30 settembre 2017

Recensione film: IL COLORE NASCOSTO DELLE COSE regia di Silvio Soldini


 Con Valeria Golino, Adriano Giannini, Arianna Scommegna, Laura Adriani, Anna Ferzetti, Beniamino Marcone, Valentina Carnelutti, Mattia Sbragia, Giuseppe Cederna, del 2017. Sceneggiatura di Silvio Soldini con Doriana Leondeff e Davide Lantieri.




Silvio Soldini è uno dei miei autori italiani preferiti. Ha fatto vari buoni film, ma a me è piaciuto moltissimo il suo Brucio nel vento del 2002, tratto da un romanzo dell’ungherese Ágota Kristóf, e che ho trovato un po’ truffautiano. La capacità di inserire l’elemento del sogno e di dare spazio alla fantasia, all’interno di vite talvolta monotone, mi pare sia una caratteristica di questo regista che si distacca dal neo-neorealismo di tantissimi autori italiani, forse anche perché Soldini ha studiato cinematografia presso la New York University. Anche quando gira dei documentari – come ne Il fiume ha sempre ragione del 2016 – la carica poetica si coniuga con quella tecnica. La sua concezione di cinema sembra essere quella di “una lente attraverso la quale si legge la vita”, che porta avanti con una regia rigorosa, minimalista, e un tocco leggero in contrapposizione ai personaggi inquieti che descrive nei suoi film.

In Il colore nascosto delle cose Soldini affronta il tema della cecità, ma sembra quasi un pretesto per parlare del mondo femminile versus quello maschile. Ha scelto di descrivere il rapporto che nasce tra Emma (una splendida e bravissima Valeria Golino), un’osteopata non vedente e Teo (il seduttivo Adriano Giannini), un pubblicitario playboy che lavora come in un’importante agenzia. Lui è il simbolo del maschio italiano (ma solo italiano?), ancora immaturo a quarant’anni, affetto di peterpanismo, incapace di affrontare le cose per quello che sono e di dire la verità anche, e specialmente, quando potrebbe far male. Quindi Teo finisce per comportarsi male con tutte le donne con cui ha un rapporto, anche con quella che crede di amare. Siamo a Roma in un habitat medio borghese – si riconosce qua e là il quartiere Flaminio - he vive e lavora in edifici alti attorno ad ampi cortili. Teo conosce casualmente Emma partecipando all’esperienza dei “Dialoghi al buio” in cui si viene guidati in un percorso privo di fonti luminose, cercando di sviluppare gli altri quattro sensi. Lì le persone prive di vista sono avvantaggiate perché abituate all’ascolto, agli odori e a tutte le altre sensazioni. Sempre accidentalmente Teo rincontra Emma in un negozio di vestiti femminili e si riconoscono dalle voci. A lui scatta la curiosità - oltre alla vanità della conquista – e va in terapia da lei pur di parlarle e di tentare di sedurla. Man mano impara a conoscerla e scopre che è una donna estremamente differente a tutte quelle che ha conosciuto. Emma è una persona positiva e, nonostante sia diventata cieca da adolescente, autonoma e coraggiosa. È piena di interessi, ama e cura le piante, ama anche il cinema e la musica, e dà ripetizioni di francese a una ragazza anch’essa cieca che non vuole accettare la propria menomazione. Emma si è separata dal marito da circa un anno e si sente gratificata nel momento in cui un uomo, e per di più piacente, si interessi a lei e la desideri. Teo, forse per la prima volta nella sua vita, si sente utile a qualcuno che, in qualche misura, deve proteggere e accudire. È sempre sfuggito da ogni responsabilità anche in famiglia. Il padre gli è morto quando lui aveva sei anni e la madre si era risposata, ma Teo non è riuscito mai ad accettare il patrigno, pertanto non ha fatto altro che scappare dal piccolo paesino da cui proviene, e poi collegio, università, lavoro, donne. Non tornerà a casa neanche per il funerale del patrigno. Sembra che le sofferenze infantili forgino in maniera decisiva molti personaggi maschili del cinema: anche Truffaut narrava di Antoine Doinel che scappava da casa perché aveva patito le cattiverie del patrigno in I quattrocento colpi del 1959, il primo film della serie sulla vita di Antoine.

Nel 2014 Soldini si è trovato in cura terapia da un fisioterapista non vedente e su questa idea ha già girato il documentario Per altri occhi – avventure quotidiane di un manipolo di ciechi. Da qui ha costruito questa storia d’amore dove la donna, in quanto essere femminile e per di più non vedente, possiede una sensibilità molto sviluppata contro la quale cozza l’incapacità di essere corretto del “curioso delle donne” per dirla con Alberto Bevilacqua. Il film è stato presentato fuori concorso alla 79ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.


29 settembre 2017

Roma Municipio III : Si avvicina la crisi?

                                                                 Ponte Nomentano
 
 
Sulla crisi di governo nel nostro municipio, vi dico come la penso.
Gli unici portavoce che rispettano lo spirito originario del Movimento 5 Stelle sono coloro che dall'inizio della consiliatura hanno sempre votato secondo coscenza (
Francesca Burri Valerìo Scamarcia Donatella Digiacinti, di recente anche Paolo Caviglioli ), nell'interesse dei cittadini e del territorio che amministriamo.
Il passaggio di una consigliera in opposizione, unico vero elemento di novità, sta facen...
do tremare la terra sotto i piedi alla maggioranza, che priva della forza dei numeri, ha deciso di non convocare la prossima seduta di consiglio e, forse, neanche le prossime.
La Presidente non dara' le dimissioni, sia perchè dovrà sostenere una campagna elettorale alle porte, sia perchè ha la necessità di "ripulirsi", nascondendo l'incapacità di amministrare e di guidare politicamente una maggioranza, imputandola all'opposizione e ai portavoce dissenzienti.
Intanto, ogni giorno, presso i locali municipali si presentano decine di cittadini, di dirigenti scolastici e di realtà associaztive che chiedono risposte, chiedono di essere ricevuti ed ascoltati e che, nel silenzio di questa onesta amministrazione, sono costretti a rivolgersi noi.
Si rivolgno a chi, ci è sempre stato, nel bene e nel male.
Cercano noi.
Noi che, pur non avendo vinto le elezioni e non essendo più al governo di questa città, ci sentiamo comunque addosso il peso delle responsabilità.
Nonostante l'Amministrazione sia sempre meno capace di dare risposte, non ci esimiamo dal cercarle insieme, consapevoli dei limiti burocratici ma anche forti della nostra determinazione.
Aspettate a stappare bottiglie, neanche ottenere le dimissioni è così facile, soprattutto per chi sta ancora cercando di capire cosa fare da presidente, da assessore o da consigliere.
Federica Rampini

