28 agosto 2015
Recensione film:BAI RI YAN HUO di Yi'nan Diao
i non-luoghi
Un bellissimo film sui “non luoghi” retrodatato di una decina di anni. I veri protagonisti del film “Bai Ri Ya n Huo” sono i quartieri/città nati attorno alle miniere di carbone probabilmente a nord della China. Tali ambienti urbani comunicano squallore e depressione, e sono fissati in quadri come solo Edward Hopper sa fare. Di questo pittore è stato detto che sapeva "dipingere il silenzio". Spesso i soggetti dei suoi quadri sono proprio i luoghi urbani desolati o lo sfondo cittadino o gli interni con intonaci scrostati. Molti sono gli artisti che si sono ispirati a lui, anche il regista Wim Wenders nelle inquadrature del filmDon’t come knowking nel senso di sospensione e di perdita di punti di riferimento - come afferma lui stesso in alcune interviste - ha un esplicito nesso con i suoi quadri.
Il regista Yinan Diao pone le sue figure in spazi vuoti illuminati da una luce cruda per accrescere l'angoscioso senso di solitudine e d'isolamento che pervade alcuni locali anonimi. Talvolta sono i luoghi collettivi di svago come la pista del ballo, il luna park con la sua ruota o la pista di pattinaggio, tutti siti semideserti e spesso innevati.
La durezza della vita in questa periferia operaia si amplifica con la violenza delle storie di omicidi, di uomini fatti a brandelli e i cui pezzi vengono sparsi e ritrovati in varie parti del territorio e il protagonista detective ex poliziotto, che indaga con i colleghi poliziotti tra negozi di tintoria e locali equivoci come proprio “Fuochi di artificio in pieno giorno”. Un noir classico dove nasce una strana storia di amore e di violenza intrecciate, di sospetto e attrazione.
Ghisi Grütter
10 agosto 2015
Recensione film:LA FAMIGLIA BELIER di Eric Lartigau
L' Arcadia canta
Film francese molto garbato e rassicurante. Il film è incentrato sui problemi dell’adolescenza come la cinemato grafia francese ci ha mostrato e abituati a prendere in considerazione, basti pensare a tutti i film di Eric Rohmer. La ricerca di un’identità, i primi amori e rossori, il desiderio di emancipazione dalla famiglia insieme ai sensi di colpa che in questo caso sono aggravati dal fatto di essere tutti sordomuti ad eccezione di Paula (Louane Emera) protagonista indiscussa, necessaria interprete tra i Beliér e il resto del mondo. Quasi un’ironia del destino, Paula ha un grande dono vocale e viene stimolata dal suo maestro di canto a esercitarsi fino a partecipare (tra umori alti e bassi, entusiasmi e rinunce) a un Concorso canoro organizzato da Radio France a Parigi, da cui esce un lieto fino che ricompatta tutte le tensioni familiari.
Molto belli i paesaggi campestri in cui si trova questo piccolo villaggio di campagna, presumibilmente, a tre ore da Parigi, che rappresenta un luogo idilliaco di un’Arcadia incontaminata.
Bravi tutti gli attori, l’unica vera obiezione è la scelta musicale, in particolare nutro forti dubbi sulle canzoni di Michel Sarda.
Ghisi Grütter
Film francese molto garbato e rassicurante. Il film è incentrato sui problemi dell’adolescenza come la cinemato grafia francese ci ha mostrato e abituati a prendere in considerazione, basti pensare a tutti i film di Eric Rohmer. La ricerca di un’identità, i primi amori e rossori, il desiderio di emancipazione dalla famiglia insieme ai sensi di colpa che in questo caso sono aggravati dal fatto di essere tutti sordomuti ad eccezione di Paula (Louane Emera) protagonista indiscussa, necessaria interprete tra i Beliér e il resto del mondo. Quasi un’ironia del destino, Paula ha un grande dono vocale e viene stimolata dal suo maestro di canto a esercitarsi fino a partecipare (tra umori alti e bassi, entusiasmi e rinunce) a un Concorso canoro organizzato da Radio France a Parigi, da cui esce un lieto fino che ricompatta tutte le tensioni familiari.
Molto belli i paesaggi campestri in cui si trova questo piccolo villaggio di campagna, presumibilmente, a tre ore da Parigi, che rappresenta un luogo idilliaco di un’Arcadia incontaminata.
Bravi tutti gli attori, l’unica vera obiezione è la scelta musicale, in particolare nutro forti dubbi sulle canzoni di Michel Sarda.
Ghisi Grütter
7 agosto 2015
Il Marnetto Quotidiano : Il patto del Nazareno con gli evasori
Il Marnetto Quotidiano : Il patto del Nazareno con gli evasori
Il vero patto del Nazareno di Renzi è con gli evasori.
