1 luglio 2014

IL BUSINESS PELOSO

da www.romapost.it

       Accoglienza, casa e mense: il business non ha confini. Ecco un'altra storia italiana

Dall'Arciconfraternita a La Cascina, tanti soldi in circolo e molti punti oscuri mentre a rimetterci sono sempre i soliti. Cioè i più deboli.

Redazione
lunedì 30 giugno 2014 08:46


di Matteo Marini

"Vogliamo cambiare pagina rispetto all'idea dei residence. Per decenni sono state spese somme superiori ai 20 milioni di euro per tenere delle persone in 'ghetti abitativi'. Ora invece ci vogliamo basare sugli interessi dei cittadini più deboli". Con queste parole, il 23 maggio scorso, il sindaco di Roma, Ignazio Marino, presentava alla stampa il nuovo piano per il sostegno abitativo nella Capitale. Un progetto che prevede un bonus di 800 euro e 5mila euro di 'buona uscita' per incentivare le famiglie che ora abitano nei residence a trovare un appartamento e ad arredarlo.
Il Comune di Roma, per dare una risposta a 1700 famiglie senza casa, usufruisce attualmente di 31 centri di assistenza alloggiativa temporanea (i residence, ndr) pagando ai privati che li hanno costruiti un affitto complessivo di 37 milioni di euro annui. La gestione delle strutture però, non è in mano pubblica ma viene delegata ad altri soggetti.
In base all'elenco dei residence pubblicato da Gianni Alemanno ad agosto del 2011, su 19 edifici 8 erano gestiti dall'Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e Trifone.
L'Arciconfraternita. L'Arciconfraternita ha radici antichissime, essendo stata fondata alla fine del 1500. Nel 1994 l'allora Cardinale Vicario Camillo Ruini, affida la struttura a Monsignor Pietro Sigurani, con il compito di rilanciarne le attività. Il loro principale campo d'azione riguarda l'accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati politici.
Secondo un dossier redatto a settembre 2009 dall'associazione Black and White e disponibile sul loro sito neroebianco.org, l'Arciconfraternita è riuscita negli anni ad aprire a Roma, grazie a immobili di proprietà della Chiesa e a consistenti finanze, molti centri di accoglienza, facendosi affidare dalle istituzioni l'assistenza dei rifugiati e degli immigrati che arrivano nella Capitale.
Scrive l'associazione nel dossier: "L'Arciconfraternita fa il colpo grosso con il Centro Polifunzionale Enea di via Boccea. Un centro sperimentale di accoglienza e integrazione rivolto a 400 rifugiati politici [.] Dopo un anno di gestione del Centro [.] l'Arciconfraternita ha regolarizzato la gestione del Centro aggiudicandosi l'avviso pubblico, per un fatturato annuo superiore ai 4 milioni di euro garantito per 4 anni. A questi si possono aggiungere i 2 milioni di euro l'anno che il ,inistero dell'Interno paga per la locazione della struttura".
Nel corso degli anni la Prefettura affida all'Arciconfraternita anche la gestione di strutture di accoglienza per le emergenze estive connesse agli sbarchi e diversi Centri di accoglienza per richiedenti asilo. Il fatturato dell'Arciconfraternita, contenuto nel rapporto dell'associazione di cui sopra, parla di cifre che superano i 21 milioni di euro.
A fine 2012 la Procura di Roma apre un fascicolo sull'Arciconfraternita e sulla sua costola, Domus Caritatis. L'accusa è di aver fatto passare con falsi certificati medici degli immigrati adulti per minorenni, al fine di ottenere rimborsi maggiori per l'assistenza. "Solo nei primi sei mesi dell'anno - titola La Repubblica - sono stati spesi a Roma, per i 2.300 "minori", 55 milioni e 400mila euro. Con la giunta Alemanno l'Arciconfraternita infine allarga il suo business verso i residence e l'emergenza abitativa.
La Cascina. Recentemente l'Arciconfraternita torna però sui suoi passi, decidendo a quanto ci risulta di lasciare il business della casa e rimanere ancorata al sociale. Al suo posto entrano tre cooperative, Domus Caritatis, Tre Fontane e Osa Mayor, che decidono di raggrupparsi in una cooperativa più grande (pur mantenendo la propria autonomia). Si uniscono così alla cooperativa La Casa della Solidarietà, attiva dal 2004. Tutte e quattro le realtà hanno la loro sede legale a Roma in via Francesco Antolisei. La Casa della Solidarietà, in seguito, confluisce in una cooperativa che di tutto si è occupata dalla sua fondazione, tranne che di emergenza casa e immigrazione: La Cascina.