Oggi, 29 SETTEMBRE





Oggi 29 settembre 2017 compie cinquant'anni una delle più belle canzoni scritte negli anni ^60.
Un ricordo doveroso all'Equipe 84 che insieme a tanti altri complessi, cantautori e cantanti di quella magnifica ed unica stagione musicale hanno accompagnato i primi amori e i sogni di chi scrive e della sua generazione.
Eravamo giovani, un po' ingenui forse. Ma alcuni di noi avevano grinta e determinazione sufficienti da rivoltare il mondo e da rimettere in discussione le mille convenzioni e i tabù che ormai lentamente, con le buone o con le cattive, si facevano da parte.
Ascoltiamola  insieme

https://www.youtube.com/watch?v=vGCA-320cbM

Domenico Fischetto

28 settembre 2017

Roma II Municipio:MA COSA CI SARA' DA FESTEGGIARE?

 
                                                 Parco Nemorense o Virgiliano
 
Il vostro cronista  era presente all'inaugurazione, domenica scorsa, del chiosco bar al Parco Nemorense . Ha anche tirato quattro calci ad un pallone, cosa che non gli succedeva da anni. L'aria era di festa. Molta gente che si accalcava in ogni dove. Una bancarella con vendita di frutta biologica (??), un complessino di giovani uomini di colore che suonava ritmi della loro terra lontana mentre uno spilungone ,che faceva parte della brigata, accennava a degli improbabili passi di danza, ma armonici. Un affollatissimo tavolo dove si distribuiva del cibo, non ha capito però di che tipo, ma ha immaginato  gratuitamente, vista la ressa. Ha evitato gli amministratori, che pur erano presenti e ne ha salutato solo uno, a cui lo lega una comune passata militanza .
Un senso di fastidio , di inadeguatezza , se non di vera e propria tristezza , malgrado la festa , lo aveva pervaso. Ed è andato via.
Ora leggendo quanto scrive Marchesini, che potete leggere subito dopo, ha capito cos'era, ha preso forma quel senso di disagio che si sentiva addosso.
E' giusto che un bar, dopo un così lungo periodo di chiusura , venga riaperto e restituito alla cittadinanza. Ma i problemi del Municipio sono ben altri . Sono problemi antichi a cui questa amministrazione non è stata capace finora  di dare una risposta, una soluzione. Al massimo emette  dei balbettii. Tra tutte la più recente: la vendita del Centro Ittiogenico compiuta dalla Regione Lazio senza che il Municipio II, la sua Presidente, ne fosse informata.
Non ci crediamo e non abbozziamo come invece ha fatto l'opposizione che si è accontentata e ha preso per buone le giustificazioni un po' debolucce sempre della Presidente riportate in Consiglio. Neanche un documento di condanna è stato preparato dall'opposizione e portato alla discussione e alla votazione in Consiglio.
Un'opposizione  all'altezza della mediocrità della maggioranza.
 
 
Domenico Fischetto
 
 
Non sono contro le feste, anzi. Meglio ancora se aperte e pubbliche. A quella dell'inaugurazione di domenica scorsa del chiosco bar al Parco Nemorense non ci sono andato perché impegnato nell'assistenza a un ragazzino ricoverato al reparto chirurgia d'urgenza del Policlinico. Mi dicono che la festa è andata benissimo, e ne sono contento. Ma, se devo essere sincero, io alla festa ci sarei andato per chiedere agli amministratori presenti: e la palestra del Campo Artiglio chiusa da anni in attesa del collaudo? E la piscina e il campo da tennis promessi a compensazione dell'enorme parcheggio privato costruito in Via Como? E Villa Massimo chiusa e abbandonata con dentro un enorme ristorante abusivo che funziona a pieno ritmo? E l'Istituto Ittiogenico passato di mano tra il lusco e il brusco dal pubblico al privato? E Villa Blanc che funziona a pieno regime al servizio delle élites industriali e finanziarie, mentre il Piano Regolatore Generale ne prevede un uso di spazi e servizi per i cittadini del quartiere e i bambini della scuola dell'obbligo? E noi dovremmo partecipare felici alla festa per l'inaugurazione del chiosco bar dentro Parco Nemorense? 
 E quando fossero finalmente risolti i problemi veri del II Municipio, che dovremmo organizzare una festa generale con accesso pubblico libero a mense luculliane.
 
Gian Carlo Marchesini

27 settembre 2017

TRE RIGHE, le notizie e i protagonisti, settembre 2017





IL PRE CONTO ovvero VIVA L'ITALIA DELL'EVASIONE

                                                 
    
