Bianchi: se al Pd non servo, arrivederci e grazie
Cara Europa, ho scritto una lettera al segretario Guglielmo Epifani per comunicargli le mie dimissioni dalla direzione nazionale del Pd: dove ero entrato dopo aver partecipato, da indipendente e come ministro dei trasporti, al secondo governo Prodi. Ho dovuto constatare che la mia disponibilità non era di alcun interesse per il partito, che invece, grazie a boiardi locali, mi è stato ostile nelle candidature per l’Europa e per il Campidoglio. Ma i fatti personali contano poco, conta moltissimo invece veder rimosso l’episodio dei 101 felloni contro Prodi, e ancor più la dissennata perdita di orizzonte, dopo che il riformismo progressista s’è trasformato in arena di scontri personali. Qualcuno vincerà, e io gli auguro di saper tagliare le parti malate e ridefinire il progetto per il paese.
Alessandro Bianchi, Roma
Caro Alessandro, il mio impulso era quello di non pubblicare la tua lettera (e ti prego di scusarmi se ho dovuto accorciarla di molto, per restare negli spazi di questa “gabbia” grafica); e di telefonarti per chiedere un ripensamento, almeno fino alle primarie-congresso dell’8 dicembre: dove appunto qualcuno dei pretendenti vincerà, e, si spera, vorrà rifare il Pd come partito colto, moderno, riformista, progressista, cacciando a pedate i baroni e i cacicchi, vecchi e giovani, senza razzismi anagrafici.
Il rischio di un assalto alla diligenza c’è, se lo stesso Renzi, sentendosi super-sostenuto anche dalle tue parti calabresi, ha ammonito che preferisce quelli che spingono il carro a quelli che invece vi saltano sopra per prolungare, sotto altra bandiera ma con immutata famelicità, l’affarismo, l’opportunismo, il clientelismo.
E altre malattie che conosciamo, da buoni meridionali, ma che sono ormai endemiche anche al Nord, dopo che per vent’anni Forza Italia ha personalizzato il consenso in plebiscito e l’adesione in affarismo a cielo aperto.
Ho rinunciato a telefonarti per rispetto, ma personalmente, pur pensando come te, ho rinnovato la tessera del partito anche per quest’anno: e proprio con lo scopo di votare alle primarie, perché anche il mio voto conti. Tu dici che non conta? Hai ragione, ma penso che dobbiamo comportarci “come se…” Dopo, quando il nuovo segretario sarà alla prova del “nuovo” partito che tu auspichi e anch’io, valuteremo se dargli il nostro granellino di sabbia o se chiuderci definitivamente nella nostra memoria, conservando, nelle tristezze della vecchiaia (parlo di me), almeno il fascino delle battaglie giovanili, i volti umani e le parole che erano o ci parvero belli e belle.
Tu potresti dirmi che, almeno, io ho la gratificazione di scrivere ogni giorno su questo giornale, per quanto piccolo e spesso ignorato dalle stesse gerarchie del Pd: ma non è così. In dieci anni di condirezione, e scrivendo non meno di trecento articoli all’anno, ho ricevuto dal Nazareno sì e no dieci telefonate.
Ultime, ieri, da Franco Monaco e da Rosy Bindi. Per la dirigenza, siamo e restiamo estranei, e forse col peccato originale, io del mio liberalismo riformista, tu della tua cultura scientifica e umanistica che non si piega ai baroni. Del resto, per essere franchi fino in fondo, nella Prima repubblica alla fine successe la stessa cosa: anch’io mi dimisi dalla direzione nazionale del Pli, che era composta di venti persone, quando cominciai a sentire cattivo odore.
Per fortuna, non mi è mancato per il resto dei miei giorni, come non mancherà a te, la luce della lettura, che illumina più di quella della politica politicienne.
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