29 maggio 2015

VILLA BLANC:PROPRIETA' COLLETTIVE E BENI COMUNI

 
 
                                                   Paolo Maddalena




 
 Paolo Maddalena ,insieme a Paolo Berdini e Oreste Rutigliano,è stato il protagonista indiscusso dell'assemblea pubblica su Villa Blanc che si è svolta ieri pomeriggio,28 maggio,presso l'aula magna della scuola Winckelmann.Una folta partecipazione di resistenti che,malgrado gli anni e le inconsulte scelte politiche sottolineate nell'intervento di Rutigliano,hanno portatao quarant'anni dopo a discutere ancora sulla destinazione pubblica della Villa e del suo parco.Una indifferenza verso le richieste e le esigenze della cittadinanza le cui responsabilità sono ampiamente bipartizane che hanno portato ad una università privata di sottrarre alla cittadinanza un bene pubblico.
L'appello lanciato da Italia Nostra e il Comitato Villa Blanc è stato sottoscritto in questa fase iniziale già da 10 autorevoli esponenti tra cui Maddalena e Berdini stessi,Mantovani,Portoghesi ,Aiuti,Alessandro Bianchi ed altri ancora.
Pubblichiamo un ampio stralcio dell'intervento di Maddalena.
D.F.
 
 
 
Per capire l’essenza dello “Stato comunità”, ed in genere della “Comunità politica”, è indispensabile rivolgersi alla storia. Ed, in particolare, alla storia della Costituzione romana[19]. Infatti, fu la Respublica romana, che era costituita dal “Senatus Populusque Romanus”, il primo chiaro esempio di “Stato comunità”, o, se si preferisce, di “Comunità politica”. Ed il dato più importante che emerge dall’analisi storica è che la nascita di questo tipo di Stato si fonda su due concetti chiave (dei quali forse si è persa memoria): quello di “confine” e quello del “rapporto tutto parte”.
E’ innegabile, infatti, che la nascita della “Civitas romana”, e cioè della “Comunità politica di Roma” coincise con la “confinazione”, il fines regere della tradizione[20], con la quale Romolo, o chi per lui, distinse il terreno sul quale doveva sorgere l’urbs dai terreni circostanti, trasformando il terreno confinato in un “territorio”, dal latino “terrae torus”, “letto di terra”, il cui fine fu quello di ospitare l’aggregato umano che su di esso si insediava, prendendo il nome di “populus” (che significa “cittadini in armi”). Nello stesso momento, sorse anche la necessità di “confinare”, e cioè limitare la libertà dei singoli per rendere possibile la convivenza civile, attribuendo al popolo la “sovranità”, cioè la somma dei poteri necessari a perseguire questo fine. Insomma, tracciando il solco di Roma, Romolo dette luogo al nascere di tre elementi: il “territorio”, il “popolo” e la “sovranità”, dalla quale scaturì l’ordinamento giuridico. Ed è da sottolineare che, attraverso la “confinazione”, si dette luogo anche alla nascita del “primordiale rapporto giuridico di appartenenza”, quello della “proprietà collettiva del territorio”. Un rapporto che, come dimostra la stessa indagine filologica del termine (terrae torus), non fu affatto un rapporto di “dominio pieno ed esclusivo”, ma un rapporto quasi personale di appartenenza, come quello che normalmente si instaura tra un individuo ed il proprio letto. (…)
 
Venendo al tema della “proprietà”, il dato più importante è costituito dal fatto che a Roma la “proprietà collettiva”, che spettava al popolo a titolo di “sovranità”, “precedette” di ben sette secoli la proprietà privata, individuabile nel concetto di “dominium ex iure Quiritium”, nato, dopo una tormentata elaborazione della giurisprudenza, alla fine del II secolo a. C.[24], o addirittura agli albori del primo secolo a.C. (…) Dunque, come si diceva, la proprietà privata derivò dalla proprietà comune e collettiva del popolo, fu una “cessione” a privati di parti del territorio in proprietà al popolo, mentre taluni beni, come l’ager compascuus, venivano “riservati” all’uso comune di tutti, mantenendo il carattere di “appartenenza sovrana al popolo”. Ed è da sottolineare in proposito che la giurisprudenza classica trovò un sistema ineguagliabile per tutelare l’uso comune dei beni riservati al popolo: li definì “res extra commercium” (ciò che è di tutti non può essere dato ad alcuno), a differenza dei beni privati, definiti “in commercio”[25].
Alla “precedenza storica” della proprietà collettiva sulla proprietà privata, si accompagna, sul piano della vigente Costituzione repubblicana” la “prevalenza costituzionale e giuridica” della prima sulla seconda. Lo chiarisce l’art. 42 della Costituzione, secondo il quale “la proprietà privata è riconosciuta dalla legge….allo scopo di assicurarne la funzione sociale”, sancendo la “prevalenza” dell’interesse pubblico sull’interesse privato, e prevedendo che quest’ultimo è giuridicamente tutelato soltanto se ed in quanto “assicura” “lo scopo” della “funzione sociale”, rende cioè tutti partecipi dei benefici che provengono dalle attività produttive.
Il principio della prevalenza dell’interesse pubblico sull’interesse privato è ribadito, inoltre, dall’art. 41 della Costituzione, riguardante “l’iniziativa economica privata” e cioè l’attività negoziale che il proprietario pone in essere per disporre della proprietà privata, e cioè per acquisire o vendere la proprietà dei beni economici.
Si legge in detto articolo che “L’iniziativa economica privata è libera”. “Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo di recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Come si nota, alla “funzione sociale” dell’art. 42 Cost., fa riscontro “l’utilità sociale”, di cui al precedente art. 41 Cost.
Ma non è tutto. Questa “prevalenza” dell’interesse pubblico sull’interesse privato, va coniugata con la “distinzione” tra “proprietà pubblica” e “proprietà privata”, di cui al primo alinea del citato art. 42 Cost., secondo il quale “la proprietà è pubblica e privata”. (…)
Alla fine di questo discorso emerge un’indiscutibile verità. Se è vero, come è vero, che la “proprietà collettiva” “prevale” su quella privata e quest’ultima è storicamente “derivata” dalla prima, si deve necessariamente ammettere che la Costituzione ha operato un “capovolgimento” delle tradizionali concezioni borghesi e neocapitalistiche sulla proprietà. E’ questa che costituisce un “limite alla proprietà collettiva” ed all’interesse pubblico e non viceversa. Continuare a parlare di “limiti alla proprietà privata” è, dunque, un anacronismo: occorrerebbe parlare soltanto di “disciplina giuridica” della proprietà privata, avendo questa perso, nella visuale costituzionale, quel carattere di “inviolabilità”, e quindi di “preesistenza” rispetto all’ordinamento giuridico, che le assicurava lo Statuto albertino. Inviolabile è la “proprietà collettiva demaniale”, in quanto fondata sulla “sovranità”, non la “proprietà privata”, che in tanto esiste, in quanto è garantita e disciplinata dalla “legge”.
Sul piano pratico, c’è una importantisima conseguenza da sottolineare. Se la “proprietà collettiva” “prevale” su quella privata, ed il contenuto della proprietà privata è soltanto quello previsto dalla “legge”, davvero non c’è più alcuna possibilità di riconoscere il “ius aedificandi”, come insito nel diritto di proprietà privata. Il diritto di edificare è rimasto nei “poteri sovrani del popolo”, rientra cioè nei contenuti della proprietà collettiva del territorio e non risulta affatto “ceduto” a privati con la “cessione” di parti del territorio a singoli cittadini.
Quando ci lamentiamo degli scempi paesaggistici, della cementificazione, delle distruzioni della natura non possiamo limitarci alla “denuncia”: è un nostro “diritto di proprietà collettiva” che è stato leso, e questo diritto è ben più grande e più tutelato del diritto di proprietà privata. (…)
 
