Il caso della Nuova Stazione Tiburtina è emblematico di come la politica sia slegata dai reali problemi della gente ed è legata piuttosto a piccoli grandi interessi che vanno dalla promozione della propria immagine o del proprio clan a quelli miserabilmente di bottega.Dopo anni di lavoro e una sfarzosa inaugurazione nel 2011 dove passarono in rassegna tutti i papaveri della politica italiana dell'epoca (l'unico ancora superstite ,per via delle note vicende, è il Presidente della Repubblica),la Nuova Stazione Tiburtina si erge maestosa :ennesima cattedrale nel deserto,monumento allo spreco italiano,in mezzo ad un totale degrado e uno squallore indicibile .
Come biglietto da visita di Roma per i viaggiatori che scendono nel terminal dell'alta velocità di Trenitalia o piuttosto nell'hub di Italo non c'è male.
Nulla è cambiato rispetto all'inizio dei lavori e alla situazione preesistente.Davanti ad un'altissima concentrazione di mezzi di trasporto,metro,autobus,autolinee per l'Italia e l'estero, treno,e quindi di utenti/viaggiaori, persiste un'incuria generale,una trascuratezza ,una mancanza di dignità pubblica e di amor proprio ,persiste l'assenza della mano e dell'intelligenza pubblica.Senza fissa dimora,nullafacenti,piccola malavita la fanno da padroni, contrastati debolmente da una ronda delle forze dell'ordine che difficilmente possono fermare il trend di questo fenomeno.
La tangenziale,dopo i tanti annunci (l'ultimo è di questi giorni)è sempre lì,fortunatamente con meno traffico ma con la sua illogica presenza comprime e delimita il quartiere e la Nuova Stazione Tiburtina ponendosi proprio davanti come un lungo capello stile quello delle matricole universitarie.Il Centro Ittiogenico,che stà proprio di fronte alla N.S.T.,abbandonato,violentato dalla mancanza di manutenzione a cui si somma un popolo notturno che vi trova saltuario rifugio,depredato di tutto quello che era depredabile.A vederlo ora non immagineremmo mai le eccellenze di cui si è potuto fregiare quando era direttore l'ottimo professor Gelosi.Una vergogna per noi tutti di cui dobbiamo ringraziare la Regione Lazio,proprietaria dell'area,il Comune di Roma e il Municipio II che nulla fanno per riscattare questo gioiello.
La tangenziale,dopo i tanti annunci (l'ultimo è di questi giorni)è sempre lì,fortunatamente con meno traffico ma con la sua illogica presenza comprime e delimita il quartiere e la Nuova Stazione Tiburtina ponendosi proprio davanti come un lungo capello stile quello delle matricole universitarie.Il Centro Ittiogenico,che stà proprio di fronte alla N.S.T.,abbandonato,violentato dalla mancanza di manutenzione a cui si somma un popolo notturno che vi trova saltuario rifugio,depredato di tutto quello che era depredabile.A vederlo ora non immagineremmo mai le eccellenze di cui si è potuto fregiare quando era direttore l'ottimo professor Gelosi.Una vergogna per noi tutti di cui dobbiamo ringraziare la Regione Lazio,proprietaria dell'area,il Comune di Roma e il Municipio II che nulla fanno per riscattare questo gioiello.
E infine l'area della Lega Lombarda,dove c'era un deposito ATAC venduto per fare cassa ai soliti palazzinari.In quell'area durante gli scavi sono stati scoperti importanti ritrovamenti:un mitreo,un colombario,una piscina di epoca romana,più innumerevoli reperti e testimonianze della storia del quartiere.Inoltre anche una zanna di mammuth .Tutto puntualmente denunciato dai cittadini e altrettanto puntualmente insabbiato dalla complice sovrintendenza e dalla proprietà che non poteva certo rinunciare al proprio business,magari in regime di compensazione,per quattro pietre,di cui ,come si sa,Roma è piena!!!Invece quei ritrovamenti potevano rappresentare un'opportunità di crescita culturale per l'intero quartiere e per Roma.Un biglietto da visita per le centinaia di migliaia di viaggiatori che avrebbero potuto avere a loro disposizione un'area archeologica appena approdati a Roma.La miopia dei nostri politici e ,sottolineamo ,della sovrintendenza in questo caso è stata clamorosa.
