31 maggio 2014

L'ANALISI DEL VOTO DI LUCIANA CASTELLINA

 
 
 
da ilmanifesto.it
Pd, il partito americano
Luciana Castellina, 29.5.2014
Dentro il voto. Non più di sinistra, né di centrosinistra. Neanche una reincarnazione della vecchia Dc
Commenti:
Il risul­tato ita­liano del voto del 25 mag­gio non è di quelli che pos­sono essere fret­to­lo­sa­mente giu­di­cati. Mi limito a qual­che con­si­de­ra­zione provvisoria.
Men­tre gli spo­sta­menti dell’elettorato negli altri paesi euro­pei appa­iono abba­stanza leg­gi­bili, i nostri sono più com­pli­cati. Per molte ragioni: innan­zi­tutto per­ché sono entrate in scena forze che prima non c’erano, e non solo che si sono ingran­dite o rimpicciolite.
Fra que­ste met­te­rei anche il Pd, che non è più la con­ti­nua­zione dei par­titi che l’hanno pre­ce­duto. E’ un’altra cosa, nuova: non più un par­tito di sini­stra, e nem­meno di cen­tro­si­ni­stra. Non direi nep­pure una rein­car­na­zione della vec­chia Dc: anche in quel par­tito coe­si­ste­vano inte­ressi e rap­pre­sen­tanze sociali molto diverse, ma cia­scuna era for­te­mente con­no­tata ideo­lo­gi­ca­mente, aveva pro­prie spe­ci­fi­che cul­ture e lea­der di sto­rico peso. Anche il par­tito ren­ziano è un arco­ba­leno sociale, ma le sue cor­renti sono assai meno chiare, hanno un peso assai minore, scarsi rife­ri­menti nella tra­di­zione di tutte le for­ma­zioni che l’hanno pre­ce­duto in que­sti quasi 25 anni.
Se si dovesse tro­vare una simi­li­tu­dine direi piut­to­sto che si tratta del Par­tito demo­cra­tico ame­ri­cano. Che certo non ose­rebbe mai pren­der­sela a fac­cia aperta con i sin­da­cati cui è sem­pre stato legato, ma certo include nelle sue file – basti guar­dare ai finan­zia­menti che riceve – ceti diver­sis­simi per censo, potere reale, cultura.
Se dico Par­tito demo­cra­tico ame­ri­cano è per­ché il nuovo par­tito ren­ziano segna soprat­tutto un pas­sag­gio deciso all’americanizzazione della vita poli­tica: forte asten­sione per­ché una fetta larga della popo­la­zione è tagliata fuori dal pro­cesso poli­tico inteso come par­te­ci­pa­zione attiva e dun­que è disin­te­res­sata al voto; assenza di par­titi che non siano comi­tati elet­to­rali; per­so­na­liz­za­zione det­tata dalla strut­tura pre­si­den­ziale. Il fatto che in Ita­lia ci si stia avvi­ci­nando a quel modello è il risul­tato del lungo declino dei par­titi di massa, che ha col­pito anche la sini­stra, e della ridu­zione della com­pe­ti­zione agli show tele­vi­sivi dei lea­ders che tutt’al più i cit­ta­dini pos­sono sce­gliere con una sorta di twit­ter: “i piace” o “non mi piace”.
E’ un muta­mento credo assai grave: immi­se­ri­sce la demo­cra­zia la cui forza sta innan­zi­tutto nella poli­ti­ciz­za­zione della gente, nel pro­ta­go­ni­smo dei cit­ta­dini, nella costru­zione della loro sog­get­ti­vità che è il con­tra­rio della delega in bianco.
Inu­tile tut­ta­via pian­gere di nostal­gia, una demo­cra­zia forte fon­data su grandi par­titi popo­lari non mi pare possa tor­nare ad esi­stere, o almeno non nelle forme che abbiamo cono­sciuto. Prima ancora di pen­sare a come rico­struire la sini­stra dob­biamo ripen­sare il modello di demo­cra­zia, non abban­do­nando il campo a chi si è ormai ras­se­gnato al povero sce­na­rio attuale: quello che Renzi ci ha offerto, accen­tuando al mas­simo il per­so­na­li­smo, il prag­ma­ti­smo di corto respiro, la rinun­cia alla costru­zione di un blocco sociale ade­guato alle tra­sfor­ma­zioni pro­fonde subite dalla società (che è media­zione in nome di un pro­getto stra­te­gico fra inte­ressi diversi ma spe­ci­fi­ca­mente rap­pre­sen­tati e non un’indistinta accoz­za­glia unita da scelte fal­sa­mente neutrali.)