Questo governo li rassicura ogni giorno abbassando le pene e alzando le tolleranze. Il segnale di Renzi è chiaro: evadi, ma senza esagerare; poi però ricordati di me quando voti. E così gli "elementi attivi" sottratti alla dichiarazione passano da 2 a 3 milioni di euro. In più c'è sempre il bonus valutazioni (devi essere preciso con il numero dei beni, ma puoi barare col loro valore senza preoccuparti). Anzi, fino al 10% di valutazione falsa, puoi dormire tranquillo.
Il vero patto del Nazareno di Renzi è con gli evasori.
Questo governo li rassicura ogni giorno abbassando le pene e alzando le tolleranze. Il segnale di Renzi è chiaro: evadi, ma senza esagerare; poi però ricordati di me quando voti. E così gli "elementi attivi" sottratti alla dichiarazione passano da 2 a 3 milioni di euro. In più c'è sempre il bonus valutazioni (devi essere preciso con il numero dei beni, ma puoi barare col loro valore senza preoccuparti). Anzi, fino al 10% di valutazione falsa, puoi dormire tranquillo.
Le carezze agli evasori sono di destra, perché aumentano la diseguaglianza sociale. Senza le loro tasse, aumentano quelle di salariati e pensionati. E inoltre non ci sono i soldi per welfare e sussidi sociali. "La tua evasione è la mia povertà" dovrebbe essere lo slogan della sinistra. Ammesso che prima o poi torni ad esisterne una.
Massimo Marnetto
5 agosto 2015
VIA CUPA
La redazione di Tre Righe è in Via S.Ciriaca,via parallela a Via Cupa.Ogni giorno incrociamo l'umanità di uomini,donne e bambini che popolano il Centro di accoglienza Baobab e spesso abbiamo portato il nostro piccolo contributo.In particolare un componente della nostra redazione ,che ha vissuto per un anno come volontario in Etopia, è particolarmente attivo nel sotenere questi immigrati..
In questo periodo di vacanza non si è spezzato il filo con la città di Roma ma sicuramente si è allentato.Le vacanze sopratutto.Loro stendono i poveri panni sulle cancellate,trascorrono il tempo seduti per terra in piccoli gruppi,parlando animosamente al cellulare di cui parecchi sono provvisti,oppure assiepandosi in un bar etnico nel centro commerciale Crociate.Sono in attesa ....
Leggiamo quello che scrive a proposito Marchesini
D.F.
Via Cupa
Seduti per terra i migranti somali ed eritrei aspettano il soccorso di chi li veste e sfama. I ragazzini giocano con una palla, le donne stanno sedute in cerchio a proteggersi e farsi compagnia, gli uomini sono semisdraiati ognuno per sè, muti per l'afa e l'inedia. Sono in attesa di qualcuno che li accudisca, offrono l'immagine di una dipendenza inerte e arresa. E' un pezzo di un villaggio d'Africa approdato tra il Verano e San Lorenzo. Da qualche parte, lontano, c'...è stata una catastrofe, un bombardamento che ha provocato l'esodo. Il romano che si avvicina, me compreso, viene osservato con attenzione per capire se porta un aiuto, acqua e cibo, un vestito, un qualche ristoro. Ma non si cerca, non si manifesta alcuna voglia di dialogo e incontro. La lingua certo non aiuta, e troppo è il caldo e lo sconforto. Anche la carezza, il sorriso a un bambino in quel contesto così fortemente, miseramente connotato suona inadeguato e quasi provocatorio. Fuori, sulla Tiburtina, romba il traffico ostile e rabbioso.
Via Cupa è un approdo di sussistenza e sopravvivenza minimo. Ma in assenza di un percorso di inserimento serio rischia di diventare cronico. Un bivacco e un lazzareto a cielo aperto. Intanto buona parte dei romani, incolonnati in autostrada con i loro Suv, sono partiti per raggiungere la seconda casa al mare, in campagna o in montagna. O qualche ospitale albergo, agriturismo o bed&breakfast. Le vacanze sono sacre. I corpi abbandonati, gli sguardi vuoti, l'odore di miseria forte e tenace, il silenzio spettrale di Via Cupa possono aspettare
Seduti per terra i migranti somali ed eritrei aspettano il soccorso di chi li veste e sfama. I ragazzini giocano con una palla, le donne stanno sedute in cerchio a proteggersi e farsi compagnia, gli uomini sono semisdraiati ognuno per sè, muti per l'afa e l'inedia. Sono in attesa di qualcuno che li accudisca, offrono l'immagine di una dipendenza inerte e arresa. E' un pezzo di un villaggio d'Africa approdato tra il Verano e San Lorenzo. Da qualche parte, lontano, c'...è stata una catastrofe, un bombardamento che ha provocato l'esodo. Il romano che si avvicina, me compreso, viene osservato con attenzione per capire se porta un aiuto, acqua e cibo, un vestito, un qualche ristoro. Ma non si cerca, non si manifesta alcuna voglia di dialogo e incontro. La lingua certo non aiuta, e troppo è il caldo e lo sconforto. Anche la carezza, il sorriso a un bambino in quel contesto così fortemente, miseramente connotato suona inadeguato e quasi provocatorio. Fuori, sulla Tiburtina, romba il traffico ostile e rabbioso.
