29 maggio 2011

Il “rinascimento atomico” di Pierluigi Adami

Centrali nucleari: perché sono pericolose e antieconomiche
Il “rinascimento atomico” 
e la truffa anti-referendum
di Pierluigi Adami*




Con un tempismo e una sfrontatezza senza pari, nel giorno della ricorrenza dei 25 anni dal disastro di Cernobyl, Silvio Berlusconi ha pubblicamente ammesso che l’emendamento del Governo di abrogazione delle norme che consentono il ritorno delle centrali nucleari in Italia, va inteso come soluzione temporanea e strumentale, con l’unico fine di sabotare il referendum. In tal modo, mentre il referendum, a detta dello stesso primo ministro, avrebbe sancito la fine del cosiddetto “rinascimento atomico” italiano, il Governo spera di poter riaprire il capitolo del nucleare una volta passata la bufera causata dall’incidente di Fukushima Dahichi. Diciamo subito che tale speranza è assai flebile: anche prima del disastro giapponese, al di là dei proclami governativi, l’effettivo rilancio del nucleare in Italia era ostacolato dalle tante, ragionevoli motivazioni che ritengono il nucleare troppo costoso e – semplicemente – inutile per il nostro Paese.Quando poi la centrale di Fukushima-Dahichi ha scoperchiato il vaso di Pandora contenente gli orrori del nucleare, ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica la questione sicurezza in maniera così drammatica che difficilmente il Governo troverà negli anni a venire lo stesso sostegno – o quanto meno indifferente accondiscendenza – che aveva nel 2008, quando iniziò il percorso di rientro nell’energia atomica.Quel “rinascimento nucleare” in realtà aveva fondamenta fragili, essendo basato su presupposti labili, tra i quali, appunto, un’opinione pubblica meno ostile, i bassi livelli dei tassi di interesse, che incidono pesantemente sui giganteschi costi del nucleare, l’aumento dei consumi elettrici e del prezzo del petrolio e del gas.Oggi la situazione è radicalmente mutata: i cittadini non vogliono il nucleare – e l’effetto-Fukushima continuerà, visti purtroppo i danni a lungo termine che la centrale impazzita continuerà a causare, i tassi di interesse sono in rialzo, rendendo improponibile l’investimento sul nucleare, i consumi, a causa della crisi economica, sono tornati indietro di dieci anni, e il prezzo del gas, il più temibile concorrente del nucleare, è destinato a sicura diminuzione dopo la scoperta dei cosiddetti “giacimenti non convenzionali” di metano che costituiscono un tesoro energetico d’immensa portata.Ma procediamo con ordine.   
Sono tanti i gravi, irrisolti, problemi dell’energia nucleare. Qui riporto i quattro motivi più importanti:  
i costi delle centrali nucleari e dell’energia prodotta;                                        
i rischi d’incidente e il pericolo di contaminazione dell’ambiente;     
la questione delle scorie radioattive; 
lo sviluppo delle rinnovabili e l'efficienza energetica.

  1. 1.           I costi delle centrali nucleari  
Nucleare, ma quanto ci costi? Ormai è condiviso da molti esperti che il peggior nemico del nucleare è la sua stessa tecnologia: troppo complessa, con rischi intrinseci che richiedono imponenti e costosi sistemi di sicurezza e tempi lunghissimi di costruzione. Al contrario di quanto avviene in tutti gli altri settori tecnologici, il costo del nucleare è in continuo aumento: secondo il MIT (2009, [1]) sono addirittura raddoppiati dal 2005: da 2000 a 4000 dollari al MWe (mega-watt elettrici) di potenza.        
Nei paesi a libero mercato dell’energia, il nodo dei costi del nucleare è venuto al pettine e infatti dal 1979 non c’erano più stati ordinativi di nuove centrali nucleari in Occidente. Poi, nel 2002 è arrivata Olkiluoto, in Finlandia, che doveva rilanciare il nucleare europeo. Il risultato è un disastro, tecnologico e finanziario. Il reattore non sarà attivo prima del 2013, e i costi sono più che raddoppiati rispetto alle previsioni. Da fonti ufficiali (governo canadese, Nrc Usa) sappiamo che il costo del reattore francese Epr – quello che il Governo vorrebbe impiantare in Italia - è compreso tra i 7 e gli 8 miliardi di euro. Il costo del capitale dell’investimento nucleare è altissimo, così come il suo rischio, a causa anche degli interminabili anni di costruzione. A questi livelli, si ottiene un prezzo del kilowattora non competitivo, superiore del 20-30% rispetto alle altre fonti energetiche, eolico incluso; ciò accade nei paesi già dotati di impianti atomici e di tutta la filiera industriale relativa, figuriamoci in Italia, dove si dovrebbe ripartire da zero (
[2])([3]). Altro che “il nucleare conviene agli italiani”!   

