31 ottobre 2016

APPELLO DI ALESSANDRO BIANCHI PER UN PIANO DI MESSA IN SICUREZZA NAZIONALE

Riceviamo, sottoscriviamo e volentieri pubblichiamo l'accorato appello di Alessandro Bianchi, fondatore dell'associazione ProgettoRoma,  per sollecitare il Governo ad attuare al più presto  un piano di messa in sicurezza nazionale contro i terremoti, che ormai sempre più spesso devastano il nostro Paese causando vittime e danni.
Per sottoscrivere l'appello bisogna inviare una mail di adesione al seguente indirizzo:
 
Grazie
 
Il Direttore di Tre Righe
Carlo Ricchini

                                                 Alessandro Bianchi
 
LA TERRA TREMA. LO STATO DORME

 

La Terra ha tremato ancora una volta con forza devastante in tutto il Centro Italia.

E tremerà ancora al Sud, al Nord, ovunque perché nel nostro Paese il terremoto è un fenomeno endemico, che durerà per sempre.

 

Dunque dobbiamo rassegnarci a vedere crolli, distruzioni e vittime senza poter intervenire se non dopo, per piangere i morti, per proteggere chi è stato colpito e per tentare di ricostruire quello che il terremoto ha distrutto?

No, non dobbiamo affatto rassegnarci a quello che non è un inevitabile destino, perché sappiamo esattamente cosa fare per contrastarlo: dobbiamo mettere in sicurezza il nostro Paese contro gli effetti dei terremoti.

Non potremo mai prevederli né contrastarli, ma possiamo fare in modo che le case, le scuole, i municipi, le chiese, tutto il patrimonio edilizio nel quale viviamo non venga distrutto.

 

Sappiamo come fare!

Lo sanno i sismologi, i geologi, gli ingegneri, gli architetti e gli urbanisti.

Lo sanno e lo dicono da moltissimo tempo ma del tutto inascoltati, perché mentre la Terra trema lo Stato dorme.

Dorme il Parlamento, dormono il Governo e i suoi Ministeri, dormono le Regioni, ossia tutte le Istituzioni che potrebbero e dovrebbero mettere in cima alle loro agende di lavoro la soluzione di questo enorme e non eludibile problema.

 

A tutte queste Istituzioni, e alle singole persone che ne fanno parte, è rivolto il nostro Appello, con il quale chiediamo che escano dal loro fragoroso silenzio e si facciano parte attiva per l’avvio e l’attuazione di un Piano di messa in sicurezza dell’intero territorio nazionale.

 

 

 

30 ottobre 2016

Nino Di Matteo: “Parlamento eletto con legge incostituzionale non è legittimato a modificare Costituzione”

 



“Altro che cambiare la Costituzione, va applicata senza indugi!”. Il pm antimafia di Palermo denuncia le falsità e le mistificazioni della Renzi-Boschi, una riforma che ha come reale obiettivo quello voluto dalla P2 di Licio Gelli: “favorire il potere esecutivo a scapito del legislativo e del giudiziario” trasformando così la democrazia in una “sorta di dittatura dolce fondata non sulla sovranità popolare ma sul potere oligarchico della finanza e dell’economia”.

di Nino Di Matteo *


Devo dire che sono Stato subito contento di accettare l'invito a partecipare a questa serata, un invito che mi è stato formulato da uno studente di giurisprudenza ad alcune associazioni universitarie. Ho subito considerato bello e importante poter partecipare ad un dibattito sulla Costituzione e quindi anche sul referendum costituzionale del quattro dicembre.

Quella che ci attende non è una consultazione elettorale come le altre, questa più che mai non ci si può permettere che prevalga l’astensionismo o le decisioni improntate all'appartenenza politica o alla simpatia per un partito o per una fazione politica. Qui è in ballo qualcosa di molto più importante: si decide sulla nostra Carta fondamentale! Si decide su una riforma che ne modifica quarantasette articoli e che incide profondamente sugli assetti fondamentali della nostra Democrazia.

Questa è la mia opinione, la mia sensazione e il mio sentimento: se ancora conserviamo l'aspirazione, nonostante tutto, ad essere cittadini e non sudditi, se ancora conserviamo la dignità di essere cittadini e non servi inconsapevoli di un potere che non ci appartiene e non ci rappresenta, non possiamo restare indifferenti. Abbiamo verso noi stessi e verso i nostri giovani, per la nostra dignità personale l'obbligo di reagire alla indifferenza all'apatia alla rassegnazione all'opportunismo, al sistematico nascondiménto dei fatti, alla superficialità che stanno dilagando fino a trasformare il nostro in un Paese senza memoria senza speranza e quindi senza futuro.

Per questo sono d'accordo con l'onorevole Sarti e con tutti quelli che mi hanno preceduto: dobbiamo informarci ! Dobbiamo riflettere, guardarci indietro nella storia di questo Paese. Dobbiamo abbandonare i facili slogan e saper volare alto e capire che al di là delle singole norme di modifica della Costituzione, il significato complessivo della riforma è importantissimo.

Dobbiamo capire le gravi conseguenze che deriverebbero dalla sua approvazione, sul delicato equilibrio di ogni vera democrazia, quell'equilibrio che è fondato sulla separazione e sull'effettivo bilanciamento dei tre fondamentali poteri dello Stato: il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario.

Voliamo alto per capire è orientarci in questa scelta in vista della consultazione del quattro dicembre. Io ho sempre pensato e in questi venticinque anni di mia carriera in magistratura ho vissuto sempre più intensamente che l'esigenza fondamentale del Paese è quella di arrivare ad una applicazione effettiva dei principi costituzionali. Sono sempre più convinto che il vero grande necessario cambiamento, la vera grande rivoluzione sarebbe quella di lottare tutti uniti coesi non per cambiare ma per applicare effettivamente la Costituzione.

Ricordiamoci e riflettiamo su quanto nei fatti vengano costantemente violati i principi fondamentali della nostra Carta costituzionale. Anziché moltiplicare proclami, annunci e slogan leggiamola la Costituzione. Ricordiamoci per esempio del diritto al lavoro che è anche ‘diritto ad una retribuzione che consente ai lavoratori e alle loro famiglie un'esistenza libera e dignitosa’ leggo dall’articolo della Costituzione.

Ricordiamoci prima che scompaia la residua sanità pubblica che la Repubblica, articolo trentadue, ‘tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività’. Riflettiamo prima di smontare la scuola pubblica che, articolo trentaquattro la Costituzione, ‘le scuole statali per tutti gli ordini e gradi vengono prima delle scuole private che possono operare liberamente ma senza oneri per lo Stato’. Prima di cambiarla la Costituzione vediamo se è applicata.

Ricordiamoci, prima di intraprendere azioni belliche anche se travestiti da operazioni di pace, che l'Italia ripudia la guerra, articolo undici, e che lo stato di guerra può essere deliberato non dal Governo ma dalle Camere. Ricordiamoci che, di fronte al più sfrenato egoismo proprietario, la proprietà privata trova il suo limite nella funzione sociale, articolo quarantadue, che l'iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale.

