Si terrà il 31 ottobre 2012, a partire dalle ore 18,presso la Sala Cittadina in Via Boemondo, il X Congresso del circolo degli Ecologisti Democratici del III Municipio.
Il congresso è aperto alla partecipazione degli iscritti al circolo e di tutti gli ambientalisti
L’ITALIA
CHE VOGLIAMO
DIECI
PROPOSTE PER USCIRE DALLA CRISI
In che modo si può uscire dalla crisi? Come si fa ripartire l’economia
e si crea lavoro? La rotta giusta per uscire dalla crisi, in Europa e nel mondo,
è nella crescita di una nuova economia ecologica per uno sviluppo sostenibile. Un
new deal ecologico che cammina su due gambe: la rivoluzione industriale e
tecnologica legata alla green economy, e un cambiamento culturale verso una
nuova idea di benessere e diversi stili di vita.
In questa sfida, un paese come l’Italia ha la possibilità di innestare
la modernizzazione ecologica del sistema industriale e manifatturiero su un patrimonio
straordinario di civiltà, bellezza, creatività, e sulle vocazioni di territori
ad alta qualità ambientale. Una via italiana alla green economy, che potrà
tanto più svilupparsi quanto più sarà sostenuta da efficaci politiche
industriali, fiscali, ambientali.
L’economia verde è dunque uno dei pilastri fondamentali per la
ricostruzione dell’Italia. Le nostre proposte vogliono essere di stimolo
all’attuale governo – per le misure più immediate da adottare già in questa
fase - ed al tempo stesso obiettivi da mettere al centro di un programma di più
lungo periodo per la prossima legislatura. Dieci proposte che disegnano un’idea
di futuro.
1. MODERNIZZAZIONE
ECOLOGICA DELL’INDUSTRIA ITALIANA. E’
una scommessa decisiva per dare alla nostra industria manifatturiera (la
seconda in Europa) un ruolo nella nuova
rivoluzione industriale dell’economia verde.
Proponiamo di rilanciare il progetto di politica industriale intrapreso
con “Industria 2015” (avviato nel 2006 per rilanciare l’innovazione industriale
puntando in particolare su efficienza energetica, made in italy, mobilità
sostenibile, e successivamente svuotato dal governo Berlusconi) con un nuovo
programma “Industria 2020”,
imperniato su politiche di sostegno alla
ricerca ed alla innovazione finalizzate allo sviluppo della green economy nei principali settori manifatturieri
(tecnologie e materiali per l’efficienza energetica e la produzione di energia
da fonti rinnovabili; industria dell’auto e mobilità sostenibile; nuovi
materiali e chimica “verde”; filiere industriali connesse al riciclo ed
all’utilizzo efficiente delle materie prime; eco design, ecc.).
Si tratta di sviluppare politiche industriali che,
favorendo l’innovazione sia di processo che di prodotto, orientino l’industria
manifatturiera italiana verso l’innovazione ecologica, la qualità ambientale,
l’uso efficiente dell’energia e delle materie.
Un esempio di attualità è quello connesso alla
“rivoluzione” degli shopper: il
divieto di commercializzazione e produzione di sacchetti di plastica non
biodegradabili, un nostro successo che ha aperto la strada a nuovi prodotti più
ecosostenibili promuovendo la chimica verde.
Sull’obiettivo di una modernizzazione ecologica del sistema
industriale vanno concentrate le risorse disponibili - a partire da quelle del Fondo rotativo per Kyoto e quelle
derivanti dalla quota sui diritti di
emissione di C02 - anche riformando
il sistema dei sussidi alle imprese
oggi spesso erogati senza adeguati criteri selettivi.
E’ necessario anche sviluppare accordi di programma tra distretti produttivi, poli scientifici e
tecnologici, Università e centri di ricerca (a partire dall’ENEA), accordi
volontari con le imprese, sistemi di certificazione.
2. FISCALITA’
ECOLOGICA. Vogliamo un sistema fiscale più giusto – che promuova una
maggiore equità, combatta l’evasione e favorisca il lavoro e la produzione
rispetto alla rendita – ma anche al tempo stesso capace di orientare l’economia
verso l’innovazione ecologica.