2. I Rischi di incidente e contaminazione
Fukushima ha mostrato agli occhi sgomenti del mondo quanto fossero labili le certezze dei tecnocrati sulla sicurezza delle centrali nucleari. In realtà, come tutte le tecnologie, anche il nucleare ha i suoi punti deboli, il più critico dei quali è il sistema di raffreddamento. Tutti i più gravi incidenti della storia del nucleare, da Majak (Urss, 1958), Lucens (Svizzera, 1969), Three Mile Island (Usa, 1979), Cernobyl (Urss, 1986) e Fukushima-Dahichi, sono stati causati da guasti nei circuiti di refrigerazione. In Francia, nel 2005, 34 impianti da 900 Mw di Edf sono stati dichiarati “non conformi” per difetti gravi proprio sui sistemi di raffreddamento. Produrre il combustibile atomico, sia esso uranio arricchito o il più pericoloso Mox, che contiene plutonio, è operazione pericolosa e molto costosa, e il suo trasporto dalla sede di produzione (solo pochi paesi lo producono) sino alle centrali, è comunque a rischio.  Anche le normali operazioni di manutenzione, di lavaggio, e di cambio del combustibile esausto, sono estremamente critiche, trattandosi di impianti che trattano materiali radioattivi. A Tricastin, in Francia, nel 2008, sono stati riversati nei fiumi, per un errore durante una fase di manutenzione, centinaia di chili di uranio in soluzione. Danni enormi per la pesca, l’agricoltura, il turismo.
Oltre a Fukushima, molte volte la furia della natura ha messo a repentaglio la sicurezza di impianti nucleari, e possiamo qui ricordare l’alluvione che nel 1999 mandò in tilt i sistemi di sicurezza della centrale di Blayais in Francia; nel 2007 il precedente terremoto in Giappone aveva mandato un terribile messaggio premonitore, danneggiando la centrale nucleare di Kashiwazaki-Kariwa con fuoriuscita di acqua contaminata; nel 2010 un gigantesco incendio fece decretare lo stato di emergenza alla centrale nucleare di Serov e nell’impianto di Majak in Russia.
Ma anche quando non ci sono problemi di grande portata, i tanti incidenti, anche piccoli, che si succedono nella vita di un reattore producono inquinamento e contaminazione ambientale.            
L’autorevole studio epidemiologico dell’Ufficio Federale per la Radioprotezione della Germania (BfS
[4]), pubblicato nel 2008, ha dimostrato che il rischio di contrarre cancro e leucemia è significativamente più alto (+60% per il tumore, + 117% per le leucemie) nei bambini cresciuti nei territori dove è presente un impianto nucleare. Il caso più inquietante è quello della centrale di Krümmel, vicino ad Amburgo, intorno alla quale risultano i tassi tra i più alti al mondo di leucemia. Lo studio epidemiologico non affronta le cause scientifiche di tali effetti, che restano ancora poco chiare: deve però prevalere il principio di cautela che salvaguardi la salute e la vita stessa di migliaia di persone che vivono in prossimità delle centrali nucleari.
3. La questione delle scorie
Le scorie sono il più grave e insoluto problema del nucleare. In nessun paese al mondo si è trovato il modo per stoccare le scorie ad alta attività, mentre per quelle a bassa-media attività i cosiddetti depositi geologici si sono rivelati costosi (miliardi di euro) e inaffidabili, come è accaduto per il deposito in Germania, invaso dalle acque, o quello del Monte Yucca in Nevada, deliberato nel 2002 e già dichiarato inadeguato e da chiudere dal Presidente Usa. In Finlandia, Svezia e in Francia sono in progetto depositi geologici, tuttavia il dibattito sulla loro reale sicurezza è molto forte, e i costi sono ingentissimi: il deposito francese costerà ai contribuenti d’Oltralpe 50 miliardi di euro, e non basterà neppure per stoccare tutte le scorie esistenti oggi. Per il resto, le scorie sono conservate nei pressi delle stesse centrali, in modo precario e con livelli di sicurezza inadeguati. Eppure è un problema critico: le scorie più pericolose dimezzano la loro radioattività dopo decine di migliaia di anni. Nessun contenitore, nessun luogo può garantire il loro stoccaggio così a lungo. Le centrali attuali e quelle in costruzione nel prossimo futuro (di generazione III+) lasciano ai posteri tale pericolosa eredità.