Ricordiamoci, lo hanno ricordato chi è intervenuto prima di me, che la sovranità appartiene al popolo, articolo uno, cioè a tutti noi. Dobbiamo applicarla la Costituzione dobbiamo lottare ciascuno nel proprio ambito. Per un'attuazione vera concreta sostanziale del principio di eguaglianza sancito dall'articolo tre della Costituzione non possiamo più accettare, per esempio, che la giustizia funzioni a due velocità: sia rigorosa e certe volte spietata con i deboli e sia invece ancora troppo timida e con le armi spuntate nei confronti della criminalità dei potenti.

Dobbiamo lottare per l'applicazione dei princìpi della Carta costituzionale! Per l’indipendenza della magistratura, patrimonio e garanzia dei cittadini, soprattutto dei più deboli, non privilegio della casta. Dobbiamo lottare tutti quanti per preservare l'indipendenza della magistratura dai pericoli esterni. Dagli attacchi esterni di quella gran parte della politica che vorrebbe che il potere giudiziario divenisse sostanzialmente servente rispetto al potere politico e al potere esecutivo. Dobbiamo lottare per preservare indipendenza della magistratura dei pericoli interni.

Dobbiamo lottare perché si abbandoni ogni forma di collateralismo da parte della magistratura alla politica e ai potenti. Dobbiamo lottare perché una volta per tutte si abbandoni, nelle scelte giudiziarie, il criterio della opportunità, che valuta le conseguenze dell'atto giudiziario e ci si abbandoni invece soltanto all'unico criterio che deve ispirare l'azione del magistrato che è quello della doverosità dell’agire.

Dobbiamo impegnarci perché un altro principio della nostra Carta costituzionale, l'obbligatorietà dell'azione penale, venga effettivamente rispettato nei confronti di tutti perché la legge sia uguale per tutti e perché i magistrati possano lavorare per applicare il diritto anche quando l'applicazione del diritto comporti delle conseguenze negative per il potere.

Dobbiamo lottare perché, sto parlando accanto a Salvatore Borsellino fratello di uno dei tanti eroi della nostra storia costituzionale, la Carta costituzionale venga applicata nella ricerca continua della verità sulle stragi. Ricerca che non si limiti e non si accontenti dei risultati, pur importanti, che sono arrivati ma che vada oltre e abbia il coraggio di andare oltre, quello che adesso non vuole più nessuno. Vada oltre nella ricerca anche di eventuali responsabilità esterne rispetto alle organizzazioni criminali i cui componenti sono già stati giustamente condannati.

Il vero grande problema italiano, a mio parere, è la forbice tra la Costituzione formale, quella scritta dopo la Resistenza al nazifascismo e approvata nel 1948 e la Costituzione materiale, cioè la trasformazione, il travisamento, l'elusione della prima nella pratica politica. Quella pratica politica che ha spaccato il Paese e che ha avuto la gravissima colpa di contrapporre ad un'Italia che ancora crede nel progetto di attuare gli altissimi principi di uguaglianza solidarietà e libertà contenuti nella Costituzione, un'altra Italia fondata sulla speculazione, sulla ricerca esasperata del potere e della sua conservazione, sul compromesso e sull'accettazione di metodi mafiosi clientelari e poteri criminali.

Altro che cambiare la Costituzione! Oggi chi ancora ha a cuore le sorti del Paese dovrebbe privilegiare ad ogni interesse di parte l’interesse superiore del partito della Costituzione di tutti coloro che a prescindere dal loro specifico orientamento culturale e politico si riconoscono nell'idea e nel progetto di applicare, nelle scelte concrete, la Costituzione senza indugi e a qualunque costo.

Le falsità e le mistificazioni su questa Riforma

Reputo quasi doveroso, anche nella mia veste di magistrato, un giudizio sulla riforma costituzionale sulla quale siamo chiamati a votare con il referendum del quattro dicembre. Voglio fare due premesse, che sono mie convinzioni che credo orientino tutto il giudizio successivo sul contenuto nella riforma.

La prima premessa è che questa riforma costituzionale è stata adottata da un Parlamento eletto, o meglio di nominati piuttosto che eletti, sulla base di una legge elettorale dichiarata dalla Corte costituzionale illegittima. La sentenza è del quattro dicembre 2013, nove mesi dopo l'elezione del Parlamento oggi in carica, eppure a nessuno, né al Quirinale né ai Governi che si sono succeduti Letta e Renzi se non a pochi nello stesso Parlamento, è venuto in mente che un Parlamento eletto con una legge incostituzionale, a mio parere, non può avere la legittimazione morale necessaria a modificare profondamente la Costituzione.

Seconda premessa: la riforma è stata ideata e ostinatamente voluta dal Governo della Repubblica con la pressione e l’etero direzione dell'ex Presidente della Repubblica Napolitano. Gli ultimi Governi sono stati presieduti da chi non era stato nemmeno eletto. Allora non dimentichiamo come è nata questa riforma, non dimentichiamo da chi e come è stata approvata. E’ stata scritta dal Governo e questo già a prescindere dal merito costituisce un vizio molto grave perché i Governi sono espressione della maggioranza dunque sono di parte, mentre la scrittura della legge fondamentale dello Stato dovrebbe essere esclusiva competenza del Parlamento che rappresenta il popolo sovrano o di assemblee costituenti elette con sistema proporzionale in modo da essere il più possibile rappresentativa delle varie componenti politiche sociali e culturali presenti nel Paese.

C'è uno scritto di Piero Calamandrei “Come nasce la nuova Costituzione” che è stato pubblicato nel gennaio del 1947, leggo testualmente: “Nella preparazione della Costituzione il Governo non ha alcuna ingerenza. Nel campo del potere costituente non può avere alcuna iniziativa neanche preparatoria. Quando l'assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione i banchi del Governo dovranno essere vuoti. Estraneo del pari deve rimanere il Governo alla formulazione del progetto se si vuole che questo scaturisca interamente dalla libera determinazione dell'Assemblea sovrana”. 1947, poco prima dell'approvazione della nostra Carta costituzionale.

Altra premessa: non si può scindere in nessun momento valutativo il giudizio sulle modifiche alla Costituzione da quello sulla legge elettorale. Le modifiche alla Costituzione riguardano principalmente le funzioni dei due rami del Parlamento. La legge elettorale riguarda ovviamente la procedura di nomina e quindi la composizione nel Parlamento. La nuova legge elettorale, lo ricordava l'onorevole Sarti, ripropone le stesse caratteristiche, gli stessi vizi di quella dichiarata incostituzionale con la sentenza del dicembre 2013 che lede gravemente il principio di rappresentatività sacrificato sull'altare della stabilità dei Governi. La sentenza della Corte sul cosiddetto “Porcellum” censurava pesantemente, leggo testualmente, “un meccanismo di attribuzione del premio di maggioranza manifestamente irragionevole” e “una disciplina che priva l'elettore di ogni margine di scelta dei propri rappresentanti”.

I due vizi che sono indicati perfettamente in questa sentenza della Corte costituzionale ricompaiono nell’“Italicum”. Basta ricordare che in esito al ballottaggio previsto dall’Italicum è ben possibile che una lista che abbia ottenuto anche semplicemente il 21% dei voti conquisti il 54% dei seggi. E basta sottolineare il dato che più del 60% dei deputati sarebbero nominati dai partiti e non scelti dagli elettori. Se si tiene conto del forte astensionismo delle ultime tornate elettorali ci si rende conto che un gruppo politico, che rappresenta una minoranza anche piuttosto esigua di cittadini, con questo sistema elettorale può mettersi in mano il Paese, eleggere il Presidente della Repubblica e i componenti laici del Consiglio Superiore della Magistratura e i giudici della Corte costituzionale senz'altro sempre attraverso questo meccanismo.