Per questo proponiamo una riforma in senso ecologico del sistema fiscale che, a parità di gettito,
alleggerisca la pressione sul lavoro e sull’impresa spostando il carico verso i
consumi di energia e di materie prime, incentivi produzioni e consumi
ambientalmente virtuosi disincentivando quelli più inquinanti. La leva della fiscalità ecologica – quanto
più possibile coordinata su scala europea ed in linea con gli obiettivi della
strategia Europa 2020 - può dare un
contributo importante ad un rilancio “verde” dell’economia.
Questa strategia deve ispirare anche i provvedimenti più immediati del
Governo e del Parlamento, a cominciare dalla attuazione della legge delega di
riforma del sistema tributario.
Proponiamo inoltre in particolare:
a) l’incentivazione di produzioni
che utilizzano materie prime seconde, sviluppando la filiera del riciclo;
l’Italia, paese povero di materie prime, può divenire uno dei leader mondiali
nell’uso efficiente delle risorse e del riciclo, sostenendo con la leva fiscale
il mercato dei prodotti riciclati;
b) una riforma della fiscalità
urbanistica capace di rovesciare la logica perversa che oggi induce molti
Comuni, anche a causa delle ristrettezze finanziarie, ad incrementare il
consumo di suolo, premiando al contrario la riqualificazione delle città e del
patrimonio edilizio esistente;
c) l’utilizzo della carbon tax,
possibilmente in maniera coordinata sul piano europeo, per favorire la
costruzione di una economia “low carbon”.
3. MADE IN ITALY,
AGRICOLTURA, TURISMO, PARCHI: LA SFIDA DELLA QUALITA’. Lo sviluppo
dell’economia verde può avere in Italia una declinazione originale e con grandi
potenzialità. Se è vero che la sfida della qualità è decisiva per la
competitività delle imprese e dei sistemi territoriali, la carta vincente per
l’Italia – come già dimostrano esperienze di successo cresciute in questi anni
- sta nella capacità di incrociare la modernizzazione ecologica del sistema
manifatturiero con la valorizzazione delle vocazioni e dei tradizionali punti
di forza del nostro paese, con quel saper fare “le cose belle che piacciono al
mondo” che costituisce un tratto distintivo della nostra stessa identità
nazionale.
Servono perciò politiche per tutelare il patrimonio ambientale, storico, paesistico; promuovere
nel mondo il made in Italy,
difendendolo da imitazioni e contraffazioni; sviluppare il turismo di qualità; sviluppare le produzioni agroalimentari legate al territorio e le produzioni
biologiche; valorizzare il sistema dei parchi
e tutelare la biodiversità.
4. CLIMA ED ENERGIA:
L’ITALIA PROTAGONISTA. Dopo gli anni
dei governi di centrodestra, che hanno visto l’Italia schierata su posizioni di
retroguardia, ora, dopo la Conferenza di Durban, il nostro paese deve tornare
ad essere in prima linea nella costruzione di un nuovo accordo globale per
il clima entro il 2015 e nella attuazione del c.d. “Kyoto 2”, a cominciare
dalla assunzione dell’obiettivo su scala europea di una riduzione del 30% delle emissioni
entro il 2020.
L’Italia deve giocare un ruolo di protagonista anche nella
rivoluzione energetica, che può rappresentare per il nostro paese un volano per
l’occupazione e la green economy, ed al tempo stesso una garanzia di
indipendenza e di sicurezza. Solo con un nuovo modello energetico potremo
rendere il nostro sistema sicuro, competitivo, sostenibile.
Dopo il referendum che ha sancito il definitivo abbandono
del nucleare è più che mai urgente dotare il nostro paese di una nuova strategia energetica. Gli scenari
di lungo periodo dipendono anche da decisioni che devono essere assunte nei
prossimi mesi. L’Italia, come dimostrano i risultati raggiunti nel giro di
pochi anni nello sviluppo delle rinnovabili - ad esempio nel fotovoltaico
- può ancora collocarsi tra i leader
mondiali delle energie rinnovabili: occorre però muoversi bene e in fretta. Per
questo va convocata una Conferenza nazionale sull’energia.
