Forse c'è ancora una speranza ,se le persone per bene vengono consultate per esprimere la loro opinione su eventi eccezionali,a cui spesso la gestione pubblica non sa dare o balbetta risposte.
Alessandro Bianchi,come non mai in questo periodo ,viene chiamato ad esprimere la propria opinione su casi di mala gestione pubblica ,come il caso ATAC a Roma o come il disastro ambientale in Sardegna.Un 'opinione richiesta si badi bene non sulla base dell'esperienza politica,ricordiamo che pur avendo svolto un incarico governativo per due anni ,Bianchi non ha mai ricoperto una carica pubblica elettiva,ma sulla base della propria esperienza professionale e umana di urbanista.Urbanista serio e rigoroso non legato ad ambienti particolari,che costringono spesso a dichiarare mezze verità,tantomeno a partiti politici,ricordiamo che recentemente Bianchi si è dimesso dal Partito Democratico con una lettera al segretario "traghettatore"Epifani .Un'opinione quella di Bianchi dunque che guarda in faccia la realtà anche in maniera pragmatica e disincantata ,che non ha paura di puntare il dito accusatore ,sempre con garbo e stile mai scendendo nella supponenza professorale e tantomeno nell'offesa,contro le vere cause ,contro i veri responsabili.
Così è avvenuto nel confronto presso Teleretesole con i lavoratori dell'ATAC sulla spinosa situazione finanziaria appesantita da anni di gestioni allegre e di facili e costose assunzioni ( avvenute non solo nel periodo di Alemanno) a scapito del "core business" dell'azienda:il trasporto pubblico.Così avviene per il disastro ambientale in Sardegna.Ci si ricorda della prevenzione solo davanti ai lutti e alle distruzioni.
Quello che segue è un articolo scritto per Europa ,pubblicato nel numero di oggi.
Domenico Fischetto
Disastri ambientali, troppo potere alle regioni
La difesa del suolo va affidata allo stato e serve una seria prevenzione
di alessandro bianchi
Credo si debba avere rispetto per
le sedici e forse più vittime e per le migliaia di persone colpite nei giorni
scorsi dall’alluvione nel centro-nord della Sardegna.
Dunque basta con le solite,
insopportabili dichiarazioni sull’eccezionalità dell’evento, sull’impossibilità
di fronteggiarlo, sul massimo impegno dello Stato, perchè nulla di tutto questo
è vero. Non c’è alcunchè di eccezionale in quanto è accaduto. E’ un disastro
ambientale simile a molti altri che lo hanno preceduto – Soverato, Giampilieri,
Crotone, Grosseto, Genova, per citarne solo alcuni – e che sarà inevitabilmente
seguito da molti altri nei prossimi mesi e anni, tutti causati da eventi fuori
della norma ma non certo apocalittici.
Meno che meno è consentito
nascondersi dietro ai cambiamenti climatici, al riscaldamento dei mari e via
dicendo. La causa di questi disastri sta nella totale incuria in cui l’ambiente
naturale è stato lasciato dell’amministrazione pubblica a tutti i livelli –
Stato, Regioni, Enti locali – e nella indiscriminata urbanizzazione del
territorio e nell’aggressiva speculazione edilizia che imperano nel nostro
Paese da almeno quaranta anni a questa parte.
Quando si deviano dal loro alveo
o si intubano i corsi d’acqua, quando si manomettono i versanti collinari e
montani e si dismettono i presidi agricoli, quando si urbanizzano aree in
soggezione idraulica o in prossimità di frane, in una parola quando si alterano
in modo così profondo gli equilibri dell’ambiente naturale, ci si deve
aspettare che prima o poi la natura reagirà per ricostituire quegli equilibri e,
se non potrà farlo, darà luogo a fenomeni di collasso.
E’ quanto è accaduto in modo
violento ad Arzachena, Torpè ed altri centri, ma è quanto può accadere in
qualsiasi momento in uno dei 6000 comuni italiani (il 75% del totale) soggetti
a rischio idrogeologico.
Quanto all’impegno dello Stato è
vero solamente quando deve fronteggiare le emergenze - anche grazie ad una
Protezione Civile sicuramente all’altezza del compito – ma è del tutto e
colpevolmente assente nella fase più importante, quella della prevenzione,
ossia nel mettere mano ad un massiccio
piano di difesa del suolo adeguatamente finanziato.
In Italia – incredibilmente – un
simile piano non esiste e le risorse stanziate per la prevenzione nel 2014
saranno pari a 30 milioni di euro! In compenso la spesa che si stima si dovrà
sostenere sempre nel 2014 per riparare
i danni che inevitabilmente ci saranno è di circa 360 milioni, la stessa degli
ultimi tre anni. Insomma per prevenire i danni causati dai disastri ambientali spendiamo
l’8% di quello che siamo disposti a spendere per riparare i danni già avvenuti.
Un’equazione che non può che essere frutto di una mente geniale!
C’è una qualche possibilità di
uscire da questa condizione? Forse sì, ma subordinatamente a due condizioni che
nell’attuale quadro politico sembra molto difficile che possano essere rispettate.
La prima è di riportare le
competenze in materia di difesa del suolo allo Stato, attribuendo alle Regioni
un ruolo consultivo. Anzitutto perché è ormai evidente la loro inadeguatezza
dal punto di vista programmatico e finanziario di fronte ad un simile problema,
poi perché l’ambiente naturale è un sistema interconnesso che va trattato nella
sua interezza, mentre le Regioni tendono a comportarsi in modo chiuso, come se
i confini amministrativi fossero dei confini naturali.
E’ un discorso che vale anche per
le competenze in materia di pianificazione territoriale e paesistica e che
andrebbe affrontato prontamente.
L’altra condizione discende di
conseguenza, ed è che si costituisca un soggetto politico centrale – credo il
Ministero dell’Ambiente che, invece, vediamo sorprendentemente silente – in
grado di porre la difesa del suolo come tema di interesse nazionale
prioritario, di varare in tempi stretto un piano nazionale con relativa
copertura economica e di costruire una sorta di Agenzia efficiente ed efficace
(dunque priva di posti da coprire con nomine di partito) che lo attui.
E’ lecito dubitare che questa
classe politica sia in grado di farlo, ma è doveroso insistere a dire che
bisogna farlo.
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