Io credo che ognuno possa avere qualsiasi idea, che è cosa legittima ma non possiamo sopportare le bugie e le mistificazioni continuamente abilmente amanite a sostegno della riforma. Sono costretto a ripetere alcune considerazioni già svolte. La riforma non abolisce il Senato e non abolisce il bicameralismo lo rende solo tremendamente più confuso. Il Senato continua ad esistere sarà composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e cinque senatori che possono essere nominati dal presidente la Repubblica.

Il meccanismo che si viene a creare è di confusione istituzionale totale! Sulla designazione dei senatori, sull'impiego part-time di sindaci e consiglieri regionali che, non si capisce quando fino a quando potrebbero fare i Sindaci o i consiglieri regionali e quando i senatori, sul continuo avvicendamento, nel nostro sistema non tutti i Sindaci con tutti i Consiglieri regionali vengono eletti nello stesso momento o nello stesso anno, avremmo in Senato un continuo avvicendamento di senatori che magari sono stati sindaci fino a quel momento e poi devono cedere lo scranno da senatore all'altro sindaco che nel frattempo viene eletto. Una confusione totale. L’unica certezza è l’acquisizione per molti sindaci e consiglieri regionali di spazi di immunità penale. Senza ovviamente generalizzare e demonizzare le categorie dobbiamo però vederlo in una situazione come quella italiana, dove c’è una percentuale alta di politici e amministratori, nei Consigli regionali e nelle Amministrazioni comunali, che hanno problemi con la giustizia.

Quando leggiamo che la riforma finalmente abbatte i costi della politica io penso e mi chiedo da semplice cittadino ma perché piuttosto che smantellare un assetto costituzionale assolutamente rodato e consolidato non si riduceva semplicemente proporzionalmente il numero dei deputati e dei senatori senza stravolgere l'assetto costituzionale? Altra mistificazione: nella riforma si parla tanto di semplificazione, mi consentirete di perdere cinque minuti di tempo per dimostrarvi attraverso una semplice lettura quanto la semplificazione sia uno slogan assolutamente falso. L'iter di formazione delle leggi non è per niente semplificato semmai la riforma lo complica e crea le condizioni per un clima di perenne conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato.

Articolo 70
nella formulazione attuale della Costituzione vigente: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Nella Costituzione vigente nove parole. Nell’articolo 70 del progetto di riforma Renzi-Boschi quelle nuove parole diventano 434. Scusate ma io penso che lo dobbiamo leggere: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione alle altre leggi costituzionali e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche referendum popolari le altre forme di consultazione di cui all'articolo settantuno per le leggi che determinano l'ordinamento la legislazione elettorale gli organi di governo le funzioni fondamentali dei Comuni delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni per la legge che stabilisce le norme generali e le forme i termini della partecipazione dell'Italia e la formazione all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per quella che determini casi di ineleggibilità ed incompatibilità con l'ufficio di senatori di cui all'articolo sessantacinque primo comma e per leggi di cui articolo cinquantasette sesto comma ottanta secondo periodo centoquattordici terzo comma centosedici terzo comma centodiciassette quinto il nono comma, centodiciannove sesto comma centoventi secondo comma centoventidue primo comma centotrentadue secondo comma. Le stesse leggi ciascuna come oggetto proprio possono essere abrogate o modificate o derogate solo in forma espresse e da leggi approvati a norma del presente comma…”.

Scusate ancora non sono nemmeno a metà e comunque la lettura per chi ci riuscirà vi prego di completarla voi perché altrimenti tutto il tempo a mia disposizione va avanti sulla lettura di questo articolo 70. Io credo che da semplice laureato in giurisprudenza si debba dire che non c'è nessuna semplificazione anzi c'è una moltiplicazione dei processi legislativi c'è un clamoroso intricarsi delle procedure e dietro l'angolo c'è la paralisi del Parlamento per favorire la supremazia del Governo e il suo potere. La nuova normativa che poi riguarda il tema fondamentale della formazione delle leggi dello Stato è prolissa e tortuosa sembra fatta apposta per confondere le idee per tenere i cittadini lontani dalla Costituzione. Per consegnare la Democrazia, per legarla mani e piedi, in mano agli uscieri del palazzo, ai professionisti del cavillo e ai professionisti della politica nel senso deteriore del termine.

Un attacco iniziato molto prima del Governo Renzi, da Gelli in poi

Ma il giudizio su questa riforma deve anche prescindere dalle singole norme, si deve formulare con una visione di insieme di contesto più alta rispetto alla mera e parcellizzata analisi delle singole modifiche costituzionali. Questo giudizio deve anche tenere conto di una seria analisi storica di quanto accaduto in Italia negli ultimi quarant'anni.

Questa riforma crea uno spostamento grave dell'equilibrio tra i poteri in funzione del rafforzamento dell'esecutivo e dello svilimento del potere legislativo. Ma d'altra parte basta leggere la relazione che accompagna il disegno di legge di riforma costituzionale per capire quali sono gli scopi della riforma costituzionale. Vi si legge, nella relazione che accompagna il disegno di legge, che “la revisione della parte seconda della Costituzione non può più attendere per il necessario processo di adattamento dell'ordinamento interno alle nuove sfide - Segue una lista dei problemi a cui secondo il Governo la riforma rimedierà - 1- L'esigenza di adeguare l'ordinamento interno alla recente evoluzione della governance economica europea e alle relative stringenti regole di bilancio. governance europea ed esigenze di bilancio 2- Le sfide derivanti dalla internazionalizzazione dell'economia dal mutato contesto della competizione globale 3- L’elevata conflittualità tra i diversi livelli di governo dovuta alle spinte verso una compiuta attuazione della riforma del Titolo quinto della Costituzione 4- La cronica debolezza degli esecutivi nell'attuazione del programma di governo la lentezza e la farraginosità dei procedimenti legislativi ricorso eccessivo alla decretazione d'urgenza eccetera..”

Cosa si evince dalla relazione che accompagna il disegno di legge? Che è urgente e rendere più forte il Governo per adeguarsi alla austerità imposta dall'Unione europea e alle regole di mercato dell'economia globale e per imbrigliare regioni comuni con le rinnovate esigenze di un governo unitario. Io credo che, se questi sono gli scopi e questa è la direttrice di fondo di tutta la riforma, non possiamo dimenticare che nell'iter di formazione di questa riforma, accanto parallelamente al percorso istituzionale se ne svolgeva un altro a mio parere molto più incisivo e decisivo che si è mosso fuori dalle istituzioni della Repubblica ed è iniziato prima della proposta Boschi e probabilmente l’ha ispirata se non determinata.

A cosa mi riferisco? “Dopo le due lettere dall'Europa dalla BCE e dal commissario per l'economia dell'Unione europea del 2011 dopo le dimissioni di Berlusconi e la nascita del Governo Monti, la tappa più significativa è il documento dedicato, (si intitola così) “Alla narrazione su come gestire la crisi” da una grande compagnia di gestione degli investimenti che amministra 1800 miliardi di dollari” JP Morgan.