Detto que­sto credo sia neces­sa­rio evi­tare ogni demo­niz­za­zione di quel 40 e più per cento che ha votato Pd: non sono tutti ber­lu­sco­niani o popu­li­sti, e io sono con­tenta che dalle tra­di­zio­nali zone di forza della vec­chia sini­stra sto­rica siano stati recu­pe­rati al Pd voti che erano finiti a Forza Ita­lia o a Grillo. Per­ché il voto al Pd per molti è stato un voto per respin­gere il peg­gio, in un momento di grande sof­fe­renza e con­fu­sione della società ita­liana. Non vor­rei li iden­ti­fi­cas­simo tutti con Renzi, sono anche figli della sto­ria della sinistra.
Tocca a noi adesso con­vin­cere che ci sono altri modi per respin­gere il peg­gio: assai più dif­fi­cili, nei tempi più lun­ghi, ma ben altri­menti effi­caci per avviare la ricerca di una reale alter­na­tiva. E qui veniamo al che fare nostro, di noi sini­stra dif­fusa o orga­niz­zata in pre­cari par­titi nati dalle ceneri di altri par­titi. A me l’esperienza della lista Tsi­pras, nono­stante i tanti errori che l’hanno accom­pa­gnata, è parsa posi­tiva. Lo dimo­strano anche i dati elet­to­rali: il risul­tato è stato ovun­que supe­riore alla somma dei voti di Rifon­da­zione e di Sel, segno che ci sono forze dispo­ni­bili che non vanno spre­cate e che i par­titi esi­stenti dovreb­bero essere in grado di asso­ciare al pro­cesso di rico­stru­zione della sini­stra ita­liana evi­tando di chiu­dere la ricerca nei rispet­tivi recinti. Teniamo conto che que­ste forze sono molto più nume­rose dei dati elet­tori: lad­dove l’esistenza della lista di Tsi­pras era cono­sciuta (le grandi città) le nostre per­cen­tuali sono state il dop­pio di quelle rag­giunte in peri­fe­ria dove non è arri­vata alcuna comunicazione.
Fra le forze aggre­gate alla lista Tsi­pras ci sono come sap­piamo molti di quei micro­mo­vi­menti quasi sem­pre locali, che si autor­ga­niz­zano ma restano fram­men­tati. Sono una delle ric­chezze spe­ci­fi­che del nostro paese, dove c’è per for­tuna ancora una buona dose di ini­zia­tiva sociale. Que­sta pre­senza sul ter­ri­to­rio è la base da cui ripar­tire, intrec­ciando l’iniziativa dei gruppi con quella dei par­titi e coin­vol­gendo nella lotta per spe­ci­fici obiet­tivi e nella costru­zione di orga­ni­smi più sta­bili in grado di gestire le even­tuali vit­to­rie (penso all’acqua, per esem­pio) anche chi ha votato Pd. Un par­tito in cui sono tanti ad essere con noi su molti obiettivi:il red­dito garan­tito; i diritti civili; la sal­va­guar­dia dell’ambiente; la rap­pre­sen­tanza sin­da­cale,… . Accom­pa­gnando que­sto lavoro sul ter­ri­to­rio con un’analisi, una rifles­sione comune per com­bat­tere il pri­mi­ti­vi­smo di tanta pro­te­sta, il miope basi­smo spesso anche teo­riz­zato: la sini­stra ha biso­gno di rap­pre­sen­tare i biso­gni ma, dio­vo­lesse, anche di Carlo Marx per aiu­tare a capire come soddisfarli.
So, per lunga espe­rienza, quanto sia dif­fi­cile, ma penso non si debba stan­carsi di ripro­vare. Voglio dire che la cosa più grave che potrebbe avve­nire è di limi­tarsi ad una oppo­si­zione decla­ma­to­ria, o peg­gio a rifu­giarsi nel cal­de­rone del Pd pen­sando di potervi gio­care un qual­siasi ruolo. Il Pci – con­sen­ti­temi que­sto amar­cord – è stato per decenni un grande par­tito di oppo­si­zione, ma ha cam­biato in con­creto l’Italia ben più di quanto hanno fatto i social­de­mo­cra­tici ita­liani da sem­pre nel governo. E però per­ché, pur stando all’opposizione, ha avuto un’ottica di governo: vale a dire si è impe­gnato a costruire alter­na­tive, non limi­tan­dosi a pro­te­ste e denunce. Ma soprat­tutto per­ché non ha rite­nuto che le ele­zioni fos­sero il solo appun­ta­mento, e che far poli­tica coin­ci­desse con fare i depu­tati o i con­si­glieri comunali.
E’ pos­si­bile, tanto per comin­ciare, con­so­li­dare la rete dei comi­tati Tsi­pras? E’ pos­si­bile che Rifon­da­zione e Sel – cui nes­suno chiede nell’immediato di scio­gliersi nel movi­mento – si impe­gnino però a lavo­rare assieme a loro per un più ambi­zioso pro­getto di sini­stra? E’ pos­si­bile comin­ciare a creare nuove forme di demo­cra­zia che rico­strui­scano il rap­porto cittadino-istituzioni?
Vogliamo almeno provarci?

