JERSEY BOYS
Rock & Mafia
Clint Eastwood è
sempre stato un appassionato di musica, basti ricordare che vinse il Golden
Globe con “Bird” il film del 1988 sulla vita di Charlie Parker interpretato da
Forest Whitaker. Eastwood è inoltre abbastanza vecchio da ricordarsi bene degli
anni ’50 e ’60, ha quindi facilità nel descrivere l’ascesa di Frankie Valli e
del gruppo Four Seasons verso i
successi nel rock. I soliti mafiosi italo-americani, di cui Christopher Walken
è il Padrino, costituiscono la giusta
cornice della vicenda che si svolge, inizialmente, nel quartiere italiano
vicino a Newark, New Jersey, dove Frankie - l’eccezionale cantante John Lloyd
Young - è nato e cresciuto. L’ambientazione e la musica sono descritte con
dovizia di particolari e divertono e appassionano per un’ora intera. Peccato
che il film ne duri più di due. Dall’apparire delle prime crisi tra i membri
del quartetto in poi - con impicci, furtarelli e imbrogli di Tommy – il film si
spegne lentamente non riuscendo più a incuriosire lo spettatore, per poi riprendere
vita nella scena finale.
Clint Eastwood ha
seguito una fedele trasposizione cinematografica del musical di Broadway che, invece, avrebbe meritato forse qualche
piccola revisione nella sceneggiatura. Lo stesso dialogare con il pubblico da
parte degli attori – che va tanto di moda anche nelle serie TV statunitensi
come ad esempio “House of Card”– non riesce a essere avvincente. La vita
privata di Frankie si sovrappone inframezzandosi con la sua storia pubblica
senza mai trovare armonia. “Jersey Boys”, insomma, non è uno dei migliori film
di Eastwood ma, complimenti comunque per essersi cimentato, a ottantaquattro anni,
nella regia di un nuovo genere.
Ghisi Grütter
Ghisi Grütter
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