Abbiamo sinora parlato più volte di “territorio” ed è evidente che, a questo punto si rende necessaria, prima di procedere oltre, ad una sua definizione. Come si è visto, per i Romani, e da un punto di vista puramente materiale, il territorio è una “porzione di terra”, confinata dai terreni circostanti. L’idea si è puntualmente trasferita in epoca moderna, sennonché i diffusi inquinamenti dell’aria, delle acque e del suolo consigliano di considerare la terra in una visuale più completa e cioè come “ambiente”, meglio si direbbe, come ha affermato la Corte costituzionale, come “biosfera”[28], in modo da far rientrare in questo concetto, oltre il suolo ed il sottosuolo, tutto ciò che esiste sul soprassuolo, e cioè l’atmosfera, le acque, la vegetazione e le stesse opere ed attività dell’uomo.
Ciò che deve essere innanzitutto sottolineato è che il territorio è un “bene comune unitario”, formato da “più beni comuni”, in “appartenenza” comune e collettiva. (…) D’altro canto, occorre tener presente che oggi esistono tutte le premesse per considerare il territorio, non solo come una entità materiale comprendente il suolo, il sottosuolo e tutto ciò che è sul soprassuolo, compreso i beni artistici e storici creati dall’uomo, come diffusamente, e giustamente, si ritiene, ma ci si può spingere più avanti facendo rientrare nel concetto di territorio anche entità immateriali e le stesse attività umane che sul territorio si svolgono. In ultima analisi, tutti quegli elementi che determinano il modo di vivere, ed in ultima analisi il tenore di vita, del popolo che quel territorio abita. Si pensi alle opere dell’ingegno: alle invenzioni, tutelate con i brevetti, o alle opere letterarie, tutelate dal diritto di autore; o alle conoscenze ed ai saperi rinvenibili sul web. E si pensi, in estrema sintesi, alla “cultura”[29], non solo quella degli intellettuali, ma anche quella popolare[30], e, quindi, al complesso di idee che guidano le azioni degli individui e delle Nazioni nella vita di tutti i giorni. E si pensi soprattutto all’influenza che hanno sul territorio le istituzioni della comunità politica, e cioè alla forma di Stato ed al relativo “ordinamento giuridico”, nonché alla forza spesso sconvolgente che esercitano sul territorio l’economia, la finanza, i mercati.
Il “territorio”, in altri termini, appare come uno “spazio di libertà” entro il quale trovano possibilità di svolgimento le capacità ed i caratteri dei singoli e della collettività considerata nel suo insieme, considerata soprattutto in quelle specificità culturali che caratterizzano un popolo, e che si estrinsecano, come si diceva, nella cultura e in ciò che da questa deriva.
Ne consegue che l’odierna cosiddetta “globalizzazione” non può e non deve prescindere dalla distinzione dell’intera superficie terrestre in vari “territori”, intesi come luoghi nei quali si esplicano le specifiche caratteristiche dei diversi “popoli”. (…)
E veniamo a quella che abbiamo denominato la “dinamica costituzionale”, e cioè all’insieme delle disposizioni che la nostra vigente Costituzione repubblicana prevede per lo “sviluppo economico” della nostra società. Ed al riguardo è importante precisare che la nostra Costituzione parte dall’idea di comune esperienza secondo cui la ricchezza proviene da “due fattori”: “le risorse della terra” ed “il lavoro dell’uomo”. Infatti “due sono gli obiettivi” che la stessa si propone di raggiungere: a) “tutelare il territorio”; b) “proteggere il lavoro”. Ed è molto significativo, in proposito, il fatto che il Titolo III, Parte prima, della Costituzione, dedicato ai “Rapporti economici”, è in pratica dedicato, sia alla tutela del territorio, sia alla tutela del lavoro. In particolare parlano del territorio l’art. 42, primo comma, secondo il quale “la proprietà è pubblica e privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti e a privati”, nonché l’art. 44, primo alinea, secondo il quale occorre “conseguire il razionale sfruttamento del suolo”. Parlano invece di lavoro, l’art. 35, secondo il quale “la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni”, l’art. 36, secondo il quale “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente a assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”, nonché l’art. 38, importante per l’affermazione di principio secondo cui tutti devono lavorare, ed è esentato da questo dovere soltanto “il cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere”, per il quale è previsto il “diritto al mantenimento ed all’assistenza sociale”. (…) Insomma, il principio è che le imprese strategiche debbono essere in mano pubblica e che non è accettabile rimettere alla speculazione privata la produzione di beni e servizi primari per la vita del Paese.
Questo punto essenziale è stato travolto dalle numerose e dannosissime “privatizzazioni”, che hanno privato l’Italia, in breve periodo, del 50 per cento delle imprese, sospingendola verso una irrimediabile miseria, propedeutica ad un finale ed irreparabile disastro economico e sociale.
Altro punto strategico proprio della nostra “dinamica costituzionale” consiste nell’aver “separato” la piccola e media proprietà, come la proprietà coltivatrice diretta e la proprietà della prima casa (artt. 44 e 47 Cost.), dalla proprietà la cui produzione eccede le strette esigenze di vita e sono in grado di far crescere la “produzione nazionale”. Per questo tipo di proprietà, come si è già accennato, la stessa tutela giuridica è condizionata all’assolvimento della “funzione sociale”, cioè all’obbligo di dar spazio all’ “occupazione” ed alla “produzione” di beni che possano soddisfare i bisogni di tutti. Quest’obbligo è sancito in modo espresso e con piena “precettività” dal citato art. 42 Cost., (…)
C’è poi un ultimo punto molto importante da tener presente nell’analisi di questa “dinamica costituzionale”: è la “partecipazione” del cittadino alla “funzione amministrativa” normalmente affidata alla pubblica amministrazione. Infatti, come è noto, mentre la funzione legislativa è riservata al Parlamento e quella giudiziaria è riservata all’Autorità giudiziaria, la funzione amministrativa non è riservata alla P. A., ma condivisa da questa, con enti e con soggetti privati.
La disposizione principe in proposito è quella dell’art. 3, comma secondo, Cost., secondo il quale è compito della Repubblica assicurare “l’effettiva partecipazione di tutti i cittadini all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. E “partecipare” alla ”organizzazione”, in termini giuridici, vuol dire proprio partecipare all’azione amministrativa dei pubblici poteri. E parlare di “lavoratori” vuol dire parlare di tutti i cittadini, poiché, come si è visto, per la Costituzione non esistono i “fannulloni”: o si ha la capacità di lavorare e si “deve” lavorare, o si è “inabili al lavoro” ed allora si ha diritto al mantenimento ed all’assistenza sociale  (…)
 