Il saggio che riportiamo qui di seguito ,scritto dalla professoressa Ivaldi, presentato al Congresso della Società Italiana di Ergonomia (Torino 18/20 novembre 2013),aggiunge riflessioni sulla mancanza di responsabilità,rispetto e competenza che caratterizza in modo crescente le nostre amministrazioni .
Un caso emblematico di come annullare un grande progetto e degradare una città.
Un caso emblematico di come annullare un grande progetto e degradare una città.
Raffaele Fischetto
Ivetta Ivaldi & Simona Galeri
Dipartimento di Comunicazione
e Ricerca sociale
“Sapienza” Università di Roma - Via Salaria
113 - 3389222952
1. Una
grande stazione in un territorio ostile
Con questo studio si
propone un esempio di progettazione non ergonomica con ricadute
disastrose per la salute e il benessere dei cittadini e il decoro di una grande
città. Si tratta infatti di Roma e del
caso della Stazione Tiburtina, nota a molti utenti del servizio ferroviario
nazionale. L’interesse dal punto di vista ergonomico per questa realtà va dalla
macroergonomia - come è stato sviluppato il progetto - alla dimensione del benessere e della
sicurezza degli utenti - gli spazi e le attrezzature per la fruizione del
servizio.
La Nuova Stazione
Tiburtina è ormai in fase di realizzazione molto avanzata e molti treni ad alta
velocità partono o transitano da qui, grazie anche alla nuova società NTV, che
nel frattempo si è formata e che appoggia molto del proprio traffico in questa
stazione. Un contesto così ampio e complesso può suggerire osservazioni
ergonomiche di molti tipi ma, trattandosi di un grande progetto, una delle
prime cose che si notano è la mancanza di una adeguata gestione sistemica nella
dimensione del territorio. Colpisce la situazione di degrado che circonda
questo nuovo rilevante servizio nella città. Si tratta di un problema che non
può essere risolto da RFI ma che
coinvolge in maniera molto forte il Comune che, oltre ad essere partner in
questa rilevante innovazione, ha la responsabilità dello stato di decoro di
Roma, per non parlare del benessere e della sicurezza delle persone.
Alla nuova stazione è letteralmente appoggiata una sopraelevata con tutto
quello che comporta dal punto di vista del degrado e dei disagi. I viaggiatori
che scendono alla Stazione Tiburtina e
non vanno direttamente alla metropolitana non trovano spazi accoglienti o almeno puliti sui quali
muoversi: la sopraelevata, oltre a rendere sgradevole da un punto di vista
estetico l’incontro con Roma, ha sotto di sé barboni e balordi e raccoglie
sporcizia e cattivi odori.
Il progetto di sostituire
la piccola stazione Tiburtina con una stazione bella e monumentale sembra
derivi da una idea che negli anni novanta avevano condiviso amministratori ed urbanisti del
Comune di Roma riguardo alla possibilità di
creare un collegamento tra il quartiere Italia/Nomentano, sviluppato su
un lato della stazione, e la zona di via Tiburtina/Pietralata, sviluppata
sull’altro[1].
L’idea di una grande stazione che consentisse di passare da una parte all’altra
piacevolmente e con facilità sembrava offrire validi elementi di miglioramento
sociale e di integrazione tra quartieri e condizioni di vita sviluppate in modo
separato. Al di la dei punti di vista su questa ipotesi sociale e urbanistica è
comunque interessante considerare la presenza di obiettivi di miglioramento
della qualità della vita dei cittadini e dello sviluppo sociale ed economico
per la città. Lascia interdetti il fatto che non venisse sentita l’urgenza di
porre rimedio al degrado e all’inquinamento
causato dalla sopraelevata, mantenuto tuttora anche a costo di mettere a
rischio il futuro di un nuovo ed importante servizio pensato per migliorare la
qualità della vita e dello sviluppo urbano.
Di fatto l’idea della
grande stazione e delle opportunità che avrebbe consentito si consolida e
riscuote l’interesse del Ministero dei Trasporti che nel frattempo aveva creato
la Società RFI come gestore dell’infrastruttura delle ferrovie italiane e
Trenitalia come gestore del servizio.