Via Cupa è un approdo di sussistenza e sopravvivenza minimo. Ma in assenza di un percorso di inserimento serio rischia di diventare cronico. Un bivacco e un lazzareto a cielo aperto. Intanto buona parte dei romani, incolonnati in autostrada con i loro Suv, sono partiti per raggiungere la seconda casa al mare, in campagna o in montagna. O qualche ospitale albergo, agriturismo o bed&breakfast. Le vacanze sono sacre. I corpi abbandonati, gli sguardi vuoti, l'odore di miseria forte e tenace, il silenzio spettrale di Via Cupa possono aspettare
PARCHEGGIO DI VIA GIULIA
Ormai Roma è governata dal TAR e dal Consiglio di Stato.Davanti all'ignoranza colposa dell'amministrazione comunale ormai i cittadini si sono organizzati e rispondono alle nefandezze delle autorizzazioni comunali assumendosi l'onere del ricorso al TAR e se nel caso anche al Consiglio di Stato.
Questa volta è il turno del contestatissimo parcheggio in via Giulia,di cui non si sentiva assolutamente il bisogno e che il Coordinamento Residenti Città Storica ha contestato sin dal primo minuto.Ma come niente fosse la CAM,ormai la società monopolista dei PUP a Roma,è andata avanti dritta come un treno e ha quasi finito di realizzare l'opera tant'è che ormai fanno bella mostra i cartelloni pubblicitari in cui si propone la vendita dei box(a caro prezzo ovviamente) .
La sentenza del Consiglio di Stato ormai blocca tutto e temiamo che il parcheggio in questione si aggiungerà alle tante opere incompiute che si trovano in giro per Roma.Quello che ci si chiede è come mai il Comune di Roma e chi di competenza non abbia vigilato e abbia invece rilasciato autorizzazioni in palese contrasto con le norme attuative.Siamo alle solite:temiamo che non pagherà alcuno as usual.I cittadini e non solo i residenti avranno,in una delle vie più belle di Roma, davanti le transenne del parcheggio per chissà quanto tempo finchè la matassa non sarà sbrogliata.
La sentenza del Consiglio di Stato ormai blocca tutto e temiamo che il parcheggio in questione si aggiungerà alle tante opere incompiute che si trovano in giro per Roma.Quello che ci si chiede è come mai il Comune di Roma e chi di competenza non abbia vigilato e abbia invece rilasciato autorizzazioni in palese contrasto con le norme attuative.Siamo alle solite:temiamo che non pagherà alcuno as usual.I cittadini e non solo i residenti avranno,in una delle vie più belle di Roma, davanti le transenne del parcheggio per chissà quanto tempo finchè la matassa non sarà sbrogliata.
Ci piacerebbe che qualcuno pagasse.Che l'assessore Sabella ,che tanto si sta dando da fare per capirci qualcosa in quel verminaio che sono i punti verdi qualità,desse uno sguardo attento anche alle autorizzazioni dei vari PUP ch si sono succeduti a Roma.Magari potrebbe trovarci dei punti di collegamento e capire come mai la CAM abbia sbaragliato tutti i suoi concorrenti ed sia rimasta praticamente monopolista.Abbiamo indicato Sabella e non il Sndaco Marino perchè quest'ultimo non crediamo nemmeno che sappia cosa siano i PUP nè tantomeno la loro storia.
Riportiamo il comunicato pubblicato in merito dal Coordinamento Residenti Città Storica
Raffaele Fischetto
Parcheggio di Via Giulia: il Consiglio di Stato ci ha dato ragione!
Autore : Redazione
Il Consiglio di Stato ha dato ragione al Coordinamento Residenti Città Storica sul parcheggio interrato (1) in costruzione tra Via Giulia e il Lungo Tevere: l’ordinanza di ieri 29 luglio accoglie la tesi del Coordinamento che il livello di scavo del nuovo progetto è più profondo rispetto al precedente, con rischi di interferenza con la falda idrica, e che quindi sono necessarie nuove indagini e una eventuale nuova V.I.A. (Verifica Impatto Ambientale). Così scrive il CdS: “…Ritenuto che si intende approfondire nel merito – anche sul piano tecnico – la questione della sussistenza o meno di una rilevante differenza, quanto alla diversa quota di scavo, fra il progetto 2007-2010 e la variante del 2014, e quindi della necessità (o meno) di acquisizione di una nuova VIA in relazione a quest’ultima…il Consiglio di Stato accoglie l’istanza cautelare in primo grado…” Ora toccherà al TAR (tribunale amministrativo regionale) pronunciarsi con un giudizio di merito sul ricorso promosso sempre dai residenti.
