30 settembre 2016

IN EDICOLA IL NUMERO DI SETTEMBRE 2016 DI TRE RIGHE



 

 

LA VERITA' SUL REFERENDUM di Raniero La Valle

Quando Raniero La Valle pronunciava questo discorso ancora non era stata fissata al 4 dicembre la data del referendum. Per tutto il resto un'analisi illuminante e preoccupazione condivisibile.

La verità sul referendum




di Raniero La Valle *

Cari amici,
poiché ho 85 anni devo dirvi come sono andate le cose. Non sarebbe necessario essere qui per dirvi come sono andate le cose, se noi ci trovassimo in una situazione normale. Ma se guardiamo quello che accade intorno a noi, vediamo che la situazione non è affatto normale. Che cosa infatti sta succedendo?

Succede che undici persone al giorno muoiono annegate o asfissiate nelle stive dei barconi nel Mediterraneo, davanti alle meravigliose coste di Lampedusa, di Pozzallo o di Siracusa dove noi facciamo bagni e pesca subacquea. Sessantadue milioni di profughi, di scartati, di perseguitati sono fuggiaschi, gettati nel mondo alla ricerca di una nuova vita, che molti non troveranno. Qualcuno dice che nel 2050 i trasmigranti saranno 250 milioni.
E l’Italia che fa? Sfoltisce il Senato.

E’ in corso una terza guerra mondiale non dichiarata, ma che fa vittime in tutto il mondo. Aleppo è rasa al suolo, la Siria è dilaniata, l’Iraq è distrutto, l’Afganistan devastato, i palestinesi sono prigionieri da cinquant’anni nella loro terra, Gaza è assediata, la Libia è in guerra, in Africa, in Medio Oriente e anche in Europa si tagliano teste e si allestiscono stragi in nome di Dio.
E l’Italia che fa? Toglie lo stipendio ai senatori.

Fallisce il G20 ad Hangzhou in Cina. I grandi della terra, che accumulano armi di distruzione di massa e si combattono nei mercati in tutto il mondo, non sanno che pesci pigliare e il vertice fallisce. Non sanno che fare per i profughi, non sanno che fare per le guerre, non sanno che fare per evitare la catastrofe ambientale, non sanno che fare per promuovere un’economia che tenga in vita sette miliardi e mezzo di abitanti della terra, e l’unica cosa che decidono è di disarmare la politica e di armare i mercati, di abbattere le residue restrizioni del commercio e delle speculazioni finanziarie, di legittimare la repressione politica e la reazione anticurda di Erdogan in Turchia e di commiserare la Merkel che ha perso le elezioni amministrative in Germania.
E in tutto questo l’Italia che fa? Fa eleggere i senatori dai consigli regionali.

E ancora: l’Italia è a crescita zero, la disoccupazione giovanile a luglio è al 39 per cento, il lavoro è precario, i licenziamenti nel secondo trimestre sono aumentati del 7,4 % rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, raggiungendo 221.186 persone, i poveri assoluti sono quattro milioni e mezzo, la povertà relativa coinvolge tre milioni di famiglie e otto milioni e mezzo di persone.
E l’Italia che fa? Fa una legge elettorale che esclude dal Parlamento il pluralismo ideologico e sociale, neutralizza la rappresentanza e concentra il potere in un solo partito e una sola persona.

Ma si dice: ce lo chiede l’Europa. Ma se è questo che ci chiede l’Europa vuol dire proprio che l’istituzione europea ha completamente perduto non solo ogni residuo del sogno delle origini ma anche ogni senso della realtà e dei suoi stessi interessi vitali.
Ma se questa è la distanza tra la riforma costituzionale e i bisogni reali del mondo, dell’Europa, del Mediterraneo e dell’Italia, la domanda è perché ci venga proposta una riforma così.

La verità è rivoluzionaria, ma se si viene a sapere
E’ venuto dunque il momento di dire la verità sul referendum. La verità è rivoluzionaria nel senso che interrompe il corso delle cose esistenti e crea una situazione nuova.
Il guaio della verità è che essa si viene a sapere troppo tardi, quando il tempo è passato, il kairos non è stato afferrato al volo e la verità non è più utile a salvarci.

Se si fosse saputa in tempo la bugia sul mai avvenuto incidente del Golfo del Tonchino, la guerra del Vietnam non ci sarebbe stata, l’America non sarebbe diventata incapace di seguire la via di Roosevelt, di Truman, di Kennedy, e avrebbe potuto guidare l’edificazione democratica e pacifica del nuovo ordine mondiale inaugurato venti anni prima con la Carta di San Francisco.

Se si fosse conosciuta prima la bugia di Bush e di Blair, e saputo che le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein non c’erano, non sarebbe stato devastato il Medio Oriente, il terrorismo non avrebbe preso le forme totali dei combattenti suicidi in tutto il mondo e oggi non rischieremmo l’elezione di Trump in America.

Se si fosse saputa la verità sul delitto e sui mandanti dell’uccisione di Moro, l’Italia si sarebbe salvata dalla decadenza in cui è stata precipitata.

Dunque la verità del referendum va conosciuta finché si è in tempo.
Ma la verità del referendum non è quella che ci viene raccontata. Ci dicono per esempio che la sua prima virtù sarebbe il risparmio sui costi della politica, e che i soldi così ottenuti si darebbero ai poveri. Ma così non è: secondo la Ragioneria Generale dello Stato, il cui compito è di verificare la certezza e l’affidabilità dei conti pubblici, il risparmio si ridurrebbe a cinquantotto milioni che si otterrebbero togliendo la paga ai senatori, mentre resterebbe il costo del Senato, e i poveri non c’entrano niente.

L’altra virtù del referendum sarebbe il risparmio sui tempi della politica. Ci dicono infatti di voler abolire la navetta delle leggi tra Camera e Senato. Ma così non è. In realtà si allungano i tempi della produzione legislativa; infatti si introducono sei diversi tipi di leggi e di procedure che ricadono su ambedue le Camere: 1) le leggi sempre bicamerali, Camera e Senato, come le leggi costituzionali, elettorali e di interesse europeo; 2) le leggi fatte dalla sola Camera che entro dieci giorni possono essere richiamate dal Senato; 3) le leggi che invadono la competenza regionale che il Senato deve entro dieci giorni prendere in esame; 4) le leggi di bilancio che devono sempre essere esaminate dal Senato che ha quindici giorni per proporre delle modifiche; 5) le leggi che il Senato può chiedere alla Camera di esaminare entro sei mesi; 6) le leggi di conversione dei decreti legge che hanno scadenze e tempi convulsi se richiamate e discusse anche dal Senato. Ciò crea un intrico di passaggi tra Camera e Senato e un groviglio di competenze il cui conflitto dovrebbe essere risolto d’intesa tra gli stessi presidenti delle due Camere che configgono tra loro.

Ci dicono poi che col referendum si assicura la stabilità politica, e almeno fino a ieri ci dicevano che al contrario se perde il referendum Renzi se ne va. Ma queste non sono le verità del referendum. Finché si resta a questo la verità del referendum non viene fuori.

Non è la legge Boschi il vero oggetto del referendum
La verità del referendum sta dietro di esso, è la verità nascosta che esso rivela: il referendum infatti non è solo un fatto produttore di effetti politici, è un evento di rivelazione che squarcia il velo sulla situazione com’è. È uno svelamento della vera lotta che si sta svolgendo nel mondo e della posta che è in gioco. Il referendum come cunto de li cunti, potremmo dire in Sicilia, il racconto dei racconti, come togliere il velo del tempio per vedere quello che ci sta dietro, se ci sta Dio o l’idolo. Il referendum come rivelatore dello stato del mondo.
Ora, per trovare la verità nascosta del referendum, il suo vero movente, la sua vera premeditazione, bisogna ricorrere a degli indizi, come si fa per ogni giallo.

