29 novembre 2013

NON RIMARRA' NULLA DELL'ITALIA di Roberto Orsi


Carissimi/e, forse l’'analisi di Roberto Orsi, dall’Inghilterra, ha toni drammatici. Ma aiuta a capire che siamo ben lungi dall'’essere “disastro-resistenti”.Buona lettura e soprattutto buona riflessione.

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Non rimarrà nulla dell'Italia

Roberto Orsi

L'allarme di Roberto Orsi della London School of Economics: l'Italia in quanto nazione industriale non esisterà più.
http://megachip.globalist.it/Images/pix.gifGli storici del futuro probabilmente guarderanno all'Italia come un caso perfetto di un Paese che è riuscito a passare da una condizione di nazione prospera e leader industriale in soli vent'anni in una condizione di desertificazione economica, di incapacità di gestione demografica, di rampante terzomondializzazione, di caduta verticale della produzione culturale e di un completo caos politico istituzionale. Lo scenario di un serio crollo delle finanze dello Stato italiano sta crescendo, con i ricavi dalla tassazione diretta diminuiti del 7% in luglio, un rapporto deficit/Pil maggiore del 3% e un debito pubblico ben al di sopra del 130%. Peggiorerà.
Il governo sa perfettamente che la situazione è insostenibile, ma per il momento è in grado soltanto di ricorrere ad un aumento estremamente miope dell'IVA (un incredibile 22%!), che deprime ulteriormente i consumi, e a vacui proclami circa la necessità di spostare il carico fiscale dal lavoro e dalle imprese alle rendite finanziarie. Le probabilità che questo accada sono essenzialmente trascurabili. Per tutta l'estate, i leader politici italiani e la stampa mainstream hanno martellato la popolazione con messaggi di una ripresa imminente. In effetti, non è impossibile per un'economia che ha perso circa l'8 % del suo PIL avere uno o più trimestri in territorio positivo. Chiamare un (forse) +0,3% di aumento annuo "ripresa" è una distorsione semantica, considerando il disastro economico degli ultimi cinque anni. Più corretto sarebbe parlare di una transizione da una grave recessione a una sorta di stagnazione.
Il 15% del settore manifatturiero in Italia, prima della crisi il più grande in Europa dopo la Germania, è stato distrutto e circa 32.000 aziende sono scomparse. Questo dato da solo dimostra l'immensa quantità di danni irreparabili che il Paese subisce. Questa situazione ha le sue radici nella cultura politica enormemente degradata dell'élite del Paese, che, negli ultimi decenni, ha negoziato e firmato numerosi accordi e trattati internazionali, senza mai considerare il reale interesse economico del Paese e senza alcuna pianificazione significativa del futuro della nazione. L'Italia non avrebbe potuto affrontare l'ultima ondata di globalizzazione in condizioni peggiori.
La leadership del Paese non ha mai riconosciuto che l'apertura indiscriminata di prodotti industriali a basso costo dell'Asia avrebbe distrutto industrie una volta leader in Italia negli stessi settori. Ha firmato i trattati sull'Euro promettendo ai partner europei riforme mai attuate, ma impegnandosi in politiche di austerità. Ha firmato il regolamento di Dublino sui confini dell'UE sapendo perfettamente che l'Italia non è neanche lontanamente in grado (come dimostra il continuo afflusso di immigrati clandestini a Lampedusa e gli inevitabili incidenti mortali) di pattugliare e proteggere i suoi confini. Di conseguenza , l'Italia si è rinchiusa in una rete di strutture giuridiche che rendono la scomparsa completa della nazione certa.
L'Italia ha attualmente il livello di tassazione sulle imprese più alto dell'UE e uno dei più alti al mondo. Questo insieme a un mix fatale di terribile gestione finanziaria, infrastrutture inadeguate, corruzione onnipresente, burocrazia inefficiente, il sistema di giustizia più lento e inaffidabile d'Europa, sta spingendo tutti gli imprenditori fuori dal Paese. Non solo verso destinazioni che offrono lavoratori a basso costo, come in Oriente o in Asia meridionale: un grande flusso di aziende italiane si riversa nella vicina Svizzera e in Austria dove, nonostante i costi relativamente elevati di lavoro, le aziende troveranno un vero e proprio Stato a collaborare con loro, anziché a sabotarli. A un recente evento organizzato dalla città svizzera di Chiasso per illustrare le opportunità di investimento nel Canton Ticino hanno partecipato ben 250 imprenditori italiani.
La scomparsa dell'Italia in quanto nazione industriale si riflette anche nel livello senza precedenti di fuga di cervelli con decine di migliaia di giovani ricercatori, scienziati, tecnici che emigrano in Germania, Francia, Gran Bretagna, Scandinavia, così come in Nord America e Asia orientale. Coloro che producono valore, insieme alla maggior parte delle persone istruite è in partenza, pensa di andar via, o vorrebbe emigrare. L'Italia è diventato un luogo di saccheggio demografico per gli altri Paesi più organizzati che hanno l'opportunità di attrarre facilmente lavoratori altamente, addestrati a spese dello Stato italiano, offrendo loro prospettive economiche ragionevoli che non potranno mai avere in Italia.
L'Italia è entrata in un periodo di anomalia costituzionale. Perché i politici di partito hanno portato il Paese ad un quasi - collasso nel 2011, un evento che avrebbe avuto gravi conseguenze a livello globale. Il Paese è stato essenzialmente governato da tecnocrati provenienti dall'ufficio del Presidente Repubblica, i burocrati di diversi ministeri chiave e la Banca d'Italia. Il loro compito è quello di garantire la stabilità in Italia nei confronti dell'UE e dei mercati finanziari a qualsiasi costo. Questo è stato finora raggiunto emarginando sia i partiti politici sia il Parlamento a livelli senza precedenti, e con un interventismo onnipresente e costituzionalmente discutibile del Presidente della Repubblica, che ha esteso i suoi poteri ben oltre i confini dell'ordine repubblicano. L'interventismo del Presidente è particolarmente evidente nella creazione del governo Monti e del governo Letta, che sono entrambi espressione diretta del Quirinale.
L'illusione ormai diffusa, che molti italiani coltivano, è credere che il Presidente, la Banca d'Italia e la burocrazia sappiano come salvare il Paese. Saranno amaramente delusi. L'attuale leadership non ha la capacità, e forse neppure l'intenzione, di salvare il Paese dalla rovina. Sarebbe facile sostenere che Monti ha aggravato la già grave recessione. Letta sta seguendo esattamente lo stesso percorso: tutto deve essere sacrificato in nome della stabilità. I tecnocrati condividono le stesse origini culturali dei partiti politici e, in simbiosi con loro, sono riusciti ad elevarsi alle loro posizioni attuali: è quindi inutile pensare che otterranno risultati migliori, dal momento che non sono neppure in grado di avere una visione a lungo termine per il Paese. Sono in realtà i garanti della scomparsa dell'Italia.
In conclusione, la rapidità del declino è davvero mozzafiato. Continuando su questa strada, in meno di una generazione non rimarrà nulla dell'Italia nazione industriale moderna. Entro un altro decennio, o giù di lì, intere regioni, come la Sardegna o Liguria, saranno così demograficamente compromesse che non potranno mai più recuperare.
I fondatori dello Stato italiano 152 anni fa avevano combattuto, addirittura fino alla morte, per portare l'Italia a quella posizione centrale di potenza culturale ed economica all'interno del mondo occidentale, che il Paese aveva occupato solo nel tardo Medio Evo e nel Rinascimento. Quel progetto ora è fallito, insieme con l'idea di avere una qualche ambizione politica significativa e il messianico (inutile) intento universalista di salvare il mondo, anche a spese della propria comunità. A meno di un miracolo, possono volerci secoli per ricostruire l'Italia.
[Affari italiani] 20-10-2013




