12 dicembre 2013

RELAZIONE DI PAGLIARULO,GDL COSTITUZIONE,ASSEMBLEA GENERALE PROGETTO ROMA


 

ProgettoRoma

 

 

NOTA DEL GRUPPO DI LAVORO SULLA

LEGGE DI RIFORMA DELLA COSTITUZIONE

 

 

Roma, 7 dicembre 2013

 

 

Fra le novità avvenute nell’intervallo di tempo fra questa nostra assemblea e l’assemblea precedente, c’è la nascita di un particolare gruppo di lavoro, che abbiamo dedicato al progetto di riforma della Costituzione promosso dal governo e in stato di avanzata attuazione.

 

Non sfugge la particolarità di questo gruppo: mentre gli altri insistono su tematiche specificamente relative alla nostra città, questo è dedicato a un tema di carattere generale e nazionale. Ma l’importanza di questo tema, che, in breve, riguarda la natura e le caratteristiche del patto che ci tiene assieme come nazione e come Stato, spiega la ragione della nostra scelta, considerando anche la caratteristica di Roma. Roma infatti, essendo la Capitale e contenendo una complessità vastissima di tematiche, non è una città come le altre, ma è il punto di congiunzione fra il cittadino e il nazionale, fra il particolare e il generale, fra – come si dice oggi – il locale e il globale.

 

Questo gruppo, che si è riunito per la prima volta il 25 luglio 2013, ha visto la presenza costante di alcune persone, come Aldo Abenavoli, Maria Teresa Mastrangelo, Gianfranco Pagliarulo e nell’ultima fase Anna Maria Fogheri, e la presenza saltuaria di diverse altre.

 

Nel corso del nostro lavoro, abbiamo registrato una grave preoccupazione per la profondità e l’importanza dei cambiamenti della Costituzione proposti in un apposito disegno di legge costituzionale proposto dal governo e per la totale inconsapevolezza della quasi totalità dell’opinione pubblica, tenuta all’oscuro di tali vicende sia dagli organi istituzionali, sia dalla grande stampa.

 

Ci è sembrato inquietante, per di più, che sia stato completamente rimosso il referendum del 2006, che cancellò le riforme della seconda parte della Costituzione. Eppure quel referendum esprimeva un mandato politicamente ed eticamente vincolante, quello della difesa dello spirito della Costituzione del 1948, ed una evidente diffida nei confronti di chiunque intendesse manometterla nella sostanza senza alcun consenso popolare.

 

In particolare abbiamo criticato il fatto che tale disegno di legge modifichi il punto di metodo più delicato di tutta la Costituzione, e cioè l’art. 138, che dispone in modo rigido le procedure per cambiare la stessa Costituzione. La modifica più importante riguarda il fatto che mentre l’art. 138 afferma che i punti della Costituzione si possono cambiare solo dopo due deliberazioni della Camera e del Senato, ciascuna a distanza dall’altra non inferiore a tre mesi, la nuova versione dimezza questa distanza temporale, riducendola a 45 giorni.

 

Le critiche non si esauriscono qui. Il disegno di legge istituisce una commissione che ha il compito di cambiare alcune parti della Costituzione, commissione di cui non si sente il bisogno, dato che il Parlamento è già dotato di apposite commissioni, e conferisce a tale commissione il compito di riformare la Costituzione in sue parti vastissime e per qualche aspetto indeterminate. Si accenna poi all’opportunità di cambiare la forma di Stato e la forma di governo; tale tematica, al di là delle formule, potrebbe portare, per esplicita volontà di molti autorevolissimi sostenitori di tali riforme, al cambiamento della nostra Repubblica da parlamentare a presidenziale o semipresidenziale, il che vuol dire diminuire i poteri del legislativo ed aumentare quelli dell’esecutivo, cioè del governo ed in particolare del Presidente del Consiglio.

 

La riforma era nata da una esigenza giusta e condivisa dalla quasi totalità dei gruppi parlamentari e, crediamo, da larghissima parte dell’elettorato: quella di superare il cosiddetto bicameralismo paritario, cioè la ripetizione pedissequa, per l’approvazione delle leggi, dello stesso procedimento alla Camera e al Senato; quella di diminuire ragionevolmente il numero di parlamentari; quella, verificato l’eventuale accordo di tutti, di superare le Province. Ma invece di fermarsi qua, questi temi sono diventati per qualche aspetto minori davanti a un disegno che manifesta l’ambizione di rivedere l’intera architettura di gran parte della Costituzione senza nessun mandato popolare. La cosa più bizzarra è che, mentre si è proceduto a grande velocità per avviare questo processo, al punto che oggi per approvare questa legge costituzionale manca solo l’ultimo passaggio alla Camera, non si è fatto nulla per cambiare la legge elettorale, che invece era la priorità dichiarata dal governo all’atto del suo insediamento anche per evitare di trovarsi davanti all’attesa sentenza della Corte Costituzionale senza una legge elettorale, cosa che, come si sa, è puntualmente avvenuta nei giorni scorsi, con conseguenze enormi.