Essenziale è garantire un quadro certo, chiaro ed efficace di regole per lo
sviluppo delle rinnovabili: altrimenti, come dimostra la vicenda dei decreti
emanati dal governo Monti, in particolare quello sul quinto conto energia per
il fotovoltaico, si rischia di soffocare un settore decisivo per il nostro
futuro.
L’Italia, in sintonia con gli obiettivi comunitari al 2020
e con la Roadmap 2050 della
Commissione Europea, deve puntare su una strategia
di efficienza energetica e sullo
sviluppo delle rinnovabili, per arrivare a produrre entro il 2030 almeno il 50% dell’elettricità da fonti rinnovabili ed
a ridurre dell’80% le emissioni di gas
serra entro il 2050. A tal fine bisogna garantire un sistema certo e
adeguato di incentivi fino al raggiungimento della grid parity, adeguare la
rete elettrica (smart grid e sistemi di accumulo), rafforzare gli incentivi per
l’energia termica da rinnovabili e per l’efficienza energetica.
Una nuova strategia energetica deve prevedere inoltre una
riduzione progressiva dei consumi di petrolio e il rafforzamento al ruolo
essenziale del gas, completando i processi di liberalizzazione e realizzando le
infrastrutture necessarie (rigassificatori, gasdotti, stoccaggi); deve
escludere un incremento dell’uso del carbone, sviluppando al contempo la
sperimentazione delle tecniche di cattura della CO2.
Proponiamo di:
a) emanare rapidamente i decreti attuativi ancora mancanti per le rinnovabili (energia
elettrica e termica) in modo da garantire un quadro certo di incentivazioni;
b) responsabilizzare le Regioni per il raggiungimento degli
obiettivi territoriali (“burden sharing”) per le rinnovabili;
c) avviare un programma
per l’efficienza ed il risparmio di energia in tutti i settori (industria,
servizi, edilizia, trasporti) in grado di ridurre i costi delle bollette e le
emissioni di gas serra, di migliorare la competitività delle imprese e creare
nuovi posti di lavoro;
d) rendere
permanenti le detrazioni fiscali (55%) per la riqualificazione energetica
degli edifici privati;
e) avviare piani
straordinari – nazionali e locali – per la riqualificazione energetica degli edifici pubblici (scuole,
ospedali, uffici) e per il patrimonio di edilizia residenziale pubblica, nonchè
per la messa in sicurezza antisismica, con l’istituzione di un Fondo di rotazione per l’efficienza
energetica.
f) anticipare
negli strumenti urbanistici dei Comuni l’attuazione degli obiettivi previsti
dalla nuova direttiva europea sugli standard
energetici delle nuove costruzioni (verso edifici a consumo “zero o quasi
zero”)
g) semplificare le modalità autorizzative per gli impianti
di energia rinnovabile, garantendo tempi certi per la loro realizzazione ed un
corretto inserimento nel territorio.
5. OPERE PUBBLICHE:
PRIORITA’ LA DIFESA DEL SUOLO. Nell’Italia delle frane e delle alluvioni,
con oltre 5 milioni di persone in pericolo,
la più grande opera pubblica oggi necessaria non può che essere
l’insieme di interventi che riguarda la difesa
del suolo, la prevenzione del dissesto idrogeologico, la manutenzione del
territorio.
Proponiamo in particolare di:
a) ripristinare
quanto più possibile, dopo i drammatici tagli degli ultimi anni, i
finanziamenti per la difesa del suolo, destinando comunque a tale obiettivo almeno 1/3 dei fondi Cipe;
b) consentire
agli enti locali la deroga al patto di
stabilità per gli investimenti in questo settore;
c) adottare un piano di adattamento ai cambiamenti
climatici, considerando che a fronte di eventi meteorologici sempre più
intensi occorre anche un aggiornamento della mappa della vulnerabilità del
territorio;
d) potenziare
il ruolo dell’agricoltura nelle
funzioni di tutela del territorio;
e)semplificare
e riordinare le competenze istituzionali,
oggi farraginose e confuse;
f)
intensificare la lotta all’abusivismo
edilizio, frenare il consumo di suolo, delocalizzare gli insediamenti a
maggior rischio.