Fonte:

28 novembre 2013

VILLA BLANC:IL TAR BOCCIA IL RICORSO DEI CITTADINI




 
Il 27 novembre il TAR ha emesso la sentenza per il ricorso presentato da 7
 cittadini e Italia Nostra contro il permesso a costruire rilasciato dal
Comune di Roma alla LUISS per Villa Blanc.Riservandoci di
 leggere a freddo le motivazioni che hanno determinato il
giudizio,non siamo in grado di poter informare i nostri
 lettori se i ricorrenti vorranno esercitare il loro diritto
di impugnare questa sentenza davanti al Consiglio di Stato.
Al momento non dobbiamo far altro che registrare 
 un punto a favore della LUISS. 
Domenico Fischetto

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27 novembre 2013

L’urlo silenzioso e le brioches di Maria Antonietta di G.Pagliarulo

da Caratteri Liberi

L’urlo silenzioso e le brioches di Maria Antonietta

di Gianfranco Pagliarulo
novembre 26, 201

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di Gianfranco Pagliarulo
L’attacco alla sede del Pd di via dei Giubbonari a Roma e il giorno successivo a quella di via Archimede a Milano. Lo sciopero selvaggio dei mezzi pubblici a Genova e la violenta contestazione del sindaco Marco Doria. L’affluenza alle urne alle recenti elezioni regionali in Basilicata, che ha raggiunto il record (negativo) del 47.57%; oltre il 7% di questa percentuale di elettori ha poi votato scheda bianca o nulla.
Nel primo caso – le aggressioni alle sedi Pd – le reazioni prevalenti, peraltro giustissime, sono state di sdegno e condanna; nel secondo – il blocco dei trasporti pubblici a Genova – la contromossa è stata la precettazione dei lavoratori; nel terzo – il crollo dei votanti in Basilicata – non si è registrato alcun significativo commento, se si esclude la dichiarazione del neopresidente, che ha affermato di essere “profondamente preoccupato e rammaricato”.
C’è qualcosa che accomuna tre eventi diversissimi per la loro natura e per i luoghi dove sono avvenuti: il crescente sfinimento della rappresentanza politica e sociale e la conseguente deriva, che sembra irrefrenabile, dei meccanismi democratici tramite cui si concretizza e si compie la sovranità popolare.
Lo spettacolo della politica è devastante; l’opposizione parlamentare, come ha giustamente notato di recente Curzio Maltese, non esiste, limitandosi all’irrilevanza delle azioni dei parlamentari a cinque stelle, e, da parte dei suoi due guru, al “no” all’abolizione del reato di immigrazione clandestina e all’accantonamento della riforma della legge elettorale; il governo galleggia sul nulla, nell’inconsistente tentativo di aggiustamenti congiunturali della crisi e nell’inesistenza della critica ad una politica economica europea a trazione tedesca che sta portando al disastro l’intero mezzogiorno del continente; il Pd è impegnatissimo nella sua autorappresentazione attraverso un dibattito fra gli aspiranti segretari che è sempre meno in sintonia con la spietatezza della realtà sociale del Paese e interessa una percentuale sempre inferiore e sempre più sfibrata di cittadini; Alfano & company sono impegnati nel tentativo di costruzione di un grande centro che guardi a destra dopo il goffo flop e la conseguente evaporazione del partito di Monti che cinguettava col Pd; Berlusconi, in attesa del cartellino rosso, si prodiga nell’ennesima e sempre meno credibile performance anti istituzionale, promettendo valanghe di testimonianze e prove che lo scagionerebbero dai reati per cui è stato condannato in via definitiva; va avanti, sostenuta dalla maggioranza di governo, la macchina della “riforma” costituzionale, che sta già stravolgendo la natura della Carta del 1948 cambiando l’art. 138, che disciplina le modalità di revisione della Costituzione.
L’opposizione sociale è limitata a singoli movimenti tematici; manca cioè, sia sulla questione del lavoro che su quella dei diritti, un movimento di massa organizzato, permanente e presente sul territorio nazionale.
