27 aprile 2014

IL LAVORO AL TEMPO DI RENZI.....E SIAMO SOLO ALL'INIZIO!


Siamo nella fase dell’intensificazione dello sfruttamento capitalistico del lavoro. Il plus valore prodotto è sempre più iniquamente ripartito. I diritti e le tutele conquistati negli ultimi decenni vengono via via demoliti e annullati. Un mio amico che lavora - la fortuna! - in un’azienda veneta che produce una linea di elettrodomestici innovativa per acquistare la quale fanno la fila i nuovi ricchi degli Emirati Arabi, della Russia, dell’India e della Cina, mi racconta che, malgrado il vento favorevole in poppa, i capi di quell’azienda impongono ai propri dipendenti di lavorare 12 ore al giorno compreso il sabato riconoscendone però in busta paga soltanto otto. E che all’interno vige un clima di terrore con il divieto assoluta di scambiare parola che non riguardi strettamente il lavoro in atto. E nessuno si ribella. Chi ha figli, chi il mutuo della casa, e fuori dai cancelli dell’azienda sono in centinaia pronti a sostituirti accettando qualsiasi condizione. Intanto Nanni Alleva, giuslavorista consulente di Fiom e CGIL, denuncia la legge Poletti sulla precarietà come un maxi bidone, perché i contratti a termine rinnovati senza causa per 3 anni lasciano il lavoratore senza alcun strumento di difesa in piena balia dell’impresa, che dopo averlo sfruttato può mandarlo via poco prima della scadenza dei 36 mesi per non doverlo assumere a tempo indeterminato. Poletti: ma non è il nuovo ministro del lavoro nel governo Renzi? E non è stato presidente della Lega delle Cooperative?  Ma siamo sicuri che non sia in atto un rovinoso cambio delle parti? Non è che è la sedicente sinistra che sta attuando le politiche economiche della destra? Eh, però ci sono, dice, ottanta euro in più in busta paga. Anche fosse vero, non è che svolgono il classico ruolo della vaselina?
Gian Carlo MARCHESINI
Dall’intervista a Emiliano Brancaccio, economista, che appare sul nuovo numero di Micromega

Renzi rivendica i famigerati 80 euro al mese per i dipendenti che ne guadagnano meno di 25mila euro lordi. C’è chi la definisce una mossa finalmente “di sinistra” che sarà anche in grado di contrastare la crisi. Per lei?

Prima di definirla una mossa “di sinistra” vorrei capire più in dettaglio dove nei prossimi anni la spending review andrà a tagliare. Se ad esempio colpisse i servizi pubblici i lavoratori subordinati potrebbero trarre più svantaggi che benefici. Riguardo agli effetti sulla crescita, vorrei ricordare che in Italia negli ultimi 5 anni abbiamo perso un milione di posti di lavoro e abbiamo registrato un incremento del 90 per cento delle insolvenze delle imprese. Sono perdite colossali, di proporzioni storiche, che dovremmo affrontare con una concezione completamente nuova della politica economica pubblica. Chi pensa che invertiremo la rotta con 80 euro in più al mese in busta paga non sa quel che dice.

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