Il primo indizio è che Renzi ha cambiato strategia, all’inizio aveva detto che questa era la sua vera impresa, che su questo si giocava il suo destino politico. Ora invece dice che il punto non è lui, che lui non è la vera causa della riforma, ha detto di aver fatto questa riforma su suggerimento di altri e ha nominato esplicitamente Napolitano; ma è chiaro che non c’è solo Napolitano. Prima ancora di Napolitano c’era la banca J. P. Morgan che in un documento del 2013, in nome del capitalismo vincente, aveva indicato quattro difetti delle Costituzioni (da lei ritenute socialiste) adottate in Europa nel dopoguerra: a) una debolezza degli esecutivi nei confronti dei Parlamenti; b) un’eccessiva capacità di decisione delle Regioni nei confronti dello Stato; c) la tutela costituzionale del diritto del lavoro; d) la libertà di protestare contro le scelte non gradite del potere.

Prima ancora c’era stato il programma avanzato dalla Commissione Trilaterale, formata da esponenti di Stati Uniti, Europa e Giappone e fondata da Rockefeller, che aveva chiesto un’attenuazione della democrazia ai fini di quella che era allora la lotta al comunismo. E la stessa cosa vogliono ora i grandi poteri economici e finanziari mondiali, tanto è vero che sono scesi in campo i grandi giornali che li rappresentano, il Financial Times ed il Wall Street Journal, i quali dicono che il No al referendum sarebbe una catastrofe come il Brexit inglese. E alla fine è intervenuto lo stesso ambasciatore americano che a nome di tutto il cocuzzaro ha detto che se in Italia viene il NO, gli investimenti se ne vanno.

Ebbene quelle richieste avanzate da questi centri di potere sono state accolte e incorporate nella riforma sottoposta ora al voto del popolo italiano. Infatti con la riforma voluta da Renzi il Parlamento è stato drasticamente indebolito per dare più poteri all’esecutivo. Delle due Camere di fatto è rimasta una sola, come a dire: cominciamo con una, poi si vedrà. Il Senato lo hanno fatto così brutto deforme e improbabile, che hanno costretto anche i fautori del Senato a dire che se deve essere così, è meglio toglierlo. Inoltre il potere esecutivo sarà anche padrone del calendario dei lavori parlamentari. Il rapporto di fiducia tra il Parlamento ed il governo viene poi vanificato non solo perché l’esecutivo non avrà più bisogno di fare i conti con quello che resta del Senato, ma perché dovrà ottenere la fiducia da un solo partito. La legge elettorale Italicum prevede infatti che un solo partito avrà - quale che sia la percentuale dei suoi voti, al primo turno o al ballottaggio - la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera (340 deputati su 615). Il problema della fiducia si riduce così ad un rapporto tra il capo del governo e il suo partito e perciò ricadrà sotto la legge della disciplina di partito. Quindi non sarà più una fiducia libera, non sarà una vera fiducia, sarà per così dire un atto interno di partito, che addirittura può ridursi al rapporto tra un partito e il suo segretario.

Per quanto riguarda le altre richieste dei poteri economici, i diritti del lavoro sono stati già compromessi dal Jobs act, il rapporto tra Stato e Regioni ha subito un rovesciamento, perché dall’ubriacatura regionalista si ritorna a un centralismo illimitato, mentre, assieme alla riduzione del pluralismo politico, ci sono delle procedure che renderanno più difficili le forme di democrazia diretta come i referendum o le leggi di iniziativa popolare, e quindi ci sarà una diminuzione della possibilità per i cittadini di intervenire nei confronti del potere.

Questo è il disegno di un’altra Costituzione. La storia delle Costituzioni è la storia di una progressiva limitazione del potere perché le libertà dipendono dal fatto che chi ha il potere non abbia un potere assoluto e incontrollato, ma convalidato dalla fiducia dei Parlamenti e garantito dal costante controllo democratico dei cittadini. E’ questo che ora viene smontato, per cui possiamo dire che la democrazia in Italia diventa ad alto rischio.

Ma a questo punto è chiaro che quello che conta non è più Renzi, ed è chiaro che quanti sono interessati a questa riforma gli hanno detto di tirarsi indietro, perché a loro non interessa il sì a Renzi, interessa che non vinca il no alla riforma.

Il secondo indizio è il ritardo della data della convocazione, che non è stata ancora fissata dal governo; ciò vuol dire che la partita è troppo importante per farne un gioco d’azzardo, come ne voleva fare Renzi, mentre i sondaggi e le sconfitte alle amministrative sono stati inquietanti. Perciò occorreva meno baldanza da Miles Gloriosus e più preparazione. E occorreva alzare il livello dello scontro, e soprattutto ci voleva il riarmo prima che si giungesse allo scontro finale. Il riarmo per acquisire la superiorità sul terreno era l’acquisto del controllo totale dell’informazione, non solo i giornali, di fatto già posseduti, ma radio e TV, ciò che è stato fatto in piena estate con le nomine alla RAI.
Se davvero si trattava di scorciare i tempi e distribuire un po’ di sussidi ai poveri, non c’era bisogno del controllo totale dell’informazione.
Inoltre bisognava distruggere il principale avversario e fautore politico del No, il Movimento 5 Stelle. Questo spiega l’attacco spietato e incessante alla Raggi. E poi ci volevano i tempi supplementari per distribuire un po’ di soldi con la legge finanziaria.

C’è poi un terzo indizio. Interrogato sul suo voto Prodi dice: non mi pronunzio perché se no turbo i mercati e destabilizzo l’Italia in Europa. Dunque non è una questione italiana, è una questione che riguarda l’Europa, è una questione che potrebbe turbare i mercati. Insomma è qualcosa che ha a che fare con l’assetto del mondo.

Lo spartiacque non è stato l’11 settembre

A questo punto è necessario sapere come sono andate le cose.
Partiamo dall’11 settembre di cui si è tanto parlato ricorrendone l’anniversario in questi giorni.

Il mondo è cambiato l’11 settembre 2001? Tutti hanno detto così. Ma il mondo non è cambiato quel giorno: quello è stato il sintomo spaventoso della malattia che già avevamo contratto. L’11 settembre ha mostrato invece il suo volto il mondo che noi stessi avevamo deciso di costruire dieci anni prima.
Nel 1991 con dieci anni di anticipo sulla sua fine fu da noi chiuso il Novecento, tanto che uno storico famoso lo soprannominò “Il secolo breve” [1] e così fu dato inizio a un nuovo secolo, a un nuovo millennio e a un nuovo regime che nella follia delle classi dirigenti di allora doveva essere quello definitivo, tanto è vero che un economista famoso lo definì come la “fine della storia” [2].

Quello che avevamo fatto dieci anni prima dell’11 settembre è che avevamo deciso di rispondere alla fine del comunismo portando un capitalismo aggressivo fino agli estremi confini della terra; avevamo deciso di rispondere alla cosiddetta fine delle ideologie trasformando il capitalismo da cultura a natura, promuovendolo da ideologia a legge universale, da storicità a trascendenza; avevamo preteso di superare il conflitto di classe smontando i sindacati, avevamo deciso di sfruttare la fine della contrapposizione militare tra i blocchi facendo del Terzo Mondo un teatro di conquista.