MARIO MONTI:UN'ANALISI DELL'UOMO POLITICO

 
 
 
 
 
Riceviamo da un nostro lettore e volentieri pubblichiamo
 
Mario Monti crede nell’economia sociale ( = mercato progressivo e orientato dalla politica del welfare), è contro il neoliberismo anglosassone e crede nell’Europa (imprese indipendenti dalle multinazionali americane e stati uniti di Europa forti ) . E’ un monetarista rigoroso e quindi capace di tenere a bada i comportamenti dei mercati finanziari . E’ strutturalmente in opposizione con Berlusconi e con la sua concezione della destra fatta da furbi e profittatori che non pagano le tasse e della politica che ci ha portato alla rovina il bilancio col consenso pratico del vecchio PD e del sindacato.
Sapeva benissimo che le vecchie posizioni del pd (bersaniane e vendoliane ) erano del tutto fuori tempo e perdenti e che facevano il gioco del pdl che invece bisognava fermare anche perché il B. era un pericolo sullo scacchiere internazionale per le sue scelte con la Russia e la Libia . Ha creato Scelta Civica solo per prendere un 10% dal pdl quando si è accorto che il PD di Bersani tagliava le gambe a Renzi e non voleva fare le riforme strutturali a partire dalla casta. In quel momento ha permesso di fare il governo Letta con una certa indipendenza dal PDL che altrimenti non sarebbe nato. I suoi errori non sono di strategia ma di gestione politica semplicemente per il fatto che non è un politico e neppure lo vuole essere (non ha e non cerca il carisma , non esce dal “razionale”) e quando è stato costretto da Napolitano a gestire l’amministrazione controllata del Paese aveva contro tutti i partiti che lo sopportavano a malavoglia. Come Grillo aveva già capito che il vecchio finto gioco “destra e sinistra” sul quale vivevano pd+ sinistra e pdl + destre era morto e sepolto , ma per pesare al 10% ha dovuto imbarcare l’Udc .
La politica di Renzi ha spostato il PD sul terreno delle riforme di struttura , quello occupato in chiave antisistema dai 5stelle. Ha spiazzato per sempre Berlusconi e l’apparato ideologizzato i imborghesito o imbalsamato del PD e SEL  e ha portato alla politica decisioni di carattere sociale (quelle non fatte dal sindacato) . Per cui gli è del tutto naturale mollare l’Udc a FI e sostenere il nuovo PD che di fatto è imposto da una scelta “civica” dei cittadini e non da vecchi schemi che non reggono più questo tempo. Monti adesso è più contento e spero che riprenda i suoi studi di economia.
Pur amando la sociologia , disprezzo le generalizzazioni che vanno di moda per descrivere la società . Mi riferisco ai termini “complesso” , “Liquido” “Pensiero unico, forte , debole”.
La complessità da quando il primo umano è apparso c’è sempre stata e sempre c’è in ogni cosa fino a quando non la si capisce ( per farlo bisogna studiare..come ha fatto Einstein con la luce..).
La liquidità appare solo agli occhi di chi li ha ottenebrati perchè non riesce più a decifrare i nuovi paradigmi .
Che poi esista un pensiero unico a dominare il mondo è una infantile semplificazione chimico-antistorica della realtà su di cui si é formata anche l’idea del diavolo e di un dio.
Poi alla ventilata ipotesi che esista un manovratore dietro le quinte,un grande vecchio come si diceva un tempo, io credo che Il teatrino che sto guardando  è privo di un puparo che tira i fili dei burattini, ha le quinte trasparenti e gli sfondi proiettano le ombre (più o meno paranoiche ) immaginate dagli spettatori . Su questo teatro gli attori si inventano le battute , contribuiscono a fare il testo dell’autrore che non c’è e lo fanno guardando gli occhi degli spettatori per prenderne gli applausi.
CAR