A partire da queste considerazioni, abbiamo svolto un lavoro in parte realizzatosi: abbiamo scritto e diffuso un appello di Progetto Roma a difesa della Costituzione (in allegato), abbiamo aderito e partecipato alla manifestazione nazionale promossa da alcune personalità il 12 ottobre, dal titolo “La via maestra”, per la piena attuazione della Costituzione. La manifestazione, pur nel silenzio dei media, ha visto una straordinaria partecipazione. C’è stata una significativa presenza di amici di Progetto Roma, circa una ventina. Per rappresentare poi il carattere propositivo della nostra iniziativa, che non si limitava a criticare il disegno di legge costituzionale ma tendeva a valorizzare l’insieme della Costituzione ed in particolare alcune tematiche, avevamo poi messo in calendario tre iniziative pubbliche, di discussione, su altrettanti temi, cioè i seguenti: il lavoro, l’economia e la Costituzione; l’ambiente, il territorio e la Costituzione; le persone, i diritti e la Costituzione. Tali iniziative non si sono però ancora realizzate.


C’è infine da segnalare che la recente sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato incostituzionale l’attuale legge elettorale, sta determinando un vero e proprio terremoto politico e istituzionale perché, pur non essendo retroattiva, perché questo avrebbe voluto dire inficiare la legittimità dei parlamenti dal 2008 ad oggi e in particolare dell’ultimo, eletto all’inizio del 2013, e di conseguenza la legittimità delle sue scelte, compresa l’elezione del Presidente della Repubblica e dello stesso governo, tale sentenza ridimensiona in modo inequivocabile le possibilità future dell’attuale parlamento. Il che vuol dire che è più difficile, forse impossibile, che il disegno di legge costituzionale in itinere sia approvato. A conferma della correttezza della nostra analisi, va da sé che, se nei mesi scorsi il parlamento avesse cambiato la legge elettorale e avesse proposto limitate e mirate modifiche della Costituzione relative al superamento del bicameralismo perfetto, alla riduzione del numero di parlamentari e al superamento delle Province, oggi non ci troveremmo nella gravissima situazione istituzionale attuale, con un parlamento politicamente delegittimato e senza nessuna legge elettorale.


In ogni caso conviene non abbassare la guardia a difesa della Costituzione, ed intensificare l’impegno per la sua piena attuazione.



Roma, 18 ottobre 2013


Stanno cambiando la Costituzione in silenzio. Perché cambiarla in questo modo e con questi contenuti?
• Milioni di famiglie pagano le conseguenze del terribile momento economico e sociale; alle elezioni politiche del 2013 si è registrato il più alto tasso di non votanti della storia; è stato eletto, anche a causa di una legge elettorale ingiusta e probabilmente incostituzionale che il governo non ha ancora cambiato, il parlamento meno rappresentativo dalla Liberazione in poi; lo stesso governo, definito "di emergenza", è nato in base ad un'alleanza contraria ai programmi elettorali dei partiti che ne fanno parte; c'è una crisi della politica e dell'etica costituzionale diffusa, permanente e sconcertante.
• In questo scenario di gravità inedita è stato avviato proprio dal governo e dalla maggioranza del parlamento un percorso di modifica della Costituzione sbagliato e, a nostro avviso, illegittimo, oltre che inutile: si è deciso di "derogare", cioè cambiare in questa unica circostanza, alla regola fondamentale che consente di modificare la Carta, quella contenuta nel suo articolo 138.          
• Il merito delle modifiche proposte è grave, equivoco e oscuro. E' falso che si intenda solo superare il bicameralismo paritario, diminuire il numero di parlamentari, abolire le Province, tutte scelte ragionevoli, da realizzare in modo giusto e ponderato. Si intende fare specialmente altro: è stato istituito un Comitato con il compito di "revisione" dei titoli I, II, III e V della parte seconda della Costituzione, che da soli sono composti da 61 articoli, quasi la metà del totale degli articoli della Costituzione; non solo: si estendono le competenze del Comitato "ad altre disposizioni della Costituzione" in modo generico, mettendo così in discussione la grandissima parte della Carta. Governo e maggioranza hanno ripetutamente sottolineato di voler così cambiare "la forma di Stato e la forma di governo", spesso riferendosi al cambiamento della natura della nostra Repubblica da parlamentare a presidenziale o semipresidenziale.     
• C'è un mortale silenzio della politica e dei grandi media su questo processo di modifica costituzionale che invece va avanti in modo accelerato. Si vuole così porre il Paese davanti al fatto compiuto; si nega così che la Costituzione è patrimonio inalienabile dei cittadini, che già nel referendum costituzionale del 2006 bocciarono le proposte di riforma avanzate dalla maggioranza allora di destra.
• Questo metodo e questi contenuti sono imperdonabili e intollerabili, perché diminuiscono il tasso di democrazia reale, allontanano ancora di più governanti e governati, cittadini e istituzioni, feriscono in modo permanente la colonna vertebrale dell'Italia: la Costituzione repubblicana.
• Mentre vanno avanti questi processi, parte sempre maggiore della popolazione, in particolare i giovani, non ha lavoro, in palese contrasto con l'articolo 1 della Costituzione, che dichiara l'Italia "una Repubblica democratica fondata sul lavoro", mentre sono demoliti a colpi di piccone diritti e garanzie sociali.      
Bisogna contrapporre a questi comportamenti e a queste decisioni la volontà della grande maggioranza dei cittadini, indipendentemente dalle opinioni politiche e dalla collocazione sociale di ciascuno.
Oggi la Costituzione è in grande parte inattuata; per uscire dalla crisi occorre finalmente metterla in pratica, ponendo al centro dell'idea stessa di rinnovamento del Paese le persone, i lavoratori, i cittadini.
Ci mettiamo perciò a disposizione di una grande battaglia democratica e unitaria con l'obiettivo di difendere la Costituzione del 1948 e aderiamo e aderiremo a tutte le iniziative che faranno proprio tale obiettivo.

Nessun commento:

Posta un commento