La scelta decisiva, che non si può chiamare rivoluzionaria perché non fu una rivoluzione ma un rovesciamento, e dunque fu una scelta restauratrice e totalmente reazionaria, fu quella di disarmare la politica e armare l’economia ma non in un solo Paese, bensì in tutto il mondo. Non essendoci più l‘ostacolo di un mondo diviso in due blocchi politici e militari, eguali e contrari, l’orizzonte di questo regime fu la globalità, la mondialisation come dicono i francesi, si stabilì un regime di globalità esteso a tutta la terra.

Quale è stato l’evento in cui ha preso forma e si è promulgata, per così dire questa scelta?

C’è una teoria molto attendibile secondo cui all’inizio di un’intera epoca storica, all’inizio di ogni nuovo regime, c’è un delitto fondatore. Secondo René Girard all’inizio della storia stessa della civiltà c’è il delitto fondatore dell’uccisione della vittima innocente, ossia c’è un sacrificio, grazie al quale viene ricomposta l’unità della società dilaniata dalle lotte primordiali.
Secondo Hobbes lo Stato stesso viene fondato dall’atto di violenza con cui il Leviatano assume il monopolio della forza ponendo fine alla lotta di tutti contro tutti e assicurando ai sudditi la vita in cambio della libertà.
Secondo Freud all’origine della società civile c’è il delitto fondatore dell’uccisione del padre.

Se poi si va a guardare la storia si trovano molti delitti fondatori. Cesare molte volte viene ucciso, il delitto Matteotti è il delitto fondatore del fascismo, l’assassinio di Kennedy apre la strada al disegno di dominio globale della destra americana che si prepara a sognare, per il Duemila, “il nuovo secolo americano”, l’uccisione di Moro è il delitto fondatore dell’Italia che si pente delle sue conquiste democratiche e popolari.
Ebbene il delitto fondatore dell’attuale regime del capitalismo globale fondato, come dice il papa, sul governo del denaro e un’economia che uccide, è la prima guerra del Golfo del 1991.

La guerra come delitto fondatore e il nuovo Modello di Difesa

È a partire da quella svolta che è stato costruito il nuovo ordine mondiale. E noi possiamo ricordare come sono andate le cose a partire dal nostro osservatorio italiano Non è un punto di osservazione periferico, perché l’Italia era una componente essenziale del sistema atlantico e dell’Occidente, ma era anche il Paese più ingenuo e più loquace, sicché spifferava alla luce del sole quello che gli altri architettavano in segreto.
Questa è la ragione per cui posso raccontarvi come sono andate le cose, a partire da una data precisa. E questa data precisa è quella del 26 novembre 1991, quando il ministro della Difesa Rognoni viene alla Commissione Difesa della Camera e presenta il Nuovo Modello di Difesa.

Perché c’era bisogno di un nuovo Modello di Difesa? Perché la difesa com’era stata organizzata in funzione del nemico sovietico, che non c’era più, era ormai superata. Ci voleva un nuovo modello. Il modello di difesa che era scritto nella Costituzione era molto semplice e stava in poche righe: la guerra era ripudiata, la difesa della Patria, intesa come territorio e come popolo, era un sacro dovere dei cittadini. A questo fine era stabilito il servizio militare obbligatorio che dava luogo a un esercito di leva permanente, diviso nelle tre Forze Armate tradizionali. Le norme di principio sulla disciplina militare dell’ 11 luglio 1978, definivano poi i tre compiti delle Forze Armate. Il primo era la difesa dell’integrità del territorio, il secondo la difesa delle istituzioni democratiche e il terzo l’intervento di supporto nelle calamità naturali. Non c’erano altri compiti per le FF.AA. La difesa del territorio comportava soprattutto lo schieramento dell’esercito sulla soglia di Gorizia, da cui si supponeva venisse la minaccia dell’invasione sovietica, e la sicurezza globale stava nella partecipazione alla NATO, che prevedeva anche l’impiego dall’Italia delle armi nucleari.

Con la soppressione del muro di Berlino e la fine della guerra fredda tutto cambia: non c’è più bisogno della difesa sul confine orientale, la minaccia è finita e anche la deterrenza nucleare viene meno. Ci sarebbe la grande occasione per costruire un mondo nuovo, si parla di un dividendo della pace che sono tutti i soldi risparmiati dagli Stati per le armi, con cui si può provvedere allo sviluppo e al progresso di tutti i popoli del mondo; servono meno soldati e anche la durata della ferma di leva può diventare più breve.

Ma l’Occidente fa un'altra scelta; si riappropria della guerra e la esibisce a tutto il mondo nella spettacolare rappresentazione della prima guerra del Golfo del 1991, cambia la natura della NATO, individua il Sud e non più l’Est come nemico, cambia la visione strategica dell’alleanza e ne fa la guardia armata dell’ordine mondiale cercando di sostituirla all’ONU e anche di cambiare gli ideali della comunità internazionale che erano la sicurezza e la pace. Viene scelto un altro obiettivo: finita la guerra fredda, c’è un altro scopo adottato dalle società industrializzate, spiegherà il nuovo “modello” italiano, ed è quello di “mantenere e accrescere il loro progresso sociale e il benessere materiale perseguendo nuovi e più promettenti obiettivi economici, basati anche sulla certezza della disponibilità di materie prime”. Di conseguenza, si afferma, si aprirà sempre più la forbice tra Nord e Sud del mondo, anche perché il Sud sarà il teatro e l’oggetto della nuova concorrenza tra l’Occidente e i Paesi dell’Est. Alla contrapposizione Est-Ovest si sostituisce quella Nord-Sud.
Tutto questo precipita nel nuovo modello di difesa italiano, è scritto in un documento di duecentocinquanta pagine e il ministro Rognoni, papale papale, lo viene a raccontare alla Commissione Difesa della Camera, di cui allora facevo parte.

E’ un dramma, una rottura con tutto il passato. Cambia il concetto di difesa, il problema, dice il ministro, non è più “da chi difendersi” (cioè da un eventuale aggressore) ma “che cosa difendere e come”. E cambia il che cosa difendere: non più la Patria, cioè il popolo e il territorio, ma “gli interessi nazionali nell’accezione più vasta di tali termini” ovunque sia necessario; tra questi sono preminenti gli interessi economici e produttivi e quelli relativi alle materie prime, a cominciare dal petrolio. Il teatro operativo non è più ai confini, ma dovunque sono in gioco i cosiddetti “interessi esterni”, e in particolare nel Mediterraneo, in Africa (fino al Corno d’Africa) e in Medio Oriente (fino al Golfo Persico); la nuova contrapposizione è con l’Islam e il modello, anzi la chiave interpretativa emblematica del nuovo rapporto conflittuale tra Islam e Occidente, dice il Modello, è quella del conflitto tra Israele da un lato e mondo arabo e palestinesi dall’altro. Chi ha detto che non abbiamo dichiarato guerra all’Islam? Noi l’abbiamo dichiarata nel 1991. L’ho dichiarata anch’io, in quanto membro di quel Parlamento, anche se mi sono opposto.

I compiti della Difesa non sono più solo quei tre fissati nella legge di principio del 1978 ma si articolano in tre nuove funzioni strategiche, quella di “Presenza e Sorveglianza” che è “permanente e continuativa in tutta l’area di interesse strategico” e comprende la Presenza Avanzata che sostituisce la vecchia Difesa Avanzata della NATO, quella di “Difesa degli interessi esterni e contributo alla sicurezza internazionale”, che è ad “elevata probabilità di occorrenza” (e sono le missioni all’estero che richiedono l’allestimento di Forze di Reazione Rapida), e quella di “Difesa Strategica degli spazi nazionali”, che è quella tradizionale di difesa del territorio, considerata però ormai “a bassa probabilità di occorrenza”.