4. Fonti rinnovabili ed efficienza energetica
La grande crescita tecnologica delle fonti rinnovabili sta cambiando radicalmente gli scenari e le previsioni fatte solo pochi anni fa.     
Il costo degli impianti delle fonti rinnovabili è molto diminuito negli ultimi anni, fino a giungere al clamoroso “sorpasso” a luglio 2010 (
[5]): secondo lo studio della Duke University, il solare fotovoltaico, sceso sotto i 16 cent di dollaro al kilowattora, costa meno del nucleare, che dunque diviene la fonte più costosa in assoluto.       
Oggi, studi molto seri a livello europeo (
[6]), ritengono fattibile uno scenario di produzione elettrica tutta da fonti rinnovabili entro il 2050, almeno per l’Europa.    
La costruzione di centrali nucleari in Italia ostacolerebbe il raggiungimento degli obiettivi europei previsti dalla direttiva 20 20 20. Sul piano della riduzione delle emissioni di CO2, l’elettricità prodotta da centrali nucleari avrebbe un effetto irrilevante. Infatti, una centrale nucleare contribuirebbe solo a poco più dell’1% del fabbisogno energetico nazionale (che include anche la mobilità, il riscaldamento ecc.), e i tempi di costruzione andranno, realisticamente, ben oltre il limite fissato dalla UE al 2020.   
Inoltre, l’inserimento del nucleare comporterà comunque un ostacolo alla diffusione delle energie rinnovabili. Sul piano economico, il nucleare avrà un effetto pesante sull’investimento energetico nazionale: se si va in quella direzione si toglieranno spazi e risorse che potrebbero invece sostenere lo sviluppo delle energie pulite. 
Il problema, soprattutto, è che l’elettricità prodotta da nuove centrali nucleari non serve al nostro Paese: gli ultimi dati, dopo la crisi, prevedono un fabbisogno elettrico al 2020 da 360 TWh. Questo fabbisogno si può coprire con le centrali esistenti (produzione netta 320 TWh al 2009) e il previsto e già in atto aumento delle rinnovabili, che negli ultimi tre anni sono cresciute al tasso di 10 TWh/anno. Si tratta di una crescita imponente, equivalente alla costruzione di tre centrali nucleari.
In questi anni, inoltre, si stanno introducendo tecnologie sempre più efficaci per il risparmio energetico. Dai nuovi elettrodomestici, alle lampade e agli schermi Led, a motori, server e apparati a consumi ridotti. L’efficienza energetica sarà la chiave per garantire un futuro sostenibile, non il nucleare (
[7]). 
Se infine consideriamo che, per effetto delle politiche dei governi italiani dal 2001 a oggi sono in costruzione, già cantierate o autorizzate, varie centrali a gas, se ne ricava che l’introduzione del nucleare produrrebbe solo un inutile eccesso di produzione elettrica.        
A meno di non limitare le rinnovabili per far posto al nucleare: in Spagna, a febbraio 2010, sono stati costretti a fermare 800 Mw di eolico che producevano energia pulita, perché in conflitto sulle stesse linee elettriche dove operano centrali nucleari.      
È evidente invece che il futuro energetico è nelle rinnovabili e nell'efficienza energetica, non nel nucleare: di conseguenza, investire oggi su una tecnologia costosa, pericolosa, tecnicamente obsoleta e sostanzialmente inutile per l'Italia, sarebbe un grave errore per il nostro Paese.

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