 
Cosa resta da fare se non pagare il conto al termine di una serata in pizzeria o al ristorante? Ma chiedere il conto ovviamente all’efficientissimo cameriere che in un nano secondo, ripiegato su un piattino, ti porgerà quanto richiesto. Apriamolo dunque questo conto che speriamo non contenga sorprese. Infatti è sempre buona norma leggerlo e verificare che in esso siano contenuti tutti gli elementi che hanno composto la tua cena. Siamo su questa terra e a tutti capita di sbagliare!!! Dopo la verifica aprite il portafoglio oppure dite ai vostri amici a quanto ammonta la propria quota e vi apprestate a pagare. Ma attenzione ! Quel fogliolino che apparentemente dovrebbe essere il conto, non è altro che il “pre conto”. Ma che diavolo è il pre conto? E’ la nuova e non tanto originale maniera per alcuni ristoranti e  pizzerie di evadere. Ma perché? Perché qualora tu ti accorgessi prima di aver pagato che quel fogliolino anonimo che contiene tutte le portate della tua cena non è altro che un fogliolino qualsiasi senza nessun riferimento fiscale né tantomeno del luogo dove hai consumato il pasto, allora ti si apre un mondo.  La cosa esilarante infatti è che se si fa notare questa “discrepanza” al solerte cameriere, lui ti risponde accampando mille pretesti e che la ricevuta il cliente la può ritirare direttamente alla cassa. Cioè tu devi andare alla cassa a richiedere una ricevuta che è tuo diritto ricevere subito e senza indugio al tuo tavolo. Cose da pazzi!!
Siamo veramente sconfortati. L’evasione nella ristorazione con questo sistemino è altissima. Immaginiamo i turisti per esempio, vittime innocenti di questi “osti” evasori. Non chiediamo nemmeno dove siano i controlli e dove sia  la Guardia di Finanza che dovrebbe far chiudere sistematicamente gli esercizi che mettono in atto questa losca pratica. Si sa: ogni italiano si arrangia. Come può e come meglio può.
L’unica maniera per combattere l’evasione  SEMPRE  è limitare l’uso del contante all’acquisto delle caramelle, per esempio. Ma sappiamo bene che  al governo ci sono degli uomini di mondo che sanno bene come vanno le cose in Italia e si guardano bene dal rendere obbligatorio, per esempio,  i pagamenti con carta di credito o bancomat limitando al massimo l'uso del pagamento con contanti, che adesso incredibilmente è fissato a € 3.000.
Allora noi, ritornando al nostro ristorante davanti al pre conto, stanchi di sentire le solite scuse, declinate a volte con una buona dose di fantasia e di faccia tosta dal cameriere, tiriamo fuori la nostra carta di credito e paghiamo costringendo l'oste ad emettere la ricevuta in quanto l'operazione è tracciata. E la faccenda finisce lì e finalmente abbiamo in mano il nostro sudato documento fiscale. Ma quanti lo fanno?
VIVA L’ITALIA DELL’EVASIONE !!!
 P.S. Ovviamente nella ristorazione c'è una parte "sana" che è estranea a questa pratica.
E meno male, diciamo noi
Domenico Fischetto

Centrosinistra: Un unico appello: "Solo uniti superiamo la soglia di sbarramento"

 
 
                                                                  Giuliano Pisapia
 
"Oggi per come è messo il nostro Paese l'unico modo per sconfiggere le destre è mettere insieme una coalizione di centrosinistra". Queste le parole di Giuliano Pisapia, leader di Campo Progressista, alla Festa de L'Unità di Roma. Parole dettate senza dubbio dalla perdita di quota costante della sinistra in Europa. Nelle città e nei quartieri periferici dove una volta sventolavano fiere le bandiere dei democratici oggi si affermano con forza politiche conservatrici o populiste che cavalcano l'onda della rabbia e della disperazione di chi arranca, di chi non ce la fa ad uscire da una situazione di disagio economico e sociale. Proprio in quelle realtà, in cui muore il mondo, i cittadini oggi ripongono la propria fiducia in chi offre loro un capro espiatorio su cui scaricare le proprie frustrazioni. L'Altro. Lo straniero. L'immigrato.
Ci convinciamo così che la causa di tutti i nostri mali siano gli stranieri, eppure l'11% del nostro Pil è prodotto dagli stranieri che pagano le tasse nel nostro Paese. E quei soldi non servono ad altro che a liquidare le pensioni ai nostri cittadini più anziani. Eppure il segretario del PD parla di Marchionne come cittadino modello. Un imprenditore che guadagna in Italia, ma per evadere le tasse ha spostato la propria residenza in Svizzera. Insomma come dice Massimo D'Alema, "la finanza ha i conti alle Cayman, società offshore a Malta e dal palco della Leopolda ci spiega cos'è la sinistra".
Allora quando Pisapia invita il PD a riconoscere di non essere autosufficiente perché per sconfiggere la destra e il populismo c'è bisogno della sinistra unita, individua nelle politiche conservatrici il male assoluto per l'Italia, o per quella sinistra che ha bisogno di ricollocare tutti i suoi "generali" senza esercito? E ancora, quando il leader di Campo progressista sollecita a "non guardare solo ciò che divide la sinistra, ma anche ciò che la unisce", a quali valori fa riferimento? Perché è piuttosto difficile tenere insieme chi vorrebbe regolare l'immigrazione e chi sostiene che bisogna "aiutarli a casa loro"; è molto complicato far dialogare chi parla di investimenti per creare lavoro e chi utilizza la politica dei bonus a scopo puramente elettorale.
E mentre a destra, nonostante le polemiche intorno alla figura del futuro leader della coalizione, sono tutti piuttosto uniti nella visione politica d'insieme; mentre da Rimini, nonostante le discussioni per la nuova forzata investitura di Luigi Di Maio a capo del Movimento 5 stelle, si fa appello alla "disciplina e all'onore" per conquistare il governo del Paese; la sinistra tenta di riconquistare il suo popolo e la fiducia dei propri elettori con un unico appello ripetuto come un mantra "solo uniti superiamo la soglia di sbarramento".
Maura Pisciarelli

26 settembre 2017

DA DOVE VIENE IL DISSESTO ATAC?

 
 
Si parla tanto di ATAC in questi giorni. Soluzioni non facili per salvare l'azienda vengono prospettate. Lacrime e sangue per i lavoratori. Referendum si, referendum no.
Ma le cause di cotanti guai da dove nascono?
Ci viene in soccorso questo filmato, ormai di qualche anno fa, che con parole efficaci punta il dito sulle cause, almeno parziali, non tanto nascoste del dissesto ATAC.
Ascoltiamole insieme.

https://www.youtube.com/watch?v=h3d7_Um_Ddc


Un ringraziamento al bravissimo Dorelli e al suo gruppo

Ma che paese è mai questo?