Per capire da che pulpito viene questa predica dobbiamo ricordarci che nel novembre 2013 JP Morgan pagò al Governo degli Stati Uniti una gigantesca multa di tredici miliardi di dollari dopo avere ammesso di avere venduto a piccoli investitori prodotti finanziari inquinati. Cosa si legge in quelle documento? Venne pubblicato il 28 maggio 2013, l'ho trovato facilmente in rete, quel documento accusa le costituzioni dei paesi della periferia meridionale approvate dopo la caduta del fascismo di essere “un ostacolo al processo di integrazione economica e anzi causa della crisi in quanto risentono di una forte influenza socialista”. Al tempo stesso però il documento dichiara che “in uno dei Paesi della periferia meridionale, cioé saremmo noi l'Italia, il nuovo Governo può chiaramente impegnarsi in importanti riforme politiche”. Sarà poi il Governo Renzi a condurre disciplinatamente in porto le riforme mettendo mano alla Costituzione su due dei punti essenziali suggeriti da JP Morgan. “Governi deboli rispetto i Parlamenti - di questo si lamentava il grande colosso bancario e finanziario - e Stati centrali deboli rispetto alle Regioni”. Mi pare che la riforma costituzionale, sarà forse un caso, risponda a queste due indicazioni date nel documento che vi ho letto.

Non vorrei che si realizzasse quello che Leonardo Sciascia diceva nel 1978 quando parlava del Parlamento in quel momento in carica. “Il potere è altrove” scriveva Leonardo Sciascia - deplorando un Parlamento di anime morte che non hanno mai avuto un pensiero proprio.

Io credo che la linea fondante della riforma affonda le radici in un'idea di Stato che si avvicina molto ad una sorta di dittatura dolce fondata non su una Democrazia, sulla partecipazione del popolo e sulla sovranità del popolo ma su un potere oligarchico che obbedisce esclusivamente alle leggi e gli interessi dell'economia e della finanza internazionale. E questa idea di Stato, cerchiamo di volare alto e di guardarci attorno e indietro, per la prima volta nel dopoguerra venne delineata nel Piano di rinascita democratica della P2 di Licio Gelli.

Ricordava Aaron Pettinari la celebre intervista di Gelli da Maurizio Costanzo il 5 ottobre 1980 pubblicato sul Corriere della Sera “Quando fossi eletto il mio primo atto sarebbe una completa revisione della Costituzione era un ambito perfetto quando fu indossato per la prima volta par la nostra Repubblica ma oggi è un ambito lusso e sfibrato e la Repubblica deve stare molto attenta nei suoi movimenti per non rischiare di romperlo definitivamente. E’ il parto dell'Assemblea Costituente avvenuto in un momento del tutto particolare nella vita della nostra nazione ma che oggi a cose assestate risulta inefficiente e inadeguato”.

Sono passati quasi quarant'anni, questo per dirvi che l'attacco alla Costituzione comincia molto prima del Governo Renzi. Dopo Licio Gelli analoghi progetti sostanzialmente volti a favorire sempre l'esecutivo a scapito del legislativo e del giudiziario via via sono stati portati avanti con fortune alterne mai portati a termine, da Cossiga, dal Governo Craxi e ultimamente da un Governo Berlusconi con una reazione che in quel caso fece gridare a tutti che dovevamo difendere la Costituzione più bella del mondo, riguardò anche coloro i quali oggi invece sono schierati per stravolgere la nostra Costituzione.

Da Gelli ad oggi ci sono quarant'anni di tentativi per ribaltare gli assetti fondamentali della nostra Carta costituzionale. La posta in gioco è la realizzazione definitiva di un progetto che viene da molto lontano e che lega quarant'anni di costante assedio alla Costituzione. L’obiettivo di questo referendum non può essere la permanenza o meno di Renzi al Governo ma l'obiettivo è ben altro, è la definitiva decostituzionalizzazione a scapito della partecipazione dello Stato dei cittadini che servono come sudditi impotenti e perciò apatici da governare. Non possiamo permetterci il nome della parola d'ordine governabilità che il bastone del comando venga attribuito ad un solo uomo al potere più facilmente manovrabile in dispregio del fondamentale principio della separazione dei poteri.

Ho giurato fedeltà alla Costituzione non ai Governi

Mi avvio alla conclusione, non ho avuto nessun dubbio ad accettare la proposta che mi è stata fatta da Simone Cappellani, sono un magistrato ma ci sono dei momenti e degli argomenti per i quali il magistrato non ha soltanto il diritto ma io ritengo perfino il dovere di intervenire e di esporsi personalmente. Io come magistrato ho giurato fedeltà alla Costituzione non ai Governi! Ho giurato fedeltà alla Costituzione non ad altre Istituzioni politiche né tanto meno alle persone che rivestono incarichi istituzionali. Ho giurato fedeltà alla Costituzione e non riesco a dimenticare che per quella Costituzione, per quei principi che afferma, tante persone, tanti miei colleghi, tanti servitori dello Stato, tanti semplici cittadini hanno offerto la loro vita!

Se dovessi oggi rivolgermi ai miei figli per spiegare lo spirito più autentico della Costituzione non troverei di meglio che citare le parole di Piero Calamandrei, nel famoso discorso ai giovani sulla Costituzione del 26 gennaio 1955: “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per rispettare la libertà e la dignità andate lì o giovani col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione e anche per questo che la dobbiamo difendere”.

* da antimafia duemila.com, trascrizione dell'intervento a “Una notte per la Costituzione”, evento organizzato dal Comitato “Liberi cittadini per la Costituzione” a Palermo il 21 ottobre 2016.