L’unico che coglie qualche aspetto fondamentale di questo scenario lunare è Fabrizio Barca che, in recente articolo su Repubblica, proprio a partire dall’aggressione alle sedi Pd, lancia l’allarme sulla crescente distanza fra “il 99% dei cittadini, il popolo che si sente fuori del potere” e quel restante 1% delle varie caste. Barca utilizza correttamente il linguaggio (“il 99%”) di Occupy Wall Street e degli Indignados. Ma, dato che nessuno di questi movimenti è presente in Italia, rifugia le sue speranze nell’auspicio di una rigenerazione del Pd che avverrebbe grazie all’unilaterale passo indietro degli attuali gruppi dirigenti, a un balsamico dibattito fra i tre candidati Civati, Cuperlo e Renzi, alla trasformazione del Pd, come da tempo Barca sostiene, in un “partito palestra”, schiodato dallo Stato e aperto alla società. Ipotesi tanto nobile quanto, a mio avviso, del tutto inverosimile (detto in parole più grevi: una pia illusione), perché, nella ruvida concretezza quotidiana del Pd, continua ad avvenire l’esatto contrario; basti pensare alla parte più “avanzata” del partito, per esempio una Laura Puppato che, dopo aver partecipato alla manifestazione del 12 ottobre a difesa della Costituzione e contro la legge costituzionale che stravolge l’art. 138, vota in Parlamento a favore della legge medesima, definendo il suo voto “un sì critico”; o un Pippo Civati che, dopo tanto inveire contro la Cancellieri, ne vota la fiducia. Se questi sono “i giovani del Pd”, ridateci Matusalemme.
Immanuel Kant parlava di “insocievole socievolezza degli uomini”, cioè “la loro tendenza a unirsi in società, congiunta però con una generale riluttanza, che minaccia continuamente di disunire questa società”. Se questa definizione di sapore antropologico del filosofo ha un fondamento, oggi in Italia prevale certamente l’aggettivo sul sostantivo. L’“insocievole” vince perché queste dinamiche dei partiti attuali ne conclamano la devastante lontananza dalla vita e perché la mutazione genetica del partito contemporaneo ne riduce in modo radicale le capacità di rappresentanza. Certo, c’è gente a cui piace Renzi, perché spiega l’idea del Pd in tre spot, ed altra gente a cui piace (ancora) Berlusconi, perché mette a valore il mister Hyde che serpeggia dentro ciascuno di noi. Ma questa è rappresentazione, spettacolo, pubblicità, in qualche caso psicoterapia, non rappresentanza. Nel vuoto di rappresentanza – un vento che sferza l’Italia, ma spira in tutta Europa – da un lato crescono a dismisura i poteri di quella che l’economista e sociologa Susan George chiama l’“autorità illegittima”, e cioè il consorzio mondiale di multinazionali, finanziarie e lobby, dall’altro prevale il sistema oligarchico, la deriva autoritaria, l’affermazione populista, o, sempre più spesso, un misto di queste tre patologie. In questo scenario la sovranità popolare è sempre più un guscio vuoto.
Prevalendo “l’insocievole”, si possono generare mostri. L’assalto alle sedi Pd ne è un segnale. Ma non basta, anzi, è del tutto errato ridurre la vicenda a una questione di ordine pubblico. Ha scritto Barca: “La mano di chi aggredisce e imbratta un circolo di partito è sempre di pochissimi. Ma parla della sfiducia assoluta di moltissimi”. Da una parte c’è un urlo silenzioso che sale dalla società, dall’altra una politica-Maria Antonietta che parla di brioches.
Il senso delle parole è sempre il suo interfaccia reale. Fermare, o quanto meno, frenare questa deriva parte dalla ricostruzione di senso di alcune parole chiave, a cominciare da rappresentanza, sovranità popolare, democrazia, lavoro, dignità. E dalla nascita di una forza organizzata che restituisca tale senso alle parole. Oggi questa forza non esiste. Sarebbe bene darsi una mossa.