A seguito di tutto ciò lo strumento non potrà più essere l’esercito di leva, ci vuole un esercito professionale ben pagato. Non serviranno più i militari di leva; già succedeva che i generali non facessero salire gli arruolati come avieri sugli aeroplani, e i marinai sulle navi; ma d’ora in poi i militari di leva saranno impiegati solo come cuochi, camerieri, sentinelle, attendenti, uscieri e addetti ai servizi logistici, sicché ci saranno centomila giovani in esubero e ben presto la leva sarà abolita.

E’ un cambiamento totale. Non cambia solo la politica militare ma cambia la Costituzione, l’idea della politica, la ragion di Stato, le alleanze, i rapporti con l’ONU, viene istituzionalizzata la guerra e annunciato un periodo di conflitti ad alta probabilità di occorrenza che avranno l’Islam come nemico. Ci vorrebbe un dibattito in Parlamento, non si dovrebbe parlare d’altro. Però nessuno se ne accorge, il Modello di Difesa non giungerà mai in aula e non sarà mai discusso dal Parlamento; forse ci si accorse che quelle cose non si dovevano dire, che non erano politicamente corrette, i documenti e le risoluzioni strategiche dei Consigli Atlantici di Londra e di Roma, che avevano preceduto di poco il documento italiano, erano stati molto più cauti e reticenti, sicché finì che del Nuovo Modello di Difesa per vari anni si discusse solo nei circoli militari e in qualche convegno di studio; ma intanto lo si attuava, e tutto quello che è avvenuto in seguito, dalla guerra nei Balcani alle Torri Gemelle all’invasione dell’Iraq, alla Siria, fino alla terza guerra mondiale a pezzi che oggi, come dice il papa, è in corso, ne è stato la conseguenza e lo svolgimento.

Il perché della nuova Costituzione

E allora questa è la verità del referendum. La nuova Costituzione è la quadratura del cerchio. Gli istituti della democrazia non sono compatibili con la competizione globale, con la guerra permanente, chi vuole mantenerli è considerato un conservatore. Il mondo è il mercato; il mercato non sopporta altre leggi che quelle del mercato. Se qualcuno minaccia di fare di testa sua, i mercati si turbano. La politica non deve interferire sulla competizione e i conflitti di mercato. Se la gente muore di fame, e il mercato non la mantiene in vita, la politica non può intervenire, perché sono proibiti gli aiuti di Stato. Se lo Stato ci prova, o introduce leggi a difesa del lavoro o dell’ambiente, le imprese lo portano in tribunale e vincono la causa. Questo dicono i nuovi trattati del commercio globale. La guerra è lo strumento supremo per difendere il mercato e far vincere nel mercato.

Le Costituzioni non hanno più niente a che fare con una tale concezione della politica e della guerra. Perciò si cambiano. Ci vogliono poteri spicci e sbrigativi, tanto meglio se loquaci.

E allora questa è la ragione per cui la Costituzione si deve difendere. Non perché oggi sia operante, perché è stata già cambiata nel ‘91, e il mondo del costituzionalismo democratico è stato licenziato tra l’89 e il ’91 (si ricordi Cossiga, il picconatore venuto prima del rottamatore). Ma difenderla è l’unica speranza di tenere aperta l’alternativa, di non dare per compiuto e irreversibile il passaggio dalla libertà della democrazia costituzionale alla schiavitù del mercato globale, è la condizione necessaria perché non siano la Costituzione e il diritto che vengono messi in pari con la società selvaggia, ma sia la società selvaggia che con il NO sia dichiarata in difetto e attraverso la lotta sia rimessa in pari con la Costituzione, la giustizia e il diritto.

[1] Eric Hobsbawm, Il Secolo breve (1914-1991: l'era dei grandi cataclismi), Rizzoli, Milano, 1995.
[2] Francis Fukuyama, La fine della storia e l’ultimo uomo, Rizzoli, Milano, 1992.

* Discorso tenuto il 16/09/2016 a Messina nel Salone delle bandiere del Comune in un’assemblea sul referendum costituzionale promossa dall’ANPI e dai Cattolici del NO e il 17/09/2016 a Siracusa in un dibattito con il prof. Salvo Adorno del Partito Democratico, sostenitore delle ragioni del Sì.

(26 settembre 2016)


Ambiente: ENEA, puntare su trattamento locale dei rifiuti

        Speriamo che l'AMA partecipi a questo convegno che si terrà oggi, 30 settembre, presso l'ENEA in Viale Regina Margherita,  e  prenda appunti. I mini impianti di compostaggio per l'organico da condominio sono da anni  una realtà in molti paesi. Quello che ha saputo fare finora AMA è piazzare i cassonetti negli androni dei palazzi, come ha fatto in via sperimentale a S.Lorenzo, con i risultati che sono sotto gli occhi ....pardon sotto il naso di tutti.
D.F.

DA :<eneainform.promimprese_list@enea.it>                                                            
 
                   
dai laboratori ENEACreare un'associazione italiana del compostaggio per promuovere e sostenere la diffusione del trattamento locale dei rifiuti è la proposta che l’Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile (ENEA) lancerà oggi, 30 settembre, in un convegno in programma nella sua sede di Roma. Focus dell’incontro la capacità dei singoli territori di trattare i propri rifiuti - in particolare la frazione organica -  attraverso il compostaggio domestico, locale e di comunità. E su questo fronte ENEA ha già avviato una sperimentazione grazie al progetto ASTRO (Attività Sperimentale del Trattamento dell’Organico) finanziato dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR), che vede l’impiego di compostatori di piccola taglia per il trattamento degli scarti alimentari della mensa e dello sfalcio di erba del Centro Ricerche ENEA Casaccia. Una tecnologia, quella del compostaggio di comunità, che presenta notevoli potenzialità anche per isole, piccole comunità, condomini e hotel. La frazione organica rappresenta attualmente circa il 30% dei rifiuti urbani, percentuale che sale al 50% se si considera unicamente la produzione domestica delle famiglie. Inoltre la sua raccolta non è supportata da un sistema tipo CONAI e, a causa dell’elevata frequenza di raccolta necessaria, rappresenta la prima voce di costo tra le varie tipologie di raccolta differenziata dopo la frazione non riciclabile, attestandosi intorno ai 220 euro a tonnellata, fino a raggiungere punte di 320 euro al Sud. “Abbiamo di fronte a noi una sfida, la gestione sostenibile dei rifiuti, che richiede innovazione tecnologica, coordinamento e procedure standardizzate - dichiara Fabio Musmeci del Dipartimento Sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali - . Questoincontro metterà intorno ad uno stesso tavolo Comuni, aziende e operatori del settore, vale a dire tutti i soggetti interessati a promuovere un'associazione italiana di compostaggio con caratteristiche e modalità organizzative condivise e ben delineate”.

