31 marzo 2015

LE DUE FACCE DEGLI AMMINISTRATORI DEL II MUNICIPIO



Map of Via Dire Daua, 00199 Roma



II Municipio,sede a Via Dire Daua 00199 Roma


I FACCIA

Gentili,attenti,sorridenti,prodighi, premurosi ,presenti questi alcuni aggettivi che ci sentiamo di attribuire, sicuramente insieme ad altri sempre positivi, ai nostri piccoli candidati agli strapuntini del Consiglio Municipale durante la campagna elettorale

II FACCIA

Burocratici,scostanti,insofferenti,seriosi,  soprattutto assenti ,e molto altro ancora, una volta eletti ed  insediatisi nella carica.

Questi nostri piccoli uomini e donne a cui la gente ha creduto ai loro sorrisi,alla loro premura ,alla loro sensibilità ma soprattutto alle loro promesse cambiano faccia e,una volta eletti, si tramutano in  promoter di se stessi e degli interessi che più portano loro vantaggio una volta dentro i cd “palazzi di potere”

Non fanno eccezione  a questo comportamento il piccolo mini sindaco e il piccolo mini mini  vice del II Municipio.Sono troppo presi dalla politica e dai loro interessi ,che ci vuole pure che si interessino di questioni da loro ritenute di piccola importanza sollevate dai cittadini.Ma insomma!Un po’ di rispetto!Non sanno i cittadini che sul loro tavolo cadono problemi importantissimi non solo di portata municipale ma anche,  nazionale,ma che dico, internazionale?.
E allora proprio per toglierseli di torno,questi irriverenti,irrispettosi ed anche  un po’ “rompiballe” di cittadini,si dà mandato ad un segretario efficiente di redigere e di firmare una risposta.La stessa.Buona per tutte le occasioni.

Abbiamo già pubblicato nel numero di aprile di Tre Righe,ora in edicola, la lettera di un cittadino indirizzata al II Municipio, che potete trovare anche sul nostro blog in data 18 marzo 2015.Una lettera della stesso tenore era stata indirizzata sempre agli stessi destinatari da un gruppo di cittadini.

Quelle che seguono sono le risposte che il Municipio II ha inviato ad entrambi e la controrisposta dei cittadini.Non le commentiamo.Lasciamo  serenità di giudizio ai nostri lettori.
Domenico Fischetto
 




25/03/2015 08:08
 
Buongiorno Sig. Romani,
innanzitutto come sta? Poi, in merito alla sua segnalazione inerente quanto in oggetto, su indicazione del Presidente del Municipio II, Giuseppe Gerace, e dell’Assessore all’Ambiente e decoro, Emanuele Gisci, nella giornata di ieri abbiamo provveduto a:
predisporre nota indirizzata ai vertici di AMA (A.D. e Direttore Generale) e p.c. Ass.re all’Ambiente di Roma Capitale evidenziando le gravi criticità e disfunzioni nel servizio erogato da AMA presenti nel territorio del Municipio II (ex III), con particolare riferimento al quadrante di Piazza Bologna e vie limitrofe;inviare una mail ai responsabili “operativi” di AMA (Ing. Zotti, Ing. Bianchi e referente Municipio II) per segnalare anche a loro le criticità e richiedere urgenti interventi;informarli anche telefonicamente.
Un cordiale saluto
Silvano Limone
Segreteria Vice Presidente Municipio II (ex II - ex III)
Assessorato al Decoro, Ambiente, Parchi e Ville         
Politiche Educative e per la Famiglia (scuole e asili nido)
Patrimonio
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---------- Messaggio inoltrato ----------
Da: silvano limone <
silvano.limone@comune.roma.it>
Date: 18 marzo 2015 11:00
Oggetto: spostamento cassonetti via giovanni da procida 22
A:
derrardo@gmail.com,




Gentile Sig. d’Errico,
con riferimento alla sua mail del 16/3 inerente quanto in oggetto, su indicazione del Presidente del Municipio II, Giuseppe Gerace, e dell’Assessore all’Ambiente e decoro, Emanuele Gisci, si comunica che il Municipio aveva già provveduto, in data 23 ottobre 2014, a fronte di una nota trasmessa dai condomini di Via Giovanni da Procida 22, ad inoltrare apposita richiesta scritta ad AMA con l’invito a voler effettuare le verifiche di competenza, adottando i provvedimenti ritenuti più opportuni alla soluzione della problematica rappresentata dai cittadini. Non essendo pervenuto alcun riscontro, si è provveduto, in data odierna, a sollecitare via e-mail, i Responsabili AMA, con tutti i riferimenti del caso.
Non appena in possesso di ulteriori notizie, sarà nostra premura comunicarle tempestivamente.
L’occasione è gradita per porgere cordiali saluti.  
 
_______________________________________________________
   
---------- Messaggio inoltrato ----------
Da: Eduardo d'Errico <derrardo@gmail.com>
Date: 27 marzo 2015 09:42
Oggetto: spostamento cassonetti via giovanni da procida nuova replica.
A: giuseppe.gerace@comune.roma.it, emanuele.gisci@comune.roma.it
Gentili Presidente e vice-Presidente,
Pur ringraziandovi della cortese risposta (tramite segreteria) dobbiamo reiterare il nostro disappunto e il nostro disagio di fronte ad una comunicazione fredda e burocratica. La nostra lettera precedente illustrava una condizione di emergenza ambientale e sanitaria nella via Giovanni da Procida, in particolare dinanzi al portone del n.22, ridotto ad una discarica a cielo aperto da quasi un anno.
Voi rispondete di essere a conoscenza della situazione e di aver sollecitato l' AMA già dall'ottobre 2014. Ebbene, dopo 5 (cinque) mesi in cui nessuna risposta è giunta, non avete sentito l'urgenza di intervenire pubblicamente, come istituzione politica, su una palese dimostrazione di inefficienza e/o menefreghismo da parte dell'azienda.
Di fronte alla vostra risposta di aver effettuato un nuovo sollecito all' AMA, dobbiamo ritenere che la funzione politico-amministrativa del Municipio sia quella di un passacarte, di un semplice centro di smistamento postale?
Perché il Municipio non assume una iniziativa mediante comunicati stampa e CONSIGLI APERTI CON I CITTADINI E RAPPRESENTANTI DELL' AMA su di un servizio totalmente inefficiente?
Ci saremmo aspettati e ci aspettiamo ben altre risposte dal Presidente e dalla Giunta, anche perché i cittadini non voteranno per l' AMA ma per chi dovrebbe rappresentare la difesa dei loro diritti più elementari come quello di vivere in un ambiente sano e dignitoso.
Dopo la vostra scoraggiante risposta ci siamo rivolti anche alla ASL di zona per segnalare la situazione di rischio ambientale ed igienico di fronte al nostro palazzo.
Con la speranza di ricevere ben latro sostegno alle nostre denunce, rinnoviamo con la presente la volontà di collaborare con un' Istituzione in cui ci ostiniamo a credere, pur essendoci sentiti abbandonati e privi di rappresentanza e tutela in questi lunghi mesi di inerzia e degrado.
 
I condomini di Via Giovanni da Procida 22.
 

 LE LETTERE SONO STATE PUBBLICATE PER GENTILE CONCESSIONE DEI SIGG.D'ERRICO E ROMANI


 

30 marzo 2015

MULTATE LE SIGLE SINDACALI DEI VIGILI PER LA NOTTE DI CAPODANNO

 
 
 

 

 
 
 
Continuano gli strascichi della notte di Capodanno a Roma:la notte più  lunga per i vigili assenteisti.Fatti oggetto di indagine,ora è la volta dei sindacati che vengono multati per aver organizzato una astensione dal lavoro non concordata nè tantomeno comunicata.Siamo prorio curiosi di vedere se pagheranno.Comunque è sempre un buon precedente.
Leggiamo l'articolo pubblicato su www.cinquequotidiano.it
D.F.
 