26 novembre 2013

VILLA BLANC:LA STRAGE DI ALBERATURE CONTINUA

E la strage continua.............
malgrado un ricorso al TAR ,di cui siamo tutti in attesa della sentenza,malgrado due ordini del giorno quasi simili votati sia dal Consiglio del Municipio II che dall'Assemblea Capitolina,la LUISS continua la sua strada come,è proprio il caso di dire,un bulldozer strafegandosene di tutto e di tutti.Ma mettiamoci una volta tanto nei loro panni:sono i padroni dell'intero complesso perchè  gli è stata data la possibilità da parte del duo Veltroni-Rutelli di acquistarla a prezzi stracciati,l'hanno tenuta abbandonata per 15 anni,diconsi 15 ,durante i quali coloro che dovevano far rispettare i vari vincoli a cui il complesso è sottoposto si sono girati dall'altra parte e non hanno visto(Sovrintendenza e MIBAC in prima linea),hanno firmato una convenzione farsa con il Comune di Roma (Alemanno Sindaco e Corsini assessore ) il quale ,invece di far rispettare i vincoli a cui l'intero complesso è sottoposto dal NPRG,si è accontentato di piccole e miserabili concessioni da parte della Luiss,hanno ottenuto le varie autorizzazioni per procedere al restauro della villa con annessi circuiti per permettere il transito dei veicoli,hanno ottenuto dal servizio giardini che evidentemente, scusateci il francesismo se ne frega di quanto deciso dalla parte politica,all'abbattimento di importanti alberature,non una volta ma più di una,hanno ottenuto ogni anno per via del fatto di essere una stimata e onorata università(privata )un finanziamento di circa €5 milioni ogni anno (incassati con tanti ringraziamenti alla faccia dei giovani studenti della Winckelmann,dirimpettai della Villa, che non hanno oltre al verde neanche la carta igienica tanto per fare un esempio),che doveva fare povera Luiss se non ringraziare le varie distrazioni e connivenze di chi dovrebbe rappresentare l'interesse pubblico e farsi gli affari propri?
VERGOGNA non alla LUISS ovviamente,ma a chi dovrebbe rappresentare i cittadini e in tutti questi anni  e non l'ha fatto!!!!!!!
Domenico Fischetto

22 novembre 2013

IL DISASTRO AMBIENTALE IN SARDEGNA:L'OPINIONE DI BIANCHI

Forse c'è ancora una speranza ,se le persone per bene vengono consultate per esprimere la loro opinione su eventi eccezionali,a cui spesso la gestione pubblica non sa dare o balbetta risposte.
Alessandro Bianchi,come non mai in questo periodo ,viene chiamato ad esprimere la propria opinione su casi di mala gestione pubblica ,come il caso ATAC a Roma o come il disastro ambientale in Sardegna.Un 'opinione richiesta si badi bene non sulla base dell'esperienza politica,ricordiamo che pur avendo svolto un incarico governativo per due anni ,Bianchi non ha mai ricoperto una carica pubblica elettiva,ma sulla base della propria esperienza professionale e umana di urbanista.Urbanista serio e rigoroso non legato ad ambienti particolari,che costringono spesso a dichiarare mezze verità,tantomeno a partiti politici,ricordiamo che recentemente Bianchi si è dimesso dal Partito Democratico con una lettera al segretario "traghettatore"Epifani  .Un'opinione quella di Bianchi dunque che guarda in faccia la realtà anche in maniera pragmatica e disincantata ,che non ha paura di puntare il dito accusatore ,sempre con garbo e stile mai scendendo nella supponenza professorale e tantomeno nell'offesa,contro le vere cause ,contro i veri responsabili.
Così è avvenuto nel confronto presso Teleretesole con i lavoratori dell'ATAC sulla spinosa situazione finanziaria appesantita da anni di gestioni allegre e di facili e costose assunzioni ( avvenute non solo nel periodo di Alemanno) a scapito del "core business" dell'azienda:il trasporto pubblico.Così avviene per il disastro ambientale in Sardegna.Ci si ricorda della prevenzione solo davanti ai lutti e alle distruzioni.
Quello che segue è un articolo scritto per Europa ,pubblicato nel numero di oggi.
Domenico Fischetto
 
 
 