Più in
generale, se vogliamo che gli investimenti sulle opere pubbliche producano
benefici rapidi per l’economia bisogna concentrarsi anzitutto su migliaia di piccole e medie opere, aprendo subito i
cantieri per la manutenzione di
scuole, ferrovie e strade, per la riqualificazione delle città, per completare
i sistemi di depurazione delle acque e di trattamento dei rifiuti.
Per quanto
riguarda le grandi infrastrutture di trasporto, dopo la stagione dei roboanti
annunci sulle grandi opere ed il fallimento della legge obiettivo, a maggior
ragione in una stagione di risorse pubbliche scarse, bisogna cancellare
definitivamente dalla programmazione opere sbagliate come il Ponte sullo
Stretto, rivedere le priorità puntando anzitutto sul trasporto su ferro e via
mare, ricondurre ogni scelta infrastrutturale dentro una coerente politica di modernizzazione ecologica del sistema dei
trasporti e di riequilibrio modale.
6. SERVIZI PUBBLICI LOCALI. Il sistema dei servizi pubblici locali
rappresenta un settore fondamentale per la green economy, considerando le attività già in essere – dall’energia ai
rifiuti, dai trasporti all’acqua – e
quelle che potranno essere intraprese.
Sono servizi che richiedono al
tempo stesso salvaguardia dell’interesse
pubblico e efficiente gestione
industriale. Devono essere accompagnati – questo è un aspetto
particolarmente importante in funzione del rilancio dell’economia – da investimenti per la realizzazione di
impianti ed infrastrutture (dalle reti per il gas e l’elettricità agli
impianti per il trattamento dei rifiuti, dagli acquedotti ai depuratori), anche con modalità innovative di
finanziamento.
Il servizio idrico ha una sua
specificità. L’acqua è un bene comune essenziale: questo principio, a maggior
ragione dopo il referendum, non può essere messo in discussione. Al tentativo
del precedente governo di imporre privatizzazioni forzate abbiamo contrapposto
la necessità di una più forte capacità pubblica di programmazione, regolazione
e controllo, in modo che la gestione del
servizio garantisca il diritto all’acqua, la tutela delle risorse idriche, la
realizzazione degli investimenti necessari per realizzare depuratori,
fognature, acquedotti.
Ma anche per gli altri servizi
pubblici locali, interessati da processi di liberalizzazione, è necessario -
senza scordare mai peraltro la sostanziale differenza tra liberalizzazioni e
privatizzazioni - garantire che la
concorrenza per l’affidamento del servizio avvenga sempre in un quadro di efficace regolazione pubblica e di
promozione della qualità ambientale del
servizio.
Per i rifiuti, in particolare,
non c’è da andare alla ricerca di bacchette magiche, o perdersi in discussioni
ideologiche, c’è solo da fare, in ogni parte d’Italia, una buona ed efficace
politica, la stessa indicata dalle direttive europee. Primo: ridurli, con
misure di prevenzione. Secondo: riutilizzarli e riciclarli, per anticipare
quanto più possibile il raggiungimento dell’obiettivo europeo di avvio al
riciclo di almeno il 50% dei rifiuti urbani. Terzo: il recupero di energia.
Infine, ma solo per la minima parte residua, lo smaltimento in discarica.
7. MOBILITA’
SOSTENIBILE, CITTA’ ECOLOGICHE ED INTELLIGENTI.
Nel campo della mobilità c’è moltissimo da fare, e ritardi
enormi da recuperare.
Investire nella realizzazione di sistemi di mobilità sostenibile - ferrovie locali, tramvie e
metropolitane, treni per i pendolari, autobus a basso impatto ambientale,
sostegno alla ricerca ed alla innovazione dell’industria automobilistica,
passaggio delle merci dalla gomma alla ferrovia ed al cabotaggio, trasporto
fluviale - è una priorità per la modernizzazione del paese.
Può costituire, al tempo stesso, una scelta importante per il rilancio
dell’economia.
Più in generale, la
sfida dell’economia verde e della sostenibilità ambientale si gioca in modo
particolare nelle città, grandi e piccole. Dall’efficienza energetica alla
mobilità sostenibile, dalle smart grid alle azioni per il clima, gran parte
delle azioni da sviluppare per la sostenibilità ambientale hanno il loro
epicentro nelle realtà urbane e nelle
comunità locali.