Nei primi anni duemila la decisione è presa: si realizza un grande concorso per
il progetto della stazione che viene vinto dall’architetto Desideri e dal suo
gruppo composto da esperti di diverse discipline e nazionalità. Viene realizzata in seguito una Conferenza
dei servizi per condividere le molte esigenze collegate sia alla fase di realizzazione dei lavori che a quella della
conclusione e della messa in funzione della stazione nel territorio. Con il
Comune di Roma si concordano i tempi di
attuazione del progetto, che comprendeva anche la realizzazione di due
tunnel per eliminare il traffico dagli spazi circostanti e consentire l’abbattimento
della sopraelevata. Si tratta di uno strano accordo in cui sono previste penali per RFI nel caso di
ritardi o inadempienze ma non si
calendarizzano gli impegni del Comune che doveva tra l’altro abbattere la
sopraelevata, la cui presenza già aveva costretto a modificare il progetto
iniziale, pensato con l’idea che non ci fosse.
Le attività del Comune nell’ambito del progetto non erano state inserite
nelle fasi di lavoro quasi che il partner politico potesse agire
indipendentemente dallo stato di avanzamento della stazione. Questo lasciar
fuori il Comune dalla sequenza dei lavori si è rivelato pericoloso per il
raggiungimento dell’obiettivo.
La progettazione
ergonomica, indipendentemente dalla grandezza dei progetti, ha come criterio
interdisciplinarietà, globalità e partecipazione e quindi tutte le competenze
necessarie per affrontare il contesto, l’analisi dell’interazione tra le
persone e le tecnologie, tra le persone e l’ambiente in cui si muovono e delle
persone tra di loro. In questo caso sarebbe stato necessario che il progetto
comprendesse in modo articolato le attività che dovevano essere compiute da
entrambi i partners nel corso della realizzazione, per il raggiungimento
dell’obiettivo. In effetti anche l’obiettivo sembra non essere stato a
sufficienza definito e condiviso. Nei casi di grandi progetti realizzati per le
città il partner politico è meno
affidabile per i vari tipi di
cambiamento che possono intervenire e la tentazione di tirarsi indietro senza
dichiararlo e di spostare risorse su altri obiettativi. A maggior ragione
quindi gli impegni, i tempi e le modalità di esecuzione con cui ciascuno dei
partners deve realizzare i suoi compiti devono essere specificati e definiti
anche dal punto di vista delle penali. Questo consente di dare al progetto una
realtà specifica già deliberata in tutte le sue fasi e non soggetta a
ripensamenti né dal punto di vista
tecnico né da quello politico.
Le problematiche ergonomiche che la nuova stazione ci propone sono
molte, si trovano anche all’interno e riguardano l’accessibilità, il benessere
e la sicurezza dei viaggiatori. In effetti lo studio iniziale era partito
dall’analisi dell’accessibilità e della sicurezza per i disabili. La mancanza di ergonomia, come peraltro
accade quando non ci si impegna per chi è in
difficoltà, riguarda però tutti gli utenti. Aspetti problematici vengono
anche dal mancato coordinamento tra la realizzazione del nuovo e la gestione
degli spazi poco confortevoli già esistenti e non toccati dall’innovazione,
molto usati però dai viaggiatori che li vedono come parte dal nuovo progetto. Lo studio dei disagi e dei rischi
evidenzia una situazione carente su molti piani, come si può vedere dalle
osservazioni che seguono.
2. Accessibilità, comfort e sicurezza
La
nuova stazione Tiburtina, per avendo ancora oggi lavori in corso, è stata
inaugurata il 28 novembre 2011. Dopo dieci anni di attese e 36 mesi di
cantiere, è costata circa 330 milioni di euro, gestisce circa150mila passeggeri
al giorno, ha 20 binari, 52 scale mobili e 29 ascensori, dislocati su quasi 50mila
mq di superficie.[2]
All’inaugurazione erano presenti il Presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano, il Presidente della Regione Lazio Renata
Polverini, il Presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti e il Sindaco
di Roma Gianni Alemanno.