29 settembre 2016

LE PROMESSE DEL CARO LEADER : IL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA

Mentre il Paese và a rotoli, i dati di crescita sono rivisti in diminuzione, il debito pubblico avanza inesorabilmente, la disoccupazione , e quella giovanile in particolare, non tende a scendere,  i prezzi aumentano anche se se ne accorgono solo gli italiani quando vanno a fare la spesa  e non l'ISTAT, e ci fermiamo qui per il momento, il caro premier-segretario cerca di far dimenticare agli italiani tutti questi guai che preludono alla bancarotta con notizie sensazionali come quella della costruzione  del ponte sullo stretto. E lo fa in occasione dei 110 anni della Salini -Impregilo. Vi ricorda qualcuno?
Stesso metodo , stessa faccia di bronzo. Ma il suo vero obiettivo è arrivare al 4 dicembre possibilmente vittorioso. E allora vai con le promesse a piene mani e a pioggia pur di trovare un consenso in grado di salvare lui e i suoi amichetti . Chi dà ascolto a questo canto delle sirene stia accorto: il caro leader è talmente disinvolto che il 5 dicembre o giù di lì si rimangia  tutto e rimarrete con tanto di palmo di naso. Lo ha già fatto e non ha paura di ripetersi. L'importante per lui che adesso la gente abbocchi, che la sua immagine di giovane rampante e di successo si ficchi bene in mente alla gente comune, che magari non si informa se non attraverso la televisione, che ormai il caro ragazzo ha occupato manu militari, oppure distrattamente anche sui giornali che, pur essendo in picchiata libera nelle vendite, sono stati anch'essi occupati dal pensiero unico del nostro leader. Rimane la rete come strumento libero di informazione: ma bisogna destreggiarsi tra i vari siti e blog , selezionare e verificare. E non tutti  hanno tempo e pazienza sufficiente per una consultazione seria ed obiettiva. Aggiungici infine una percentuale non eccessivamente alta di utenti e il gioco è fatto.
Domenico Fischetto




PER APPROFONDIRE
 
 
Dalla commessa del Duce al Ponte sullo Stretto. Chi sono i Salini alla guida di Impregilo
 Tiziana Barillà
 
Se siete nella condizione di sbloccare le carte e di sistemare quello che è fermo da 10 anni noi ci siamo», ha detto Matteo Renzi a Pietro Salini. Più che sull’oggetto, questa volta, ci fermiamo sul soggetto: Salini-Impregilo. È alla festa per i 110 anni del gruppo delle costruzioni (capofila del consorzio che aveva vinto la gara per la realizzazione del Ponte) che il capo del governo e segretario del Pd annuncia la propria disponibilità. Pochi giorni prima, sul Corriere della Sera, l’ad Salini aveva “mandato a dire”, nemmeno troppo tra le righe, «noi siamo pronti. Bastano sei anni. Certo non dipende da noi».

Il premier Matteo Renzi a Milano per i 110 anni di Salini Impregilo
Il Ponte è inutile (cattedrale nel deserto), è dannoso (messa in sicurezza del territorio), sulla sua realizzazione non sono d’accordo i sindaci delle due città metropolitane interessate (Reggio Calabria e Messina). Ma il premier insiste. Vuole spendere questi 8,5 miliardi di euro, questo il costo secondo il cda della Stretto di Messina Spa. Da un anno e mezzo governo e Impregilo si corteggiano: prima con Alfano, poi con lo stesso Renzi a Porta a Porta: ricordate «ogni cosa a suo tempo»? E poi: 40mila posti di lavoro (Renzi ne annuncia 100mila, come Cetto Laqualunque) e vantaggi economici miliardari: «Dieci miliardi per lo Stato tra maggiori tasse, imposte dirette, mancati contributi alla disoccupazione». Giubilo. Anche perché sul cielo azzurro di un radioso futuro grava la minacciosa penale dovuta a seguito della “rottura” del contratto per decisione del governo Monti: oltre un miliardo per il consorzio Eurolink, di cui Impregilo è parte. «Siamo disponibili a rinunciare alle penali e a ricominciare. Vogliamo lavorare, non incassare penali per cose di cui il Paese ha grande necessità. Il Ponte non è né di destra né di sinistra. Serve ai siciliani e agli italiani».
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano consegna le insegne di Cavaliere dell'Ordine "Al Merito del Lavoro" a Pietro Salini (Infrastrutture - Lazio), Roma, 15 ottobre 2013. ANSA/Antonio Di Gennaro-Ufficio Stampa della Presidenza della Repubblica ++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY ++
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano consegna le insegne di Cavaliere dell’Ordine “Al Merito del Lavoro” a Pietro Salini
Vediamo chi è Pietro Salini, che ha molto a cuore la sorte dei siciliani. «Lo Stretto separa 5 milioni e mezzo di siciliani, la Sicilia è grande come la Danimarca. Se non investiamo per collegare l’Europa alla Sicilia – non la Sicilia all’Europa -, perdiamo una occasione straordinaria», ha detto un anno fa al Corriere. Primo dei dieci figli di Simonpietro (classe 1932), patron del Gruppo che veste i panni di presidente, Pietro nasce il 29 marzo di 58 anni fa a Roma, a 20 anni entra nel gruppo di famiglia (Salini Costruttori Spa) e intanto prende una laurea in Economia e commercio a La Sapienza. Piano piano, Pietro, fa la sua scalata dentro il suo gruppo, fino alla nomina di amministratore delegato della Impregilo Spa nel 2012. Quando, un anno dopo, il gruppo arriva a detenere il 92% del controllo di Impregilo, parte il progetto di fusione, dando così vita a Salini Impregilo nel 2014. Prima di giungere alla magnifica sede di via della Dataria, ai piedi del Quirinale, i Salini percorrono una lunga strada. Per trovare il primo appalto bisogna tornare indietro fino ai tempi del Duce, quando nel 1936 nonno Pietro ottiene la commessa per uno stadio da 100mila posti in cui il regime fascista voleva ricevere Adolf Hitler. Una pausa dovuta alla guerra e poi venne la Democrazia cristiana: gli affari crescono negli anni del boom e i Salini si lanciano nel mercato internazionale. La prima occasione si presenta con la costruzione di 250 chilometri di strada, 200 di acquedotto, 50 ponti e la bonifica di 20mila ettari a Tana Beles, in Etiopia, il progetto sponsorizzato da Giulio Andreotti. In due anni i Salini portano a termine le opere. Guadagnata la fama di affidabili, moltiplicano gli affari in Africa. E non solo: autostrade in Georgia, Bielorussa, Ucraina e Turchia, la metro di Stoccolma (1,7miliardi di euro) e molte commesse italiane (tra cui la metro B1 di Roma). I Salini non li ha fermati nemmeno lo scandalo della P2, eppure il padre di Pietro, Simonpietro, risultò iscritto negli elenchi della loggia massonica di Licio Gelli. Infine, recentemente, i Salini si sono sobbarcati i 200 milioni di euro di debiti per acquisire la Todini costruzioni di Luisa Todini, ex europarlamentare vicina a Silvio Berlusconi e Gianni Letta.
Un tunnel idraulico per 'dissetare' Las Vegas: è quanto sta realizzando Salini Impregilo nel Nevada, a Lake Mead. Un progetto che vale circa 450 milioni di dollari. Il lago artificiale, formato dalla diga Hoover e fonte quasi unica di rifornimento per la comunità di oltre due milioni di persone della capitale mondiale dei casinò, è stato bucato da un progetto innovativo del gruppo italiano nella sponda fino a una profondità di 200 metri e 'intubato' sotto il livello dell'acqua con una galleria di 4,6 chilometri. Salini Impregilo ha realizzato nel mondo 230 dighe ed è prima nel settore acque secondo l'Engineering news record (Enr). Las Vegas (USA), 26 marzo 2015. ANSA/SALINI IMPREGILO +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++
Un tunnel idraulico per “dissetare” Las Vegas: è quanto sta realizzando Salini Impregilo nel Nevada, a Lake Mead. Un progetto che vale circa 450 milioni di dollari
Il Gruppo Salini Impregilo
Oggi, il gruppo Salini Impregilo, è un global player nel settore delle costruzioni, leader mondiale per le infrastrutture nel segmento acqua. Dighe, impianti idroelettrici, opere idrauliche, ferrovie e metropolitane, aeroporti e autostrade, edilizia civile e industriale: con le sue opere di costruzioni e ingegneria è attivo in più di 50 Paesi, con una presenza consolidata in America Latina: Cile, Argentina, Perù, Colombia, Panama, Venezuela e Brasile. Conta 35mila dipendenti e un giro d’affari di 4,7 miliardi di euro l’anno, più dell’80% del suo fatturato è realizzato all’estero, il 20% solo in America Latina. Tra le opere del gruppo: l’ampliamento del canale di Panama (in collaborazione con Sacyr Vallehermoso, Jan de Nul e Constructora Urbana), la Diga Tocoma in Venezuela, per la realizzazione di un impianto idroelettrico nel fiume Caroní (in joint venture con Odebrecht e Vinccler); tre progetti ferroviari in Venezuela (in collaborazione con Ghella e Astaldi), che prevedono la costruzione di tre linee per una estensione totale di più di 580 km; due progetti idroelettrici in Colombia (in collaborazione con OHL), o l’ampliamento a quattro corsie dell’autostrada Ruta del Sol, sempre in Colombia