Lo sviluppo stesso della green economy dipende non solo
dalle politiche nazionali, ma anche dalla capacità dei sistemi economici locali
di sostenere la ricerca, l’innovazione, gli investimenti. Ciò assegna agli Enti Locali ed alle Regioni un ruolo
essenziale.
E’ necessaria dunque una nuova stagione del riformismo urbano, che metta al centro la
qualità ambientale e l’economia verde.
8. AMBIENTE E GREEN
ECONOMY PER LO SVILUPPO DEL SUD.
Economia verde, ambiente, turismo, agricoltura di qualità costituiscono
importanti opportunità per lo sviluppo
del Mezzogiorno.
Le regioni meridionali sono una naturale piattaforma tra
Europa e Mediterraneo con grandi potenzialità di sviluppo collegate alle
energie rinnovabili, alla valorizzazione delle risorse ambientali,
all’industria agroalimentare di qualità. Su questo obiettivo devono convergere
politiche pubbliche e investimenti privati, in uno sforzo di rinascita del Sud.
A tal fine occorre sviluppare la filiera produttiva delle
energie rinnovabili, utilizzando al meglio anche le risorse finanziarie dei POR
FESR (1,3 miliardi di euro); riconvertire e innovare il tessuto manifatturiero
con politiche industriali finalizzate allo sviluppo della green economy;
valorizzare l’industria agroalimentare e le funzioni dell’agricoltura connesse
alla difesa del suolo, alla tutela del paesaggio, alle agroenergie; sviluppare
il turismo facendo leva sulla tutela del patrimonio ambientale, storico e
culturale, sui parchi, sui 16 siti Unesco; investire per la manutenzione del
territorio, la prevenzione del dissesto idrogeologico, il contrasto alla
erosione delle coste; modernizzare le
reti infrastrutturali (energia, acquedotti, impianti per il trattamento e per
il riciclo dei rifiuti, banda larga, autostrade del mare e reti ferroviarie).
9. PIU’ LEGALITA’,
LOTTA ALLE ECOMAFIE, MENO BUROCRAZIA. Affermare la legalità è una condizione indispensabile per la ricostruzione
dell’Italia. Lotta all’abusivismo edilizio ed alle ecomafie, contrasto al
lavoro nero ed all’evasione fiscale, trasparenza e onestà nella pubblica
amministrazione, introduzione dei reati ambientali nel codice penale, sono al tempo stesso condizioni essenziali
anche per la tutela dell’ambiente e per lo sviluppo dell’economia verde.
Altrettanto importante è procedere ad una riforma del sistema dei controlli
ambientali (ISPRA ed Agenzie regionali), garantendone autorevolezza e
indipendenza e promuovendo la collaborazione con le imprese per migliorare le
loro performance ambientali. Un sistema di
controlli adeguati è condizione essenziale per sostenere le imprese di qualità.
Occorre inoltre avviare una azione di forte semplificazione delle norme e delle
procedure. Non è vero che più sono complicate le regole e meglio si tutela
l’ambiente: è vero esattamente il contrario. Così come è necessario snellire il
sistema di procedure autorizzative, che oggi troppo spesso rallenta o paralizza
la realizzazione di un impianto di produzione di energia rinnovabile o l’avvio
di una nuova attività imprenditoriale nella green economy.
10. LAVORO VERDE. Creare nuova occupazione – lavoro non
precario e qualificato – è una priorità fondamentale, in un paese che ha milioni
di disoccupati e nel quale più di 1 giovane su 3 è senza lavoro.
Già oggi i dati dimostrano che
una parte significativa dei posti di lavoro creati in questi ultimi anni è nei
“green jobs”. Riteniamo che puntando
sullo sviluppo della green economy sia possibile creare in Italia nei prossimi
anni – considerando sia le nuove attività che la riconversione di attività
esistenti – almeno un milione di nuovi
posti di lavoro.
Per vincere la sfida bisogna però
investire di più e meglio sul capitale umano, sulla formazione e sulla ricerca. L’offerta formativa deve corrispondere
meglio alle esigenze del mondo produttivo ed agli obiettivi di sviluppo
dell’economia verde.