Salvare il territorio e salvare il lavoro di tutti, in ultima analisi, richiede, secondo la Costituzione, l’intervento di tutti. Ed è evidente che è in nostro potere salvare innanzitutto il nostro “territorio”, e cioè “le risorse” che la Terra, la “iustissima tellus”, abbondantemente ci offerti.Per questo vanno ringraziati gli uomini e le donne del Comitato Villa Blanc che per tutti questi anni hanno mantenuto fermo questo principio,non si sono mai arresi.
 
 
 
 
 
 
 
 

28 maggio 2015

VILLA BLANC:28 MAGGIO ORE 16,30 ASSEMBLEA PUBBLICA AULA MAGNA WINCKELMANN


 
 
 
 

 

 
                    



         Il Comitato Villa Blanc e Italia Nostra

 

In vista della prossima udienza del Consiglio di Stato per Villa Blanc, fissata per il 7 luglio prossimo

invitano tutti i cittadini alla

 

 

ASSEMBLEA PUBBLICA

 

CHE FUTURO PER VILLA BLANC?

 

 LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI

DEI CITTADINI

 

 

Introdurrà:

Adolfo Rinaldi – Presidente del Comitato Villa Blanc

Interverranno:

Paolo Maddalena- Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale

 Paolo Berdini- Urbanista

Oreste Rutigliano- Consigliere Nazionale di Italia Nostra

 

 

 

                Giovedi 28 maggio alle ore 16.30

 

nell'aula magna dell'Istituto scolastico Winckelmann

 

        in Piazza Winckelmann 20

 

 

 

info@comitatovillablanc.org                                                                roma@italianostra.org

 

27 maggio 2015

STOP AI TRUFFATORI SENTIMENTALI IN RETE

Alzi la mano chi non ha ricevuto mail di donne o uomini attraenti che chiedevano lo scambio di corrispondenza per amicizia.

Alzi la mano chi non ha ricevuto richieste di amicizia su facebook o sugli altri social network richiedenti l'amicizia.

Alzi la mano chi non ha ricevuto richieste di amicizia da persone sconosciute su skype.

Penso proprio che saremmo in tanti ad alzare la mano.In questi casi c'è chi non abbocca e cestina immediatamente la richiesta ,c'è invece chi  ci casca e, rispondendo,  viene agganciato.E gli sviluppi della cd amicizia hanno solo risvolti tragici.

La funzione di questo giornale è informare e mettere in guardia i nostri lettori.Non siamo psicologi e non vogliamo analizzare le motivazioni per cui tanta gente crede alle promesse di affetto ed altro(!!!!) in rete.Lasciamo questa lavoro a chi è più bravo di noi.Sta di fatto che molta gente viene truffata in rete e piange amaramente il momento in cui ha risposto a queste richieste di amicizia.

E allora che fare per impedire di essere truffati?Vi invitiamo a leggere di seguito questa iniziativa promossa su change.org 
 
Domenico Fischetto

 

 

STOP AI TRUFFATORI SENTIMENTALI! (SENTIMENTAL SCANNERS)

Stefania Catallo
Rome, Italia
25 mag 2015 — Comunicato stampa

Contro i criminali sentimentali: ecco la campagna del centro antiviolenza di Tor Bella Monaca


Sono migliaia I casi di donne e uomini truffati ogni anno via web con la promessa di un amore eterno. Una casistica di truffe che sta prendendo piede nel nostro Paese sempre di piu’. A denunciare sono poche, troppo poche le vittime di un raggiro compiuto sulla base dell’innocenza e dell’ingenuita’. E a questo quadro sono da aggiungersi coloro che sono vittime di truffatori conosciuti di persone seppur per ragioni di lavoro o collaborazioni saltuarie. Per questo motivo, dopo le denunce pubbliche rilasciate ai giornali da alcune “coraggiose” vittime, il centro antiviolenza di Tor Bella Monaca, Marie Anne Erize, ha deciso di passare al contrattacco e di organizzare una guida ragionata per difendersi. “E’ un progetto del tutto nuovo nel nostro Paese – ha sottolieato Stefania Catallo, Presidente centro antiviolenza Tor Bella Monaca – e riguarda in particular modo la possiblita’ di difendersi da criminali sentimentali, ovvero persone che si approfittano dello stato di debolezza che consegue ad un innamoramento per raggirare la vittima ed estorcere quantita’ di denaro anche molto ingenti. E’ una situazione che colpisce migliaia di persone nel nostro Paese che non denunciano per timore o vergogna. E anche su questo I “criminali sentimentali” fanno ulteriore affidamento. Dietro queste azioni ci sono organizzazioni criminali vere e proprie formate da soggetti senza scrupoli. E’ necessario denunciare ed insegnare alle persone come difendersi.” Un punto fondamentale della campagna sara’ l’azione di sensibilizzazione condotta sui social network, il principale veicolo per le truffe sentimentali. “abbiamo intenzione di avvalerci di una pagina fb che raccogliera una guida per difendersi e per riacquistare fiducia in se’ stessi. In aggiunta a cio’, ci avvaliamo della nostra equipe – ha proseguito Catallo – per sensibilizzare sia le forze dell’ordine che I media nonche’ gli stessi gestori dei social networks e dei siti per appuntamenti. Il nostro sara’ un lavoro destinato sia alla divulgazione che all’accoglienza delle vittime”. Solo nel Regno Unito si calcola che siano 230.000 persone le vittime di “sentimental scammers”. Grazie alle interviste che sono state utili alle ricerche scientifiche condotte, si sono potuti isolare alcuni fattori tipici dei truffatori e tipici delle persone truffate. “Noi su questo solco intendiamo andare avanti – ha concluso Catallo – vogliamo fare in modo che i social networks e I siti per appuntamenti on line prevengano questo genere di accadimenti. In piu’, vogliamo tutelare e far crescere il senso di autostima delle persone. Non c’e’ nulla di romantico in un truffatore seriale, ma c’e’ molto di chimico e di umano nella sua vittima. Dobbiamo fare in modo che essa si attrezzi per fronteggiare questi criminali. E le attrezzature gliele forniremo noi”
Sabato 30 maggio alle ore 14 presentazione del progetto presso il Centro Antiviolenza Marie Anne Erize in via Amico Aspertini 393

26 maggio 2015

DERBY:HA VINTO LA ROMA MA HA PERSO ROMA!