Commenti

Disastri ambientali, troppo potere alle regioni

La difesa del suolo va affidata allo stato e serve una seria prevenzione

di alessandro bianchi
 
 
Credo si debba avere rispetto per le sedici e forse più vittime e per le migliaia di persone colpite nei giorni scorsi dall’alluvione nel centro-nord della Sardegna.
Dunque basta con le solite, insopportabili dichiarazioni sull’eccezionalità dell’evento, sull’impossibilità di fronteggiarlo, sul massimo impegno dello Stato, perchè nulla di tutto questo è vero. Non c’è alcunchè di eccezionale in quanto è accaduto. E’ un disastro ambientale simile a molti altri che lo hanno preceduto – Soverato, Giampilieri, Crotone, Grosseto, Genova, per citarne solo alcuni – e che sarà inevitabilmente seguito da molti altri nei prossimi mesi e anni, tutti causati da eventi fuori della norma ma non certo apocalittici.
Meno che meno è consentito nascondersi dietro ai cambiamenti climatici, al riscaldamento dei mari e via dicendo. La causa di questi disastri sta nella totale incuria in cui l’ambiente naturale è stato lasciato dell’amministrazione pubblica a tutti i livelli – Stato, Regioni, Enti locali – e nella indiscriminata urbanizzazione del territorio e nell’aggressiva speculazione edilizia che imperano nel nostro Paese da almeno quaranta anni a questa parte.
Quando si deviano dal loro alveo o si intubano i corsi d’acqua, quando si manomettono i versanti collinari e montani e si dismettono i presidi agricoli, quando si urbanizzano aree in soggezione idraulica o in prossimità di frane, in una parola quando si alterano in modo così profondo gli equilibri dell’ambiente naturale, ci si deve aspettare che prima o poi la natura reagirà per ricostituire quegli equilibri e, se non potrà farlo, darà luogo a fenomeni di collasso.
E’ quanto è accaduto in modo violento ad Arzachena, Torpè ed altri centri, ma è quanto può accadere in qualsiasi momento in uno dei 6000 comuni italiani (il 75% del totale) soggetti a rischio idrogeologico.
Quanto all’impegno dello Stato è vero solamente quando deve fronteggiare le emergenze - anche grazie ad una Protezione Civile sicuramente all’altezza del compito – ma è del tutto e colpevolmente assente nella fase più importante, quella della prevenzione, ossia nel  mettere mano ad un massiccio piano di difesa del suolo adeguatamente finanziato.
In Italia – incredibilmente – un simile piano non esiste e le risorse stanziate per la prevenzione nel 2014 saranno pari a 30 milioni di euro! In compenso la spesa che si stima si dovrà sostenere sempre nel 2014 per riparare i danni che inevitabilmente ci saranno è di circa 360 milioni, la stessa degli ultimi tre anni. Insomma per prevenire i danni causati dai disastri ambientali spendiamo l’8% di quello che siamo disposti a spendere per riparare i danni già avvenuti. Un’equazione che non può che essere frutto di una mente geniale!
C’è una qualche possibilità di uscire da questa condizione? Forse sì, ma subordinatamente a due condizioni che nell’attuale quadro politico sembra molto difficile che possano essere rispettate.
La prima è di riportare le competenze in materia di difesa del suolo allo Stato, attribuendo alle Regioni un ruolo consultivo. Anzitutto perché è ormai evidente la loro inadeguatezza dal punto di vista programmatico e finanziario di fronte ad un simile problema, poi perché l’ambiente naturale è un sistema interconnesso che va trattato nella sua interezza, mentre le Regioni tendono a comportarsi in modo chiuso, come se i confini amministrativi fossero dei confini naturali.
E’ un discorso che vale anche per le competenze in materia di pianificazione territoriale e paesistica e che andrebbe affrontato prontamente.
L’altra condizione discende di conseguenza, ed è che si costituisca un soggetto politico centrale – credo il Ministero dell’Ambiente che, invece, vediamo sorprendentemente silente – in grado di porre la difesa del suolo come tema di interesse nazionale prioritario, di varare in tempi stretto un piano nazionale con relativa copertura economica e di costruire una sorta di Agenzia efficiente ed efficace (dunque priva di posti da coprire con nomine di partito) che lo attui.
E’ lecito dubitare che questa classe politica sia in grado di farlo, ma è doveroso insistere a dire che bisogna farlo.
 

21 novembre 2013

VILLA BLANC:LETTERA AL SINDACO MARINO

Ennesima richiesta di incontro al Sindaco Marino da parte dell'Associazione Comitato Villa Blanc e Italia Nostra sull'annosa vicenda di Villa Blanc,villa storica "ceduta" dall'insipienza della politica alla Luiss che ,dopo un totale abbandono durato 15 anni,ha deciso di restaurare la villa ,gli altri edifici e l'intero parco malgrado ci sia un ricorso pendente presso il TAR sottoscritto da sette cittadini e Italia Nostra.In attesa del verdetto,sia il consiglio del Municipio II che quello capitolino hanno votato all'unanimità un ordine del giorno in cui si chiede l'annullamento dell'improvvida convenzione firmata dalla passata amministrazione capitolina in cui si autorizzava la Luiss a procedere al restauro,in cambio di concessioni risibili alla cittadinanza,ma soprattutto perchè contravveniva  ai disposti inseriti nel NPRG sulla Villa stessa.
Staremo a vedere se dopo questa nuova richiesta ci sarà una risposta positiva da parte del Sindaco.
D.F.
 

                                                                                                          Roma  19 Novembre 2013

 

 

 

A    Ignazio Marino

      Sindaco di Roma

      Piazza del Campidoglio

 

 

Signor Sindaco,

 

sono quaranta anni che Italia Nostra e i cittadini romani continuano a lottare per la conservazione e l'apertura al pubblico di Villa Blanc, ottenendo nel 1974 la prima destinazione a verde pubblico dell'intero complesso. Come Lei sa, nel 2011 la Giunta Alemanno, sulla base di una semplice memoria di giunta, ha invece autorizzato la LUISS - che ha acquistato la villa nel 1997 ad un prezzo irrisorio per il mancato esercizio del diritto di prelazione da parte del Ministro Veltroni – a effettuare i lavori - attualmente in corso -per la realizzazione di un campus universitario. Questo progetto - con i suoi otto parcheggi e viabilità carrabile all'interno del parco, foresterie e ristorante -  non è compatibile con la destinazione a verde pubblico e servizi pubblici locali del PRG vigente e non rispetta i vincoli storici e paesaggistici imposti sulla villa stessa.

 

Lo scorso giugno – dopo ripetute manifestazioni e iniziative culturali congiunte - il Comitato Villa Blanc Le ha scritto chiedendo di incontrarLa per consegnarLe 5000 firme di cittadini che chiedono l'apertura al pubblico di questa importante Villa storica romana.

 

Da allora sono passati 5 mesi, altre firme si sono aggiunte e nel frattempo sono state votate dal II° Municipio e dal Consiglio Comunale le due mozioni di appoggio a queste richieste, che Le trasmettiamo in allegato. D'altra parte i lavori della LUISS all'interno della villa procedono speditamente e non possiamo accettare di trovarci di fronte molto presto ad una situazione di fatto irreversibile, nel silenzio delle Autorità  che sono chiamate a tutelare gli interessi di tutti.

