27 agosto 2014

EPITAFFIO PER UN GATTO


Dedicato a un bel gatto siamese di nome Trillo.

 La convivenza in casa per diciott’anni con un gatto mi ha indotto a riflettere sulla fondatezza della reincarnazione. Trillo, il siamese che ci ha tenuto compagnia così a lungo, e che qualche giorno fa se n’è definitivamente andato per eccesso di vecchiaia, si è infatti dimostrato una presenza molto esigente, a volte direi, per i miei gusti, troppo. Nel senso che non era per nulla tranquillo e appartato come io probabilmente avrei desiderato, ma sempre vigile e attento, e a volte protagonista, nelle nostre casalinghe vicende quotidiane, perfino prepotente. Bisognava dargli da mangiare quando voleva lui, accarezzarlo e lisciargli il pelo quando lo reclamava. E poi interveniva e interrompeva con i suoi miagolii prolungati e stentorei quando noi umani di casa, conversando fitto, meno si gradiva.. Insomma, un gatto importante, protagonista, spesso anche despota. Ecco, per comportarsi con noi così come si è comportato, in una vita precedente deve essere stato come minimo un imperatore. Anche nel periodo finale della sua esistenza in vita, vecchio, provato e prostrato dagli acciacchi, manifestava, specialmente in mia presenza, una collera richiestiva, un comportamento di reclamo e protesta che si placava solo se gli mettevo un po’ del suo cibo nella ciotola. La sua voce era un’arma di presenza e pressione regina. Possedeva un ventaglio di modulazioni insistite e una potenza impressionanti. Bisbigliava, sussurrava, faceva le fusa con una dolcezza straordinaria, così come con una postura apparentemente rilassata e languida intensamente e a lungo ti osservava. Per poi, se non corrisposto nella richiesta di cibo o di una carezza, esplodere in lamenti strazianti e grida che sembravano baritonali ruggiti. Gli abbiamo da subito posto regole e limiti proibendogli di issarsi su sedie, tavoli, divani. Penso che per lui si sia trattato di una delle offese e ferite peggiori. Gli amici ci hanno spiegato che per un gatto chiuso in un appartamenti si trattava di una crudele sofferenza. Ma in compenso, dato che noi godiamo di una estesa terrazza, gli era consentito spazio di manovra che lui trasformava in scorribande e corse a caccia di lucertole e malcapitati passerotti che a volte uccideva e ci porgeva come omaggio e preda. Anche adesso che da un paio di settimane se n’è andato, viene con la testa e l’occhio di cercarlo negli angoli dove preferibilmente si sdraiava. E non sentire più la sua voce implorante rimprovero e protesta quando entro in cucina, per un verso mi solleva, per l’altra mi fa sentire la casa più vuota. Concludo questo suo breve ritratto in ricordo tornando al sospetto iniziale di possibilità della reincarnazione. Chissà se in una vita futura mi ritroverò a giocare a mia volta la parte del gatto intellettuale esigente e perfino isterico alla corte magari di qualche principe d’oriente, visto che Trillo era un siamese. E chissà se anche a me toccherà in sorte un’esistenza altrettanto lunga e tutto sommato soddisfacente. E se anch’io mi esibirò e imiterò i miei padroni in protagonismo un poco dispotico e fetente. Mi rimane di Trillo la voce finale, che per quanto faticosa e flebile non smette di farsi sentire, e la sua voglia indomita di vivere.
Ora l’abbiamo sepolto, grazie alla disponibilità di amici, in terra etrusca, dentro il rigoglio di ulivi, vigneti e orti. Abbiamo coperto la sua piccola fossa con pietre di tufo perché la zona è infestata da volpi e cinghiali. Ma con la sua voce squillante e imperiosa Trillo è capace di tenere a bada tutti.

Raffaele Fischetto

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