti che aspet­tano da troppo tempo.
Ci si impegni a incontrarci a breve, entro la settimana, tutti quelli che sentono questa urgenza, per avviare il processo e preparare per ottobre un grande appuntamento unitario.
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