La Cascina da sempre incentra i suoi affari sulle mense, servendo scuole, università e istituzioni a vari livelli e non solo a Roma. Il vicepresidente, Francesco Ferrara, è l'ex presidente dell'Arciconfraternita. Dettaglio importante, come ci sottolinea Paolo Trenta, consigliere comunale M5S a Velletri e autore di un'interrogazione a fine maggio scorso su un centro rifugiati dato in gestione alla Casa della Solidarietà. Infatti sottolinea come "alcuni consiglieri di amministrazione della Casa della Solidarietà li troviamo come Amministratori in Domus Caritatis e Tre Fontane. Quello che accomuna tutte però, è l'indirizzo della loro sede legale, situata in via Antolisei 25 e che corrisponde a quello della lega di cooperative La Cascina e Vivenda Spa, colossi della ristorazione da 150 milioni annui".
De La Cascina si comincia a parlare già nel 2003 quando i magistrati della Procura di Bari emettono dieci provvedimenti restrittivi nei confronti dei responsabili della società di ristorazione. Cinque dirigenti della Cascina barese e tre fornitori della Cooperativa finiscono agli arresti domiciliari. A due dirigenti della sede centrale di Roma, invece, viene interdetta l'attività d'impresa. Tra gli arrestati finisce anche un ispettore dell'ufficio di qualità. L'accusa è abbastanza pesante: dal 1999 La Cascina avrebbe somministrato a scuole ed ospedali baresi cibi scaduti, putrefatti o con alta carica batterica.
"Spesso - scrivono i magistrati nell'ordinanza - i cibi sono stati stoccati e manipolati in locali e con attrezzature prive dei minimi requisiti di igiene". Il tutto poi "approfittando di circostanze di persona (malati in età infantile ricoverati negli ospedali) tali da ostacolare la privata difesa". Inoltre i magistrati accusano gli indagati di irregolarità nell'aggiudicazione degli appalti per la fornitura e somministrazione dei pasti, sostenendo che siano stati vinti grazie a false autocertificazioni presentate. La questione si chiuderà nel settembre del 2010 con 17 condanne (sui 32 imputati finiti alla fine a processo) per truffa e frode nelle pubbliche forniture più risarcimenti per danni morali e materiali al Comune di Bari, alla Asl, all'Adisu, al Codacons, all'Adoc e alla Federconsumatori da quantificare in sede civile.
Un episodio simile si verifica nella Capitale: "Il 3 novembre 1998 - scrive il comitato Lucchina e Ottavia in una lettera datata marzo 2012 - 182 bambini delle scuole Besso e Bertolotti, furono infettati nelle mense scolastiche dalla Salmonella [.] a distanza di otto anni, il giorno 21 aprile 2006, il Tribunale Ordinario di Roma condannava i responsabili della Cooperativa La Cascina "alla pena di 4 mesi di reclusione e 50 euro di multa oltre al pagamento delle spese processuali". Il 27 novembre 2007 la Corte d'Appello di Roma dichiarava di 'non doversi procedere nei confronti degli imputati per i reati loro ascritti per essere estinti per prescrizione' e li condannava al pagamento di circa 9mila euro a favore delle parti civili".
La vicinanza con Cl. Nel 2004 Giovanni Di Capua, nel suo libro "Delenda Dc", descrive la Cooperativa come vicina a Comunione e Liberazione: "Sin dai tempi della segreteria Piccoli, vicesegretario De Mita, Cl aveva petulantemente chiesto (e in parte ottenuto) di accreditare una sua cooperativa, La Cascina, nel mercato dei servizi di ristorazione. Non c'era alcunché di illecito: solo che La Cascina, non contenta di essere stata ammessa nella mensa universitaria romana [.] intese proporsi anche per l'affidamento del servizio di mensa autogestito dall'ente comunale di consumo per i numerosissimi dipendenti del comune, retto dal democristiano Pietro Giubilo. Dietro quei servizi, come altri organizzati presso enti pubblici, proliferavano interessi economici d'ogni sorta".

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