NOTIZIE (ALLARMANTI) DAL 40°CONGRESSO STRAORDINARIO DEL PARTITO RADICALE

I furbetti del partitino (consulenza per i compagni espulsi o in via di espulsione)
Al 40° Congresso straordinario del Partito radicale si è consumata formalmente una insanabile divergenza politica, che si è tentato di spacciare per diversità di vedute sul modello organizzativo, ma in realtà è fondata su una profonda differenza di analisi politica sulla situazione italiana, europea e mondiale. Divergenza d'analisi politica che ha i suoi prodromi in tempi certi.
1. Mentre Marco Pannella era a casa ormai da un mese e mezzo, il 1° aprile, improvvisamente, nella sede del Partito radicale, contornati da tre bandiere del Partito radicale e una di Radicali italiani, quattro persone – Segretario, Tesoriere e Presidente di Radicali italiani ed Emma Bonino -  tengono una conferenza stampa per annunciare che alle elezioni comunali di Roma e Milano presenteranno una lista denominata "radicali federalisti laici ecologisti" il cui simbolo ha al centro e a caratteri cubitali la dicitura "radicali". In passato la partecipazione a tutte le competizioni elettorali era stata decisa in riunioni a cui partecipavano almeno tutti i responsabili politici di quella che era intesa come "galassia".
2. A questa decisione non ci fu alcuna reazione da parte di dirigenti o iscritti al Partito radicale. Dopo le elezioni fu convocata una prima assemblea degli iscritti al Partito radicale a Roma il 23 e 24 aprile e una successiva, il 25 e 26 giugno, a Teramo. Nel corso di quest'ultima fu lanciata l'idea di convocare il 40° Congresso straordinario del Partito radicale attraverso la raccolta di almeno un terzo delle firme degli iscritti da almeno sei mesi al Partito radicale, così come previsto dallo Statuto del Partito radicale. Furono raccolte le firme di circa la metà degli iscritti.
3. Tra il 25 giugno, giorno in cui si è annunciata l'inizio della raccolta delle firme, e il 1° settembre, giorno in cui è iniziato presso il carcere di Roma Rebibbia il 40° Congresso straordinario, sono accaduti episodi apparente curiosi ma che, infine, hanno contribuito a svelare il disegno politico che si andava delineando, alla luce dei fatti ad oggi conosciuti, almeno dal 2009.
Il 5 luglio il Segretario di Non c'è Pace Senza Giustizia chiede ai membri del Senato del Partito radicale di riunirsi per, tra l'altro, convocare il Congresso.
L'8 luglio parte la lettera di convocazione del Congresso.
L'11 luglio il Segretario di Non c'è Pace Senza Giustizia convoca il Senato per il 14 luglio.
Il 13 luglio il Tesoriere e un dirigente di Radicali italiani, in quanto iscritti al Partito radicale, con una lettera aperta "ai convocatori del Congresso del Partito radicale" affermano categoricamente:
"Sosteniamo l'illegittimità, a termini di Statuto del Partito, della convocazione effettuata in data otto luglio del Congresso del PRNTT per i giorni 1-2-3 settembre presso il carcere di Rebibbia anche perché non è possibile celebrare il congresso del partito in un carcere."
Il 14 luglio si tiene la riunione di una parte di membri del Senato del Partito che elegge Paolo Vigevano Presidente. Per ragioni ancora oggi ignote la riunione si tiene alla presenza di un notaio. Dopo due giorni Paolo si dimette e convoca una nuova riunione del Senato per il 28 luglio. Altra riunione il 3 agosto.
Il 5 agosto i segretari e i tesorieri di Radicali italiani, Certi diritti e dell'Associazione Luca Coscioni inviano una lettera agli iscritti della "galassia" radicale con oggetto: Appello per la presenza a Rebibbia. In quindici giorni il tesoriere di Radicali italiani dall'appello a disertare l'illegittima convocazione, senza colpo ferire, passa all'appello a presenziare.
Altra riunione del cosiddetto Senato l'8 agosto; infine il 24 agosto la farsa finisce con una comunicazione in cui si dà conto di non essere riusciti ad eleggere un Presidente del Senato.
4. I lavori finali del 40° Congresso straordinario del Partito radicale vedono partecipare al voto quasi il doppio degli iscritti del precedente congresso, 270 a fronte di 140, e si concludono con la decisione - con 178 voti a favore, 79 contrari e 13 astenuti - di proseguire le lotte per lo stato di diritto e il nuovo diritto umano alla conoscenza; per la giustizia giusta e contro l'ergastolo; per gli Stati Uniti d'Europa. E di lanciare una campagna con l'obiettivo di raccogliere 3000 iscritti al 2017 e confermarli nell'anno successivo altrimenti si procederà direttamente alla liquidazione del Partito radicale.
La mozione alternativa - primo firmatario il Presidente di Radicali italiani e Tesoriere dell'Associazione Coscioni - non ha una proposta di iniziativa politica ma soltanto … un congelamento di otto mesi che avrebbe corrisposto alla morte per consunzione del Partito radicale. Per realizzare quale disegno politico?
5. Dal 30 settembre al 2 ottobre si tiene il Congresso dell'Associazione Luca Coscioni. L'unica mozione presentata, oltre a fissare gli obiettivi delle iniziative politiche proprie, delibera che:
a) Il Congresso infine prende atto della mozione approvata dal Congresso del Partito radicale nel suo ultimo Congresso che, tra le altre cose, prevede la sospensione di parte dello Statuto del partito, quella relativa ai soggetti costituenti; non include gli obiettivi dell'associazione tra gli obiettivi da perseguire; non include i dirigenti dell'associazione negli organi dirigenti provvisori del partito.
b) Ribadisce l'importanza del connotato radicale, transpartito e transnazionale per il perseguimento degli obiettivi dell'associazione e impegna gli organi dirigenti a ricercare su queste basi sinergie con altri individui o associazioni a partire dagli altri soggetti della cosiddetta "galassia radicale".
Non una parola sulla campagna di iscrizione al Partito radicale condizionata al proseguimento o meno delle sue attività.
Per realizzare quale disegno politico?
La mozione per la morte silenziosa del Partito radicale, quella che prevedeva otto mesi di congelamento, era a prima firma del tesoriere dell'Associazione Coscioni e sottoscritta da diversi dirigenti della stessa associazione, di Radicali italiani, e dal Segretario di Non C'è Pace Senza Giustizia.
Se la mozione del Partito radicale non includeva "gli obiettivi dell'associazione (Coscioni) tra gli obiettivi da perseguire" il Tesoriere dell'Associazione Coscioni perché non li ha inseriti nella mozione di cui era primo firmatario? Perché non ha presentato un emendamento alla mozione?
6. Segretario e Tesoriere di Radicali italiani convocano il 18 ottobre scorso una riunione di direzione in vista del congresso in cui discutere di "Forma partito - eventuali modifiche statutarie". Dalle modifiche allo statuto proposte, l'associazione "Radicali italiani", come da tempo sostenuto dal tesoriere dell'Associazione Coscioni, cambierà nome e sarà denominata … "radicali", così da allinearsi  alla denominazione della lista che i quattro presentarono alle elezioni comunali di Milano e Roma. Si propone di abbassare il costo della tessera. Si propone che il comitato nazionale sia eletto nuovamente attraverso delle liste (sarebbe interessante andare ad ascoltare le motivazioni con le quali chi le vuole reintrodurre nel Congresso di Radicali italiani del 2010 propose ed ottenne di abolirle); si cancella la parte dell'articolo 1 che recita "Radicali italiani in quanto tale e con il proprio simbolo non si presenta a competizioni elettorali."
7. La proposizione "Radicali italiani in quanto tale e con il proprio simbolo non si presenta a competizioni elettorali." fu introdotta nello statuto di Radicali italiani con un emendamento approvato con 103 voti a favore e 100 contrari durante il congresso del novembre 2012. Tra gli interventi a favore quello di Emma Bonino che tra l'altro affermò:
(…) è una votazione che segna o segnerà, una svolta o una continuità sostanziale con quella che è stata la nostra storia e la nostra forza. (…) se Radicali italiani ritiene di essere il soggetto che autonomamente può decidere di presentarsi alle elezioni, cari amici e compagni questo non è il partito dove voglio stare, questo non è il partito dove io posso stare. (…) abbiamo capito prima di altri cosa vuol dire vivere le elezioni come scadenza di iniziativa politica e non come dato di aggregazione di un partitino qualunque come ne abbiamo visti nascere e morire tanti. Se è questa la vostra ambizione a me francamente non appartiene.
8. Se Radicali italiani deciderà di sostenere la proposta dei suoi dirigenti di essere il soggetto che autonomamente può decidere di presentarsi alle elezioni sarà questa, come affermato quando si decise di escluderlo, una svolta rispetto alla nostra storia.
Tutto legittimo. Ma non a spese e a carico del Partito radicale com'è accaduto anche negli ultimi dieci anni.
9. Finalmente il disegno politico di un partitino col piattino in mano è palese.
Un partitino che non ha nulla a che fare con la storia del Partito radicale, con il Congresso di Rebibbia e la mozione approvata dal Congresso.
Per andare alla radice delle cose, questa probabile scelta è la conseguenza del fatto che in questi anni non si è condivisa ma sopportata, evidentemente solo strumentalmente, l'analisi secondo la quale oggi è la "democrazia reale" ad aver preso il sopravvento; per non dire dell'analisi sul regime italiano. Oggi chi organizza una presenza elettorale autonoma di liste "radicali" lotta contro il Partito radicale nonviolento transnazionale transpartito.
10. Nel frattempo Emma Bonino è entrata, non essendoci comunicazioni ufficiali presumibilmente un anno fa, nel Global Board (consiglio di amministrazione) dell'OSF, Open Society Foundations che ne definisce la strategia, i bilanci, e la direzione di lavoro. Anche questa è una decisione legittima, ci mancherebbe altro! e sarebbe sbagliato trattarla come una scelta "tecnica" e senza risvolti politici.
A Soros e alla sua fondazione il Partito radicale ha sempre guardato con la massima attenzione, non ne ha sposato l'agenda politica, ma ha chiesto di finanziare la propria. Per la storia e la memoria: la fondazione Soros non ha mai finanziato una iniziativa del Partito radicale. George Soros si è iscritto al Partito radicale quando a Marco è stata data l'occasione di chiederglielo. A mia memoria Soros ha prestato due volte del denaro che gli è stato totalmente restituito ed ha finanziato un progetto della LIA nel 2003 per 100mila dollari.
* * *
A fronte di tutto questo l'appello alle compagne e ai compagni che in questi anni hanno continuato a credere e lottare, ad essere speranza, è di costituire e costruire il Partito radicale del 2017 e del 2018, senza il quale non riteniamo vi siano possibilità di alternativa alla distruzione di speranze liberali e di libertà.
Ce n'è più bisogno di ieri. E purtroppo, e non è la prima volta, sono proprio alcuni iscritti allo stesso Partito radicale che provano a normalizzarlo in un momento di massima difficoltà.
Nel carcere di Rebibbia, al 40° congresso straordinario del Partito radicale, ci siamo assunti una responsabilità che eserciteremo nelle forme e nei modi più utili al raggiungimento degli obiettivi che ci siamo dati.
Naturalmente non continueremo ad alimentare con denaro, mezzi e strumenti, come abbiamo fatto negli ultimi dieci anni, chi ha operato "una svolta rispetto alla nostra storia e la nostra forza".
E continueremo a rivendicare alla storia radicale l'apporto di chiunque abbia consentito nell'ultimo mezzo secolo al Partito radicale di Marco Pannella di essere il Partito che è, e che il Congresso di Rebibbia ha confermato di voler essere.
* * *
Faccio a questi compagni rianimati e coraggiosi, disinteressati e capaci, i miei migliori auguri. Ne hanno bisogno. Ho anche un consiglio, se permettono. Si guardino bene l'uno dall'altro, e ciascuno da se stesso. La prudenza non sarà mai troppa e il Partito non c'è più: è altrove. Dov'è sempre stato. A far la sua battaglia del 1983, dopo quella del 1982 o del '72 del '62. I fatti, solamente i fatti, diranno la verità sulle scelte, le ragioni, la moralità di ciascuno.
Posso sbagliarmi, certo: ma come da 27 anni, con tutto il Partito. Sbaglierò: ma se questo non è - come non è - un arrivederci, ancora una volta non sarà il Partito radicale a esser colpito da questo addio, che non ha voluto e che gli è stato imposto. Ora, al nostro lavoro, compagni del Partito. La lotta sarà durissima. Ma certo non a causa loro.
Erano le parole scritte da Marco Pannella oltre trent'anni fa, all'indomani di una profonda insanabile divergenza politica all'interno del Partito. E mi appaiono quanto mai attuali ed adeguate.
Allora una consulenza per quei compagni che si ritennero massacrati, oggi per quelli che vogliono far credere di essere stati espulsi o in via d'espulsione.
* * *
Spero ci incontreremo alla marcia per l'amnistia il 6 novembre alle ore 9.30 davanti al Carcere di Regina Coeli per andare a San Pietro ... e spero che, se non l'hai già fatto, presto ti iscriverai, contribuirai alla vita del Partito radicale. Grazie Marco.
Maurizio Turco
Rappresentante legale del Partito radicale
Presidente della Lista Marco Pannella