(1) in realtà il parcheggio, definito “interrato” ai sensi del Piano Urbano Parcheggi (si tratta infatti di un intervento inserito nel Piano Comunale in seguito alla Legge 122/89 cosiddetta “Tognoli”, emerge sul lato di Via Bravaria di 4 metri dal livello stradale. Per approfondimenti vedi il dossier sottostante.
4 agosto 2015
Recensione film:IL FIDANZATO DI MIA SORELLA di Tom Vaughan
L’estate romana…2015
Spinta da un insano
desiderio di andare al cinema e trovando moltissime sale chiuse a Roma (nei
giornali sono addirittura scomparsi i nomi delle sale cinematografiche!) mi
sono rifugiata all’Adriano dove, per espiare i sensi di colpa di un prezzo più
alto, viene inclusa nel costo del biglietto una bottiglietta di acqua minerale
(ma il Comune di Roma non le distribuisce gratis ai pellegrini da anni?) o in
alternativa un bicchiere di Coca Cola.
Ho scelto così di vedere “Il fidanzato di mia sorella”, del regista scozzese Tom Vaughan: un filmetto allegro, ho pensato. Il film presenta un cast d’eccezione: Pierce Brosnan, ex 007 ma ancora in forma nonostante la pancetta dei suoi 62 anni, è l’improbabile professore di letteratura inglese specializzato nel romanticismo e Malcolm Mc Dowell (ossia il protagonista del celeberrimo “Arancia Meccanica”) è il ruvido e stravagante padre anch’esso professore universitario. Le due sorelle in questione sono interpretate dalla piuttosto inespressiva Jessica Alba e dall’eccessivamente focosa Salma Hayez (protagonista di Frida Khalo).
Ma quanti attori sprecati per un film la cui banalità è veramente imbarazzante! Tutti i luoghi comuni tra Vecchio e Nuovo Mondo e le ovvie contrapposizioni tra l’Inghilterra e la California trovano posto nei dialoghi del film il cui doppiaggio non fa che peggiorare la situazione. Si sprecano le storielle idiote, demodé e un po’ “da caserma” a scapito delle donne del tipo: D. «Perché gli uomini aprono la porta alle donne per farle passare prima? » R. «Per poterne vedere meglio il culo…»
Le battute continue senza soluzione di continuità impediscono anche di “apprezzare” la vicenda di un dongiovanni rimessosi in sesto per l’amore del figlio (non mi risulta sia mai avvenuto nel mondo reale…), la comprensione umana del padre in punto di morte, il trionfo dell’affetto tra sorelle-amiche…(anche questi fatti piuttosto rari)
Certo se questo è ciò che offre l’estate romana del 2015, forse è meglio fare una fuga magari in qualche piccola località balneare.
Ho scelto così di vedere “Il fidanzato di mia sorella”, del regista scozzese Tom Vaughan: un filmetto allegro, ho pensato. Il film presenta un cast d’eccezione: Pierce Brosnan, ex 007 ma ancora in forma nonostante la pancetta dei suoi 62 anni, è l’improbabile professore di letteratura inglese specializzato nel romanticismo e Malcolm Mc Dowell (ossia il protagonista del celeberrimo “Arancia Meccanica”) è il ruvido e stravagante padre anch’esso professore universitario. Le due sorelle in questione sono interpretate dalla piuttosto inespressiva Jessica Alba e dall’eccessivamente focosa Salma Hayez (protagonista di Frida Khalo).
Ma quanti attori sprecati per un film la cui banalità è veramente imbarazzante! Tutti i luoghi comuni tra Vecchio e Nuovo Mondo e le ovvie contrapposizioni tra l’Inghilterra e la California trovano posto nei dialoghi del film il cui doppiaggio non fa che peggiorare la situazione. Si sprecano le storielle idiote, demodé e un po’ “da caserma” a scapito delle donne del tipo: D. «Perché gli uomini aprono la porta alle donne per farle passare prima? » R. «Per poterne vedere meglio il culo…»
Le battute continue senza soluzione di continuità impediscono anche di “apprezzare” la vicenda di un dongiovanni rimessosi in sesto per l’amore del figlio (non mi risulta sia mai avvenuto nel mondo reale…), la comprensione umana del padre in punto di morte, il trionfo dell’affetto tra sorelle-amiche…(anche questi fatti piuttosto rari)
Certo se questo è ciò che offre l’estate romana del 2015, forse è meglio fare una fuga magari in qualche piccola località balneare.
Ghisi Grütter
3 agosto 2015
MONTE DEI COCCI:PRESTO LA SUA APERTURA AL PUBBLICO?
Roma è piena di aree verdi negate all'utilizzo pubblico.Per esempio ricordiamo nel II Municipio il parco di Villa Blanc ,il parco Piccolomini all'ombra del Cupolone, e il Monte dei Cocci nel I Municipio,che oltre ad essere un'area verde è anche un sito archeologico.Mentre per le prime due saranno le carte bollate a decidere l'uso pubblico o meno,per il Monte dei Cocci una lodevolissima iniziativa di un'associazione su change.org ha portato l'apertura del Monte alla pubblica attenzione e alla raccolta di quasi cinquemila firme.