Il concorso di progettazione “Il nodo Stazione Tiburtina. Una nuova centralità urbana” vinto dallo studio romano di architetti
associati ABDR ha progettato la stazione come luogo di scambio sociale e
urbano. “La scelta di appendere i volumi – spiega lo studio ABDR – ottimizza le
campate strutturali dei solai superiori, eliminando le criticità derivanti
dalle vibrazioni trasmesse dal traffico ferroviario alla struttura e di
valorizzare le condizioni bioclimatiche del progetto”[3]. I
volumi sospesi sono rivestiti con alicrite color verde lime: tutto bellissimo,
ma per ora tutto è deserto. Serrande abbassate, corridoi vuoti, illuminazione
scadente, scale mobili immobili, transenne qua e là. Quando piove, l’acqua
gocciola dai soffitti e crea poi muffa. Il pavimento dell’atrio principale è
traballante e scivoloso. Porte chiuse, spazi inagibili, tubi a vista, lampadine
penzolanti, wc rotti e i binari 9, 10 e 13 off-limits. Per non parlare dei
binari 1 e 2 est, dove transitano i treni utilizzati dai pendolari, diretti a
Lunghezza, Tivoli, Avezzano e Pescara. L’unica via d’accesso alla banchina è
una scala di 28 gradini, stretta e buia, dove nell’ora di punta i pendolari
procedono ammassati e a rilento, senza alcuna sicurezza. A fine aprile 2012, Corriere.it aveva documentato come i
nuovi binari est – inaugurati a ottobre 2011 dopo l’incendio che aveva
compromesso la circolazione dei treni 3 mesi prima – non fossero accessibili
per i disabili. RFI aveva garantito di porre rimedio con un nuovo collegamento
in piano tra l’1 e il 2 Est e i binari 24 e 25, dotati di un ascensore. “Come
promesso abbiamo realizzato il passaggio a raso che è pienamente operativo dal
1° giugno – ha spiegato Silvio Gizzi, direttore RFI Produzione Roma. “Abbiamo
dotato il sottopassaggio e le banchine anche di pulsanti di sos, presidiati 24
ore su 24, che consentiranno, a chi ne ha bisogno, di contattare il personale
per poter accedere al percorso dedicato. Chi arriva dal tunnel o dal treno può
uscire o entrare nella stazione attraverso questo nuovo percorso che abbatte,
di fatto, le barriere architettoniche”.[4] Il
cancello di accesso al passaggio appena ultimato, però, resterà sempre chiuso
per motivi di sicurezza.[5]
Giuseppe Trieste, presidente di Fiaba Onlus, sulla sua sedia a rotelle, ha provato il percorso in prima persona.
L’assistenza, con in mano le chiavi di accesso al passaggio a raso, è arrivata
8 minuti dopo la prima chiamata; 13 minuti dopo, Trieste ha raggiunto i binari
1 e 2 est.[6]
RFI aveva garantito che entro il 2013 sarebbe stato aperto un nuovo
tunnel per carrozzine, ma di questo tunnel non c’è alcuna traccia. Attualmente
si pensa invece di eliminare questi binari, così problematici, dal servizio al
pubblico e usarli per esigenze interne.[7]
Dai binari non si può
raggiungere la metropolitana. Le porte sono di vetro, strette e pesanti. I
percorsi tattili per non vedenti sono sistemati a caso. L’art. 15 del DPR 24 luglio 1996, n. 503, Eliminazione
delle barriere architettoniche in spazi pubblici, afferma, al punto 4.1:
“Le porte di accesso di ogni unità ambientale devono essere facilmente
manovrabili, di tipo e luce netta tali da consentire un agevole transito anche
da parte di persona su sedia a ruote; il vano della porta e gli spazi
antistanti e retrostanti devono essere complanari. Sono consigliabili porte
scorrevoli o con anta a libro, mentre devono essere evitate le porte
girevoli, a ritorno automatico non ritardato e quelle vetrate se non
fornite di accorgimenti per la sicurezza. Le porte vetrate devono essere
facilmente individuabili mediante l'apposizione di opportuni segnali. Sono da
preferire maniglie del tipo a leva opportunamente curvate ed arrotondate”. Il
punto 8.1 specifica: “La luce netta della porta di accesso di ogni edificio e
di ogni unità immobiliare deve essere di almeno 80 cm. La luce netta delle
altre porte deve essere di almeno 75 cm. L'anta mobile deve poter essere usata
esercitando una pressione non superiore a 8 Kg”. Nessuna di queste norme è
stata rispettata, in un complesso inaugurato meno di due anni fa. Il futuristico
hub dell’alta velocità per ora non ha nulla di ergonomico e lascia tutti con
l’amaro in bocca.
