Roma è piena di aree verdi negate all'utilizzo pubblico.Per esempio ricordiamo nel II Municipio il parco di Villa Blanc ,il parco Piccolomini all'ombra del Cupolone, e il Monte dei Cocci nel I Municipio,che oltre ad essere un'area verde è anche un sito archeologico.Mentre per le prime due saranno le carte bollate a decidere l'uso pubblico o meno,per il Monte dei Cocci una lodevolissima iniziativa di un'associazione su change.org ha portato l'apertura del Monte alla pubblica attenzione e alla raccolta di quasi cinquemila firme.
Leggiamo questo aggiornamento tratto da www.di-roma.com
Raffaele Fischetto
Roma, anche il I Municipio chiede l'apertura del Monte dei Cocci
“Monte dei Cocci” - Forse in tempi brevi i romani si riapproprieranno di un sito archeologico sede della tradizione popolare, come Monte Testaccio, il cosiddetto Ottavo colle di Roma
di Maurizio Ceccaioni
E di cocci, cioè frammenti di anfore, è fatta questa collinetta. Merci arrivate al porto di Ostia da paesi lontani e poi sbarcate al vicino porto fluviale di Ripa grande sul Tevere, dov’erano i magazzini dei generi alimentari (horrea) da distribuire alla popolazione per evitare rivolte e l’Emporium, la piazza tuttora esistente, dove si commerciavano i prodotti.
È stato anche definito «un archivio a cielo aperto» che durante varie campagne di scavo ha permesso la lettura di una storia inedita della città. Dai carotaggi fatti, calcolando che Monte Testaccio è alto circa 30 metri e che la superficie totale è di circa 20.000 metri quadrati, ci dovrebbero essere accatastati i frammenti di circa 25 milioni di anfore. Frammenti che raccontano la loro storia attraverso il marchio di fabbrica impresso su una delle due anse (manici) o le iscrizioni dipinte in parti diverse (tituli picti), che indicavano i commercianti (mercatores) a cui appartenevano, il peso dell’anfora vuota, il nome dell’olio, di chi lo aveva prodotto e da dove arrivava, oltre al registro dei vari controlli dalla partenza all'arrivo. Tuuto questo, anticipando di qualche millennio le moderne regole dell’etichettatura e tracciabilità del prodotto.
Un posto dove si potrebbe realizzare un percorso culturale che racconta secoli di vita di Roma, dall’epoca imperiale ai giorni nostri. Perché quel “monte” che sovrasta Campo boario (l’ex mattatoio ora Città dell'altra economia), ci riporta non solo alla sua funzione originaria, ma anche a momenti di socialità come le feste del carnevale durante il Medioevo, alla nascita dei “grottini", locali scavati direttamente nei cocci lungo la base della collinetta, adibiti prima a cantine e stalle, poi a osterie per le scampagnate e oggi diventati locali notturni e ristoranti di fama. Luogo di passeggiate romantiche per la gente del rione, durante la Seconda guerra mondiale fu uno degli avamposti per la difesa contraerea della Capitale e i resti delle quattro piattaforme della batteria di cannoni sono ancora visibili sul posto.
«Il Monte dei Cocci è amato e studiato all'estero molto più di quanto lo sia in Italia», dice la Ranaldi e l’affermazione è validata dal recente servizio della televisione pubblica francese «Antenne 2» con un reportage realizzato durante una delle aperture straordinarie del sito, a cui è seguito un servizio di Rai 3 Regione sui siti dimenticati di Roma.
Se è proprio vero che senza un aiutino estero a Roma non si muove niente, si spera che il Comune e la Sovrintendenza Archeologica del Lazio, così come è stato per lo stato indecoroso della città dopo l’articolo in prima pagina del «New York Times», possano concretizzare quando sottoscritto da migliaia di cittadini e ribadito con l’atto deliberato dal Consiglio del I municipio, riaprendo giornalmente i cancelli di Monte dei Cocci per romani e turisti.
(immagine sotto: Stratigrafia orientale Monte Testaccio)
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