 
 
L’Autorità di garanzia per gli scioperi nei servizi pubblici essenziali ha deliberato una sanzione di 20 mila euro a carico di ciascuna delle organizzazioni sindacali Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl, CSA e Diccap Sulpl, con riferimento alle massicce assenze del personale appartenente al Corpo di Polizia Municipale del Comune di Roma registratesi nel corso delle giornate del 31 dicembre 2014 e del primo gennaio 2015.
MULTE AI SINDACATI - In ordine a quanto accaduto, l’Autorità di garanzia aveva aperto, lo scorso 15 gennaio, un procedimento, al fine di accertare le responsabilità dei soggetti collettivi coinvolti nella vicenda. Al termine del lavoro istruttorio, è stato accertato che, “con l’astensione posta in essere dagli agenti di Polizia Municipale, formalmente imputata dagli interessati a malattia, permessi ex legge 104/1992 e legge 52/2000, si è, in realtà, dissimulata una forma anomala di protesta, elusiva della disciplina dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, e che tale evento è riconducibile anche alla responsabilita” delle stesse organizzazioni sindacali”.
BLOCCO SERVIZI ESSENZIALI - L’Autorità di garanzia, inoltre, “si riserva di valutare, ai sensi di legge, la posizione individuale dei lavoratori o di altri responsabili coinvolti nella vicenda”. Infine, considerata “l’evidente situazione di conflittualità tra tutte le parti”, l’Autorità ha invitato il Comune di Roma “ad adoperarsi per la costruzione di un proficuo sistema di relazioni sindacali, al fine di contribuire ad evitare, per il futuro, il ripetersi di scioperi in violazione della legge”.

29 marzo 2015

NIENTE BAGNI PUBBLICI ALLA NUOVA STAZIONE TIBURTINA




                                                                              Piazzale est
                                                                         Piazzale Ovest

 



 
 
 
 
 


ANNO 2015

Scena :Nuova Stazione Tiburtina (Cavour)entrata dal Piazzale Est appena inaugurato

 Attore protagonista: Un passeggero che gli scappa (non mi chiedete cosa ?Avete capito bene)

Riuscirà il nostro protagonista a “liberarsi” prima di saltare in treno?

Ritorniamo indietro nel tempo

ANNO 2011

Scena:Inaugurazione della Nuova Stazione Tiburtina (Cavour)

 Attore protagonista RFI, interpretato dal suo A.D.Moretti,detto il SuperManager

Comparse di peso:L’ex Presidente della Repubblica,Giorgio Napolitano detto King George,l’ex Presidente del Consiglio Mario Monti detto Mortimer,Ministri vari ed assortiti con signora al seguito senza nick name  perchè insignificanti tranne  la Fornero ,che però quel giorno non c’era,il Sindaco Gianni Alemanno detto il…………(non sappiamo se riportareil soprannome  perché potrebbe apparire inadeguato)

Comparse di contorno:portaborse,lacchè,nani e ballerine delle comparse di peso e del protagonista

Comparse di nessun conto: il popolo bue rappresentato da una moltitudine adorante  e scodinzolante  della Nuova sbrillucinante Stazione Tiburtina (Cavour) lasciati oltre le transenne che delimitano l’ingresso della Nuova  fantastica Stazione Tiburtina (Cavour) per non dare noia alle comparse di peso e al protagonista che gli si potrebbe scompigliare la capigliatura argentea

Riprese panoramiche delle strutture mirabolanti e avveniristiche della Nuova stupenda  Stazione Tiburtina (Cavour)  commentate dalla voce fuori campo ,  architetto prof.Desideri,progettista della Nuova “che tutti ci invidiano”Stazione Tiburtina (Cavour)

Coro delle comparse di contorno:

oh,oh,che meraviglia! Ma che bravo che sono,ma che bravo che sono ,se non ci fossi stato  io,se non ci fossi stato io,il merito è mio,il merito è mio,fatti più in là,riprendimi da su,riprendimi da giù

Controcoro delle comparse di nessun conto:

Vedi lì chi c’è,guarda in su,guarda in giù evviva ,evviva ,famme fa na foto,famme fa na foto,famme fotografà

Ritorniamo al presente

al nostro protagonista con un problemino :segue ansimando le indicazioni. Non gli pare vero;fosse un miraggio?Incredibile:sono vicini.Li vede sono lì,sono  a portata di mano,arriva ,quasi inciampa ma……………………… la porta è sbarrata!!!!!!Sbarrata da una transenna, Non si entra,Nisba.E allora?E allora se proprio ti scappa,e non vuoi lasciarla lì come i cagnolini (che la fanno dove gli pare senza che i loro padroni la tirino via come INVECE  fanno gli svizzeri dotati di  apposite cannucce)…. non divaghiamo allora………..corre,corre,…………. stringe le gambe a ics,……….respira soffiando ed ansimando.Cerca affannosamente un’indicazione salvatrice,ma sì,eccola lì. Attraversa tutto il tunnel di accesso ai marciapiedi della Nuova mirabolante Stazione Tiburtina (Cavour),segue le indicazioni .Va bene così,Ti stai spostando velocemente,bravo sei il nostro eroe! Ma non ce la fa più,resiste,……..è una persona per bene persino laureato e ha pure frequentato non come oggi che ti laurei da casa …… .A ritanga :stai sempre a divagà!Ritorniamo al nostro passeggero: ,rivede le indicazioni ,gli si accende una speranza, è convinto di farcela.Stringe i denti e anche qualcos’altro.Si ce la può fare .Va bene:il piazzale ovest è ancora lontano,25,24 ,….11…..8,7 gira a destra,NO a sinistra sbuca nella piazzetta ipogea.Ma il segnale dov’è finito?Ah eccolo di nuovo.Non si vedeva,era messo di sguincio .Sente di essere vicino alla meta ,mentre ormai è allo stremo,non ce la fa più: li ha provati tutti i trucchi,quelli imparati al liceo quando il professore di turno non lo faceva uscire per punizione.E lui la tratteneva,per non dargli soddisfazione,era rosso paonazzo per lo sforzo,ma non avrebbe mai ceduto,anche perché lei dal terzo banco lo guardava come un eroe e non poteva cedere,che diamine.Ora lei ,sì proprio quella del terzo banco, è sua moglie,è lei che deve raggiungere a Bologna e questa volta ,ancora una volta è stato messo a dura prova .Non dal professore arcigno che ora,con la maturità, ricorda persino con affetto, ma dall’AD Moretti passato a miglior incarico in Finmeccanica,da Napolitano,ritornato a casa sua al quartiere Monti da dove comunque non rinuncia a far sentire la sua voce,dai Ministri durati lo spazio di un mattino (ma che ,come la Fornero,purtroppo hanno lasciato il segno),da Monti a cui non interessa ad alcuno sapere dove sia,da Alemmano occupato a scansare gli avvisi di garanzia.Tutta quella meraviglia,la Nuova  ipertecnologica Stazione Tiburtina (Cavour) senza neanche un bagno pubblico per i passeggeri.

Perchè sì,anche quello del Piazzale Ovest non è accessibile:è chiuso a chiave.E non ci sono più alternative.

Stendiamo un velo pietoso,sfumando l’immagine ,sulla sorte del nostro passeggero.

Un ringraziamento sentito a RFI e a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione della Nuova fantastica ,grandiosa,futuribile  etc.etc,Stazione Tiburtina (Cavour) senza neanche un bagno pubblico per i passeggeri! VERGOGNA!!!