 

Ripetiamo quindi la domanda di essere da Lei ricevuti al più presto per rappresentarLe gli interessi e le richieste del mondo della cultura e dei cittadini di Roma Capitale e dell'Italia. Le chiediamo un Suo intervento personale, non ulteriormente procrastinabile, in quanto è l'unico capace di risolvere in maniera equa e accettabile dall'intera comunità cittadina il lungo e tormentato problema di Villa Blanc. Le chiediamo, anche in questo caso, di realizzare una netta discontinuità con le colpevoli omissioni  e la cattiva gestione dei beni culturali comuni da parte della classe politica in passato. Il valore artistico e paesaggistico di questo complesso e i diritti dei cittadini non meritano di meno.

 

Attendiamo la Sua risposta e Le inviamo nel frattempo molti cordiali saluti.

 

 

Comitato Villa Blanc                                                            Italia Nostra Roma

Il Presidente                                                                          Il Vice Presidente Vicario
                                                              

                                                                                                  

                                                                                                         

                                                                                 

20 novembre 2013

Riciclaggio e ricettazione indagato Sindaco di Brindisi (PD)

da GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/homepage/riciclaggio-e-ricettazione-indagato-sindaco-di-brindisi-no670899da

Riciclaggio e ricettazione
indagato sindaco Brindisi (PD)

BRINDISI – E' cominciata con la visita degli agenti della Digos a Palazzo Nervegna, la giornata in ufficio del sindaco di Brindisi cui è stata notificata un’informazione di garanzia con un decreto di sequestro e perquisizione. Mimmo Consales (Pd), giornalista da un anno e mezzo alla guida della città, è accusato di riciclaggio, abuso d’ufficio e ricettazione, in concorso con il capo del suo staff, Cosimo Saracino, con un commercialista di Lecce, Massimo Vergari e con l'ex direttore dell’agenzia di Brindisi di Equitalia, indagato anche per concussione. Quest’ultimo, ora in servizio a Bari, avrebbe sottoposto a pressioni suoi dipendenti per compiere delle irregolarità in vantaggio del primo cittadino.

La società di riscossione dei tributi ha fatto sapere in serata che "sono state attivate le procedure per allontanare in via cautelativa" l'ex direttore della sede brindisina, Giuseppe Puzzovio, dal servizio e "di avere dato mandato ai propri legali di costituirsi persona offesa nel procedimento penale".
Sotto la lente degli investigatori e dei due pm che coordinano l’inchiesta, c'è un debito da 300.000 euro che Consales avrebbe maturato con Equitalia prima di diventare sindaco operando con una società di cui era rappresentante legale.

Dopo l’elezione, avrebbe concordato una rateizzazione del debito ma, secondo l’accusa, lo avrebbe fatto approfittando del suo ruolo istituzionale. La quota pagata sinora sarebbe di 20.000 euro divisa in rate mensili e saldata in contanti violando le norme antiriciclaggio che impongono una completa tracciabilità del denaro. Sulla restante parte ancora non pagata si concentra ora l’attenzione degli inquirenti.

L'approfondimento investigativo sull'importo dovuto a Equitalia è stato disposto nell’ambito di un’altra inchiesta sulla società di comunicazione News Sas, della quale il sindaco possedeva quote fino poco prima di entrare in politica. I pm stavano accertando eventuali irregolarità nell’affidamento dal parte del Consiglio del servizio di comunicazione istituzionale e di rassegna stampa proprio alla sua società. Accertamenti sono in corso anche sul cartellone degli eventi estivi e natalizi del 2012. Per queste inchieste Consales è già indagato per abuso d’ufficio.

Durante le perquisizioni nel Comune la Digos ha prelevato pc, tablet, e documenti. Altre perquisizioni sono state eseguite anche a Lecce e Bari in relazione alle attività degli altri indagati. Consales, parlando stamani con i giornalisti, si è detto tranquillo: ho fiducia nel lavoro della magistratura, collaboro con gli inquirenti". Ma l’opposizione ha subito attaccato: "si dimetta il sindaco – ha tuonato Mauro D’Attis (Pdl) – oppure dimettiamoci tutti".
19 NOVEMBRE 2013