28 settembre 2016

ACCADE IN CITTA'

 

Venerdì 30 settembre ore Festa Radioimpegno‏ per il quarto compimese. Campo dei Miracoli Via di Poggio Verde 455


VENERDI 30 SETTEMBRE ORE 19.00 PASSEGGIATA AMOROSA AL PIGNETO. Nell'ambito delle "Serate Amorucci" per rieducare le ragazze all'amore, Ottavo Colle condurrà al Pigneto una passeggiata raccontando le icone lesbiche che hanno vissuto nella nostra città come la regina Cristina di Svezia. Appuntamento alle ore 19.00 di fronte la Libreria Tuba Bazar di via del Pigneto. PASSEGGIATA A SOTTOSCRIZIONE, IL CHE NON SIGNIFICA GRATIS :-)
Dopo la passeggiata a seguire nella libreria presentazione e incursioni teatrali con il cast di "IO CHE VOLEVO VIRGINIA WOOLF" [in scena al Teatro Tor Di Nona dal 10 al 16 Ottobre 2016], scritto e interpretato da Francesca Romana Miceli Picardi, con la regia di Donatella Corrado, aiuto regia e tecnica luci-video-audio Lara Panizzi. Selezione musicale della splendida Giulia Anania

Venerdì pomeriggio 30 settembre presso il Parco di Tor Fiscale (via dell’Acquedotto Felice 120) – alle 17 la Soprintendenza Archeologica di Roma aprirà la Torre del Fiscale, la torre medievale edificata sopra gli acquedotti romani recentemente restaurata – alle 18 presenteremo il libro di Laura Larcan Roma, le scoperte mai raccontate.
Primo Ottobre Via Mario De Renzi 42/48 Festa dei nonni, laboratorio olfattivo con i nonni e inaugurazione del forno a legna, con la pizza fatta insieme ai bambini.

 

Sabato 8 ottobre ore 15.30/17.30 Teatro del Lido di Ostia  Via delle Sirene, 22 Ostia (Roma) laboratorio DANZE AI PIEDI DEL VULCANO danze e ritmi del Suda cura di Nando Citarella e Nathalie Leclerc


PARADOSSI: DAL GRAB ALLA PISTA CICLABILE SUL TEVERE






UN CONTRIBUTO PER LA CITTA' METROPOLITANA DI ROMA

I consiglieri dei 121 Comuni della Città Metropolitana eleggeranno il Consiglio Metropolitano il prossimo 9 ottobre.
Il silenzio sui programmi e le problematiche aperte nella costituzione e per lo sviluppo della Città metropolitana hanno indotto il Circolo Fratelli Rosselli a redigere un appello, rivolto agli elettori del Consiglio Metropolitano alle Amministrazioni locali, alle Associazioni dei Comuni, ad Associazioni culturali,  politiche e sindacali per una riflessione comune.
 
 
                                                          Palazzo Valentini
 
IL CIRCOLO FRATELLI ROSSELLI
PER LA CITTÀ METROPOLITANA DI ROMA
 
La Città Metropolitana prefigura un nuovo modello di partecipazione democratica alla gestione delle complesse problematiche sociali ed economiche di un'area territoriale vasta.
Un'area già interessata da forti interrelazioni che, per la prima volta, si trovano ad avere un unico riferimento istituzionale, espressione di tutte la autonomie comunali presenti al suo interno.
Le Città Metropolitane divengono i soggetti istituzionali capaci di catalizzare lo sviluppo economico e sociale dal momento che - grazie alle realtà, spesso alle eccellenze, presenti al loro interno - offrono importanti opportunità in termini di crescita, attrazione degli investimenti e competitività.
 
La responsabilità per la realizzazione di questa configurazione e di questi obiettivi ricade sul Consiglio metropolitano che, a Roma, sarà eletto nel prossimo ottobre.
 
Il Consiglio metropolitano dovrà rendere coerente il sistema politico di governo dell’area metropolitana con le effettive condizioni dell’assetto attuale e delle necessità di cambiamento del territorio e delle comunità di cittadini che lo abitano.
Nell’impiego delle risorse (trasporti, lavoro, servizi pubblici, ecc.), così come nell’esperienza di vita quotidiana, i riferimenti principali sono sempre più legati alle relazioni che si stabiliscono tra i Comuni, che non hanno finora trovato la sede politica e di decisione adeguata alla dimensione e ai caratteri dei problemi: di fronte al rapidissimo mutamento delle esigenze della società, dell’economia, della vita di ciascuno di noi.
 
Le comunità che abitano e lavorano nell’area romana si trovano ad esprimere i principi degli obiettivi e delle scelte attraverso il voto del prossimo ottobre: tale espressione è affidata ai Sindaci e ai Consiglieri comunali dei 121 Comuni che costituiscono la Città Metropolitana di Roma, che assumono la responsabilità di contemperare le volontà dei Comuni che amministrano con la visione generale, indispensabile per giungere con successo alla effettuazione delle scelte.
 
Si apre una sede di partecipazione inedita per i Comuni e per i cittadini che deve realizzarsi fin dai primi atti della nuova Amministrazione: l’atto fondamentale è il Piano strategico, atto di indirizzo per il governo della Città Metropolitana e per le funzioni dei Comuni.
Il Piano strategico deve fornire indicazioni di lungo periodo per lo sviluppo, la gestione e la distribuzione delle risorse, intese nella loro interezza economica, sociale e culturale.
Il Piano non va inteso come sommatoria di piani settoriali - ancorché presenti e qualificati - ma come strumento innovativo per la realizzazione di una istituzione moderna che operi le scelte programmatiche e gestionali nel rispetto dello sviluppo dell’intero territorio.  
 
L’esercizio delle funzioni di competenza della Città metropolitana, intese in termini complementari e integrati - con particolare riferimento alle strutture di comunicazione, alle reti di servizi e ai rapporti con le istituzioni locali, regionali e nazionali - costituisce l’elemento caratteristico della funzione innovativa di questa nuova istituzione.
 