Raffaele Fischetto

 

 

 

Recensione film:DOPO IL MATRIMONIO di Susanne NIER



Locandina italiana Dopo il matrimonio

Poster Dopo il matrimonio  n. 1


Visto su Sky

 

C’è del marcio in Danimarca

 

"C'è del marcio in Danimarca" è il titolo molto appropriato di una serie di film che Sky trasmette nella programmazione Cinema Cult.

Mads Dittman Mikkelsen è Jacob Petersen, un personaggio ricco di sfumature e di contraddizioni che trae forza dalle intimidazioni e dalle coercizioni, dopo una vita avventurosa, ha deciso di dedicarsi ad aiutare gli orfani in India. Quando l'asilo che gestisce rischia di chiudere, riceve un contributo di quattro milioni di dollari a patto che vada a prenderseli in Danimarca, dove il ricco donatore lo ha invitato al matrimonio della figlia. Da lì una serie di intrecci, di vecchie storie, di vecchi amori forse mai dimenticati, di sensi di colpa, di amore e morte e quant’altro.

Il film  ci fa riflettere sul contrasto tra ricchezza e povertà nel mondo – i ricchi viziati con i loro drammi intimisti sono quasi insopportabili – sulla contrapposizione tra libertà e destino dove Mikkelsen conferma la sua bravura in una parte non facile specialmente nei primi piani ossessivi e i lunghi piani sequenza del Dogma di Lars von Trier e dei registi di scuola danese. Un altro attore degno di nota è lo svedese Rolf Lassgård, che viene da successi teatrali impegnativi, e che nel film rappresenta l’opposto di Jacob, un uomo di potere ossessionato dal dover controllare tutto e tutti anche dopo la sua morte. Le figure femminili non sono empatiche, troppo forte è la connotazione di donne ricche e viziate (Sidse Babette Knudsen e Stine Fischer Christensen).

Il film è del 2006 e la regista Susanne Nier, che ha studiato storia dell’arte e architettura prima di diplomarsi alla scuola danese di cinema, mostra una notevole sensibilità che maturerà poi vincendo nel 2011 l’Oscar al film straniero con “In un mondo migliore” . Ciò nonostante ho seguito “Dopo il matrimonio” con un pò fatica perché il film, a mio avviso, sicuramente ben fatto, risulta essere di una certa pesantezza.

Ghisi Grütter

 

 

28 marzo 2015

DELLA SERIE :TE L'AVEVO DETTO IO

Riceviamo dagli amici di Carte In regola e volentieri pubblichiamo.

 

A proposito dell’indagine sulla gara per il CUP: la lettera di Carteinregola alla Regione Lazio del giugno 2014

Lettera CUP Regione LazioMaurizio Venafro, capo di Gabinetto del Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, si è dimesso dopo aver appreso di essere stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Roma. L’accusa è “tentativo di turbativa d’asta” relativa ad una gara d’appalto per l’acquisto del servizio Cup (il Centro Unico Prenotazione)* per cui lo stesso Zingaretti, lo scorso dicembre, aveva già revocato il bando, “attenzionato” da numerose società inquisite nell’ambito di Mafia Capitale.
E proprio riguardo a quel bando, Carteinregola e Rinascimento di Roma avevano scritto il 19 giugno 2014 una lettera a Zingaretti, al Presidente del Consiglio Regionale Leodori, a Venafro e a vari dirigenti regionali**avanzando alcune richieste di chiarimento

rispetto alla “Gara comunitaria centralizzata a procedura aperta finalizzata all’acquisizione del servizio CUP occorrente alle Aziende Sanitarie della Regione Lazio”***, facendo presente che l’avviso era stato inserito “in una sezione e in una posizione del sito regionale praticamente irraggiungibile da chi non fosse a conoscenza della sua esatta ubicazione” e sollecitando più accessibilità e trasparenza per tutti i bandi via via pubblicati. Ma soprattutto chiedendo “con quali criteri e con quali obiettivi di interesse pubblico” fossero stati “suddivisi in 4 lotti i servizi di prenotazione delle Aziende Sanitarie che, se unificati, avrebbero offerto numerosi vantaggi agli utenti e alla stessa amministrazione” e “per quale motivo non erano stati inseriti nella gara i servizi CUP dell’ASL di Viterbo e dell’ASL Roma G“. A tali domande non sono mai pervenute risposte. Solo una laconica comunicazione, vari mesi dopo, che la nostra lettera era stata “girata” agli uffici di competenza.
AMBM annaemmebigmail.com
* ILfattoquotidiano Regione Lazio, si dimette Venafro, n.2 di Zingaretti: “Indagato per un appalto” Il capo di gabinetto della Regione Lazio si è dimesso dopo aver appreso di essere stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Roma “in un’inchiesta relativa ad una gara d’appalto della Regione”: “Sono comparso spontaneamente davanti ai Pubblici Ministeri e ho fornito tutti i chiarimenti che mi sono stati richiesti”. Perilli (M5S): “Il governatore riferisca in aula”http://www.ilfattoquotidiano.it/…/regione-lazio-si…/1534001/

Mafia Capitale, indagato (e dimesso) Venafro, capo … roma.corriere.it/…/mafia-capitale-indagato-dimesso-venafro-capo-gabinetto… ROMA – È legato a uno dei filoni di indagine su `Mafia Capitale´ il coinvolgimento di Maurizio Venafro, dimessosi martedì da capo di gabinetto …

**Alla Cortese attenzione di Nicola Zingaretti, Presidente Regione Lazio, Presidente Consiglio regionale del Lazio, Maurizio Venafro, Capo di Gabinetto, Alessio D’Amato, Segretario Generale, Giacomo D’Amico,Vice Capo di Gabinetto, Paolo Bianchini, Capo Segreteria, Alessandro Sterpa, Vice segretario Generale
***QUESTO IL TESTO DELLA NOSTRA LETTERA:
Roma, 19 giugno 2014
In seguito alla Determina n. G03877 del 28/03/2014, la Centrale Acquisiti Regionale del Lazio ha indetto il bando per una gara da 61 milioni di Euro per la gestione in 24 mesi, con la possibilità di proroga per altri 12 mesi al costo di ulteriori 30 milioni di Euro, per le attività di front /back office degli sportelli CUP di quasi tutte le strutture sanitarie del Lazio.Il termine indicato per partecipare era inizialmente il 23 maggio, poi prorogato al 12 giugno 2014. Rinascimento di Roma e Carteinregola intendono avanzare alcune osservazioni sul metodo – nella prospettiva di una maggiore trasparenza e diffusione delle informazioni – e porre alcuni quesiti sui criteri del bando.
Per quanto riguarda il metodo,
facciamo presente che, alla data della sua pubblicazione e per un lungo periodo successivo, l’avviso è stato inserito in una sezione e in una posizione del sito regionale praticamente irraggiungibile da chi non fosse a conoscenza della sua esatta ubicazione e, a tutt’oggi, ci risulta di non facile reperimento all’interno dei normali strumenti di pubblicizzazione regionale.Noi riteniamo che sia fondamentale per l’interesse generale che agli avvisi di gara per i servizi pubblici venga data la massima pubblicità, così da individuare il migliore offerente tra il maggior numero di concorrenti. Auspichiamo quindi una modifica delle pagine del sito regionale con una soluzione grafica che inserisca man mano con la massima evidenza tutti le gare bandite dalla Regione.
Per quanto riguarda l’impostazione del bando,teniamo a sottolineare alcuni elementi che rappresentano a nostro avviso un ridimensionamento dei diritti dei lavoratori e dei diversamente abili.Infatti, mentre in passato nei criteri dei bandi era inserito l’obbligo di riassunzione del personale già impiegato nel servizio, nel bando in oggetto è stata inserita una semplice raccomandazione, che di fatto affida la decisione alla discrezionalità del vincitore del bando e non assicura l’effettivo riassorbimento del personale.Tra l’altro tale obbligo ci risulta prescritto anche dalla Legge Regionale 16/2007 in materia di tutela dei lavoratori negli appalti pubblici regionali .Obiezione analoga si può muovere per quanto riguarda l’impiego della percentuale di personale disabile che ci sembra non garantito nell’eventuale cambio gestore appalto.
Infine, chiediamo alcune precisazioni che ci sembrano importanti per garantire non solo agli operatori del settore ma anche ai cittadini la necessaria trasparenza.
  • Con quali criteri e con quali obiettivi di interesse pubblico sono stati suddivisi in 4 lotti i servizi di prenotazione delle Aziende Sanitarie che, se unificati, avrebbero offerto numerosi vantaggi agli utenti e alla stessa amministrazione?
  • Per quale motivo non sono stati inseriti nella gara i servizi CUP dell’ASL di Viterbo e dell’ASL Roma G?
Auspicando che alle prossime gare regionali, in particolare per quella relativa alle Energie alternative, venga dato tempestivamente il massimo risalto sul sito regionale e non solo, restiamo in attesa di un gentile riscontro

