4 luglio 2014

RECENSIONE DI JERSEY BOYS ovvero Rock&Mafia




JERSEY BOYS

 

Rock & Mafia

 

Clint Eastwood è sempre stato un appassionato di musica, basti ricordare che vinse il Golden Globe con “Bird” il film del 1988 sulla vita di Charlie Parker interpretato da Forest Whitaker. Eastwood è inoltre abbastanza vecchio da ricordarsi bene degli anni ’50 e ’60, ha quindi facilità nel descrivere l’ascesa di Frankie Valli e del gruppo Four Seasons verso i successi nel rock. I soliti mafiosi italo-americani, di cui Christopher Walken è il Padrino, costituiscono la giusta cornice della vicenda che si svolge, inizialmente, nel quartiere italiano vicino a Newark, New Jersey, dove Frankie - l’eccezionale cantante John Lloyd Young - è nato e cresciuto. L’ambientazione e la musica sono descritte con dovizia di particolari e divertono e appassionano per un’ora intera. Peccato che il film ne duri più di due. Dall’apparire delle prime crisi tra i membri del quartetto in poi - con impicci, furtarelli e imbrogli di Tommy – il film si spegne lentamente non riuscendo più a incuriosire lo spettatore, per poi riprendere vita nella scena finale.
Clint Eastwood ha seguito una fedele trasposizione cinematografica del musical di Broadway che, invece, avrebbe meritato forse qualche piccola revisione nella sceneggiatura. Lo stesso dialogare con il pubblico da parte degli attori – che va tanto di moda anche nelle serie TV statunitensi come ad esempio “House of Card”– non riesce a essere avvincente. La vita privata di Frankie si sovrappone inframezzandosi con la sua storia pubblica senza mai trovare armonia. “Jersey Boys”, insomma, non è uno dei migliori film di Eastwood ma, complimenti comunque per essersi cimentato, a ottantaquattro anni, nella regia di un nuovo genere.
Ghisi Grütter
 

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