PREVENZIONE : L'UNICA ARMA CONTRO I TERREMOTI

                                                          La Basilica di Norcia

Ancora scosse  in Centro Italia. Il 26  e stamane, 30 ottobre.
Norcia ha subito danni incalcolabili. 
Ci si chiede fino a quando durerà questo fenomeno e quanti danni ancora provocherà.
Ma indipendentemente dalla situazione attuale , ci si chiede fino a che punto il fenomeno sicurezza e prevenzione verrà ancora ignorato malgrado i continui terremoti a cui è sottoposto periodicamente il nostro Paese. Si chiede che con forza e determinazione, mettendo da parte le opere di facciata come può essere il Ponte sullo stretto di Messina, il Governo attuale e quelli che verranno  lavorino per la messa in sicurezza del nostro Paese, tutto.
Nessuno è fuori pericolo, tutti noi viviamo con la spada di Damocle del terremoto sulla testa. I finanziamenti finora erogati sono sufficienti per   l'emergenza, ma non per la sicurezza. 
Si chiede ora al governo la sistematica messa in sicurezza degli edifici di tutto il Paese.
Ci vorrà tempo: ma questa operazione non è più procrastinabile. Bisogna iniziare una volta per tutte,
 Perché i terremoti non si possono prevedere e la gente deve imparare a conviverci in sicurezza, come succede in Giappone.. Basta con il sacrificio lento ma inesorabile di vite umane..
Domenico Fischetto


NIZZA MODELLO VIRTUOSO DI MOBILITA' REPLICABILE A ROMA?

Tram est ovest Nizza 4
Il tracciato della nuova linea est-ovest
 
Non si pensi che in Francia costruire una grande opera sia semplice e senza ostacoli. Anche Nizza ha discusso e approfondito il tema del trasporto pubblico in modo simile a quanto fatto a Roma. La differenza però è netta: una volta presa la decisione i lavori sono partiti subito, avanzano spediti e il progetto è chiaro fin dall’inizio, senza le innumerevoli modifiche che hanno caratterizzato la nostra metro c.
Tram nord sud Nizza
L’attuale linea nord-sud
 
Tram nord sud Nizza 2
Linea nord-sud, curatissima l’integrazione dei binari
 
La capitale della Costa Azzurra ha puntato molto su una nuova mobilità: tante preferenziali, piste ciclabili e soprattutto trasporto pubblico. La linea 1 del tram (quella nord-sud) è una delle più utilizzate in Europa. E da pochi mesi è iniziata la costruzione della linea 2, la est-ovest, che sarà un’opera del tutto innovativa. E’ di questa che vogliamo parlarvi perché potrebbe essere un valido esempio da imitare anche a Roma e soprattutto un compromesso tra coloro che sono contrari alla metro pesante e coloro che invece la ritengono indispensabile.
UN ESPERIMENTO UNICO. Il tram est-ovest di Nizza non è né l’uno né l’altro. E’ qualcosa di nuovo che già viene studiato in tutto il mondo. E’ un tram che cammina in superficie e su corsia protetta laddove può farlo (un po’ come il nostro tram 8) ma scende in galleria (una galleria poco profonda e poco costosa rispetto alla metro tradizionale) laddove è necessario.
 