LA QUESTIONE DI CIPRO A MARGINE DEL CONVEGNO ORGANIZZATO DAI RADICALI PER L'INGRESSO DELLA TURCHIA IN EUROPA


Emma Bonino - World Economic Forum on Europe 2010.jpg

Emma Bonino


Ieri  “l’incidente diplomatico” che il Partito Radicale stava per causare è stato evitato.I sedicenti cittadini dello stato fantoccio della Repubblica di Cipro Nord  non si sono seduti al tavolo della Presidenza e solo uno di essi,il signor Turco (nomen omen) è intervenuto ,dopo essere stato presentato come “cittadino della comunità turca a Cipro”.

I problemi relativi alla difficoltà ma anche alle opportunità della Turchia ad entrare in Europa sono stati sottolineati negli interventi qualificati che si sono succeduti nel corso della conferenza.Molti tra loro hanno evidenziato la questione cipriota.Lo hanno fatto con sano distacco ed obiettività,il sottosegretario agli Esteri Della Vedova,in maniera settaria e di parte ,Marsili (ex ambasciatore italiano ad Ankara), e, dispiace dirlo, anche Emma Bonino.

L’approccio al problema cipriota secondo noi parte  da un assunto  sbagliato.Infatti in tutti gli interventi la presenza a Cipro di due comunità separate non è stato affrontato in considerazione del vulnus iniziale ,e cioè dell’invasione di uno stato libero,Cipro,da parte di uno stato straniero,la Turchia.Piuttosto questa fase iniziale è stata,come dire,rimossa,e si parte dallo stato di fatto di oggi,situazione che si protrae da oltre 40 anni.Tutto tempo che ha fatto guadagnare alla parte occupata dai turchi uno stato di fatto assurto, per assurdo, ad uno stato di diritto e di dignità quasi della Repubblica di Cipro.Sottolineare in tutti gli interventi che  l’isola è divisa in due parti,una turca ed una greca,non fa che confermare la convinzione degli intervenuti al convegno come anche nell’opinione pubblica in generale che si tratti di due parti con pari dignità ed autorevolezza.Da questa convinzione  parte poi la considerazione che chi si oppone all’ingresso della Turchia nell’Unione Europea ,la Repubblica di Cipro principalmente , e quindi  la parte greca,  come anche  la Francia,lo faccia per difendere i propri interessi e la propria supremazia su una comunità,quella turca,che  vuole invece vessare ed opprimere mentre invece anelerebbe ad essere indipendente ed autonoma.

Con questo il cerchio si chiude:chi ha subito un’invasione ,lutti e soprusi,è diventato  nel tempo un sopraffattore!!!

Le cause che hanno portato a questa situazione sono molteplici:la comunità internazione,l’ONU e l’Unione Europea,ciascuna per la sua parte ,non hanno mai affrontato il problema dall’unico punto di vista possibile e cioè quello del ripristino della legalità e del diritto internazionale; i responsabili politici della Repubblica di Cipro,fatta qualche eccezione,che non hanno mai veramente portato,se non nei primi tempi dell’invasione,all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale il problema né tantomeno lo hanno fatto anche a livello locale in modo da sollecitare ed educare le coscienze delle giovani generazioni,nate dopo l’invasione,al riscatto della propria identità nazionale ;terza e sicuramente la più importante è la divisione  nel linguaggio corrente dell’isola in parte turca e in parte greca .Bisognerebbe evitare che di questa divisione se ne appropri il senso comune :gli abitanti di Cipro sono ciprioti, e non turchi-ciprioti e greco-ciprioti.Sembra una sciocchezza di poco conto ma insistere normalmente su questa distinzione non fa altro che dare ragione a chi,in forma più sostanziale,si fa portavoce di una vera e propria separazione dell’isola e quindi dà forma e ufficialità al comune sentire. E  il tempo ha giocato in favore di quest’ultima soluzione e le voci che si sono alternate nella conferenza di ieri ne sono una conferma.Dopo quarant’anni durante i quali non si è fatto assolutamente nulla per ricacciare i turchi a casa loro ormai la soluzione dell’isola in due parti   o federata è quella che appare più naturale e scontata .
A meno che......quelli della Repubblica di Cipro non si sveglino e si facciano sentire.