Il mondo di Wool e la ricerca della verità di G.Pagliarulo


Il mondo di Wool e la ricerca della verità

novembre 20, 2013


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di Gianfranco Pagliarulo
Quando ho ritirato il volume in libreria mi ha preoccupato la sua mole: circa 550 pagine. Mi sono chiesto se valesse la pena iniziare una lettura che poteva dimostrarsi noiosa e che sicuramente sarebbe stata lunga. Mi sbagliavo di grosso.
Wool è lana, uno straccio il cui mistero accompagna il lettore per buona parte del testo. Il mondo di Wool è quello distopico, cioè dell’utopia negativa: uno scampolo di umanità sopravvissuta ad una guerra conclusasi con una catastrofe e la cui memoria si è smarrita nel tempo si è organizzato in un gigantesco silo sotterraneo perché l’atmosfera esterna è diventata letale. Il silo è formato da un paio di centinaia di livelli sovrapposti, collegati da una infinita scala a chiocciola; ai livelli più bassi lavorano e vivono gli operai, fra macchine e pompe che estraggono petrolio e producono energia, in una sorta di gerarchia sociale segnata dall’altezza dei piani: in alto i programmatori, i server e i computer. Il tutto è governato da una ambigua unità informatica (IT) e da alcune cariche istituzionali (sindaco e sceriffo) attorno alle cui figure ruota l’intera vicenda. La protagonista è una giovane donna, Juliette, che “lavora al reparto meccanica”, piani bassi insomma; attorno alla sua storia si dipanano progressivamente i molti misteri che affollano i piani-sequenza del romanzo. Piani-sequenza, perché l’intera struttura narrativa si snoda attraverso brevi capitoli, ciascuno dei quali rappresenta un segmento sufficientemente autonomo, seppur connesso a tutti gli altri.
Lo scenario angosciante e claustrofobico fa da singolare contrappunto ad una scrittura semplice e realistica, caratterizzata da una debordante quantità di colpi di scena. Il risultato finale è un testo di una stupefacente scorrevolezza che ti coinvolge e ti inchioda alla lettura, per cui, quando arrivi alla fine, quasi ti dispiace di non poter continuare un viaggio letterario che si è dimostrato un’odissea continua, fra misteri e scoperte che si succedono in un intreccio tanto immaginario quanto logicamente rigoroso e verosimile.
Il romanzo è al modo di 1984 o de Il tallone di ferro. Cito volutamente i due capolavori di Orwell e London perché, come questi, anche Wool non è esattamente o soltanto una storia “di fantasia”, viceversa ti appare come una sfumata allegoria del mondo in cui oggi viviamo. Nel silo si scontrano due forze: coloro che cercano la verità/realtà in merito alle ragioni dell’originaria guerra, alle origini del silo e a tutto ciò che c’è fuori di esso, e coloro la cui missione è il celarla. Questi ultimi sono – va da sé – quelli che detengono il potere. La dialettica fra chi vuole conoscere la verità/realtà (gli operai dei livelli più bassi del silo) e chi la vuole nascondere (il sistema di potere instaurato da IT) si risolve in un solo modo: la rivolta, una sorta di sanguinosa guerra civile che imperversa nell’angusto scenario della scala a chiocciola, dei piani del silo, dei macchinari, dei server.
Si può di conseguenza leggere la storia attorno al tema della ricerca-scoperta della verità e, in negativo, dell’incessante lotta contro la finzione, contro la rappresentazione virtuale che condiziona, limita e costringe l’umanità superstite ad una conoscenza ed, in ultima analisi, una vita a senso unico. Come se le persone fossero in funzione di un loro strumento.
Qui ci soccorre l’autore, Hugh Howey, quando in un’intervista afferma: “Non mi risulta che nessun server abbia mai nutrito qualcuno, salvato una vita umana o rammendato un paio di pantaloni. Le macchine sono importanti, certo, ma solo perché siamo importanti noi”.
E “noi” siamo così importanti da consentire a Howey, per esempio, di dipingere con pochi e leggeri tratti, nel cupo contesto della lotta di potere all’interno del silo, la delicatissima e triste storia d’amore fra due persone anziane, la sindaco e il vicesceriffo.
Tecnologia versus emozioni, rappresentazione versus realtà, strumenti versus umanità: sono altrettante chiavi di lettura di un testo che, a testimonianza di quanto esso non sia affatto nostalgico o “passatista”, prima di finire sulla carta è stato pubblicato proprio su internet.
Questo romanzo esce al tempo dell’umanità al servizio dell’economia, dell’informazione embedded, dello strapotere dei mezzi di comunicazione di massa, dell’enfasi quasi religiosa attorno al mito della rete. E ne sembra una esegesi e una critica letteraria. Anche per questo è da non perdere.
Hugh Howey, Wool, Fabbri Editori, 2013, 14.90 euro

19 novembre 2013

IL LAVORO AL TEMPO DELLA CRISI:INCONTRO CON SERGE LATOUCHE E MAURIZIO LANDINI

 


Il lavoro al tempo della crisi:

left incontra Serge Latouche e Maurizio Landini



Il 21 novembre alle ore 16:30 il teorico della Decrescita e il segretario Fiom al Piccolo Eliseo di Roma lanciano idee contro la disgregazione sociale



Il lavoro al tempo della crisi. Il lavoro da difendere. Ma anche il lavoro da inventare rispondendo ai nuovi bisogni ed esigenze dei cittadini, tra difesa dell’ambiente e qualità della vita. Partendo da questi temi left ha promosso l’incontro storico che si terrà giovedì 21 novembre (ore 16:30, via Nazionale 183, Roma) al Teatro Piccolo Eliseo. Protagonisti, due personaggi che in questi ultimi tempi si sono distinti per il rilancio di un’economia ecosostenibile nel rispetto dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente. Serge Latouche, il teorico della Decrescita e Maurizio Landini segretario della Fiom Cgil esporranno, intervistati dal direttore Maurizio Torrealta, le proprie idee.

Tra gli ospiti interverranno Guido Viale, Paolo Cacciari, Andrea Ventura, Fabio Massi, Walter Tocci, Vincenzo Vita e Aldo Carra.

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18 novembre 2013

BASTA CON LE BASI MILITARI USA IN ITALIA:LETTERA APERTA AL PRESIDENTE NAPOLITAMO

 
PUBBLICHIAMO E DIFFONDIAMO VOLENTIERI LA LETTERA APERTA DEL MOVIMENTO RESPONSABILE  CONTRO L'INVADENZA USA IN ITALIA,PAESE CHE A NORMA DELLA COSTITUZIONE ,RICORDIAMO SE ANCORA FOSSE IL CASO ,RIPUDIA LA GUERRA E DOVREBBE RIFIUTARSI  DI ESSERE TRATTATA DA COLONIA.SONO ORMAI SETTANT'ANNI CHE LA II GUERRA MONDIALE E' FINITA.QUANTO ANCORA DOBBIAMO PAGARE ?
TEMIAMO PERO',E IL MOVIMENTO RESPONSABILE NON CE NE VOGLIA,CHE QUESTA LETTERE APERTA RIMARRA'INASCOLTATA .
 