 
Mi va bene tornare a mettere i piedi per terra, ma non precipitando in una cloaca a cielo aperto.
Ieri la notizia dei più di cinquanta professori universitari di scienza delle finanze e diritto tributario – tra cui l’ex ministro Fantozzi e anche consulenti componenti di commissioni governative – che esercitavano la propria “missione” fregandosene del merito e delle capacità, badando soltanto ai propri interessi di professionisti privati e, nel migliore dei casi, favorendo la propria lobby.
Non è questo che mi ha colpito. Soltanto i governi (tutti) e quelli che dovrebbero presiedere al buon funzionamento delle nostre università, possono cadere dalle nuvole.E’ faccenda conosciuta da tutti che i baroni universitari, in barba a tutto, badino più al progresso dei propri affari che a quello della scienza.
Quello che mi ha fatto cadere le braccia è la registrazione di una frase, detta ad un ricercatore meritevole, cui il barone stava chiedendo di lasciare il passo a un proprio pupillo, forse non cretino, ma certamente con meno diritti e capacità: “smettila di fare l’inglese e fai l’italiano”.
Questo barone cloachesco, ritiene che gli italiani siano furbi e non stupidi come gli inglesi e quelli come loro, che hanno comportamenti difformi da quello dettato dall’intelligenza furbesca e senza dignità.
Questa gente dovrebbe essere messa alla gogna, trascinata come una volta in giro per il paese, esposta sulle piazze dove chiunque si senta offeso dal loro comportamento e dal loro modo di interpretare il mondo, abbia il diritto di insultarli e bersagliarli con verdura e frutta marcia.
Oggi però sono stato colto da una nuova e altrettanto indecente notizia, che mi ha fatto dubitare che i professori di preclara furbizia, possano mai esser sbeffeggiati sulle pubbliche piazze.
Mi è venuto da pensare che alla gogna potrebbero finire i “gonzi” che non si adeguano all’andazzo.
Molti cittadini italiani, specialmente romani, avendo saputo che per ottenere non so quale tipo di contributo per indennizzo dei guai da terremoto, sarebbe bastato avere la residenza in uno dei comuni compresi nel “cratere” definito per legge, si sono affrettati a chiedere la residenza in Amatrice e forse in altri comuni colpiti dal disastro. Naturalmente la residenza era in una casa distrutta e sarebbe stato difficile altrimenti. Finalmente qualcuno se ne è accorto, visto che statisticamente la cosa era inusuale e difficile da trangugiare anche con tutta la buona volontà; non capita certo tutti i giorni che in molti, si chieda precipitosamente la residenza in un comune disastrato e invivibile.
Cosa ci si può aspettare da un popolo con questa moralità pubblica? Anzi, con questa mentalità malata e puzzolente?
Eppure, in entrambi i casi – uno togato e uno straccione -  è l’arte di arrangiarsi di cui si mena tanto vanto.
Evviva l’Italia.
E la sua cultura diffusa.
Umberto Pradella

IL RAZZISMO ITALIANO

 
di Fabrizio Casari
L’abbandono dello Ius Soli da parte del Partito Democratico certifica l’esaurirsi di ogni più piccolo ruolo di barriera culturale e politica alla barbarie montante. Dimostra la definitiva subalternità di un partito incapace di difendere principi e sostenere interessi che non siano quelli delle banche e delle grandi imprese e consegna con ciò il suo ruolo di collante sociale alla più dannosa inutilità. La scusa è la mancanza di consenso parlamentare, ma si tratta di inizio di campagna elettorale.
Oltre che giusto, approvare lo Ius Soli sarebbe stato un segnale forte ad un paese ormai bersagliato da un odio maniacale iniettato via politica e mediatica nelle sue vene. Vittima silente del sonno della ragione, l’Italia non è invasa dagli stranieri ma da trasmissioni televisive che fingono di esercitare il diritto di cronaca per dare voce a criminali travestiti da giustizieri, ad articoli di giornale che accarezzano gli istinti più bassi, con i social media ormai divenuti palestra dei webeti e degli odiatori a tempo indeterminato.

L’Italia ha in buona parte perso il senso comune del civismo e della solidarietà, del buon senso e della ragione. E' sommersa da razzismo, qualunquismo, spaccio d’odio gratuito e a volte inconsapevole, istintivo spesso, ma in diversi casi voluto e pianificato. Ormai sembra inarrestabile la furia iconoclasta degli ignoranti. Uno stato di simbiosi al servizio di una operazione sociopolitica è in corso.
Ci campano sopra una messe di politicanti ignobili che speculano sulle paure per prendere voti, sospinti dai giornali di destra eccitati dal fascismo che lanciano bufale per vendere copie. E’ così che l’intera vicenda delle migrazioni ha assunto il carattere generale delle fake news.

Le bugie, grossolane e continue, hanno sostituito completamente la verità dei fatti, persino il racconto della cronaca. I numeri vengono artatamente gonfiati a dismisura e alcuni sondaggi inventati servono a cavalcare l’onda, che porta alla totale dicotomia di giudizio nei confronti – persino - della violenza sessuale: la vittima e il carnefice non sono distinguibili per quanto fatto ma dal colore che hanno. L’Italia, dove fino a pochi decenni orsono vigeva il delitto d’onore nel codice penale, è il paese con il più alto numero di femminicidi d’Europa. Sei stupri su dieci sono ad opera di italiani, spesso fidanzati, conviventi o parenti delle vittime, ma solo se è un extracomunitario si fa cenno con aggiunta di rabbia alla nazionalità del carnefice. Il colpevole, insomma, non è una storia di odio verso le donne ed ignoranza, ma è il colore.

Nulla risponde al vero di quanto viene spacciato nella propaganda razzista: solo per citare un esempio, le case ai clandestini non esistono: per il semplice fatto che sono clandestini non possono essere soggetti riconoscibili e destinatari di qualunque diritto. Ovvero: se non sappiamo chi sono e dove sono, come facciamo a dar loro alloggi?

Migranti che ci tolgono il lavoro, dicono, ma anche questo è falso. Semmai ci permettono di non mandare l’Inps al collasso con i loro contributi. Precario, con paghe ignobili e orari indegni, il lavoro è ridotto a schiavitù, ma piuttosto che chiedere il ripristino della civiltà del lavoro, la sue centralità nella vita quotidiana, ce la prendiamo con chi è più schiavo di noi. Basta essere padri o figli adulti per sapere che i ragazzi italiani non vengono assunti nel commercio: si preferiscono gli extracomunitari, ricattabili e soggiogabili, cui assegnare ruoli, orari, paghe e inquadramenti (quando ci sono) da schiavi moderni, tenendosi al riparo da vertenze e altro. Ma noi, invece di accusare e colpire i commercianti evasori e assetati di profitti illegittimi, accusiamo i migranti di toglierci il lavoro.