Domenico Fischetto

27 marzo 2015

LA DISCUTIBILE POSIZIONE DEL PARTITO RADICALE IN FAVORE DELLA TURCHIA





                      LA REPUBBLICA DI CIPRO


Il Partito Radicale Non Violento,famoso per le sue battaglie civili,per i suoi digiuni per giuste cause,per il suo impegno contro i soprusi ,le sopraffazioni,famoso per essere sempre al fianco degli indifesi e degli oppressi (Nessuno tocchi Caino)oggi 27 febbraio  attraverso la sua
 Libera Rivista di Politica  Transnazionale e di Iniziativa Radicale, «Diritto e Libertà», a dieci anni dall’avvio dei negoziati di adesione della Turchia all’UE (3 ottobre 2005),   organizza una conferenza (vedi invito in fondo all'articolo)  per sostenere l'ingresso della Turchia in Europa.
E su questo argomento,anche se ci sarebbe molto da obiettare,l'iniziativa la riteniamo legittima.Quello che stona è la presenza della sedicente Repubblica di Cipro del Nord nella lista degli invitati , di  due  personaggi,un sedicente cittadino di questa fantomatica repubblica,e il presidente della camera di commecio italo-cipriota del nord.
Senza dover annoiare con una lezione di storia contemporanea i nostri lettori,ricordiamo semplicemente che la Turchia ha invaso l'isola di Cipro nel 1974,causando  lutti e sciagure agli abitanti dell'isola.Molti corpi  dei giovani deceduti per difendere la loro  patria non sono stati più trovati e oltre 150 mila ciprioti dei territori occupati sono stati costretti a rifugiarsi nella parte dell'isola ancora libera.Il territorio da allora occupato dai turchi è pari al 37% dell'intera isola.La capitale  ,Nicosia,è divisa in due non da un muro, come Berlino, ma da filo spinato e da una zona neutra,fatta di case abbandonate e check point, che separa la parte libera e democratica,la Repubblica di Cipro,da quella occupata dai turchi.Anche l'aeroporto ,appena inaugurato nel 1974 ,non è mai entrato in funzione e viene utilizzato dalle truppe ONU che fanno da cuscinetto tra i ciprioti e i turchi .Ne garantiscono la sicurezza e la fragile tregua che ormai,dopo quarant'anni ,si è trasformata in quasi routine se non fosse per il peccato originale dell'invasione turca ,ferita mai rimarginata nel cuore dei ciprioti e per quell'immensa bandiera con la mezzaluna montata in cima ad una collina e visibile da ogni parte si guardi.Si pensi inoltre che una città molto importante come Famagusta  è abbandonata dai tempi dell'occupazione ,diventata una vera e propria città fantasma.I  suoi abitanti sono stati  costretti a lasciare le proprie case ,i propri affetti  e si sono messi in salvo  nella parte libera dell'isola.Da un osservatorio vicino i nostalgici cittadini di Famagusta possono vedere la loro città abbandonata,immaginiamo, con una grande emozione.
Da allora a questa parte dell'isola di Cipro occupata dalla Turchia,che nel frattempo ha fatto arrivare dall'Anatolia oltre 300 mila turchi "neri" che hanno occupato senza alcun diritto  le case lasciate dai ciprioti, è stato dato il nome di Repubblica di Cipro del Nord.Questo sedicente stato finora è stato riconosciuto solo dalla Turchia .L'Europa ,di cui Cipro è un membro relativamente recente , non ha mai difeso apertamente e chiaramente con una posizione netta Cipro .Questa ambiguità è stata dettata a nostro avviso sia dal peso economico della Turchia,sia dalla sua importanza dal punto di vista geo-politico.E pensare che l'Europa è stata recentemente insignita del premio Nobel della pace ,quando invece  un suo paese membro  è occupato militarmente da un altro  paese,la Turchia, membro della NATO .Un paradosso che non ha bisogno di spiegazioni.
Comunque è impensabile che la Turchia entri nell'Unione Europa senza prima aver lasciato Cipro!!

Ora, terminato il nostro brevissimo riepilogo storico,torniamo agli amici radicali.Già da tempo avevamo notato un certo attivismo da parte del loro responsabile per le relazioni con la Turchia,sig.Mariano Gustino,che avevamo sempre contestato ( non ricevendo peraltro mai risposta).Ma organizzare un evento del genere supera ogni fantasia.Un evento in cui si fà sedere insieme i rappresentanti di uno stato fantoccio,e ci fermiamo qui con gli epiteti,insieme a rappresentanti del governo italiano,il sottosegretario agli Affari Esteri Della Vedova e il Presidente della Commissione esteri della Camera Cicchito.Questo ,a nostro avviso,stride moltissimo  con  i principi democratici a cui sempre si è ispirata l'azione del Partito Radicale Non Violento e con il diritto internazionale.Non possiamo inoltre non notare una certa leggerezza e superficialità da parte dei rappresentanti del governo italiano che si sono prestati a questa ben orchestrata rappresentazione.

Domenico Fischetto

Quello che segue  è il testo della mail di protesta inviata al signor Mariano Giustino,responsabile per i radicali dei rapporti con la Turchia.

Iniziativa del 27 p.v. per la Turchia in Europs23-mar-2015 23:47
Da:Domenico Fischetto (domenicofischetto@virgilio.it)
A:<marianogiustino@dirittoeliberta.it>


Caro Mariano,
finchè la Turchia non riconosce l'efferato crimine di cui si è macchiata con l'eccidio del popolo armeno di cui oggi ricorre il centenario e finchè non libererà dalle sue truppe di occupazione il territorio di un Paese,Cipro,membro dell'Unione Europea,sarà non solo lontana dall'Europa ma dal mondo civilizzato.
La posizione dei radicali ,a dir poco acquiescente, nei confronti della Turchia non fa onore alle vostre battaglie,anzi è una vera e propria vergogna.
Mimmo Fischetto
P.S.Leggo che tra i relatori c'è un sedicente italiano che si dichiara cittadino della Repubblica di Cipro Nord e il presidente della camera di commercio italo-cipriota sempre del nord.Vi ricordo che questa repubblica fantoccio non è stata riconosciuta dall'Italia come anche da quasi tutti i paesi del nondo e solo voi radicali in Italia promuovete iniziative in suo appoggio .Mi dispiace ma insisto a dire che questo vostro comportamento è una vera e propria vergogna per voi.


Questo è l'invito all'evento del 27 marzo





Care amiche, cari amici,
la Libera Rivista di Politica Transnazionale e di Iniziativa Radicale, «Diritto e Libertà», a dieci anni dall’avvio dei negoziati di adesione della Turchia all’UE (3 ottobre 2005), è lieta di invitarvi alla
CONFERENZA-DIBATTITO
Turchia nell’Unione europea subito!
A dieci anni dall’avvio dei negoziati,
l’urgenza di superare ostacoli e pregiudizi
Sala del Partito Radicale Nonviolento
Via di Torre Argentina 76 – Roma
Venerdì, 27 marzo 2015 – ore 15:00

INTERVENTI DI APERTURA, H. 15:00
S.E. Aydın Adnan SEZGİN, Ambasciatore della Repubblica di Turchia in Italia
Mariano GIUSTINO, direttore della rivista «Diritto e Libertà»
Illustrazione degli interessanti risultati di un autorevole sondaggio della Kadir
Has University di İstanbul dal quale emerge che il 71,4% dell’opinione pubblica turca è tornato ad essere, dopo 10 anni, favorevole all’ingresso del proprio paese nell’UE.
Emma BONINO, già ministro degli Affari Esteri
Fabrizio CICCHITTO, presidente della Commissione Affari Esteri, Camera dei Deputati
Benedetto DELLA VEDOVA, sottosegretario di Stato del Ministero degli Affari Esteri
DIBATTITO
Khaled Fouad ALLAM, sociologo del mondo musulmano, già parlamentare
Paolo AMATO, presidente «Associazione Camera di Commercio Italia-Cipro del Nord»
Vincenzo AMENDOLA, Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati
Rocco CANGELOSI, vicepresidente del Consiglio italiano del Movimento Europeo
Carlo MARSILI, già ambasciatore d’Italia ad Ankara
Marco PANNELLA, presidente del Partito radicale nonviolento
Gea SCHIRÒ, coordinatrice dell’Intergruppo parlamentare di «Turchia in Europa da Subito»
Giuseppe SCOGNAMIGLIO, responsabile Affari istituzionali e Regolatori del Gruppo UniCredit
Gianfranco SPADACCIA, già segretario e parlamentare del Partito radicale
Yasemin TAŞKIN, giornalista, corrispondente di Limes in Turchia
Nathalie TOCCI, vicedirettore dell’Istituto Affari Internazionali
Maurizio TURCO, tesoriere del Partito radicale, cittadino della Repubblica Turca di Cipro Nord
PRESIEDE: Mariano GIUSTINO
Seguirà un rinfresco offerto dalla Ambasciata di Turchia in Italia
Bilgi için: marianogiustino@dirittoeliberta.it
Türk cep telefonu: +90 531 253 23 68
İtalyan cep telefonu: +39 366 522 35 68
@DirittoeLiberta @TurkeyEuropeNow
@AntennaAnkara @MarianoGiustino















26 marzo 2015

A SINISTRA NEL PD:L'INTERVENTO DI D'ATTORRE





 
 