Al Presidente Giorgio Napolitano
al Premier Enrico Letta
al Ministro degli Esteri Emma Bonino
al Ministro della Difesa Mario Mauro
L’Italia asservita agli USA
La reazione del Governo italiano al caso Snowden è stata debole, incomparabile con quella degli altri maggiori paesi europei, Germania e Francia; mentre era il caso di respingere con fermezza quel comportamento spionistico con paesi amici; comportamento arrogante della potenza egemone che ritiene di poter fare tutto impunemente.
Quest’arroganza offre invece al governo italiano il destro d’incominciare a discutere il problema delle basi militari USA nel nostro territorio:
che secondo un rapporto del 2005 sono 113, contando anche le basi saltuarie, gl’impianti radar,
i centri di telecomunicazione e i depositi di armamenti; sì che solo quattro regioni ne sono immuni, la Valdaosta, l’Umbria, l’Abruzzo e il Molise. Un fatto abnorme.
Che non può essere ulteriormente tollerato in quanto contrasta con la Costituzione la quale “ripudia la guerra”.
Se si ripudia la guerra non si può offrire alloggio a militari che alla guerra sono destinati e in realtà vi partecipano, come avviene a Vicenza;
ad aerei che ai teatri di guerra sono destinati;
ad armamenti che servono per la guerra.
Perché gli USA, con le loro basi e flotte sparse ovunque, sono la nazione più guerrafondaia che esista, hanno profondamente tradito quel Patto delle Nazioni Unite che a suo tempo avevano voluto con forza,
e il cui primo e fondamentale principio e obiettivo è la pace nel mondo.
Nel secondo dopoguerra hanno scatenato cinque guerre – in Corea, in Vietnam, la Guerra del Golfo, in Afghanistan, in Iraq – assalendo e massacrando popoli sovrani;
col pretesto del comunismo, del terrorismo, ma in realtà per la loro volontà di dominio
e sotto la pressione dei produttori di armi;
con enorme sacrificio di persone umane ed enorme dispendio e distruzione di beni.
E queste guerre (con l’eccezione della Guerra del Golfo) le hanno tutte perse, per il sopravvento della guerriglia.
L’Italia non può ulteriormente partecipare a questo scempio.
Basta con le guerre, basta con la produzione di armi,
basta con le basi militari in una nazione che vuol essere sovrana, vuol essere pacifica,
lo vuol essere in forza della sua Costituzione, che rifiuta la guerra.
Lecce, novembre 2013
Per il Movimento il Responsabile
Prof. Arrigo Colombo
Pres. Giorgio Napolitano, presidenza.repubblica@quirinale.it (d'obbligo nome, cognome, indirizzo)
Premier: Enrico Letta, usg@mailbox.governo.it

Min. Mario Mauro,

segreteria.ministro@difesa.it

17 novembre 2013

POLIZIA:STOP ALLA LICENZA DI PICCHIARE

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Paolo è stato picchiato dalla Polizia ed è rimasto due mesi in coma. Al processo la Polizia è risultata colpevole ma i poliziotti non sono identificabili. Chiedi che come nel resto d'Europa, le Forze dell'Ordine siano provviste di codici identificativi.

                                             
Nel settembre del 2005, al termine della sfida tra l’Hellas Verona e le Rondinelle, sono rimasto gravemente ferito in uno scontro tra tifosi ed agenti.

Sono stato picchiato con il manganello durante una carica e poi sono rimasto molti mesi all'ospedale, due dei quali, in coma. Le mie funzioni fisiche sono state ridotte notevolmente, e nonostante la lunga riabilitazione a cui mi sottopongo da anni con molta tenacia, non avrò molti margini di miglioramento.

Questo lo so quasi con certezza: l’unica cosa funzionante come prima nel mio corpo infatti è il cervello, attivo come non mai. Dopo quattro anni non ho ancora stabilito se questa sia stata una fortuna.

Ho perso il lavoro, sebbene abbia un padre caparbio che insiste nel mandare avanti la mia ditta, sottraendo tempo e valore ai suoi impegni. Ho perso la ragazza. Ho perso il gusto del viaggiare (il più delle volte quelli che erano itinerari di piacere si sono trasformati in veri e propri calvari a causa delle mie condizioni fisiche). Ho perso soprattutto molte certezze, relative alla Libertà, al Rispetto, alla Dignità, alla Giustizia e soprattutto alla Sicurezza.


I poliziotti che mi hanno pestato erano tutti a volto coperto, quindi non identificabili. La sentenza del primo grado al mio processo ha portato all’assoluzione per insufficienza di prove di sette poliziotti imputati.

Eppure la corte ha stabilito che è stato usato un manganello, che sono stati scagliati più colpi, che lo strumento era vietato dal Ministero dell’interno, che la carica della polizia non era stata autorizzata, che il lancio di lacrimogeni era esagerato per la situazione, che le lesioni potevano cagionare la morte e che le riprese dei fatti siano state manomesse.


I codici identificativi non sono penalizzanti in alcun modo per le forze dell'ordine che non hanno nulla da nascondere, anzi rappresenterebbero anche per loro l'opportunità di riacquisire credibilità.


Paolo Scaroni via Change.org