Allora si passa alla criminalità, come se la nazione che ha dato vita a mafia, ndrangheta, camorra, sacra corona unita, mafia del Brenta e banda della Magliana, prima dell'arrivo dell'immigrazione fosse stata un'oasi di legalità. Poi c’è il denaro: ci si riferisce ai famosi 35 euro giornalieri in carico all’amministrazione dello Stato per ogni migrante dei CIE. Ma che arrivino ai migranti è totalmente falso: i migranti non vedono un euro e quei 35 (quando ci sono) vanno nelle tasche delle strutture che stipulano contratti che poi si guardano bene dall’onorare.
Sarebbe naturale chiedere l’arresto dei titolari di quelle strutture, ma dato che spesso sono legate ai politici di turno, se ne fa a meno, preferendo incolpare i migranti delle ruberie delle italianissime cooperative o società di servizi. L’importante è spararla grossa, trasformare l’informazione in disinformazione, costruire consenso su bugie conclamate che servono all’innesco di un clima da fascismo sociale che tornerà utile sul terreno elettorale.

Del resto i partiti che dovrebbero contrastare sul piano politico la diffusione del morbo razzista si guardano bene dal farlo per interessi elettorali. Piuttosto che svolgere la funzione pedagogica che gli è propria, preferiscono accarezzare il pelo al clima in voga, rinunciando al sacrosanto Ius soli, appunto.
L’Italia è un paese di tradizione razzista. Lo è per storia, visto che i nazisti appresero dal fascismo le leggi razziali. Lo stesso colonialismo italiano fu tra i più feroci ed inutili, non lasciò tracce di nulla se non di sangue e venne cacciato a calci dall’Africa, tanto era ridicola la sua aspirazione di conquista. Quella, per capirci, che spinse un fascista travestito da benpensante, come Indro Montanelli, a comprarsi una bambina africana di 13 anni per soddisfare le sue porche voglie.

Fu la rincorsa alla “quarta sponda” di una nazione che, colonizzata da tutti, volle improvvisarsi colonizzatrice, è rimasto un desiderio latente del cialtronismo nazionale, esperto in “armiamoci e partite”. Toccò ai partigiani antifascisti riscattare l’onore dell’Italia ma la vergogna non venne sufficientemente sepolta e, come un fiume carsico, riaffiora sotto le spoglie di personaggi da operetta, più ridicoli che tragici ma non per questo meno pericolosi.

A completare il quadro di un malinteso senso della nazione arriva la follia della rinuncia allo Ius soli. Pensare che sia “il sangue” a determinare il diritto è follia razzista. Come se il sangue di un essere umano avesse bandiere, come se il diritto a nascere fosse riconoscibile solo a chi ha generazioni di parentela locali. Pensare che ci sia un diritto basato sulle discendenze familiari o sul colore della pelle è un’interpretazione etnica del diritto di cittadinanza, dunque razzismo. Questo è lo Ius sanguinis: un sottoprodotto ideologico dell’idea di una superiorità della razza, culla consolidata del peggior orrore conosciuto nel 900.

Ma ora l’Italia, oltre 70 anni dopo la liberazione dall’orrore fascista, sembra voler rimettere indietro le lancette della sua follia ideologica, che ha nel razzismo una precondizione e una conseguenza al tempo stesso. Riproponiamo un diritto distorto, che ha nella consanguineità l’elemento premiante. Un esempio? Abbiamo concesso il voto agli italiani all’estero, molti dei quali in Italia non sono mai venuti nemmeno in vacanza, forse avevano un bisnonno partito negli anni 30 per le Americhe.

Sono persone che ormai non hanno nessun interesse verso il nostro paese, non parlano la nostra lingua, non hanno idea della nostra Costituzione e dell’impianto giuridico sul quale lo stato si sostiene. Non lavorano qui, non contribuiscono al nostro PIL, né alla nostra fiscalità, eppure eleggono deputati nel nostro Parlamento. A chi invece è nato qui, figlio di immigrati che vivono e lavorano qui, che pagano contributi e imposte e che partecipano al nostro PIL, non viene riconosciuto il diritto di potersi dire cittadino italiano.

Gli applausi, la generale percezione dei migranti come pericolo apre il cerchio della rappresentazione che si chiude con l’odio e la rabbia distillati sapientemente. Ovvero, la rimozione della ragione in favore degli impulsi, che più bassi sono e più legittimi sembrano. E’ la più grande vittoria del capitalismo sul piano sociologico: la precarietà assoluta del lavoro, l’inutilità di fatto dei percorsi accademici, la morte della scuola e insicurezza sociale, la disperazione dei giovani e la fine del sistema pensionistico non sono il risultato del modello capitalista in vigore dal 1989, ma sono invece colpa dei migranti.

Per impedirci di rivolgere la rabbia verso i centri di potere interni ed internazionali ci viene proposta la ricetta più semplice: pensare che sia quello più povero e con meno diritti di te il destinatario della tua ribellione. E’ davvero la chiusura del cerchio di una società smarrita e priva di riferimenti, instupidita e affetta da sindrome di Stoccolma.

C’è un clima di odio che va contrastato con ogni sforzo. Le strategie elettorali non possono e non devono negare alla radice il senso più profondo della politica: quello di educare al civismo un popolo ancora preda del suo egoismo dai tratti criminali, di legittimare il progresso con la civiltà. Per questo allo Ius Soli non si deve rinunciare. In fondo, a questo serve la politica e l’idea di comunità che gli appartiene: a dedicare il tempo della propria vita per lasciare un paese migliore di quello in cui si è nati.

 
 

Roma Caffè Letterario: MEET THE NEW ROME TEAM 3 ottobre

Riceviamo e volentieri pubblichiamo


Democrats Abroad
Meet the New Rome Team
Tuesday 3 October 2017
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Come meet the new leadership team for the Democrats Abroad Rome & Southern Italy Chapter.
RSVPs
are greatly appreciated on the Democrats Abroad website: Click here to RSVP


WHO:

-New members who want to meet the new team and each other
-Prospective members who haven't signed up yet
-Not-so-new members who want to reconnect

WHAT:

-Apericena and political comedy
-Meet the new Board
-Learn about upcoming events and ways to take action
-Sign-up or renew your membership (it's free!)
-Meet like-minded Americans
-Buy an official DA t-shirt, tote bag or button

WHEN:

Tuesday, October 3, 2017
7:00 pm - 9:30 pm

WHERE:

Caffe' Letterario
via Ostiense, 95
00154 Roma
(nearest Metro stop: Piramide)

WHY:
Millions of Americans from all 50 states live abroad. We have the power to influence Congress and sway elections!