Scontri tra tifosi e forze dell'ordine all'esterno dello stadio Olimpico al termine del derby Lazio-Roma (LaPresse)
Scontri tra tifosi e forze dell'ordine all'esterno dello stadio Olimpico al termine del derby Lazio-Roma



Derby!
Ha vinto “la Roma”.
 
Ma ha perso Roma!
 
Ancora una volta ha perso la nostra città, grazie soprattutto ai suoi incapaci e pavidi amministratori.
Incapaci, penso non ci sia necessità di commentare l'attributo tanto è sotto gli occhi di tutti in tutti i settori della vita cittadina.
Pavidi anche non avrebbe necessità di spiegazioni, ma vale ricordarne almeno una: come continuano ad essere ostaggio dei commercianti e dei costruttori, dei poteri forti in generale.
Evidentemente, la circostanza invita a riflessioni ampie che meriterebbero di essere nuovamente sviluppate al fine di analizzare per l'ennesima volta il fallimento totale del quale paghiamo quotidianamente il pesante bilancio.
Ma, per amor di patria, limitiamoci a restare sul punto della giornata di ieri, che non è poco.
Giornata che era già cominciata in modo “allucinante”: un intero e vastissimo settore di Roma nord completamente chiuso, blindato, inaccessibile, con le conseguenze che inevitabilmente si moltiplicavano sugli altri settori della città, conseguenze per altro facilmente prevedibili solo a conoscere le minime regole fondamentali sul funzionamento di un organismo urbano complesso.
Polizia Municipale in grandissimo dispiegamento (ma allora quando vogliono ci sono!!!), Polizia di Stato, Carabinieri in tenuta antisommossa (si sa, gli incontri di calcio sono la riproposizione moderna dei gloriosi giorni del Risorgimento....), strade inaccessibili in entrata e in uscita, insomma tutto che ispirava quel senso di tranquillità e di serenità che ti scendono nell'anima quando avverti netta e precisa la consapevolezza della presenza dello Stato che ti protegge.
Tragicamente, però, lo spettacolo della città presidiata e sotto assedio, con la conseguente paralisi, non era sufficiente: il solito copione doveva ancora andare in scena.
Cosa che puntualmente accadeva prima della partita e, naturalmente, a partita ultimata.
Dobbiamo forse meravigliarci?
Dire “ma come mai, ma come è potuto succedere”?
Non era tutto assolutamente prevedibile, non contiamo una casistica infinita di precedenti, purtroppo anche più gravi?
Tutto questo per una partita di calcio che si continua a volere fare disputare nel cuore della città!
E, nonostante questo, continuiamo senza alcuna inversione di rotta.
Anche i meno avveduti, a volte e magari per caso, fanno tesoro delle esperienze per modificare comportamenti e decisioni.
 Ma il Sindaco Marino, quello che ride in continuazione e ancora non si è capito cosa abbia tanto da ridere, lui no, lui resta fermo e immobile davanti a tanto scempio
Il Sindaco Marino evidentemente non ha l'autorevolezza (e la volontà) di imporre alle Società (Sportive?....di quale sport parliamo?......) diverse regole di comportamento da fare rispettare severamente.
Altrimenti le partite di calcio si disputano “a porte chiuse”, cioè “a stadi vuoti”.
Oppure, gli stadi si costruiscono fuori dai perimetri urbani.
Invece no, si va addirittura a fare un bel viaggetto – con nutrito codazzo – in America per prendere ordini da Presidenti di Società (Sportive?) su come e dove costruire nuovi stadi, magari al centro di quartieri consolidati e già vistosamente aggravati da loro problematiche destinate a restare sempre senza soluzioni.
Ma quali colpe hanno i cittadini romani per pagare simili tributi?
Pagare è termine esatto perchè va inteso sia in termini di “qualità della vita”, che in termini “pecuniari” perche tutto quel dispiegamento di forze, così come le conseguenze dei ritardi, delle complicazioni, degli appuntamenti saltati significano centinaia di migliaia di euro.
Si rende minimamente conto, il Sindaco, delle follia a volere ostinatamente evitare di intervenire e, viceversa, vuole finalmente  assumere decisioni forti sulla materia, invece di lasciare la città allo sbando, ormai vittima sacrificale in TUTTI i giorni della settimana in onore di campionati, coppe, “amichevoli”, recuperi......
Ma se non è capace, che almeno copiasse quanto fanno in altri Paesi.
Se Roma piange, certamente Ponte Milvio non ride!
Anzi, la quota che paga questa zona della città è senza dubbio la più alta e ormai insopportabile.
Un intero quartiere, con al centro lo storico Piazzale di Ponte Milvio, è ormai ostaggio – sette giorni su sette di ogni settimana - di quanti sono costantemente lasciati liberi di fare il proprio assoluto comodo, una sorta di zona off-limits dove le regole delle Stato non valgono, sono sospese leggi e norme attuative, regolamenti e codici, compreso quello “della strada” (sempre e soprattutto in occasione delle partite): tavolini selvaggi, occupazione di suolo pubblico “come me pare e ndove me pare”, abusivismo commerciale, ambulanti, sosta selvaggia (qui la Polizia Municipale non si vede mai!!!), movida e inquinamento acustico a go-go, infine, ciliegina sulla torta, scontri violentissimi tra bande di criminali travestiti da tifosi e “coperti” dalle Società (Sportive?) al sistema delle quali sono evidentemente funzionali, scontri con le forze dell'ordine (di quale ordine, per carità, qualcuno me lo dica!!!), manganelli fumogeni esplosioni.
La vera e propria “terra di mezzo”!!!
E oggi, l'inossidabile Daniele Torquati si fa scendere la lacrimuccia sul viso “....costretto a commentare....i gesti idioti di alcuni.....che hanno preso Ponte Milvio e Roma Nord come il loro campo di battaglia.....”.
No, caro presidente di Giunta, loro “non hanno preso Ponte Milvio e Roma Nord come il loro campo di battaglia”.
Viceversa, Ponte Milvio e Roma Nord sono state abbandonate e lasciate loro come loro campo di battaglia!
I termini giusti del problema sono questi.
I termini giusti sono la mancanza e la latitanza di questa Giunta – al pari delle precedenti – che non ha voluto né saputo imporsi  con autorevolezza e pretendere dal Comune il rispetto per il Municipio XV e, specificatamente, per l'area di Ponte Milvio.
Dunque non ha saputo né voluto pretendere l'adozione di misure che finalmente liberassero il quartiere dalle scorribande dei criminali.
Eppure il 14 maggio aveva trionfalmente annunciato la nascita del pomposo “Comitato per l'Ordine e la Sicurezza del Municipio XV”, con tanto di Dirigente Prefettizio, per discutere di “...tutte le criticità del territorio elencate nelle relazione che ho consegnato (io, Torquati, ndr) la scorsa settimana al Prefetto Gabrielli....”.
Ma di cosa avete discusso?
Ha dimenticato forse qualche argomento cogente nel suo elenchino?
Eppure se avesse voluto affrontare seriamente il problema, avrebbe trovato il sostegno dei cittadini che reiteratamente hanno chiesto simili misure un numero sterminato di volte.
Presidente Torquati, quante volte il Comitato Abitare Ponte Milvio l'ha sollecitata su questi temi, puntualmente con interrogazioni civiche (rimaste senza risposte), con interventi in aula consiliare, dalle pagine di VCB, in incontri frequenti, in continuazione dunque?
Nulla è successo, tutto si replica uguale a se stesso e, anzi, assistiamo ad una crescita esponenziale dei fenomeni ricordati e la giornata di ieri ne è un tragico esempio.
Ho riflettuto su come intervenire sulla preoccupante e reiterata emergenza, alla fine ho deciso di farlo pubblicamente sulle pagine di VCB proprio per dare una maggiore visibilità alla denuncia di questa situazione che è troppo poco definire intollerabile.
Sarebbe opportuno che, almeno una volta, questa volta, il Presidente Torquati desse una risposta seria e strutturata, non a me e neanche al Comitato Abitare Ponte Milvio, ma a tutti i cittadini abbandonati a se stessi, vittime incolpevoli e indifese in una città priva di regole e di amministrazione.
 