Il 21 marzo u.s. si è tenuto un incontro, all'Acquario di Piazza Manfredo Fanti a Roma, in cui si sono confrontate le diverse anime che compongono la sinistra interna al PD.Le varie reti televisive hanno dato ampio risalto a questo evento,sottolineando e promuovendo in  molti passaggi e in diverse fasce orarie  l'intervento di Massimo D'Alema,che per i giornalisti equivale sempre ad un personaggio di sicuro effetto mediatico ,facendolo assurgere, per l'occasione, ad antagonista  del premier Renzi,oscurando per un attimo altri antagonisti di peso come  Bersani, o  Cuperlo  Civati.Ma D'Alema ha un audience sicuramente di maggiore effetto.Ha un suo fascino particolare,ha imparato le pause per dare maggiore effetto alle sue battute,è uno showman mancato.Si voleva con questo stuzzicare il premier/segretario ad una reazione/risposta che puntualmente è arrivta.
Così sono stati contenti tutti:giornalisti,D'Alema e Renzi.
E noi ,povero popolo bue? Noi ci prendiamo una pausa di riflessione Ora che i riflettori si sono spenti su questo evento,per un miglior esame dei contenuti svolti in quell'assise,proponiamo ai nostri lettori la relazione introduttiva di Alfredo D'Attorre.Nei prossimi giorni pubblicheremol'intervento di  Alfredo Reichlin.Quello di D'Alema no (sorry).
Dopo queste letture magari ci potremmo fare  un'idea nostra senza essere distratti da qualche spot pubblicitario o da qualche commento "pseudo-intelligente".Allora proviamoci.Buona lettura.
D.F.

A sinistra nel PD. Per la democrazia e il lavoro. L’Italia può farcela

Roma, 21 marzo 2015 - Relazione introduttiva di Alfredo D’Attorre

Cari amici e compagni,

penso che oggi sia una giornata importante, non solo perché per la prima volta dopo il Congresso le diverse aree della sinistra interna del PD decidono di ritrovarsi per discutere assieme, ma anche per la scelta del tema che abbiamo deciso di mettere al centro del nostro confronto.

Che significa per noi discutere di qualità della democrazia? Significa anzitutto credere nella risorsa della partecipazione quale via per restituire all’Italia un senso di sé, della sua identità, della sua missione in Europa, nel Mediterraneo, nel mondo.

Affrontiamo questa discussione in un frangente difficilissimo della vicenda europea e internazionale: la vicenda greca e le contraddizioni irrisolte dell’Unione europea, la drammatica situazione in Libia, la minaccia terroristica con i fatti di Parigi e da ultimo quelli di Tunisi.

Eventi che riguardano Paesi a noi molto vicini, ce lo dicono la geografia, ma anche la storia e la cultura di questi Paesi. Eventi di portata epocale che investono direttamente il destino dell’Italia e che richiederebbero un dibattito pubblico molto più informato e consapevole.

Pensiamo ai caratteri nuovi e inquietanti del terrorismo jihadista e all’enorme accumulo di conoscenza, discernimento, fermezza e insieme equilibrio che una strategia di contrasto davvero efficace richiederebbe.

Una democrazia più forte, una minore distanza tra cittadini e istituzioni, una consapevolezza più condivisa delle nostre responsabilità sarebbero elementi vitali per consentire a un Paese come il nostro di svolgere un ruolo più incisivo nel Mediterraneo, più esigente nei confronti dell’Europa, più in grado di svolgere quella funzione di cerniera fra Occidente e mondo arabo che dal dopoguerra a oggi è stato il tratto più efficace della nostra politica estera.

Anche dal lato della politica europea e internazionale, la qualità e la forza del nostro processo democratico appaiono una condizione importante perché il nostro Paese svolga il proprio ruolo con più fiducia nella sua autonomia e nelle sue possibilità.

Questa fiducia nelle risorse materiali e morali dell’Italia è un tratto importante dell’azione del nostro segretario-premier. Un elemento giusto, da condividere e sostenere. Il punto è in quale direzione pensiamo di dare sostanza e concretezza a questa fiducia nell’Italia. Qui sta, a mio giudizio, il cuore del nostro confronto con Matteo Renzi.

Diciamocelo subito in premessa: la nostra assemblea di oggi sarebbe ben poca cosa se volesse assemblare percorsi e posizioni diverse per costruire un cartello delle opposizioni interne.

Se oggi siamo qui con questa formula a parlare di democrazia, di Italia e di Europa è perché nessuno di noi pensa che la situazione interna del PD si risolva con mosse tattiche o scorciatoie organizzativistiche.2

Nessuna nuova corrente, quindi, ma un campo di confronto aperto in cui diverse sensibilità di sinistra riprendono a ragionare assieme dell’Italia, del perché su alcuni punti la rotta del governo va corretta, del perché alcune delle scelte e delle risposte in campo non ci paiono all’altezza della profondità dei problemi e della radicalità delle soluzioni richieste.

Un confronto per aiutare il PD e l’Italia.

Dire ‘l’Italia può farcela’ significa però davvero credere nell’autonomia e anche nell’originalità dell’Italia, nel fatto che dobbiamo trovare una nostra strada per uscire dalla recessione, creare lavoro, ridurre le diseguaglianze, ricostruire la struttura dello Stato, tornare a investire nel Mezzogiorno, senza continuare ad applicare ricette sbagliate e a eseguire compiti imposti dall’esterno.

Da Maastricht in poi, lungo tutto l’arco della cosiddetta Seconda Repubblica, l’aggrapparsi al vincolo esterno dell’Europa come unica ancora di salvezza è stato il segno di una sostanziale sfiducia nelle potenzialità dell’Italia e della sua democrazia.

Ecco perché porre il tema della democrazia significa anche interrogarci sui nostri errori degli anni passati e farlo in una maniera più rigorosa rispetto al metodo della 'rottamazione'. Questa ha indubbiamente riempito un vuoto di credibilità della politica, ma, dietro la sostituzione di pezzi di ceto politico e il riposizionamento più o meno opportunistico di altri, rischia di riproporre in maniera perfino radicalizzata la stessa lettura della società e le stesse politiche che hanno portato alla crisi.

Allora, certo, giusto affrontare il tema di ammodernamento del nostro sistema istituzionale, le famose riforme. Ne parleremo diffusamente oggi.

Ma dobbiamo anche riconoscere che abbiamo commesso un errore nell’immaginare che le riforme istituzionali bastassero per condurre in porto la transizione italiana, cominciata con Tangentopoli e il crollo della classe dirigente dei primi anni ’90.

L’inseguire astrazioni politologiche, peraltro fondate spesso su approssimativi scimmiottamenti di modelli anglosassoni in cui essenziali elementi di equilibrio e di contrappeso venivano elisi, non ha risolto i problemi di efficienza del sistema e di rappresentanza dei cittadini.

La domanda di partecipazione non è stata soddisfatta da maggiori dosi di investitura diretta e da uno spostamento di poteri dal Parlamento al governo. Abbiamo assecondato l’illusione di una decisione politica che potesse rafforzarsi in un vuoto di rappresentanza, l’idea che concentrare e personalizzare il potere, dal livello locale a quello nazionale, fosse di per sé garanzia di stabilità e trasparenza.

In questo ventennio non sono certo mancati i tentativi di riforma della Costituzione e anche le riforme andate in porto, almeno sul piano parlamentare (titolo V nel 2001, riforma costituzionale del centrodestra nel 2005 poi bocciata dal referendum popolare, modifica dell’articolo 81 nel 2012). Il problema è che queste riforme si sono rivelate alla prova dei fatti riforme sbagliate.

Tutto ciò mentre settori sempre più ampi della società, e soprattutto di disagio sociale, uscivano dal circuito della rappresentanza politica. La torsione ‘direttista’ del modello democratico, l’idea 3

della delega in bianco al decisore hanno spinto i ceti più svantaggiati ai margini della dinamica politica. La competizione al centro alla ricerca della benedizione dell’establishment e della sua copertura mediatica e finanziaria ha lasciato intere fasce della società prive di voce nella competizione politica.