RSVPs (Click here)
on DemocratsAbroad.org are greatly appreciated:



DA Italy-Rome
http://www.democratsabroad.org/ (copiare il link nella barra degli indirizzi)
Democrats Abroad
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25 settembre 2017

La Catalogna vista da un basco

 
 
 
In passato abbiamo  pubblicato spesso sul nostro giornale molti interventi di Massimo Marnetto, da lui inviate in qualità di Coordinatore del Circolo Romano di Libertà e Giustizia.  Questa mattina abbiamo ricevuto una sua nuova mail con il resoconto delle amichevoli conversazione di un  pranzo domenicale tra amici al quale Massimo ha preso parte. Il resoconto ci è piaciuto e  trovato interessante.
Ve lo proponiamo Buona lettura.

 
                                         
                                                        La bandiera della Catalogna
 
Pranzo domenicale da amici in campagna, dove tutti abbiamo portato qualcosa. Davanti a me c'è un docente basco, da tanti anni in Italia. Mi versa un'ottima zuppa di ceci e castagne, tipica di questi posti nei Monti Cimini. Dopo qualche chiacchiera, gli chiedo della Catalogna, vista da un basco.
"E' una situazione complicata. Passato e presente s'intrecciano. Il centralismo di Madrid ha sempre soffocato le comunità identitarie. Dove si parla persino una lingua diversa. Sai che se parlo basco uno spagnolo non mi capisce?"

Ma è una questione di ideali o di interessi, visto che la Catalogna è una delle regioni più ricche della Spagna? Anche in Italia, le regioni più ricche vogliono la secessione.
"Sì, i soldi sono un argomento importante, perché i catalani danno in tasse molto più di quanto ricevono in servizi. Il grosso va a Madrid e la gente non pensa più che sia distribuito ad altre regioni meno prospere, ma che finisca nella corruzione ".

Si aggiungono alla discussione altri commensali e altre domande.
Ma cosa c'è veramente sotto questa rivolta?
"C'è una diversità culturale enorme tra questa regione - dinamica, progressista, cosmopolita, evoluta - e il resto della Spagna, ancora dominato da una società profondamente agricola, conservatrice e che viene foraggiata e controllata con generosi sussidi.

La Chiesa in Catalogna è neutrale?
"Scherzi? Ci sono parrocchie che espongono la bandiera catalana. Un convento di suore di clausura ha dato la dispensa ad una loro sorella - medico e teologa - per andare tra la gente e sostenere il movimento. Tieni conto che la Chiesa catalana è profondamente conciliare, aperta, e spesso ha dovuto subire la disciplina della curia di Madrid".

Ma c'è una Costituzione che non prevede separazioni. Perché non si ragiona sull'autonomia, invece che sull'indipendenza?
"Credo, spero che alla fine saranno - tutti - obbligati a sedersi intorno a un tavolo e a parlare di nuove forme di convivenza. Non so se questa energia popolare si potrà incanalare in nuove forme di autonomia, ma Rajoy sbaglierebbe ad usare ancora la forza. Già ora, spesso la polizia locale, nelle manifestazioni, si toglie i caschi e si rifiuta di manganellare i dimostranti con le mani alzate. E la gente applaude.

Ma allora l'Europa - interviene anche il padrone di casa - che fine fa? Non ti sembra un controsenso che questa voglia di secessione in uno stato si manifesti mentre si spinge per una maggiore unione tra gli stati?
"E' un controsenso solo apparente. In Catalogna sono più europeisti che in molti altri stati. Ma in Europa vogliono andare come nazione, non come regione."

Doveva piovere, invece c'è l'ultima aria tiepida che muove le chiome degli alberi. Fa bene parlare con calma.

Massimo Marnetto





 
Pranzo domenicale da amici in campagna, dove tutti abbiamo portato qualcosa. Davanti a me c'è un docente basco, da tanti anni in Italia. Mi versa un'ottima zuppa di ceci e castagne, tipica di questi posti nei Monti Cimini. Dopo qualche chiacchiera, gli chiedo della Catalogna, vista da un basco.
"E' una situazione complicata. Passato e presente s'intrecciano. Il centralismo di Madrid ha sempre soffocato le comunità identitarie. Dove si parla persino una lingua diversa. Sai che se parlo basco uno spagnolo non mi capisce?"


Ma è una questione di ideali o di interessi, visto che la Catalogna è una delle regioni più ricche della Spagna? Anche in Italia, le regioni più ricche vogliono la secessione.
"Sì, i soldi sono un argomento importante, perché i catalani danno in tasse molto più di quanto ricevono in servizi. Il grosso va a Madrid e la gente non pensa più che sia distribuito ad altre regioni meno prospere, ma che finisca nella corruzione ".
Si aggiungono alla discussione altri commensali e altre domande.
Ma cosa c'è veramente sotto questa rivolta?
"C'è una diversità culturale enorme tra questa regione - dinamica, progressista, cosmopolita, evoluta - e il resto della Spagna, ancora dominato da una società profondamente agricola, conservatrice e che viene foraggiata e controllata con generosi sussidi.
 
 
La Chiesa in Catalogna è neutrale?
"Scherzi? Ci sono parrocchie che espongono la bandiera catalana. Un convento di suore di clausura ha dato la dispensa ad una loro sorella - medico e teologa - per andare tra la gente e sostenere il movimento. Tieni conto che la Chiesa catalana è profondamente conciliante, aperta, e spesso ha dovuto subire la disciplina della curia di Madrid".
 
Ma c'è una Costituzione che non prevede separazioni. Perché non si ragiona sull'autonomia, invece che sull'indipendenza?
"Credo, spero che alla fine saranno - tutti - obbligati a sedersi intorno a un tavolo e a parlare di nuove forme di convivenza. Non so se questa energia popolare si potrà incanalare in nuove forme di autonomia, ma Rajoy sbaglierebbe ad usare ancora la forza. Già ora, spesso la polizia locale, nelle manifestazioni, si toglie i caschi e si rifiuta di manganellare i dimostranti con le mani alzate. E la gente applaude.
 
Ma allora l'Europa - interviene anche il padrone di casa - che fine fa? Non ti sembra un controsenso che questa voglia di secessione in uno stato si manifesti mentre si spinge per una maggiore unione tra gli stati?
"E' un controsenso solo apparente. In Catalogna sono più europeisti che in molti altri stati. Ma in Europa vogliono andare come nazione, non come regione."
 