La
stazione Tiburtina di Roma è dunque un hub fantasma. Forse perchè il progetto non è del tutto
completo oppure perché vi sono difficoltà oggettive nel portare a regime quanto
sino ad ora realizzato. La situazione di degrado esterno è tale da rendere
difficile probabilmente anche promuoverla come centro commerciale. A
fianco della vetrata della stazione a ponte, infatti corre la tangenziale di
Roma, sopraelevata che avrebbe dovuto essere demolita ma che oggi funge da
riparo per decine e decine di sbandati e senzatetto. Ed è proprio da lì che
partono i taxi. Così i viaggiatori, per prenderne uno, devono fare lo slalom
tra la puzza di alcol e quella di urina.
Eppure, il progetto iniziale era un altro: nell'atrio
di Pietralata un parcheggio interrato su due livelli, con 110 posti totali;
altri 400 posti a raso, in un parcheggio realizzato sulla copertura della nuova
circonvallazione interna, sostitutiva dell'attuale tangenziale fino allo
svincolo della A24. Tutto per smantellare la famosa sopraelevata.
A maggio 2013 si è assistito a uno scambio di accuse
tra Comune e Ferrovie. Il ministro dei trasporti Maurizio Lupi aveva definito
una vergogna che all’interno della stazione Tiburtina non ci fossero ancora
servizi, bar o negozi.[8]
L’AD di RFI, Mauro Moretti, attribuiva i ritardi al Comune, che “non ha fatto
niente sul piano delle infrastrutture, come parcheggi e svincoli”[9].
Il Campidoglio ha accusato di lentezze e ritardi RFI. Fabrizio Ghera, assessore
capitolino ai Lavori pubblici, precisa che “gli interventi, ancora in fase di
completamento, sono a carico e di competenza di RFI”[10].
Anche abbattere la sopraelevata?
Eppure la nuova stazione avrebbe dovuto essere un esempio europeo, ospitare i treni
AV di Trenitalia e NTV (Italo), superare in
prestigio e traffico ferroviario la Stazione
Termini. Bisognerebbe attivarsi e parlarne in tutta Europa perché è una
realtà romana, ma, se la si guarda bene, ha contenuti universali. I concetti di Design for all e di Universal
design dovrebbero essere intrinseci in ogni opera architettonica, nelle
istituzioni pubbliche e private, nell’opinione pubblica.
E’
storia ormai lontana il tempo in cui i committenti e i progettisti si preoccupavano
di dare alle loro opere anche il giusto risalto sul territorio. Una grande
stazione merita una piazza armoniosa e funzionale se non bella. Oggi siamo
forse meno preoccupati della bellezza ma siamo sensibili alla sostenibilità che
in qualche modo la comprende. La
gestione dei grandi progetti che hanno obiettivi di miglioramento spesso perde
efficacia tra la partenza e le conclusioni, forse proprio per la scarsa
attenzione al metodo con cui vengono sviluppati, eppure il metodo è
determinante per il raggiungimento dell’obiettivo[11].
Di fatto questa grande, costosa stazione di fronte all’indifferenza dei
responsabili rischia di perdere il suo ruolo e di scadere nel degrado,
come è già avvenuto in altri sfortunati
casi.
[1] Mariotti C. La Nuova
Stazione AV di Roma Tiburtina in “Argomenti”,
n. 2, luglio 2010
[2] Http://www.rfi.it/romatiburtina.html
[3] Http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-11-28/progetto-roma-tiburtina-stazioneponte-125635_PRN.shtml
[4] http://mobile.corriere.it/m/informazionelocale/notizie/roma/notizie/cronaca/12_
giugno_1/tiburtina-passaggi-disabili-binari-201429250406/0
[6] “Fermate i treni. Deve passare la carrozzella”, in Il
Tempo, 22/05/2013, p.22
[7] Intervista Ing. Carlo
Mariotti, committente responsabile progetto
Divisione Investimenti
RFI, 10/9/2013
[8]http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/05/22/tiburtina-senza-servizi-moretti-accusa-colpa-del.html
[9]Ibidem
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8Ibidem
[11] Uccelli S.E. e Amatori F.
La fabbrica ristrutturata, F.Angeli,
Milano, 1978
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