Sta qui l’intreccio fra crisi della rappresentanza e questione sociale e del perché oggi per tornare a essere davvero dalla parte del lavoro e dei ceti popolari bisogna sconfiggere questo modello di 'democrazia escludente' che si è imposto nel trentennio dell’egemonia neo-liberale.

A ciò si lega la questione decisiva del rapporto con l’Europa e dei caratteri dell’attuale assetto dell’euro. Ne parlerà diffusamente dopo uno dei nostri ospiti, Vladimiro Giacché, e posso perciò limitarmi a qualche cenno, anche se si tratta del vero punto nodale, non solo dal punto di vista economico, ma anzitutto dal punto di vista democratico.

Per come è stato costruito e gestito in questi anni (senza un governo federale, senza una Camera parlamentare coincidente con l’eurozona, senza un’autonoma capacità fiscale gestita da un organo legittimato democraticamente), l’euro non è stato evidentemente solo una moneta, ma un vero e proprio sistema di governo, un sistema purtroppo in buona sostanza post-politico e post-democratico. I Paesi aderenti hanno rinunciato a elementi essenziali della loro sovranità (controllo della moneta, regolazione del tasso di cambio, autonomia della politica fiscale e di bilancio) senza conferirli a un’istanza democratica sovraordinata e in condizioni di profonda asimmetria tra di loro.

Proprio chi è un sincero europeista e vuole sconfiggere derive nazionaliste e xenofobe deve riconoscere che l’attuale costituzione materiale dell’euro, ad esempio, purtroppo non rispetta più neppure l’articolo 11 della nostra Costituzione, quello che ci dice che limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni sono consentite "in condizioni di parità con gli altri Stati".

Nell'immediato le decisioni della BCE sono utili per fronteggiare l’emergenza e impedire l’ulteriore avvitamento del circolo vizioso recessione-austerità-deflazione, ma, come lo stesso Draghi non si stanca di ripetere, non bastano ad affrontare i nodi irrisolti della costruzione europea sul piano istituzionale.

Senza affrontare il tema di come recuperiamo spazi di decisione a livello nazionale, in attesa di un’eventuale futura democratizzazione dei processi di governo dell’eurozona, ogni discorso sulla democrazia e sulla possibilità di far decidere i cittadini su piattaforme realmente alternative rischia di restare un’illusione. Il caso della Grecia è estremo, ma allo stesso paradigmatico, perché indica un problema molto più profondo, che i governi di Italia e Francia stanno sbagliando a non sollevare. Un’enorme questione democratica e di rispetto dell’autonomia e della dignità nazionale, che rischia di spianare la strada alla destra nazionalista, consegnando definitivamente nelle sue mani il vessillo della sovranità popolare.4

Come alimentare dal basso questo recupero di autonomia e di forza del processo democratico? Qui c’è la domanda di come si ricostruisce un tessuto vitale di partiti, di soggetti collettivi e di corpi intermedi. Ne parleranno più diffusamente Carlo Galli e Mario Dogliani.

Deperimento dei partiti e svuotamento della democrazia nazionale sono due facce di un unico processo, tra le quali non è semplice capire quale sia la causa e quale l’effetto.

Non possiamo ormai rimpiangere il vecchio partito di massa, il partito-apparato, di cui la Seconda Repubblica ci ha consegnato solo l’estenuazione burocratica e autoreferenziale. Questo problema onestamente preesiste all’attuale gestione del PD.

Il problema è se ne usciamo consegnandoci alla tesi che non c’è alternativa all’organizzazione di un seguito più o meno inerte di un capo carismatico, o se abbiamo bisogno di partiti di tipo nuovo, più leggeri e aperti dal punto di vista della struttura burocratica, ma più solidi dal punto di vista del pensiero e del radicamento sociale.

Se dobbiamo rassegnarci a una deriva personalistica del sistema politico italiano, accettando che anche il PD smetta di essere un’eccezione, o se dobbiamo aiutare anche con strumenti legislativi l’organizzazione di partiti più democratici, trasparenti, contendibili.

Se dobbiamo rassegnarci alle cene da mille euro a commensale come unica forma di finanziamento o iniziare a riflettere sul fatto che siamo l’unico Paese tra le grandi democrazie europee che ha abbandonato qualsiasi forma di finanziamento pubblico della politica e si è consegnato al modello americano (senza peraltro le leggi sulle lobby e sulla trasparenza dei processi legislativi che ci sono negli Stati Uniti).

Come pure è evidente la necessità di un processo di rinnovamento dei sindacati e dei corpi intermedi. Ma un partito di sinistra può favorire questo processo con la delegittimazione e con lo scontro frontale? Quale modello di società si ha in testa se le organizzazioni intermedie non vengono aiutate a modernizzarsi e a svolgere in maniera più inclusiva il loro ruolo, ma vengono contestate alla radice nella loro funzione sociale? Proprio chi ha a cuore la reciproca autonomia di politica e sindacati dovrebbe riconoscere che c’è uno spazio che la politica partitica, anche quella a più alto tasso di leaderismo e di presa carismatica, non può occupare.

La società degli individui atomizzati, sciolti da ogni legame, del cittadino monade sempre più solo davanti alla burocrazia pubblica e al mercato, è il terreno ideale per affermare il primato non della politica, ma dell’autoregolazione degli interessi economici più forti, a cui il leader di turno può offrire al più una copertura mediatica.

L’altro lato del deperimento della forza di decisione della democrazia è l’attacco allo Stato e alle sue strutture, un altro elemento fondante dell’egemonia neo-liberista degli ultimi decenni. Un attacco che ha utilizzato la giusta esasperazione dei cittadini per le inefficienze della pubblica amministrazione non per rendere più efficace e indipendente la burocrazia, ma per destrutturala, senza alcun vero piano di ammodernamento, senza investimenti, senza assunzioni di professionalità di qualità e di giovani.5

Come se davvero la mitologica ‘lotta alla burocrazia’ dovesse coincidere con la distruzione della burocrazia, che -ricordiamocelo, ce lo hanno insegnato i classici del pensiero politico e giuridico contemporaneo- è l’essenza dello Stato moderno, il presidio della sua imparzialità e dell’universalità dei suoi servizi. Oggi è evidente quanto questa presunta lotta alla burocrazia abbia in realtà enormemente peggiorato il groviglio amministrativo e legislativo del Paese, a colpi di deroghe, strutture speciali, eliminazione di controlli, presunte semplificazioni fatte sovrapponendo norme a norme, ampliamento del numero di dirigenti a chiamata diretta della politica. E quale enorme brodo di coltura tutto ciò abbia creato per l’ulteriore sviluppo della corruzione. C’è di che riflettere in visita dell’approvazione della delega sulla riforma della pubblica amministrazione.

Dopo gli ultimi episodi, peraltro, sul fronte del contrasto alla corruzione e all’evasione fiscale davvero non si può più attendere quel cambio di passo del governo che finora non c’è stato.

Così come occorre cambiare atteggiamento nei confronti degli Enti locali (ascolteremo alcuni amministratori nel corso della giornata). Siamo passati in troppo poco tempo dall’inseguimento di un federalismo para-leghista all’idea che il motto reaganiano di ‘affamare la bestia’ vada applicato a Regioni, Province e Comuni. Forse con più equilibrio dobbiamo tornare al sano autonomismo della Costituzione e all’idea che una rete di enti locali messi in grado di svolgere le loro funzioni sia una componente essenziale del tessuto democratico della nazione.