Doveva piovere, invece c'è l'ultima aria tiepida che muove le chiome degli alberi. Fa bene parlare con calma.


Massimo Marnetto


I commenti in rete




La conversazione riferita da Marnetto è interessante e dà lo spunto alla possibilità di entrare nel merito di un problema importante: la cessione di sovranità.
L’Europa, a mio giudizio, sta soffrendo perché nessuno se la sente di cedere parte della propria autonomia: i governi perché dovrebbero cedere ad altri i propri privilegi ( sono amaro ), e le nazioni nel loro complesso perché certamente avrebbero vincoli che oggi gli abitanti non hanno e non vogliono avere. Per non parlare dell’Italia, penso all’Ungheria e all’Inghilterra.
Tornando alla Catalogna, quando una regione progredita, culturalmente e industrialmente, ritiene di pagare più tasse del resto del paese, e di avere, quindi,  diritto ad una maggiore autonomia, dovrebbe tenere presente  i vantaggi che provengono dal fare parte di una comunità più numerosa.
Il Veneto voleva la secessione?  ( ricordo il carro armato a piazza S.Marco )
Qualcuno gli dovrebbe ricordare il trattato di Campoformio ( 1797 ).
Napoleone aveva vinto la guerra con l’Austria ( se non mi sbaglio contro la prima coalizione ), conquistando la Lombardia e voleva che l’Austria gliela cedesse definitivamente. Per ottenerla la scambiò col Veneto. "Tu mi dai la Lombardia ed io ti do il Veneto". Ma non era un suo possedimento! Era una repubblica indipendente, autonoma da secoli, gloriosa, anche se un po' debole. Ma  la cedette come fosse sua.
Viceversa l’Alto Adige, provincia austriaca, da sempre rivendicata dall’Italia, non era autonoma e per ottenerne la cessione si dovettero fare quattro guerre, di cui solo l’ultima, la grande guerra, ottenne il risultato voluto.
Quelli che andarono a piazza S.Marco col carro armato, nella loro ignoranza credo non conoscessero il trattato di Campoformio.
Tornando alla Catalogna questa dovrebbe tenere presente che l’unione fa la forza, e che questa ha un prezzo. Quando Napoleone conquistò la Spagna furono l’Aragona e l’Andalusia a ribellarsi e a ristabilire, a beneficio di tutti, l’indipendenza della Spagna.
Grippo

 

Elezioni tedesche: Il vento dell'estremismo di destra soffia in tutta Europa.

 
                                                           Alice Weidel, leader AFD
Il vento dell'estremismo di destra sembra ormai soffiare in tutta Europa. In Germania infatti, Alternative fur Deutschland sale sul podio conquistando il terzo posto alle elezioni di ieri con il 12,6% dei consensi. Al secondo posto con il 20,5% dei voti si posiziona il partito socialdemocratico (Spd) guidato da Martin Shulz. Un risultato storico. Il più basso dal secondo dopoguerra: un calo di 5 punti percentuali rispetto alla scorsa tornata elettorale. Come da previsioni, invece, le elezioni tedesche sono state vinte dai cristiano -democratici  guidati dalla cancelliera Angela Merkel con il 32,9%. Un calo molto marcato, pari quasi al 9%.
Non si può sottovalutare la forte crescita del partito liberale che lambisce l'11%, guadagnando 6 punti percentuali rispetto al tracollo del 2013, quando da junior partner uscente della coalizione con il Cdu-Csu non riuscì nemmeno ad entrare in Parlamento. Stazionario è infine il consenso raccolto dai Verdi e dal l'estrema sinistra della Linke, rispettivamente dell'8 e del 9%.
Non si sa ancora chi governerà la Germania: i tedeschi decidono le eventuali alleanze dopo le elezioni, non prima. L'unica certezza è che la cancelliera sarà per la quarta volta Angela Merkel. Ci sarà probabilmente il tentativo di coalizione detta "Jamaica" per i colori delle forze che dovrebbero comporla e che ricordano i colori della bandiera dell'isola caraibica: nera (Cdu), gialla (Fdp) e verde (Verdi). 
Sarà molto difficile tenere insieme un partito di destra come la Fdp con un partito di sinistra come i Verdi; tanto più dopo che la Cdu ha annunciato un riposizionamento a destra dopo l'appuntamento alle urne. Non è un caso la Cancelliera nel suo primo commento ai dati elettorali abbia immediatamente parlato della necessità di combattere l’immigrazione clandestina. Tema questo che dominerà l'intera ed infuocata campagna elettorale italiana dei prossimi mesi.
"Il voto in Germania, con il crollo dei socialisti e l'ingresso in Parlamento dell'ultradestra, è una lezione per tutti noi", scrive Roberto Speranza (coordinatore nazionale di Articolo1-Mdp) sulla sua pagina Facebook. La lezione forse non è soltanto dettata dai continui errori che la sinistra compie nel proporre candidati noiosi come una canzone degli Intillimani, ma anche nella continua perdita del contatto con la realtà, con la vita reale delle persone. Gli emarginati, gli "ultimi" e chi vive il disagio della crisi economica non trova più, ormai da troppo tempo, a sinistra un partito che sappia farsi carico delle loro esigenze. "E così - continua Speranza - chi chiede protezione sociale volta le spalle alla sinistra e sceglie spesso le nuove destre". Non sarà forse proprio la sinistra ad aver voltato le spalle al suo popolo? 
E mentre in Europa e in Italia i populismi e le destre marciano a ritmo serrato conquistando vette altissime, la sinistra  è ancora troppo impegnata in discussioni interne, in dibattiti sui nomi e in questioni di sterili equilibri di potere. Un potere che non c'è e che di questo passo, forse, non arriverà mai.

