Siamo nella fase
dell’intensificazione dello sfruttamento capitalistico del lavoro. Il plus
valore prodotto è sempre più iniquamente ripartito. I diritti e le tutele
conquistati negli ultimi decenni vengono via via demoliti e annullati. Un mio
amico che lavora - la fortuna! - in un’azienda veneta che produce una linea di
elettrodomestici innovativa per acquistare la quale fanno la fila i nuovi
ricchi degli Emirati Arabi, della Russia, dell’India e della Cina, mi racconta
che, malgrado il vento favorevole in poppa, i capi di quell’azienda impongono
ai propri dipendenti di lavorare 12 ore al giorno compreso il sabato
riconoscendone però in busta paga soltanto otto. E che all’interno vige un
clima di terrore con il divieto assoluta di scambiare parola che non riguardi
strettamente il lavoro in atto. E nessuno si ribella. Chi ha figli, chi il
mutuo della casa, e fuori dai cancelli dell’azienda sono in centinaia pronti a
sostituirti accettando qualsiasi condizione. Intanto Nanni Alleva,
giuslavorista consulente di Fiom e CGIL, denuncia la legge Poletti sulla
precarietà come un maxi bidone, perché i contratti a termine rinnovati senza
causa per 3 anni lasciano il lavoratore senza alcun strumento di difesa in
piena balia dell’impresa, che dopo averlo sfruttato può mandarlo via poco prima
della scadenza dei 36 mesi per non doverlo assumere a tempo indeterminato.
Poletti: ma non è il nuovo ministro del lavoro nel governo Renzi? E non è stato
presidente della Lega delle Cooperative?
Ma siamo sicuri che non sia in atto un rovinoso cambio delle parti? Non
è che è la sedicente sinistra che sta attuando le politiche economiche della
destra? Eh, però ci sono, dice, ottanta euro in più in busta paga. Anche fosse
vero, non è che svolgono il classico ruolo della vaselina?
Gian Carlo MARCHESINI
Dall’intervista a Emiliano
Brancaccio, economista, che appare sul nuovo numero di Micromega
Renzi rivendica i
famigerati 80 euro al mese per i dipendenti che ne guadagnano meno di 25mila
euro lordi. C’è chi la definisce una mossa finalmente “di sinistra” che sarà
anche in grado di contrastare la crisi. Per lei?
Prima di definirla una mossa “di sinistra” vorrei capire più in dettaglio dove nei prossimi anni la spending review andrà a tagliare. Se ad esempio colpisse i servizi pubblici i lavoratori subordinati potrebbero trarre più svantaggi che benefici. Riguardo agli effetti sulla crescita, vorrei ricordare che in Italia negli ultimi 5 anni abbiamo perso un milione di posti di lavoro e abbiamo registrato un incremento del 90 per cento delle insolvenze delle imprese. Sono perdite colossali, di proporzioni storiche, che dovremmo affrontare con una concezione completamente nuova della politica economica pubblica. Chi pensa che invertiremo la rotta con 80 euro in più al mese in busta paga non sa quel che dice.
Prima di definirla una mossa “di sinistra” vorrei capire più in dettaglio dove nei prossimi anni la spending review andrà a tagliare. Se ad esempio colpisse i servizi pubblici i lavoratori subordinati potrebbero trarre più svantaggi che benefici. Riguardo agli effetti sulla crescita, vorrei ricordare che in Italia negli ultimi 5 anni abbiamo perso un milione di posti di lavoro e abbiamo registrato un incremento del 90 per cento delle insolvenze delle imprese. Sono perdite colossali, di proporzioni storiche, che dovremmo affrontare con una concezione completamente nuova della politica economica pubblica. Chi pensa che invertiremo la rotta con 80 euro in più al mese in busta paga non sa quel che dice.
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