Qui incrociamo il tema delle riforme. Diciamolo con onestà intellettuale: è un errore per la sinistra criticare le riforme gridando al rischio autoritario, come se la concentrazione del potere e la crisi della rappresentanza non fossero già tendenze consolidate.

Il declino del ruolo del Parlamento - dei Parlamenti - è in corso da decenni. La sovranità democratica nazionale è stata compressa dalla forza del mercato globale, dalla finanziarizzazione dell’economia e in Europa, in maniera ancora più accentuata, dai vincoli della moneta unica. Buona parte della sinistra, sia riformista che radicale, nei decenni scorsi ha pensato di fronteggiare questo problema trasformando il vecchio internazionalismo proletario in un vago globalismo cosmopolitico e in un’adesione acritica a tutto ciò che si presentasse con un’intonazione europeista, anche se di matrice tecnocratica. Si è così totalmente rimosso un piccolo problema: la civiltà occidentale non ha mai conosciuto finora la democrazia fuori dagli Stati nazionali.

E’ perciò un errore gridare al rischio autoritario, come se il rischio di uno svuotamento della democrazia non incombesse da tempo e per ragioni ben più corpose di una riforma costituzionale. Ma è un errore non meno grave pensare che basti uno spostamento dei poteri a favore del governo, e all’interno del governo a favore del premier, come se non fosse già dimostrato che tutto questo è assolutamente insufficiente.

Allora riconduciamo il discorso sulle riforme a una dimensione più sensata e più vera. Sì al superamento del bicameralismo. Sì alla riduzione del numero dei parlamentari. Sì a una più funzionale e chiara ripartizione delle competenze fra Stato e Regioni. Sì alla fiducia al governo solo alla Camera. Sì a una legge elettorale che metta in equilibrio rappresentanza e governabilità. In 6

sintesi, sì a riforme ragionevoli ed equilibrate, ovvero a una manutenzione della seconda parte della Costituzione che renda meglio perseguibile l’attuazione dei principi fondamentali della prima parte.

Ma i testi di riforma finora approvati dal Parlamento necessitano di alcune fondamentali correzioni per raggiungere questi obiettivi. Testi peraltro prima blindati con il Patto del Nazareno e ora considerati immodificabili nonostante il voto contrario di Forza Italia, per mesi indicata come impedimento a miglioramenti che pure il governo giudicava ragionevoli.

E allora adesso davvero non si capisce perché non si possa restituire agli elettori di tutti di partiti la scelta della maggioranza dei parlamentari. Perché non si debba pensare a come evitare che un partito che prenda meno di un quarto o di un quinto dei voti al primo turno al ballottaggio da solo, senza alcuna alleanza, possa conquistare la maggioranza assoluta dei seggi. Perché non si possa riaprire (trovando gli opportuni strumenti regolamentari) la discussione sulla natura del nuovo Senato non elettivo, attualmente un ibrido senza identità, rendendolo una vera Camera delle autonomie. Perché non si possa rendere più flessibile e funzionale il nuovo articolo 117, evitando il riaprirsi di un contenzioso davanti alla Corte Costituzionale.

Ecco alcuni mirati e significativi cambiamenti al pacchetto delle riforme, che mettano in equilibrio il sistema e allarghino gli spazi di partecipazione e rappresentanza.

Adesso il treno delle riforme si è di nuovo improvvisamente fermato, in attesa forse degli sviluppi del patto del Nazareno dopo le elezioni regionali. Mi permetto di avanzare un’ipotesi di lavoro. Perché non utilizziamo le settimane che ci separano dalle regionali non per scrutare i movimenti dentro Forza Italia e capire in quale misura si riesca a resuscitare il Patto del Nazareno, ma per riaprire un confronto vero nel PD, con un gruppo di lavoro congiunto Camera-Senato, a partire dai membri delle Commissioni Affari Costituzionali, verificando la possibilità di un’intesa su un insieme ristretto ma qualificato di modifiche a legge elettorale e riforma costituzionale?

Se c’è l’intesa e l’impegno di tutto il PD, l’esperienza dell’elezione di Sergio Mattarella (il momento più alto della vita del PD nell’ultimo anno, grazie al quale abbiamo portato un galantuomo e una figura di alta garanzia al vertice della Repubblica) ci dice che in Parlamento possiamo costruire intese ed esercitare una forza di attrazione in un ambito molto vasto.

Allora si potrebbe prendere l’impegno con un percorso parallelo Camera-Senato (in cui la Camera interviene solo sulla legge elettorale e il Senato solo sulla riforma costituzionale, garantendo l’approvazione senza modifiche nei successivi passaggi) ad arrivare all’approvazione definitiva della legge elettorale e alle prime due delle quattro deliberazioni conformi sulla riforma costituzionale entro il mese di settembre, e comunque prima dell’inizio della sessione di bilancio. I due successivi e definitivi passaggi della riforma costituzionale, previsti a distanza di tre mesi, verrebbero a gennaio, dopo la sessione di bilancio, in modo che prima dell’estate 2016 l’iter delle riforme si concluderebbe definitivamente con il referendum confermativo.

Non mi pare una proposta da frenatori o sabotatori, e il nostro segretario-premier ha già potuto sperimentare, forse con suo stupore, che siamo gente seria, quando prendiamo un impegno lo rispettiamo.7

Oggi, al termine di questo confronto, penso che insieme potremo assumere un impegno a essere coerenti in Parlamento con questa ferma volontà di migliorare le riforme senza bloccarle, ma di non piegarci in nessun caso all'idea di riforme purchessia.

E allo stesso tempo possiamo far partire questo campo di confronto delle diverse sensibilità della sinistra nel PD. Nel rispetto del pluralismo delle posizioni, delle idee, dei percorsi, che l’iniziativa di oggi non vuole certo cancellare. Un campo di confronto che nei territori e a livello nazionale ci serva a far capire che senza una sinistra forte e riconoscibile il progetto del PD rischia di non esserci più e che lo stesso cambiamento del Paese rischia di assumere forme gattopardesche.

Un confronto che costruisca una nostra analisi e terapia della crisi nazionale ed europea e che la metta a disposizione del PD e dell’Italia.

Un confronto che ricostruisca il profilo di una sinistra popolare, che sappia di nuovo contendere al populismo regressivo della destra una capacità di rappresentanza e mobilitazione dei ceti popolari e del mondo del lavoro.

Una sinistra nazionale, che non consegni alla deriva xenofoba del leghismo il tema della difesa della sovranità democratica e dell’interesse nazionale, consapevole che spesso questa difesa coincide con la possibilità stessa di rappresentare i ceti popolari.

Una sinistra che creda nella forza della democrazia italiana, che rifiuti la logica per la quale non ci sono alternative al pensiero unico di Bruxelles e ai ‘compiti a casa’ da fare senza discutere.

Una sinistra che dica no alla denigrazione e all’auto-denigrazione dell’Italia, che valorizzi la specificità dell’apporto del cattolicesimo democratico, che sappia aderire di più alle pieghe e alle particolarità di questo Paese, all’originalità della sua struttura culturale, produttiva, demografica.

Una sinistra che sappia costruire dal basso, contro lo strapotere del capitale finanziario, un nuovo moderno patto fra produttori, in cui anche il lavoro autonomo e la piccola e media impresa siano finalmente riconosciuti nella loro centralità.

Una sinistra che non si affidi alla mistica di un cambiamento senza aggettivi e senza visione, all'esecuzione di uno spartito scritto da altri o al semplice addolcimento delle idee della destra.

Un sinistra che torni a investire sulla partecipazione nella convinzione che l’Italia possa farcela dalla parte dei valori costituzionali fondamentali: il lavoro, l’uguaglianza, la dignità della persona.