Leggiamo questo aggiornamento tratto da www.di-roma.com
Raffaele Fischetto
Roma, anche il I Municipio chiede l'apertura del Monte dei Cocci
“Monte dei Cocci” - Forse in tempi brevi i romani si riapproprieranno di un sito archeologico sede della tradizione popolare, come Monte Testaccio, il cosiddetto Ottavo colle di Roma
di Maurizio Ceccaioni
Ad annunciarlo Irene Ranaldi, sociologa urbana e presidente dell’associazione culturale «Ottavo colle» di Testaccio, che tempo fa aveva lanciato una petizione su «Change.org», che ha raggiunto circa 5.000 firme. In questa, come nella lettera inviata al sindaco di Roma Capitale, Ignazio Marino e all’assessore alla Cultura e turismo, Giovanna Marinelli, si chiedeva di mettere fine alla chiusura di questo sito archeologico di alto valore culturale che, come molti altri nella nostra città, vengono aperti solo su richiesta per mancanza di personale, ma che potrebbe essere gestito anche con la collaborazione delle realtà territoriali presenti.
Il 24 luglio scorso è stato approvato dal Consiglio del I Municipio di Roma, un atto in cui si chiede che Monte dei Cocci ritorni ai romani. Perché questa collinetta artificiale a 44 metri sul livello del mare, che da sempre è stata chiamata così dai romani, ha dato anche il nome al rione in cui si trova (cocci, in latino testae, da cui il nome di Testaccio).
E di cocci, cioè frammenti di anfore, è fatta questa collinetta. Merci arrivate al porto di Ostia da paesi lontani e poi sbarcate al vicino porto fluviale di Ripa grande sul Tevere, dov’erano i magazzini dei generi alimentari (horrea) da distribuire alla popolazione per evitare rivolte e l’Emporium, la piazza tuttora esistente, dove si commerciavano i prodotti.
Quella di Monte Testaccio è considerata dagli esperti la più antica discarica regolata al mondo. Vi sono accumulati, su strati disposti ordinatamente, come moderni “vuoti a perdere”, i cocci delle anfore olearie usate per trasportare il prezioso olio d’oliva necessario alla vita quotidiana della Roma antica (dalla cucina alla medicina, alle lucerne per l’illuminazione). Arrivavano per la maggior parte dalla provincia romana di Betica, l'attuale Andalusia, ma anche dall’Africa e, una volta usate s’irrancidivano e venivano rotte per essere messe in discarica a formare strati successivi. A vigilare si pensa ci fossero dei curatores, personale che regolava gli scarichi dei materiali e manteneva in ordine la discarica, anche cospargendo di calce quei cocci per “disinfettarli” durante la decomposizione dei resti oleosi contenuti in essi.
È stato anche definito «un archivio a cielo aperto» che durante varie campagne di scavo ha permesso la lettura di una storia inedita della città. Dai carotaggi fatti, calcolando che Monte Testaccio è alto circa 30 metri e che la superficie totale è di circa 20.000 metri quadrati, ci dovrebbero essere accatastati i frammenti di circa 25 milioni di anfore. Frammenti che raccontano la loro storia attraverso il marchio di fabbrica impresso su una delle due anse (manici) o le iscrizioni dipinte in parti diverse (tituli picti), che indicavano i commercianti (mercatores) a cui appartenevano, il peso dell’anfora vuota, il nome dell’olio, di chi lo aveva prodotto e da dove arrivava, oltre al registro dei vari controlli dalla partenza all'arrivo. Tuuto questo, anticipando di qualche millennio le moderne regole dell’etichettatura e tracciabilità del prodotto.
Come conferma Irene Ranaldi, «questo sito archeologico va aperto perché è un patrimonio del rione e dell'intera città».
Un posto dove si potrebbe realizzare un percorso culturale che racconta secoli di vita di Roma, dall’epoca imperiale ai giorni nostri. Perché quel “monte” che sovrasta Campo boario (l’ex mattatoio ora Città dell'altra economia), ci riporta non solo alla sua funzione originaria, ma anche a momenti di socialità come le feste del carnevale durante il Medioevo, alla nascita dei “grottini", locali scavati direttamente nei cocci lungo la base della collinetta, adibiti prima a cantine e stalle, poi a osterie per le scampagnate e oggi diventati locali notturni e ristoranti di fama. Luogo di passeggiate romantiche per la gente del rione, durante la Seconda guerra mondiale fu uno degli avamposti per la difesa contraerea della Capitale e i resti delle quattro piattaforme della batteria di cannoni sono ancora visibili sul posto.
«Il Monte dei Cocci è amato e studiato all'estero molto più di quanto lo sia in Italia», dice la Ranaldi e l’affermazione è validata dal recente servizio della televisione pubblica francese «Antenne 2» con un reportage realizzato durante una delle aperture straordinarie del sito, a cui è seguito un servizio di Rai 3 Regione sui siti dimenticati di Roma.