Maura Pisciarelli

Le primarie del M5S

 
                                         Luigi di Maio, vincitore delle primarie del M5S
 
Perché il MoVimento ha inscenato questa pantomima delle primarie che sembrano la pubblicità " ti piace vincere facile" ? Quella dove un torero affronta una pecora? Non certo per il timore che Di Maio, candidato prediletto di Grillo, potesse non essere scelto. E sicuramente ben sapendo che la pantomima avrebbe prodotto un notevole danno d'immagine al M5S. La mia spiegazione è che abbiano scelto il male minore. Perché secondo il pensiero pentastellato, il male assoluto è che ...il MoVimento possa mostrare al mondo intero delle divisioni interne, persino quelle , sacrosante, di un confronto per la scelta del candidato premier, perchè offrirebbe il fianco a giornali e opinioni pubblica per individuare correnti ed etichettare "leader", e soprattutto perché, all'interno e all'esterno, permetterebbe di "contare" quanto "pesano" i vari leader. E magari qualcuno potrebbe cominciare a fare i conti anche su quanto potrebbe "portare con sè", in termini di "pezzi del moVimento", uno dei leader più gettonati che dovesse trovarsi in dissenso con Grillo, Casaleggio, Di Maio e compagnia cantando. Un rischio che un movimento autenticamente democratico correrebbe, comunque. E il misero escamotage scelto dai vertici Cinquestelle dimostra ancora una volta quanto conti la democrazia per il movimento.
 
Anna Maria Bianchi

Roma Centro anziani "L.Petroselli" 26 settembre : Da Gramsci ad oggi

Irriducibili questi "communisti"..... continuano a parlare di Gramsci!!!



Roma Teatro Vittoria: Segreti di famiglia di Enrico Luttmann dal 3 ottobre

qui



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Segreti di famiglia
di Enrico Luttmann
regia Marco Maria Casazza
con Viviana Toniolo e Stefano Messina
produzione Attori&Tecnici
In prima assoluta il 3 ottobre fino al 15,  apre la stagione del Teatro Vittoria la nuova produzione di Attori&Tecnici che nasce, innanzitutto, da un’esperienza emozionale condivisa da molti membri della Compagnia dopo aver letto il meraviglioso testo di Enrico Luttmann. Prima fra tutti la direttrice artistica Viviana Toniolo che subito ha riconosciuto le potenzialità drammaturgiche di quest’opera.  La Compagnia ha da sempre rivolto una particolare attenzione alla nuova drammaturgia contemporanea, come testimoniano il lavoro artistico e le numerose regie firmate da Attilio Corsini e Stefano Messina.
Quest’ ultima opera è una commedia su una donna tenace, imperfetta e irresistibile.
Grazia ha un caratteraccio. Grazia ha un senso dello humour caustico. Grazia vuole fare le cose a modo suo. Grazia ha molti segreti che il figlio Adamo ignora: una scatola di lettere nascosta in cantina, un tubino nero alla Audrey Hepburn mai indossato, e l’ultimo, il più grande, Grazia ha un tumore ai polmoni. Lui, commediografo in crisi, va a trovarla e sono subito scintille. Ma anche Adamo ha i suoi segreti. L’approssimarsi di quella “data di scadenza” porta a galla vecchie storie che parevano destinate a rimanere sepolte per sempre e le carte di entrambi vengono scoperte. Quando Grazia decide di non aspettare che la malattia la porti via a poco a poco ma di andarsene come, quando e con chi vuole, Adamo avrà un nuovo dilemma da affrontare. Una donna che si rifiuta di diventare una diagnosi, che sceglie di vivere in piedi fino all’ultimo, che sceglie anche come concludere la propria vita e in compagnia di chi. Una commedia, sì, perché  a dispetto degli errori commessi e della paura per quello che verrà, la relazione che Grazia instaura con suo figlio Adamo la rende capace di affrontare tutto questo restando viva, persino ridendo.
Tra verità rivelate a denti stretti, schermaglie, bilanci e frecciate indimenticabili, Grazia rivive nel racconto di suo figlio, drammaturgo in crisi in fuga dalla soap-opera. Ricordandola, Adamo compone a poco a poco un mosaico, la mappa di un viaggio alla ricerca dell’autenticità. Una mappa che lui sarà in grado di leggere solo dopo, quando lei non ci sarà più.  Difficile dire se i segreti disseppelliti da entrambi dopo decenni siano scheletri o tesori. Di certo niente, neanche Adamo, sarà più come prima. È questa la più grande eredità che sua madre gli possa lasciare.
 


 

dal 3 al 15 ottobre 2017 ore 21.00
(mercoledi 4 ore 17.00; martedi 10 ore 20.00; domenica ore 17.30)
TEATRO VITTORIA / ATTORI & TECNICI 
Piazza S. Maria Liberatrice 10, 00153 Roma (Testaccio)
Biglietti:  intero platea 28, intero galleria 22 (compresi 3 euro di prevendita)
Ridotti in convenzione: platea 21 e galleria 18 (compresi i 3 euro di prevendita)
Promozione gruppi: 1 biglietto cortesia ogni 10 spettatori paganti  
Botteghino: 06 57 40 170 ; 06 57 40 598 _ lunedì (ore 16-19), martedì - sabato (ore 11- 20), domenica (ore 11-13.30 e 16-18)
Vendita on-line e info: www.teatrovittoria.it 
Come arrivare: Metro: Piramide ; Bus: 170, 781, 83, 3
UFFICIO STAMPA E PROMOZIONE : ARTINCONNESSIONE   artinconnessione@gmail.com  / www.artinconnessione.com
Chiara Crupi  t. +39. 3932969668 _ Ufficio Stampa 
Valeria Ranieri  t. +39. 3930255428  dal lunedì al venerdì (ore 10-18)_ Ufficio Promozione

 

Roma Casa della Memoria: La galassia nera su facebook 26 settembre



Martedì 26 alle ore 17.00 si terrà presso la Casa della Memoria un seminario riservato agli iscritti, dal titolo "La galassia nera su facebook" analisi dello studio condotto dal gruppo di lavoro di Patria Indipendente. I relatori saranno Giovanni Baldini curatore dello studio, Stefano Lamorgese giornalista di Rai 3 per quello che riguarda gli aspetti della comunicazione, Gaetano Azzariti costituzionalista per gli aspetti legati alla Costituzione.
Il seminario è stato pensato per dare un'idea della diffusione del fenomeno, ormai purtroppo dilagante in rete, ai nostri iscritti e gruppi dirigenti delle sezioni e del Comitato Provinciale.
Le sezioni sono quindi invitate a partecipare per poi approfondire l'argomento anche localmente.

Un abbraccio

Per la Presidenza
Stefano Valentini