Paolo Salonia, Portavoce del Comitato Abitare Ponte Milvio

A CHI FA' COMODO LA PROTESTA A SAN LORENZO CONTRO GLI IMMIGRATI?

 
 
 
 
In questi giorni apprendiamo dai media che a San Lorenzo è montata la protesta contro la proposta di dare accoglienza in una struttura a degli immigrati,in gran parte rifugiati politici.
La generosità e l'accoglienza ,l'ospitalità,la fratellanza ,il sorriso franco ed aperto  che erano propri degli abitanti  di San Lorenzo,in tutti questi anni sono forse scomparsi? Sono stati forse cancellati da un malgoverno del territorio  che lo  ha abbandonato all'anarchia ,ne ha favorito  lo stravolgimento sociale facendolo assurgere  ad una sorta di  megasballificio a cielo aperto ad uso e consumo di una gioventù che si butta via ogni giorno a suon di fiumi di alcool e di sostanze stupesfacenti?
Il tessuto sociale che lo aveva caratterizzato nel secolo scorso ,operaio e piccolo borghese,è stato quasi completamente scalzato da una politica che ha chiuso entrambi gli occhi davanti allo sfruttamento intensivo delle case trasformate in dormitori a caro prezzo e  a servizio della vicina università,respingendo i residenti storici e allontanandoli .Trasformando ogni vetrina sui marciapiedi in una specie di continuo self service di bevande e di cibo a basso costo e di infima  qualità,le librerie in club dove la lettura è un optional,in pidocchietti sempre aperti ,in angoli bui dove gli spacciatori vendono la loro merce di morte.Dove le regole del vivere civile non valgono più ma prevalgono quelle dettate dai soprusi e dalle leggi del mercato interpretate in maniera deflagrante.  In un continuum senza fine,dove si aspetta il calar del sole per ridare vita a questo circo casciarone e becero,dove tutto è possibile in nome dell'insana parola movida,diventata la parola d'ordine,il grimaldello grazie al quale saltano tutti gli schemi e qualsiasi regola o legge figurarsi la buona educazione.
E allora se il quartiere è in mano al malaffare,alle cricche dei bengalesi , dei senegalesi,dei cinesi e degli italiani sfruttatori ci sorge un dubbio che questa protesta non nasca dal vero popolo di San Lorenzo anche se  ridotto al lumicino , annichilito e spossato da tutte le ingiustizie e le soverchierie che ha dovuto subire in tutti questi anni e subisce ancora.Ci sorge il sospetto che questa protesta sia orchestrata ad hoc,che chi cavalca questa protesta qualunquista , becera ma soprattutto razzista siano coloro che vedono con terrore che i loro affari possano essere messi in pericolo dalla presenza di questa povera gente ,pacifica e sofferente  .Teme che  la loro presenza possa allontanare   clientela preziosa .Vede con terrore  che si possa spostare in altri quartieri tipo Testaccio ,Trastevere come anche la vicina  Piazzza Bologna che, proprio in nome e per conto della movida, sta subendo una vera e propria mutazione genetica.
E allora si aizza la piazza,si protesta,si strumentalizza.Un modo rozzo ma efficace per affrontare il problema dell'immigrazione , per respingere chi potrebbe danneggiare i loro sporchi affari.
 
Questa protesta non appartiene al popolo di San Lorenzo,popolo partigiano antifascista e medaglia d'oro della Resistenza.
I martiri per la libertà di S.Lorenzo si rivolterebbero nella tomba.
 
Domenico Fischetto

25 maggio 2015

UN MERCATO NON E' SOLO N MERCATO:27 MAGGIO CONVEGNO DI CARTE IN REGOLA


Riceviamo da Carte in Regola e volentieri pubbblichiamo.