Le modalità di attuazione del piano triennale e della gestione finanziaria ed amministrativa sono condizionate dalla partecipazione dei Comuni e dalla effettiva rappresentanza dei cittadini negli organi della Città metropolitana.
 
Il Consiglio metropolitano - che sarà eletto il prossimo ottobre, con una elezione indiretta che non dà rappresentanza ai territori né coinvolge i Consigli  municipali di Roma - dovrà cimentarsi nella individuazione di criteri di rappresentanza  territoriale che consentano, con elezioni indirette, di costituire un Consiglio metropolitano federale che assuma coerentemente la responsabilità degli obiettivi e delle scelte da effettuare.
Con tali indicazioni il Consiglio metropolitano potrà contribuire alla legislazione nazionale per le elezioni degli organi metropolitani.
 
Gli argomenti indicati richiedono un approfondimento operativo e costante da svolgere con tempestività: il Circolo Fratelli Rosselli, già da tempo impegnato su questa complessa tematica, intende contribuire ai lavori e alle elaborazioni del Consiglio Metropolitano e dei suoi organi e iniziare, con il presente documento, una riflessione con le Amministrazioni locali, le Associazioni dei Comuni, altre Associazioni culturali,  politiche e sindacali. 
 
Roma, 19 settembre 2016
 
da  http://www.cittametropolitanaroma.gov.it/la-citta-metropolitana

La Città metropolitana
La Città metropolitana di Roma Capitale rappresenta un ente territoriale di area vasta, che persegue le seguenti finalità istituzionali generali:
- cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano;
- promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione di interesse della città metropolitana;
- cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, ivi comprese quelle con le città e le aree metropolitane europee.
Alle Città metropolitane sono attribuite, oltre alle funzioni fondamentali delle Province e quelle ad esse assegnate nell’ambito del processo di riordino delle funzioni provinciali, le seguenti funzioni fondamentali:  

a)  adozione e aggiornamento annuale di un piano strategico triennale del territorio metropolitano, che costituisce atto di indirizzo per l'Ente e per l'esercizio delle funzioni dei Comuni e delle Unioni di Comuni compresi nel predetto territorio, anche in relazione all'esercizio di funzioni delegate o assegnate dalle Regioni, nel rispetto delle leggi delle Regioni nelle materie di loro competenza;
b)  pianificazione territoriale generale, ivi comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture appartenenti alla competenza della comunità metropolitana, anche fissando vincoli e obiettivi all'attività e all'esercizio delle funzioni dei Comuni compresi nel territorio metropolitano;
c)  strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano. D'intesa con i Comuni interessati la Città metropolitana può esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive;
d)  mobilità e viabilità, anche assicurando la compatibilità e la coerenza della pianificazione urbanistica comunale nell'ambito metropolitano;
e)  promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale, anche assicurando sostegno e supporto alle attività economiche e di ricerca innovative e coerenti con la vocazione della Città metropolitana come delineata nel piano strategico del territorio di cui alla lettera a);
f)  promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano.

Lo Stato e le Regioni, ciascuno per le proprie competenze, possono attribuire ulteriori funzioni alle Città metropolitane in attuazione dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

Il territorio della Città metropolitana di Roma Capitale coincide con quello della Provincia omonima, ferma restando l’iniziativa dei Comuni, ivi compresi i Comuni capoluogo delle Province limitrofe, ai sensi dell'articolo 133, primo comma, della Costituzione, per la modifica delle circoscrizioni provinciali limitrofe e per l'adesione alla Città metropolitana.
 

 

27 settembre 2016

PERCHE' SI VOTA IL 4 DICEMBRE

 
 
 
 
Hanno sicuramente ragione le opposizioni quando dicono che Matteo Renzi ha posticipato il più possibile la data del referendum costituzionale per recuperare terreno, e per far ingranare al meglio la campagna per il sì, che con i primi manifesti sta inondando le città – dopo aver pienamente inondato il web e, soprattutto, i tg – con i suoi argomenti più efficaci. «Per cancellare poltrone e stipendi», dice ad esempio il manifesto arancione, che ovviamente enfatizza la nascita del nuovo Senato (che non è l’abolizione del Senato) e la chiusura del Cnel, sorvolando sul fatto che si sarebbe ottenuto persino un risparmio maggiore se, invariato il numero di eletti, o calato di un terzo sia il numero dei senatori che quello dei deputati, si fossero tagliate banalmente le indennità: non ci sarebbe stato neanche bisogno di una legge costituzionale.
 
Matteo Renzi sceglie di trasformare quello che per mesi è stato il referendum di ottobre nel referendum di dicembre, però, perché vuole mettere sul piatto della consultazione pesi ben più concreti della pura propaganda elettorale. In particolare, come facile immaginare, Matteo Renzi vuole spendersi la manovra di bilancio, che così arriverà a compimento giusto prima del voto e conterrà, questo è ormai chiaro, una mossa come quella degli 80 euro per le ultime europee. Non per niente il premier sta cercando di rosicchiare mezzo punto di deficit con Bruxelles, passando dall’1,8 previsto magari al 2,4. Bisogna mettere in campo qualcosa in più dei 600milioni promessi per l’anticipo pensionistico, misura che rischia di non esser così popolare (così come scarsamente apprezzato si è rivelato l’anticipo del Tfr, un vero flop) e che ha saldo negativo se paragonata al taglio annunciato per la Sanità: un miliardo, almeno.
 
Dunque Matteo Renzi aprirà (di nuovo) la sua campagna per il sì il 29 settembre da Firenze, e avrà dieci settimane per affermare le sue ragioni. Giorni che servono tutti, anche perché palazzo Chigi – consapevole che questa volta, senza quorum, vince chi porta più indifferenti alle urne – ha deciso di puntare sugli italiani all’estero, più sensibili di chi già da un anno si nutre della sua retorica al fascino del nuovismo. Maria Elena Boschi vola anche per questo il Sudamerica, ed è solo uno dei viaggi previsti. Quattro milioni di connazionali voteranno per posta e voteranno venti giorni prima di noi, e quindi bisogna subito concentrarsi su di loro, andare lì dove il comitato del No fatica più ad arrivare. C’è poi il fattore “giorno del giudizio”, poi, perché il 4 dicembre si vota anche in Austria, dove avanza la destra, e la campagna potrà trasformare il voto in una sorta di spartiacque, da un lato il populismo, dall’altra la responsabilità. Tutto ciò, ovviamente, avendo comunque cura di organizzare una degna exit strategy. Ma il Quirinale sembrerebbe al momento orientato – in caso di sconfitta e crisi – a dare ancora un mandato a Renzi, senza guardare subito al candidato che stanno facendo circolare i bersaniani, che pensano a un maxi governo Calenda per rifare un’altra riforma, più snella, una legge elettorale e traghettare tutti al voto nel 2018.