Se è proprio vero che senza un aiutino estero a Roma non si muove niente, si spera che il Comune e la Sovrintendenza Archeologica del Lazio, così come è stato per lo stato indecoroso della città dopo l’articolo in prima pagina del «New York Times», possano concretizzare quando sottoscritto da migliaia di cittadini e ribadito con l’atto deliberato dal Consiglio del I municipio, riaprendo giornalmente i cancelli di Monte dei Cocci per romani e turisti.
(immagine sotto: Stratigrafia orientale Monte Testaccio)
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2 agosto 2015
PER LA DEMOCRAZIA :APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA,SERGIO MATTARELLA
Il Presidente della Repubblica,Sergio Mattarella
A proposito della votazione del Senato a non procedere nei confronti del senatore Azzolini,sul cui esito magari non si può essere d'accordo,come lo siamo, ma che comunque deve essere accettata come l''espressione libera di eletti chiamati ad esprimersi sull'argomento,si rimane basiti sulla presa di posizione del Presidente del Consiglio ,non nuovo a dichiarazioni che sono veri e propri scivoloni antidemocratici.Ci si chiede se sia veramente giusto affidare il destino del nostro Paese ad un premier che si dimostra cosi'sprezzante nei confronti,come in questo caso ,della magistratura.Se fosse stato Berlusconi o altri si sarebbero rivoltati i morti nelle tombe e sarebbe successo un macello da parte della sinistra,della intellighentia democratica o di quello che ne rimane.Pennivendoli delle svariate testate si sarebbero dichiarati inorriditi e avrebbero condannato una presa di posizione del genere che in prospettiva,data la giovane età del premier,non può far altro che preoccupare.
Quindi noi ci appelliamo a lei signor Presidente della Repubblica,lei che qualche giorno fà ha dichiarato solennemente in un discorso pubblico che mai ci dovrà essere un uomo solo al comando per le derive antidemocratiche che tale scelta causerebbe.Ebbene, caro Presidente, si guardi vicino :ne ha uno a portata di mano che aspira a fare quello che Lei condanna.Dimostri la sua autonomia da colui che in qualche modo l'ha designata a ricoprire la più alta carica della nostra Repubblica, prendendo esempio dai suoi predecessori illustri come Pertini, e non tenga legata la lingua a improbabili equilibri e separazioni di potere e parli.
Parli e condanni le velleità di chi aspira a diventare l'uomo solo al comando.
Il Paese gliene sarà grato
Quindi noi ci appelliamo a lei signor Presidente della Repubblica,lei che qualche giorno fà ha dichiarato solennemente in un discorso pubblico che mai ci dovrà essere un uomo solo al comando per le derive antidemocratiche che tale scelta causerebbe.Ebbene, caro Presidente, si guardi vicino :ne ha uno a portata di mano che aspira a fare quello che Lei condanna.Dimostri la sua autonomia da colui che in qualche modo l'ha designata a ricoprire la più alta carica della nostra Repubblica, prendendo esempio dai suoi predecessori illustri come Pertini, e non tenga legata la lingua a improbabili equilibri e separazioni di potere e parli.
Parli e condanni le velleità di chi aspira a diventare l'uomo solo al comando.
Il Paese gliene sarà grato
Domenico Fischetto
Riportiamo una breve nota di Gian Carlo Marchesini sull'argomento.
«Noi non siamo i passacarte della magistratura».
Noi - noi parlamentari della Repubblica, noi classe politica, noi che abbiamo il potere e la responsabilità del governo della cosa pubblica - non riconosciamo l'autorità, le prerogative, la funzione esercitata dalla magistratura. Non accettiamo le sue sentenze, non ci facciamo processare in piazza.
Ma in questa battuta sprezzante e liquidatoria non c'é una delegittimazione radicale, un rifiuto sovversivo per chi ha il compito cruciale e delicatissimo di esercitare la giustizia?
Ma così non si rovescia il tavolo, non si infrange il patto su cui si regge ogni civile consorzio? Non c'è dentro l'eterno spirito italiota del «io sono io e voi non siete un cazzo?»
Non è questa mentalità e linguaggio da boss mafioso?
Tolto di mezzo lo Statuto dei lavoratori e il sindacato, apicalizzato e sottomesso il Parlamento, drasticamente ridotta la dialettica democratica dentro la scuola, gasparrizzata/governizzata la Rai, ora «pisciamo in testa» - o era in bocca, come Azzolini a minacciato di fare con le monache? - al magistrato. Non è così che si procede imperterriti e decisi nello spingere il nostro Paese fuori dalla democrazia?
Noi - noi parlamentari della Repubblica, noi classe politica, noi che abbiamo il potere e la responsabilità del governo della cosa pubblica - non riconosciamo l'autorità, le prerogative, la funzione esercitata dalla magistratura. Non accettiamo le sue sentenze, non ci facciamo processare in piazza.