Tram est ovest Nizza 3bis
Il rendering del tracciato in superficie: av de la Californie
 
Il nuovo tram non impatta sul centro della città: perché, la linea – arrivata al confine con le zone ottocentesche e poi nel centro storico – viene interrata per ben 5 fermate. Su 11,3 km di tracciato iniziale, 3,4 km saranno in galleria. La linea collegherà il porto con l’aeroporto in 26 minuti toccando numerosi nodi nevralgici della città, quali l’Hopital Lenval, l’Arenas, il Palais Nikaia. Mentre a Saint Augustin, il quartiere che precede l’aeroporto, sarà creato un polo di scambio con una diramazione per raggiungere il CADAM (Centro Amministrativo del Dipartimento delle Alpi Marittime). In sostanza servirà una popolazione di circa 250mila persone, con una capacità di trasporto molto elevata (120mila passeggeri/giorno).
Secondo le previsioni circoleranno 20 mila auto in meno sulla sola Promenade des Anglais ogni 12 ore, l’inquinamento atmosferico e acustico caleranno del 15 e del 17% e verranno creati i nodi di scambio con il TGV che arriverà direttamente in aeroporto.
Tram est ovest Nizza
La stazione sotterranea Jean Medicin
I costi sono nettamente inferiori rispetto ad una metro: il preventivo è di 650 milioni, ove il tratto interrato incide per 270.
Anche dal punto di vista dei tempi di realizzazione, sembra che la tecnologia scelta a Nizza sia vantaggiosa. A fine 2013, l’appalto per la costruzione delle gallerie è stato affidato al consorzio Thaumasia/Bouygues TP. Mentre il primo tram marciante è previsto per fine 2017. Dunque 3 anni per un’opera di tale rilevanza sono certamente pochi.
Tram est ovest Nizza 2bis
Il capolinea al Porto
A Nizza vi sono diversi uffici informativi, con personale gentilissimo che spiega tutti i dettagli del tracciato e i disagi che dovranno subire gli abitanti dei quartieri. Inoltre vi sono numerosi rendering delle prossime stazioni e dell’arredo urbano di superficie. A negozianti e abitanti è stata inviata una lettera (diversa per ogni quartiere) nella quale si dettagliano i lavori e le modifiche alla viabilità.
REPLICARLO A ROMA? Lo scopo di questo articolo, oltre al racconto di un’esperienza interessante in una citt� un po’ italiana per storia e conformazione, è la possibile replicabilità del modello a Roma. Pur non essendo dei tecnici del settore, già sappiamo che le gallerie superficiali nella nostra città potrebbero impattare sugli strati archeologici e dunque è da escludere che un’opera di questo tipo sia realizzabile nelle aree che il nostro PRG definisce città storica e consolidata. Ma è invece probabilmente applicabile in zone più periferiche ove l’Agenzia per la Mobilità già prevede la creazione di reti tramviarie.
Perché allora non studiare questo tipo di tramvia sull’asse della Tiburtina, su viale Marconi, sulla linea Eur-Isacco Newton-Corviale e sulla tratta Valle Aurelia-Circonvallazione Portuense.
Si tratta di progetti già previsti che tendono a ricucire buchi trasportici su ferro rilevanti. E che porterebbero ad un cambiamento radicale del pendolarismo romano. Una soluzione di questo tipo, meno costosa di una metro, ma incomparabilmente più efficiente di un tram, potrebbe essere la chiave di volta per una nuova mobilità cittadina.
Noi abbiamo lanciato l’idea, ora la palla passa ai tecnici che potranno dire se sia realizzabile o meno.


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Comitato per la tutela e la valorizzazione del complesso archeologico monumentale di Santa Agnese fuori le mura.
indirizzo: via di Santa Agnese 22 00198 Roma
sito :http://tuteliamosantaagnese.jimdo.com/
indirizzo email: tuteliamosantaagnese@gmail.com
tel. 06 86326125 cell.3206995392
Registrato all'Agenzia delle Entrate con partita IVA 97625480583

29 ottobre 2016

ONU: L'ITALIA DICE NO AL TRATTATO PER VIETARE LE ARMI NUCLEARI

L'Onu vota per vietare le armi nucleari, ma l'Italia dice no con gli Usa

Le Nazioni Unite hanno adottato a larga maggioranza una risoluzione politica per un Trattato internazionale che metta al bando le armi nucleari.
 
Consiglio dell'Onu-immagine di repertorio

Consiglio dell'Onu-immagine di repertorio

globalist28 ottobre 2016www.disarmo.org

Le Nazioni Unite hanno adottato a larga maggioranza una Risoluzione politica che chiede di avviare nel 2017 i negoziati per un Trattato internazionale volto a vietare le armi nucleari. Questa decisione storica pone fine a due decenni di paralisi negli sforzi multilaterali per il disarmo nucleare.

Durante una riunione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, che si occupa di disarmo e questioni di sicurezza internazionale, 123 nazioni hanno votato a favore della Risoluzione, mentre 38 (compresa l’Italia) hanno votato contro e ci sono stati 16 Paesi astenuti. 

Grazie a questa Risoluzione (denominata L.41) viene fissata un Conferenza tematica delle Nazioni Unite a partire dal marzo del prossimo anno: una riunione aperta a tutti gli Stati membri con il fine di negoziare uno "strumento giuridicamente vincolante per vietare le armi nucleari, che porti verso la loro eliminazione totale". I negoziati a riguardo continueranno poi nel mese di giugno e luglio.

La Campagna Internazionale per l'abolizione delle armi nucleari (Ican), coalizione mondiale della società civile attiva in 100 Paesi di cui anche Rete Italiana per il Disarmo è parte, ha salutato l'approvazione della Risoluzione come un importante passo positivo in avanti, che segna un cambiamento fondamentale nel modo in cui il mondo sta cercando di affrontare la minaccia degli ordigni nucleari.


"Per sette decenni l'Onu ha messo in guardia contro i pericoli dell’arma nucleare e tantissime persone ed organizzazioni nel mondo hanno portato avanti campagne per la loro abolizione. Oggi la maggior parte degli Stati ha deliberato di bandire queste armi" ha commentato Beatrice Fihn, Direttore esecutivo di Ican.

Nonostante un continuo braccio di ferro a riguardo di questo percorso condotto dagli Stati dotati di armi nucleari la Risoluzione è stata adottata con una vasta maggioranza. Un totale di 57 nazioni sono stati co-sponsor (cioè primi firmatari) del testo proposto, con Austria, Brasile, Irlanda, Messico, Nigeria e Sud Africa ad essersi assunti il compito di redigere concretamente la Risoluzione.

Il voto delle Nazioni Unite è avvenuto solo poche ore dopo l’adozione da parte del Parlamento Europeo di una propria risoluzione su questo tema: 415 voti favorevoli (con 124 contro e 74 astensioni) ad un invito verso tutti gli Stati membri dell'Unione europea a "partecipare in modo costruttivo" ai negoziati del prossimo anno. Un invito non raccolto dall’Italia che si è schierata contro la Risoluzione L.41 continuando, come nei passi precedenti di questo percorso, a sostenere la posizione degli Stati Uniti e di tutte le altre potenze nucleari. Ricordiamo che l’Italia è posta sotto “l’ombrello nucleare” della NATO e, a seguito degli accordi di cosiddetto “Nuclear Sharing”, ospita sul proprio territorio ordigni di tale natura.