Un mercato non è solo un mercato – il convegno di Carteinregola

LOCANDINA MERCATI copia




Mercati Rionali: dalla difesa al rilancio di un patrimonio collettivo
27 maggio 2015 dalle 15 alle 19.30
Mercato Metronio in Via Magna Grecia a Roma
Partecipano
Marta Leonori Assessore Roma produttiva e Città Metropolitana Roma Capitale
Giovanni Caudo Assessore alla Trasformazione Urbana Roma Capitale
Francesca Biondo e Enrico Rumboldt dell’ Assessorato allo sviluppo economico Regione Lazio
Orlando Corsetti Presidente Commissione Commercio Roma Capitale
Sono invitati gli operatori dei mercati rionali di Roma, i Consiglieri di Roma Capitale e dei Municipi, i Presidenti e gli Assessori Municipali
(A breve sarà pubblicato il programma)
E’ partita l’EXPO dedicata all’alimentazione, con slogan che disegnano uno scenario in cui la salute delle persone e dell’ambiente vengono collegate alla qualità della nutrizione e dalla sostenibilità dei sistemi di produzione. Sarebbe stata un’ottima occasione per avviare una riflessione e un rilancio dei mercati rionali, da sempre i terminali di una filiera che irradiandosi nei territori coniuga il concetto di cibo e di scambio con quello di comunità.
Invece l’occasione è stata persa, almeno a Roma, dove i mercati continuano a versare in una grande crisi, in particolare quelli coperti, da troppo tempo abbandonati dalla manutenzione dell’amministrazione e dalla progettualità della politica.
I mercati sono però uno dei pochi spazi pubblici rimasti in tutte le zone di Roma: se si escludono le chiese e le infrastrutture di servizio, sono di fatto gli unici luoghi “laici” aperti a tutti, di proprietà pubblica.
Spazi urbani che – per una serie di motivi che cercheremo di analizzare nel convegno – sono in buona parte sottoutilizzati e che potrebbero diventare, con la messa a punto di opportune strategie, un luogo di riferimento della vita sociale dei quartieri, dove organizzare iniziative diverse o dove incontrarsi.
E poiché questa amministrazione ha cominciato a occuparsi degli edifici pubblici, dismessi e non, e degli edifici privati con valenze pubbliche sociali e culturali, come i cinema, per avviare un recupero che tuteli gli spazi collettivi garantendone al contempo la sostenibilità economica, noi pensiamo che a maggior ragione dovrebbe essere avviato anche un percorso per elaborare delle linee guida da adottare per le strutture mercatali cittadine, insieme ai Municipi, ai comitati di quartiere, agli operatori e alle associazioni interessate.
Ma prima di tutto la sopravvivenza e il rilancio dei mercati rionali richiedono un lavoro di analisi di tutti gli aspetti in gioco, per trovare il necessario equilibrio tra la tutela della loro “anima” e la loro sostenibilità economica, tra la conservazione della tradizione e della memoria, di cui i mercati sono ancora pezzi importanti, e l’indispensabile rinnovamento per rispondere alle esigenze della vita delle persone di oggi. E’ quindi necessario ripensare gli orari, l’offerta merceologica, la qualità, la rete distributiva e soprattutto le nuove funzioni e i nuovi servizi da introdurre per rendere i mercati luoghi vivi, restituendo loro il ruolo di polo centrale dei quartieri.
Questo a nostro avviso è l’unico percorso virtuoso per la tutela e il rilancio di un bene comune, da opporre con fermezza ai tanti tentativi di trasformazione dei mercati in qualcos’altro, qualcosa che poco ha a che fare con l’interesse pubblico e molto con il profitto privato. La nostra esperienza di tenace (e vittoriosa) opposizione alla Delibera 129/2011, quella dello scambio immobiliare di tre mercati coperti (che ci ha portato a mettere in atto un presidio di 4 mesi in Campidoglio contro quella e altre delibere urbanistiche) e ai Project Financing dei mercati rionali previsti dalla precedente maggioranza, ci ha insegnato che esiste un fronte ampio e bipartisan che vede i mercati coperti soprattutto per il loro potenziale immobiliare e per le possibili speculazioni edilizie, in particolare per i mercati situati in zone di pregio. E se siamo consapevoli della penuria di risorse pubbliche che servirebbero per affrontare le condizioni non ottimali in cui versa la maggior parte degli edifici, e quindi non escludiamo aprioristicamente la possibilità di un intervento economico di privati per la ristrutturazione e la riorganizzazione dei mercati, desideriamo avere le più ampie rassicurazioni che, qualunque iniziativa venga intrapresa, sia garantita la totale regia pubblica, strettamente ancorata all’interesse pubblico, portata avanti attraverso la consultazione della cittadinanza e di tutti i soggetti interessati. E condotta all’insegna della trasparenza.
E vorremmo soprattutto un impegno preciso da parte dell’amministrazione a non prestarsi a operazioni speculative come quelle della Giunta Alemanno, che prevedevano l’abbattimento e la ricostruzione dei mercati coperti con la restituzione pubblica della sola area mercatale, “compressa” tra vari piani di parcheggi interrati privati e vari piani di uffici, locali commerciali e appartamenti, sempre privati, grazie a una variante urbanistica già “pronta”. E anche a non cedere a soggetti in parte o del tutto privati – come quelle Spa in cui insieme agli enti locali ci sono banche, associazioni di categoria, imprenditori etc – la proprietà e/o la gestione delle strutture.
Il nostro convegno non è un’iniziativa estemporanea, ma vuole essere l’inizio di un percorso di riflessione e di una serie di iniziative che continueranno nel tempo con lo scopo di mantenere una continua interlocuzione con le istituzioni e di sollecitare l’attenzione della cittadinanza per la difesa e il rilancio di questo patrimonio collettivo.
Nel corso del convegno saranno presentati i risultati di un questionario sottoposto dal gruppo di lavoro Difendiamo i Mercati Rionali ai presidenti di una trentina di mercati coperti di Roma, come sintetico aggiornamento dell'indagine del CNA del 2012. Nella sala del mercato sarà possibile esporre materiali e documentazione di progetti e espeirenze dei territori. Interventi del convegno, insieme ai vari materiali e ai contirbuti raccolti, saranno riuniti in una pubblicazione scaricabile dal sito di Carteinregola

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CARTE
IN
REGOLA
Laboratorio di 130 comitati e associazioni di RomaMetropolitana


Fb Carteinregolalab gruppo Carteinregola






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24 maggio 2015

Recensione film:FORZA MAGGIORE di Ruben Östlund



 

(Francia, Danimarca, Germania 2014)

con Johannes Kuhnke, Lisa Loven Kongsli, Vincent Wettergren, Clara Wettergren, Kristofer Hivju e Fanni Metelius

 

 
Locandina Forza maggiore

 

Pastelli scandinavi

 

Nella località sciistica di Les Arcs nelle Alpi francesi, una famiglia svedese apparentemente perfetta composta da marito e moglie - Ebba e Tomas - giovani, sani e forti, con i figli Vera e Harry biondi ed educati, vive delle vacanze di neve a dir poco tormentate. Non è certo un caso che il quarantenne regista svedese Ruben Östlund abbia iniziato la sua attività come regista di video sciistici ancor prima di iscriversi alla scuola cinematografica di Göteborg.

Con attenzione al dettaglio e con un design scandinavo minimalista, il regista narra il dramma di Tomas, uomo abituato a essere il forte e coraggioso solving problems, che di fronte all’evento inaspettato di una valanga scappa via pensando di mettersi in salvo dimenticandosi completamente della moglie e dei figli. La sua crisi, e di conseguenza quella della coppia, sarà proprio quella di non sentirsi all’altezza della situazione. Nell’appartamento numero 413 del residence alpino tutto in legno, la famigliola trascorre le vacanze invernali indossando pigiami color pastello che passano dal celestino al verdino polveroso - colori tipici degli arredi danesi o scandinavi – e si lavano i denti tutti insieme con lo spazzolino elettrico nel bagno in grés porcellanato grigio. Il regista scandisce la narrazione giorno per giorno sul filo di un ritmo che ammalia e tiene gli spettatori incollati alla sedia. Con immagini bellissime sottolineate dalla musica degli archi di Vivaldi alternata a silenzi profondi, Östlund riesce a trasmettere l’angoscia della paura, della crisi e della messa in discussione delle proprie certezze. Come reagiscono gli esseri umani in situazioni improvvise come una catastrofe? Chi è eroe e chi vigliacco?

Il film è in linea con un certo intimismo bergmaniano, peccato che nel finale tutto si annacqua, la coppia si ricuce e la famiglia è salva. Infatti, nell’ultima scena girata tra i tornanti di Passo dello Stelvio, i turisti scesi dall'autobus si accorgono di avere esagerato le loro sensazioni e, nel momento in cui le debolezze diventano un po’ di tutti e nella fattispecie in entrambi i coniugi, la vigliaccheria di Tomas è perdonata…anzi viene proprio giustificata.

