Francesco Blasilli
Pubblicato: 05/11/2013 13:12
Circoli fantasmi, tesseramenti gonfiati e anche qualche sganassone tra militanti: in fondo, però, non c'è di che meravigliarsi. Lo scorso aprile, quando nella capitale si svolgevano le primarie per la scelta del candidato sindaco (che come da tradizione del Pd avevano un vincitore in pectore che poi ha vinto facile) si passò dalla sezione invasa da improvvisati militanti di etnia rom (pagati, si dice, 10 euro a voto) alla scheda elettorale con l'ordine dei candidati cambiato il giorno prima del voto (con il risultato che nei gazebo era appesa una lista di nomi che nella scheda avevano invece una numerazione diversa). Non è la "guerriglia da primarie", allora, a fare di Roma un caso speciale, bensì il fatto che nella città eterna di Renzi (e di conseguenza di Cuperlo) se ne fregano il giusto. Anzi, anche un po' meno del giusto.
Il candidato del sindaco di Firenze, il giovane Tobia Zevi ha preso il 15% delle preferenze, ben distante dai due che si sfideranno durante l'assemblea dell'8 e del 9 novembre per la segreteria: Lionello Cosentino al 45% e Tommaso Giuntella al 36. Il primo è sponsorizzato da Goffredo Bettini - "inventore" di Walter Veltorni sindaco e di Ignazio Marino (che, però, all'indomani delle elezioni lo ha prontamente rinnegato) - il secondo è l'uomo dei dalemiani. Insomma, come avrete capito, siamo alle solite: Veltroni contro D'Alema.
Hanno attraversato sigle e partiti, governi e opposizioni, entrambi appassionatamente dalla stessa parte della barricata, ma sempre uno contro l'altro. Ed ora, teoricamente "in pensione", continuano a darsi battaglia uno contro l'altro. Perché se qualcuno pensa che il problema del Pd sia stata l'amalgama mai riuscita tra Ds e Margherita, pensa anche un po' male, visto che la base di sinistra era già ampiamente minata dal conflitto tra Walter e Massimo.
Alla fine dovrebbe prevalere Cosentino, perché Bettini nella capitale difficilmente sbaglia un colpo, ma l'eventuale vittoria, Veltroni non se la godrebbe comunque fino in fondo. Lui, infatti, è stato il teorico del rinnovamento, del partito moderno e liquido, quello del lingotto e del web, e ora vede la sua creatura avvinghiata alla solita liturgia del passato, quella dei circoli e della guerra delle tessere. Un contrappasso degno della Divina Commedia.
Stavolta, però, l'eterno scontro può avere un finale diverso, perché dopo l'elezione del segretario cittadino, Veltroni e D'Alema saranno spediti in soffitta e si procederà compatti in nome del nemico che unisce: Ignazio Marino. Il Pd romano lo detesta, perché lui detesta loro. E mentre il primo cittadino si arrocca intorno alla sua giunta, ecco dalemiani e veltroniani pronti a sedersi allo stesso tavolo con un unico obiettivo: la testa di Marino. Oppure farsi dare qualche comoda poltrona. In entrambi i casi, però (sia che c'è da trovare un nuovo candidato sindaco, sia che ci sono uomini da "sistemare"), D'Alema e Veltroni potrebbero uscire dalla soffitta dove sono stati riposti, scrollarsi un po' di polvere di dosso, e ricominciare a duellare. Come prima, più di prima.