“Siamo davvero molto contenti del risultato dei due voti, quello all’ONU ma anche quello al Parlamento Europeo” afferma Lisa Clark dei Beati i Costruttori di Pace organismo membro di Rete Disarmo “Davvero grande e prezioso è stato il lavoro di mobilitazione della Campagna ICAN, che ha avuto lo straordinario merito di aver rilanciato il disarmo nucleare a livello di movimento popolare e non solo più come tema di discussione tra pochi addetti ai lavori”. 

“Si è riusciti finalmente a formare un fronte unito tra gli Stati che da sempre di impegnano per il disarmo e tutti quelli che finora hanno rispettato il loro impegno di non dotarsi di armi nucleari (impegno presente nel TNP) a condizione che le potenze nucleari smantellassero i propri arsenali” sottolinea Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo “Un risultato ottenuto poiché molti Paesi si sono stancati di non veder realizzata la parte dell'accordo in capo agli Stati nucleari”.

“E' chiaro però che un Trattato per la messa al bando delle armi nucleari che non veda tra i propri membri le potenze nucleari non sarà sufficiente per realizzare davvero un disarmopieno” commenta ulteriormente Lisa Clark “Quindi dobbiamo prepararci un nuovo e lungo duplice lavoro. Da un lato portare avanti, a partire dall'anno prossimo, i lavori per il Trattato di messa al bando; dall'altro trasformare questo lavoro in un enorme movimento che entri dentro i meccanismi governativi delle potenze nucleari, facendo loro capire che quelle armi nei loro arsenali non sono il simbolo della loro potenza, ma solo la medaglia della vergogna che contraddistingue gli stati canaglia”.

Le armi nucleari rimangono le uniche armi di distruzione di massa non ancora fuori legge in modo globale e universale nonostante i loro catastrofici impatti ambientali e umanitari, ben chiari e documentati.

"Un Trattato che vieti le armi nucleari rafforzerebbe la norma globale contro l'uso e il possesso di queste armi, già presente nel Trattato di Non Proliferazione, chiudendo le principali lacune del regime giuridico internazionale esistente e stimolando un’azione di disarmo che per molto tempo si è bloccata", ha aggiunto a margine della riunione del Primo Comitato Beatrice Fihn. "Il voto di oggi dimostra molto chiaramente che la maggior parte delle nazioni del mondo considera necessario, possibile e urgente un divieto chiaro di esistenza e possesso di armi nucleari. Tali Paesi vedono questa come l'opzione più praticabile per ottenere un reale progresso sul disarmo globale”.

Le armi biologiche, armi chimiche, mine antiuomo e bombe a grappolo sono topologie di ordigni tutte esplicitamente proibite dal diritto internazionale. Attualmente per le armi nucleari esistono invece solo divieti parziali. Il disarmo nucleare è stata una delle priorità delle Nazioni Unite sin dalla creazione dell’Organizzazione nel 1945. Gli sforzi per far avanzare questo obiettivo fondamentale si sono fortemente rallentate negli ultimi anni, con le potenze nucleari che hanno deciso di investire pesantemente nella modernizzazione dei propri arsenali.

Venti anni sono passati dalla negoziazione del precedente strumento multilaterale di disarmo nucleare: il Comprehensive Nuclear-test Ban Treaty discusso nel 1996 ma che deve ancora entrare formalmente in vigore per l'opposizione di una manciata di nazioni.

La risoluzione di oggi agisce a partire dalla raccomandazione elaborata da un Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sul disarmo nucleare che si è riunito a Ginevra durante quest'anno per valutare il merito di varie proposte avanzate nel consesso internazionale per realizzare un mondo senza armi nucleari.

Il risultato ottenuto deriva anche dalle tre importanti conferenze intergovernative sull'impatto umanitario delle armi nucleari tenute in Norvegia, Messico e Austria tra il 2013 e il 2014. Questi incontri hanno contribuito riformulare il dibattito concentrandosi sul danno che tali armi infliggono sulle persone. Le Conferenze hanno inoltre consentito alle nazioni non nucleari di svolgere un ruolo più assertivo nell'arena del disarmo globale. Con la terza e ultima conferenza di tale serie, che ha avuto luogo a Vienna nel dicembre 2014, la maggior parte dei Governi aveva già segnalato la loro volontà di mettere fuori legge le armi nucleari.

In tutto questo processo, le vittime e i sopravvissuti di detonazioni di armi nucleari, tra cui i test nucleari, hanno contribuito attivamente al percorso. Setsuko Thurlow, una hibakusha (cioè superstite del bombardamento di Hiroshima), ha dichiarato dopo il voto all’ONU: "Questo è un momento davvero storico per il mondo intero. Per quelli di noi che sono sopravvissuti ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, è un'occasione molto gioiosa. Abbiamo aspettato così a lungo che questo giorno arrivasse. Le armi nucleari sono assolutamente aberranti e tutte le nazioni dovrebbero partecipare ai negoziati del prossimo anno per metterle fuori legge. Spero di essere io stessa a ricordare ai delegati del indicibili sofferenze che le armi nucleari causano. E quanto sia grande la nostra responsabilità e il nostro compito nel fare in modo che tale sofferenza non accada mai più”.

Ci sono ancora più di 15.000 armi nucleari attualmente nel mondo, in particolare negli arsenali di appena due nazioni: gli Stati Uniti e la Russia. Sette altri Stati possiedono armi nucleari: Gran Bretagna, Francia, Cina, Israele, India, Pakistan e Corea del Nord.

La maggior parte delle nove nazioni nucleari hanno votato contro la risoluzione Onu. Molti dei loro alleati, compresa l’Italia e gli altri Paesi in Europa che ospitano armi nucleari sul loro territorio come parte di un accordo NATO, non hanno sostenuto la risoluzione L.41. Ma le nazioni dell'Africa, dell’America Latina, dei Caraibi, del Sud-Est asiatico e del Pacifico hanno votato a grande maggioranza e ritorneranno ad essere protagonisti in occasione della Conferenza di negoziazione a New York il prossimo anno.

Lunedì scorso 15 vincitori del premio Nobel per la Pace hanno esortato le nazioni a sostenere i negoziati auspicando "una conclusione tempestiva e di successo in modo che si possa procedere rapidamente verso l'eliminazione finale di questa minaccia esistenziale per l’Umanità".

"Questo Trattato non riuscirà ad eliminare istantaneamente e con la bacchetta magica tutte le armi nucleari", ha concluso Beatrice Fihn. "Ma con esso si stabilirà un nuovo standard giuridico internazionale potente, che andrà a stigmatizzare le armi nucleari spingendo le nazioni ad intervenire con positiva urgenza nei processi di disarmo”. In particolare il Trattato metterà grande pressione sulle nazioni, come l’Italia, che ricevono qualche forma di protezione dalle armi nucleari di un proprio alleato; uno stimolo ulteriore a porre fine a questo tipo di politica, che potrà avere come ulteriore risultato una spinta al disarmo completo degli attuali Paesi nucleari.