Ma in questa battuta sprezzante e liquidatoria non c'é una delegittimazione radicale, un rifiuto sovversivo per chi ha il compito cruciale e delicatissimo di esercitare la giustizia?
Ma così non si rovescia il tavolo, non si infrange il patto su cui si regge ogni civile consorzio? Non c'è dentro l'eterno spirito italiota del «io sono io e voi non siete un cazzo?»
Non è questa mentalità e linguaggio da boss mafioso?
Tolto di mezzo lo Statuto dei lavoratori e il sindacato, apicalizzato e sottomesso il Parlamento, drasticamente ridotta la dialettica democratica dentro la scuola, gasparrizzata/governizzata la Rai, ora «pisciamo in testa» - o era in bocca, come Azzolini a minacciato di fare con le monache? - al magistrato. Non è così che si procede imperterriti e decisi nello spingere il nostro Paese fuori dalla democrazia?
GCM
1 agosto 2015
Il Marnetto Quotidiano:MEZZOGIORNO
Sottosviluppo permanente: il verdetto di Svimez suona come una condanna all'ergastolo dell'arretratezza per mezza Italia. Eppure questa analisi così impietosa stride con il valore di molti meridionali intelligenti e colti, che conosco fin dagli anni universitari.
Perché allora tante persone preparate del Sud non riescono a farlo sviluppare?
"Perché noi meridionali - mi risponde un caro e intelligente amico - non siamo educati alla collaborazione, ma alla diffidenza. Fuori dal cerchio della famiglia non esistono vincoli morali di impegno e lealtà. Anzi, la collaborazione a favore di un semplice sconosciuto è sconveniente, perché può essere fraintesa come un gesto di sottomissione, in quanto la cooperazione gentile è dovuta solo verso chi è più importante".
Ci sono senz'altro cause di altra natura e più complesse del sottosviluppo del Mezzogiorno. Eppure, credo che se i meridionali iniziassero a fidarsi di più gli uni degli altri e a collaborare, potrebbero - con la capacità e tenacia che in molti possiedono - risollevare le loro regioni in tempi brevi. E per l'amicizia che mi lega a molti di loro, è un riscatto che auguro.
Massimo Marnetto
FARE SUBITO CIO' CHE SI DEVE FARE (ovvero l'alternativa di governo della sinistra)
Fare subito ciò che si deve fareArgiris Panagopoulos, Marco Revelli ( pubblicato su Il manifesto del 28 luglio 2015)Mai come oggi la situazione — nazionale e internazionale – è stata così gravida di pericoli e in così rapido mutamento. Mai come oggi sentiamo la paura di perdere del tutto il “nostro mondo”. Al tempo stesso, le evidenti contraddizioni aprono straordinarie opportunità di cambiamento, se solo la sinistra sapesse ritrovare il senso del proprio esistere, come ha invitato a fare martedì Norma Rangeri sul manifesto del 28 luglio. Lo scenario europeo in particolare – dal quale dipendono buona parte dei nostri destini e che non può non costituire il riferimento principale del nostro agire – va rivelando drammatici punti di caduta che mettono in discussione la sopravvivenza dell’idea stessa di Europa. E che comunque rivelano che così com’è essa non può sopravvivere. Che l’Europa o cambia o muore. L’iniziativa politica coraggiosa del governo greco e del suo popolo ha avuto il grande merito di mostrarlo a tutti, confermando la portata davvero storica dello scontro che si sta svolgendo nello spazio europeo. Il fatto che in questi giorni cruciali la Grecia sia rimasta sola, denuncia tutto il ritardo e l’inadeguatezza della sinistra europea a svolgere il proprio ruolo in questo nuovo spazio politico e sociale. Il mercantilismo liberista dei Trattati, definiti a misura dell’interesse nazionale tedesco, è insostenibile. Porta l’eurozona al naufragio. E d’altra parte, non possiamo nascondercelo, è debole oggi il consenso, non solo al livello dei governi, per la radicale correzione di rotta necessaria alla sopravvivenza economica e democratica dell’eurozona. L’ostacolo immenso lungo la strada non è solo la debolezza delle leadership politiche ma il deficit, morale e culturale, dei popoli prigionieri dei divergenti interessi nazionali. Dobbiamo con urgenza definire insieme come uscire da una trappola che svuota di senso storico e politico la sinistra. Non sono, questi, gli unici segnali devastanti che ci arrivano da Bruxelles, Francoforte e Berlino. Vi si aggiunge l’ostentazione di “disumanità sovrana” mostrata nella questione dei migranti, la vera emergenza umanitaria del nostro tempo affrontata come fastidiosa questione di sicurezza. La crisi delle culture politiche democratiche tradizionali, a cominciare da quella socialista, travolta dalla subalternità culturale al liberismo delle social-democrazie occidentali, e il simmetrico riemergere di populismi xenofobi e razzisti, non dissimili da quelli che caratterizzarono la catastrofe europea degli anni trenta. La pratica costante di chiedere ai governi membri – a cominciare dal nostro, e da quelli spagnolo, portoghese e irlandese oltre che, naturalmente, a