In tutto il film c’è una suspence da tragedia che incombe, in particolare nella scena i due amici vanno a sciare fuori pista nella neve fresca o anche in quella dove la famigliola va da sola a sciare in una nebbia fittissima e a, turno, sembrano perdersi. Ma la tragedia non arriva mai.

Ruben Östlund utilizza spesso la camera fissa e offre allo spettatore sequenze di grande impatto visivo, come la scena toccante della valanga. Bella e suggestiva anche quella del “branco” inneggiante alla virilità.

Vincitore del Premio della Giuria nella sezione Un certain regard al 67mo Festival di Cannes del 2014 , “Forza Maggiore” è stato selezionato per rappresentare la Svezia nella categoria “Miglior film straniero” agli Oscar del 2015.


Ghisi Grütter

PINETINA DI VILLA MASSIMO:IL RISTORANTE RIAPRE.E IL GIARDINO?

 
 
                                      Pinetina di Vila Massimo:cancello di accesso al ristorante
                                     Pinetina di Villa Massimo:il giardino in stato di abbandono
 
 
Sembra una storia infinita che si racconta a suon di carte da bollo.Alla fine non ci  si capisce più nulla .O meglio  quello che si capisce è che i cittadini sono stati privati di un'area verde che ormai è chiusa da più di due anni.Quello che emerge in questa ultima puntata è  che il provvedimento di chiusura del ristorante della Pinetina di Villa Massimo, disposto dal Municipio II e precipitosamente eseguito,  è stato annullato dal TAR su ricorso del concessionario e proprietario del ristorante assistito da uno degli studi legali più quotati di Roma .
Immaginiamo che l'incredibile vicenda della Pinetina non finisca qui .Il Municipio/Comune potrebbe sempre ricorrere al Consiglio di Stato ,e si ricomincerebbe daccapo.
Quello che  si comprende è che a rimetterci ora e sempre sono i cittadini .
Riassumiamo per i nostri lettori in poche righe la storia della Pinetina
 Durante gli anni '70  questo magnifico giardino , scampato alla speculazione edilizia che aveva colpito tutt'intorno, fu  destinato a ricovero delle apparecchiature e degli alloggiamenti degli operai durante i lavori della metro B che interessavano il quartiere Italia- Nomentano.Una volta sgomberato il campo dagli attrezzi e dagli uomini,  il giardino tornò alla normalità e al suo ritmo quotidiano cadenzato da bimbi che rincorrevano una palla,da mamme o tate che passeggiavano  tranquille  con le loro carrozzine,da pensionati o nullafacenti che seduti alle panchine  leggevano il giornale o da coppiette che si scambiabvano caste effusioni.Era sfuggito a molti che nel frattempo un privato   si era aperto un cancello sul giardino.Peccato veniale rispetto a quello che succederà dopo.All'epoca esisteva solo un piccolo chiosco che serviva gelati,o bibite ghiacciate,se non ricordiamo male.Poi arrivarono Rutelli e Veltroni con la loro grande idea  di affidare le aree verdi ad  imprenditori privati che si sarebbero fatti carico di tutto in cambio di un canone annuo che teneva conto delle spese.La Pinetina di Villa Massimo fu assegnata a due concessionari:uno per la parte spettacolo viaggiante,la giostra e giochi vari per piccoli, e uno per la parte ristorante.Mentre la parte dedicata ai bimbi,si  sviluppò in maniera disordinata senza un progetto preciso magari brutto ma  non invasivo ,la parte dedicata al ristorante subì nel tempo una vera e propria mutazione genetica .Da piccolo chiosco  si tramutò in un ampio ristorante  con zona tavolini esterno.Tutto regolare perchè a vario titolo autorizzato e condonato ( si può condonare un abuso edilizio di un privato su terreno pubblico?),mentre i residenti ,che si faranno sentire solo a partire dal 2011 non denunciavano nulla e si vedevano ampliare sotto i loro occhi la struttura ristorante senza fiatare ,contestare o almeno alzando la manina. Il concessionario dello spettacolo viaggiante ad un certo punto della storia cedette,lo poteva fare,la sua quota a quello del ristorante che così divenne  concessionario di tutta la Pinetina.Quest'ultimo,essendo persona scupolosa e amante del bello,per prima cosa presentò al Municipio allora III un progetto che cancellasse la bruttura esistente  e cioè giostra e giochi vari, per razionalizzare e abbellire  il tutto e arricchirlo di nuovi servizi e alberature.Il Municipio dell'epoca per due volte bocciò i progetti presentati dal concessionario,e solo al terzo progetto presentato diede il suo o.k. all'unanimità.Nel frattempo era montata  la contestazione,i cittadini finalmente si erano resi conto di quello che accadeva sotto le loro finestre,forse un pò tardi, ma sempre in tempo  per costituirsi in un comitato,convocare assemblee pubbliche, riunioni,una singolare via crucis ed infine le vie legali.Il TAR  in prima battuta diede ragione al concessionario, successivamente il Consiglio di Stato  diede ragione ai cittadini e ora il TAR di nuovo  cancella una disposizione del Municipio.
C'è una morale in tutto questo?Noi pensiamo di si.Mentre il concessionario "giustamente" faceva il suo business,l'amministrazione dormiva sogni tranquilli,come anche gli uffici/corpo dei vigili urbani e l'Ufficio Condono di via di Decima condonava senza colpo ferire.Deboli voci si erano levate ma mai ascoltate sufficientemente.Poi arrivò finalmente Mafia Capitale che tolse il coperchio dalla pentola e fece fuoriscire il malaffare , gli abusi e le soverchierie.
 
E allora è finita?Il giardino riapre?Noi pensiamo che non sia finita.Quello che è certo che il ristorante riaprirà presto e se è vero quello che abbiamo visto e cioè che il concessionario ha dato a sue spese una bella ripulita al giardino,possiamo ben sperare che anche il giardino aprirà presto.
Comunque .........Arrivederci alla prossima puntata.
 
Domenico Fischetto

 


Questo è il link per leggere l'ultima sentenza del TAR che autorizza la riapertura del ristorante:

http://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=RN4ZWLN2DNCR53CEBAGO6KAOLE&q=

23 maggio 2015

BRUTALITA' ED ALTRO

Il capitalismo è inumano e brutale. Se contenesse disumanità e brutalità, si potrebbe pensare di estirparle. Quello che rimarrebbe sarebbe un capitalismo pulito, umano e gentile.
Penso che, per renderlo umano e non brutale, bisognerebbe eliminare la concorrenza spietata, basata sulla capacità di ottenere prodotti di miglior qualità, derivanti da mix di fattori di produzione al più basso costo compatibile, per stare sul mercato di riferimento. Per questo è necessario subordinare ogni “moralità” a utilità e efficienza.