30 SETTEMBRE:NOTTE EUROPEA DEI RICERCATORI


                                                         L'Istituto Superiore di Sanita'
 



Qualora qualcuno l'avesse dimenticato, tra le tante eccellenze presenti nel territorio del II Municipio c'è anche l'Istituto Superiore di Sanità dove lavora  una nostra vecchia conoscenza , il professor Enrico Alleva. Quale migliore occasione partecipare a  questa notte della ricerca per varcare la mitica soglia dell'Istituto di Viale Regina Elena ,  andare a curiosare per cercare di capire un po' cosa diavolo combinano lì dentro.
 Per chi può, consigliamo di approfittare della ghiotta occasione.
DF
 
Notte Europea dei Ricercatori: il 30 settembre l’ISS apre i laboratori ai cittadini
Dalle 18 alle 23 dieci visite guidate, mostre e conferenze, per spiegare come i nostri ricercatori tutelano la salute di tutti

L’Istituto Superiore di Sanità resterà aperto a tutti in occasione della Notte Europea dei Ricercatori, il 30 settembre. Un’occasione per far conoscere l’attività che l’ISS svolge sul fronte della ricerca scientifica e della tutela della salute pubblica.
Dalle 18 alle 23, infatti, il programma è fitto di eventi che porteranno il pubblico all’interno dei laboratori attraverso visite guidate, ma anche conferenze e spazi espositivi a tema, nella sua sede di Viale Regina Elena.
La Notte Europea dei Ricercatori, un importante appuntamento europeo di comunicazione scientifica, è un progetto promosso dalla Commissione Europea e coordinato da Frascati Scienza, capofila di una rete di ricercatori, università e istituti di ricerca italiani.
Le mostre si possono visitare dalle ore 18 nelle aule Marotta e Bovet dell’ISS e nell’anti aula Pocchiari.
Le visite guidate, a gruppi di dieci, e le conferenze, invece, devono essere prenotate e inizieranno alle 19.
 

Visite guidate
Ambiente e salute: alla scoperta di cosa danneggia il DNA
Chi rompe il DNA? Cos’è il rischio mutageno? Un viaggio virtuale attraverso gli studi già realizzati e quelli ancora in fase di ricerca e la relazione tra le mutazioni genetiche, le malattie legate al nostro patrimonio familiare, e gli agenti ambientali che ci circondano. Vedremo batteri mutare, DNA che viene frammentato all’interno dei cromosomi e capiremo meglio cosa avviene quando le cellule si formano in situazioni ambientali a rischio.
Dall’isolamento alla coltura di cellule del sistema immunitario e di cellule tumorali: la ricerca nel campo dell’oncoimmunologia
Scopo della nostra ricerca è chiarire le basi cellulari e molecolari che governano alcuni meccanismi alla base dell’intrigato dialogo tra cellule immuni e tumorali determinando la progressione cancerosa. Verranno mostrate le attività di ricerca e le principali metodiche utilizzate per allestire e analizzare colture cellulari primarie o linee tumorali.
L’impianto pilota e l’area classificata per il controllo dei farmaci sterili del Servizio biologico
L’uso dell’impianto pilota per fermentazioni permette di coltivare microorganismi in larga scala. La biomassa ottenuta può essere utilizzata in tutti quegli studi di microbiologia applicata che necessitano di una maggiore quantità di materiale per studiare la struttura e la funzione delle proteine. L’area classificata per il controllo dei farmaci sterili possiede caratteristiche strutturali importanti che rispecchiano quelle presenti nelle industrie farmaceutiche dove si esegue il controllo della sterilità dei prodotti iniettabili
La radiobiologia a portata di mano
Il mondo della radiobiologia: interazione tra radiazioni e cellule, danni al DNA ed alterazioni del metabolismo visti al microscopio ottico ed a fluorescenza. Assicurazione di Qualità nelle Scienze Radiologiche ed impatto sul paziente di un corretto uso delle radiazioni in campo medico. Durante tutta la manifestazione sarà possibile visitare la mostra: la Radiobiologia a portata di mano.
Laboratorio di ricerca su virus e batteri respiratori
Visita del laboratorio per conoscere gli strumenti utilizzati per lo studio della risposta immunitaria ai batteri respiratori come la Bordetella Pertussis e ai virus respiratori come il Virus Respiratorio sinciziale (RSV) e comprendere come la ricerca di laboratorio viene applicata per disegnare una terapia adeguata o un intervento con un vaccino.
Le microspie come strumento al servizio della salute
Le microscopie ottiche ed elettroniche sono strumenti fondamentali per comprendere i molteplici e variabili processi che si verificano all’interno delle cellule e degli organismi. Comprendere tali “fenomeni” permette di inoltrarsi in un fantastico viaggio nel mondo dell’invisibile che, come per magia, diventa visibile grazie agli avanzamenti tecnologici dell’essere umano. Le microfotografie e le micrografie ci aiutano a capire la struttura e la funzione delle cellule, ci permettono di curiosare cosa accade al loro interno, scattando istantanee al microscopio.
Misura la vita. Test fisiologici del prossimo futuro
Verranno illustrati i principi fondamentali dell’analisi del movimento e della elettrofisiologia della visione mediante pannelli divulgativi, proiezioni video ed esecuzione di esperimenti semplificati. Saranno forniti anche esempi di applicazioni possibili negli scenari attuali ed in quelli ipotizzabili nel prossimo futuro, tra cui la diagnosi e la riabilitazione in clinica, l’allenamento, la performance e la prevenzione degli infortuni nello sport, l’ergonomia, il mantenimento della qualità di vita nell’anziano, la sfida alle grandi patologie (non trasmissibili) del XXI secolo in cui movimento e visione giocano o potranno giocare un ruolo importante. Verranno inoltre svolte dimostrazioni pratiche di utilizzo di strumentazione scientifica per test funzionali non invasivi della visione e del movimento.
Sicurezza alimentare e nutrizione
OGM e sicurezza alimentare. Sono tante le domande che ci poniamo ogni giorno davanti al banco della frutta o al supermercato. Attraverso l’approfondimento di alcune tematiche quali: utilizzo degli organismi geneticamente modificati (OGM) e sicurezza d’uso; sicurezza alimentare e problemi legati alla tossicità di sostanze potenzialmente presenti negli alimenti; concetti base su Nutrizione, Prevenzione delle patologie legate alla nutrizione, Educazione Alimentare, Meccanismi di Digestione e Assorbimento dei Nutrienti; modelli cellulari per lo studio dell’effetto dei nutrienti sulla salute umana, potremo scoprire come difenderci e cosa scegliere quando andiamo a fare la spesa.
Sicurezza dei vaccini virali in età pediatrica
La missione del Reparto Vaccini virali del CRIVIB è quella di garantire la qualità e la sicurezza dei vaccini virali: anti-polio inattivato di Salk, anti-rotavirus e anti-papilloma, in conformità con le direttive e le linee guida nazionali, europee e del WHO ed effettuare la sorveglianza degli eventi avversi ai vaccini sopra indicati. La trattazione della sicurezza dei vaccini, in modo scientifico e specifico ma anche fruibile, è giustificato dall’importanza che le vaccinazioni rivestono in ambito di salute pubblica in questo momento storico particolare mettendo in luce il ruolo dell’Istituto Superiore di Sanità nei suoi compiti istituzionali nella difesa della salute del cittadino.
Visita guidata alla biblioteca dell’ISS
Verranno presentate le collezioni librarie (con particolare attenzione al fondo Rari) e la raccolta di strumenti conservati nella biblioteca dell’Istituto Superiore di Sanità.



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Prof. Enrico Alleva

Director,
Section of Behavioural Neurosciences
Dipartimento di Biologia cellulare e Neuroscienze
Istituto Superiore di Sanità
Viale Regina Elena, 299
I-00161 Rome, Italy  (block19, floor 3, room 2)


President
Italian Federation of Environmental and Natural Sciences - FISNA


Tel.: +39-06-4990-2352/3179
Fax: +39-06-4957821
e-mail: enrico.alleva@iss.it

Corso di Etologia, "Sapienza" Università di Roma,
Corso di Laurea in Scienze biologiche,