quello greco — di “far male” ai propri popoli, imponendo loro sacrifici dannosi e particolarmente dolorosi per gli strati più deboli, come prova di fedeltà a un patto mai siglato da quei popoli e divenuto insopportabile economicamente, socialmente e moralmente. In questo quadro il governo italiano è totalmente subalterno a quella imposizione e a quei dogmi, non solo incapace di modificarne quantomeno gli aspetti più penalizzanti ma, anzi, impegnato a portare a compimento con zelo il mandato ricevuto dall’oligarchia che dirige l’Europa. Vanno in questa direzione la manomissione del nostro ordinamento democratico costituzionale; la tendenziale liquidazione della nostra democrazia rappresentativa in nome di una forma di governo brutalmente sbilanciata sul potere esecutivo (una “democrazia esecutiva” o“esecutoria”); l’imposizione di una legge-truffa destinata a deformare gravemente le volontà dell’elettorato e di consegnare al demagogo di turno un potere senza più contrappesi né anticorpi; la volontà di cancellare le rappresentanze sociali (in primo luogo quelle sindacali) e l’umiliazione del mondo del lavoro con la cancellazione dei suoi diritti; l’aggressione volgare al mondo della cultura e della scuola, con l’umiliazione del sapere in nome di criteri gerarchici aziendali; la riduzione a merce di ciò che rimane del nostro patrimonio territoriale e dei nostri beni comuni… Quella che si configura con il governo Renzi è una vera “emergenza democratica”. L’azione svolta finora e quella che si prepara a portare a compimento definiscono il profilo di un mutamento di sistema che richiede, per essere contrastato, un’innovazione politica e organizzativa all’altezza della sfida. Come mostra la vicenda greca in tutta la sua drammaticità, oltre al conflitto tra Stati e interessi nazionali , si profila all’orizzonte un conflitto politico e sociale di tipo nuovo, tra democrazia e oligarchie finanziarie e burocratiche transnazionali; tra dominio totalizzante della forma denaro e affermazione dei principii fondamentali di giustizia sociale, eguaglianza e solidarietà; tra governo dall’alto di società sempre più ingiuste e partecipazione consapevole e diffusa alle scelte collettive, combattuto non più solo nell’angusto spazio nazionale ma in campo europeo, in cui sarà fondamentale la capacità di dar vita a formazioni di grandi dimensioni, credibili, forti, autorevoli, capaci di superare le distinzioni di nazionalità e le altrettanto asfittiche frammentazioni identitarie. Per questa ragione noi oggi riteniamo non più rinviabile l’impegno di tutte le forze che si pongono in alternativa a questo quadro drammatico e che ancora si richiamano ai valori di eguaglianza, autonomia e libertà che furono della migliore sinistra a porre in campo anche in Italia, nei tempi brevi imposti dalla gravità della situazione, una forza unitaria, innovativa nello stile politico e credibile nel proprio programma, non minoritaria né chiusa in sterili pratiche testimoniali ma capace, come già è avvenuto in Grecia e in Spagna, di costituire un’alternativa di governo e di paradigma allo stato di cose presente. Un soggetto politico dichiaratamente antiliberista, dotato della forza per competere per il governo del paese in concorrenza con gli altri poli politici. Tutte le ultime tornate elettorali hanno rivelato che senza un progetto unitario a sinistra, capace di superare l’attuale frammentazione, non c’è speranza di sopravvivenza per nessuno. Non possiamo continuare a ripetere che il tempo è ora. Bisogna dare, da subito, un segnale chiaro. Che si è pronti. E che c’è bisogno di tutte e tutti. Non solo di chi, in questi mesi, nell’area politica alla sinistra del PD, ha avviato un fitto dialogo in vista dell’apertura di un “processo costituente”, ma soprattutto degli altri, che nei “luoghi della vita” continuano a tessere resistenza, solidarietà, azioni civili, coesione sociale. A combattere l’imbarbarimento e a sperimentare il bien vivir. Quelli che aspettano che qualcosa si muova, e che sia credibile, nuovo, diverso, forte. Dovranno essere soprattutto loro i protagonisti della grande “casa comune” che di deve iniziare a costruire. Facciamo sì che sia da subito un “percorso del fare”. Individuiamo fin d’ora nell’iniziativa referendaria sui temi più vicini alla vita delle persone un terreno su cui impegnarsi qui ed ora.Impegniamoci a costruire su ogni tema la più larga rete di soggetti, che già ci sono, e già sono attivi. Si lanci, ancor prima della pausa estiva, un messaggio chiaro e forte: che ci siamo. Che partiamo. Che possiamo farcela. Lo dobbiamo ai tanti che aspettano da troppo tempo. Ci si impegni a incontrarci a breve, entro la settimana, tutti quelli che sentono questa urgenza, per avviare il processo e preparare per ottobre un grande appuntamento unitario. | ||
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