Bisognerebbe per di più (come diceva una volta chi si illudeva che fosse possibile, pur all’interno del sistema ) che il fattore “lavoro” fosse una “variabile indipendente”.nel processo di massimizzazione del profitto

Invece il lavoro deve essere considerato un fattore di produzione alla stregua di ogni altro, per il corretto funzionamento del sistema che “crea valore per gli azionisti”.

Il lavoro deve essere precario e “disponibile”. Pochi eletti nella cabina di regia e per il resto una massa di manovra, gonfiabile o sgonfiabile, secondo i canoni del “mercato”, al minor costo possibile, tecnologicamente scambiabile con fattori diversi non umani.

Il fatto che la proposta politica, ovunque (l’Italia arrancando per dimostrarsi buon alunno perspicace) si sia uniformata al dominio culturale e tecnico del liberismo assoluto, fa sì che “le regole” dettate dai gruppi di potere, senza distinzione, siano accolte come estranee e certamente non vincolanti. La regola aurea non è più la moralità sociale e il bene comune, ma il diritto alla sopravvivenza, coniugato secondo l’unico criterio dell’interesse individuale, da opporre a quello, altrettanto privatistico e abnormemente potente delle oligarchie dominanti.

La garanzia che il costo del fattore lavoro potrà essere sempre compresso al livello più basso compatibilie con la sopravvivenza del prestatore di sè (braccia o cervello) è data dalla accertata – e crescente, complice la tecnologia – disponibilità di inoccupati disponibili. Il capitalismo non garantisce – nè ha mai garantito, a livello mondiale – la piena occupazione.


Dalla considerazione che il sistema è iniquo in sè, derivano altre mie opinioni su temi di cui non discutiamo mai.

Ne propongo due:

· la scuola

· l’invecchiamento delle società.



.Incomincio dalla scuola, dichiarando quello che penso della riforma renziana e della impostazione che in genere prevale, non solo in Italia, su questo tema.

Se non ci saranno reazioni non starò a argomentare di più; non ha senso monologare.


Credo che per attuare una qualunque riforma del sistema scolastico, sia necessario dichiarare a cosa debba servire la scuola.

Per quello che mi sembra di avere capito (nessuno lo ha mai detto con precisione), non concordo con il compito che alla scuola è stato affidato.

Di seguito, sono::


· Contrario all’aggiramento della norma costituzionale sul finanziamento della scuola privata.

· Contrario all’ autonomia scolastica

· Contrario alla valutazione degli insegnanti e alla definizione del merito, da monetizzare

· Contrario alla possibilità dei genitori di finanziare la propria scuola

· Contrario alla chiamata diretta degli insegnanti


Non avendo invece sufficenti conoscenze sul come insegnare, mi astengo dal dare giudizi ( non so nemmeno se la riforma tratti questo capitolo importantissimo)

Mi astengo anche dal giudicare se gli insegnanti di sostegno debbano avere un ruolo a parte o no. Anche qui, non ne so abbastanza.


Su argomenti più “politici” (nel senso di più elettoralistici), credo che dire che alla scuola sono destinati 3 miliardi è improprio: buona parte di questi soldi, servirà a stabilizzare i precari,.

che, stabilizzati o no, continueranno a fare quello che facevano prima. Si tratta di questione che concerne il mercato del lavoro e non la scuola.

Considero ridicolo il finanziamento alla “formazione” autonoma degli insegnanti.
 
Umberto Pradella

IL DIBATTITO IN RETE

Hic Rhodus, Hic Salta.
ossia: le condizioni attuali on mi sembrano tali da consentire l'app[plicazione di quei salutari criteri da te enunciati. (al difuori di una sano riorientamento di distacco dal neo liberismo, di cui tu parli, e che non costerebbe nulla se non perdita di potere di qualcuno)

Le scuole parificate svolgono in qualche modo, un lavoro non svolto da quelle statali e laiche.

Dire : "volete la scuola privata PagAevela! " e´ in pratica unO slogan.


Quando i miei figli erano piccoli, da noi non c'erano scuole pubbliche, c'era solo l'istituto S. chiara, mal condotto dalle monache.

O spesso la ambientazione e´ squallida, malsana, " sgarrupata", per usare un termine del famoso "io, speriamo ch e me la cavo". Anche qui , parlo per esperienza.

Si puo inverare lo slogan solo se lo stato offra una credibile possibilità e che le scuole private siano una opzione, non un monopolio.
Altrettanto vale per gli asili nido. quasi tutti privati, per fortuna anche laici.
Fintanto che lo stato non si deciderà di fare una seria lotta agli sprechi ( di materiali, di appalti corrotti, di rendite parassitarie, di super burocrati pagati per compiere talvolta diisastri) non se ne verra fuori.
Ad esempio: riforma delle procedure burocratiche che impiegano persone di cui si potrebbe fare a meno.
Un mio capo, a me giovane ingegnere a; promo lavoro, mi disse " Si ricordi P., in una organizzazione chi non e utile , non e´che e´inutile, ma dannoso!
Per giustificare il suo salario d ti creera procedure e problemi che solo lui sapra risolvere.
(E qui viene un episodio a me occorso 50 anni fa circa.

Ad una cena, incontrai l'allora ministro Preti (PSI). Ministro per la "riforma della pubbica amministrazione". E gli chiesi , a brutto muso : " Ma cosa sta facendo per la riforma?"
Mi rispose " praticamente nulla. Infatti la P.A. e stracarica di persone che sono state assunte per ragioni elettorali. La riforma sarebbe buttarli tutti fuori, e ricominciare daccapo. E chi e´colui che avrebbe un potere tale? e se lo avesse? Chi si azzarderebbe a mettere sul lastrico uomini che " Io tengo famiglia!")
Perche?
Perche' solo in quel modo si potrà ridurre il debito pubblico che drena una larga fetta del nostro PIL e costringe vari settori ( scuola cenerntola) a raccogliere le briciole.
Tutto cio non implica che ci si debba rassegnare.E certamente sii puo fare del meglio di quanto non si ta facendo ora.
Per esempio : dare una impostazione laica e "umanistica" alla scula ( anche se di tecnologia) per fare comprendere chela scuola e´arricchimento dell;individua prima ancora che mezzo per creare qualifiche nel mondo produttivo
Scuole " generosa" non utilitaristica secondo il modello "neo liberistico" attualmente in vigore.

Per esempio: vi dovrebbe essere l'obbligo contrattuale che impone al docente la presenza per tutto l'anno scolastico nella sua classe. Insegnare e un dovere un obbligo, non un modo per guadagnarsi da vivere,pensione ed assistenza sanitaria compresa.

Il docente e´un soldato in prima linea. Non si e mai visto che un sodato possa dire in battaglia al capitano " ora me ne vado in vacanza per qualche giorno"

Questa rotazione di supplenti di cui ho memoria ( avviene ancora?)era micidiale per la creazione di un concetto di una scuola da rispettare.

Queste sono poche solo aneddotiche osservazioni al molto piu corposo "sasso nello stagno" di Umberto.

FP