30 maggio 2014

SAN PIETRO E DINTORNI :COME SI SNATURA UN QUARTIERE IN NOME DELL'ACCOGLIENZA


C’ERA UNA VOLTA UN QUARTIERE...........
Tutta la zona adiacente a Piazza San Pietro intorno a Porta Cavalleggeri aveva una connotazione fisica e sociale come quartiere fino a qualche anno fa. Ha cominciato a subire delle profonde trasformazioni con l’avvento del Giubileo nel duemila. I vari lavori urbani realizzati e la trasformazione di molti grossi edifici religiosi in Alberghi - come ad es. la Residenza Madri Pie e la Casa per Ferie Frati Trinitari - hanno espulso dalla zona le funzioni originarie e i servizi di quartiere. La casa delle Madri Pie, infatti, era una scuola elementare dove a mezzogiorno si sentiva il vociare dei bambini all’interno del bel giardino curato insieme al cannone del Gianicolo.
Il successo del pontificato di Papa Giovanni Paolo II, in buona parte, è dovuto, al suo essere stato primo papa mediatico; è noto che fu il primo pontefice a rilasciare un’intervista televisiva e per di più in aereo. Tale notorietà ha consolidato l’attrazione del Vaticano da parte del mondo a spese del quartiere romano. Il turismo religioso è un tipo di turismo povero che non porta benefici economici alla città. In quegli anni i pullman tutto-incluso che venivano da Cracovia o quelli spagnoli per i neo-beatificati dal papa hanno affollato la zona a ridosso della piazza S. Pietro senza incentivare i consumi. Nelle grandi occasioni il Comune di Roma ha sempre distribuito, almeno, centinaia di migliaia di bottiglie d’acqua gratuite.
Nonostante la costruzione di megaparcheggi i pullman dei turisti scaricano i passeggeri in prossimità di Porta Cavalleggeri, spesso sostando lì con i motori accessi aumentando così l’inquinamento atmosferico e acustico - senza parlare ovviamente del traffico.
L’asse di via di Porta Cavalleggeri fino a Piazzale Gregorio VII (quasi tutti gli immobili sono di proprietà del Vicariato) ha cominciato ad aumentare gli affitti in maniera esponenziale così che i negozi – servizi di quartiere – sono stati a poco a poco mandati via: cartolerie, lingerie, oggetti sanitari, gioielleria-orologeria, cioccolateria, ma anche frutta e verdura all’ingrosso) hanno chiuso o si sono trasferiti altrove lasciando posto a pizzerie, gelaterie, bar….attualmente in quella strada ci sono più bar di sanpietrini!!!!!
Il turismo cosiddetto mordi-e-fuggi porta anche a una dequalificazione della qualità dei prodotti che sono venduti una tantum (spesso anche scaduti) perché non c’è nessuno stimolo a far sì che il cliente torni. Tanto domani è un altro giorno e altri turisti.
Gli edifici residenziali (quei pochi stabili non di proprietà del Vicariato, di preti o suore) hanno aperto bed & breakfast, case-vacanze e quant’altro a discapito della cura degli edifici dove ascensori bloccati, chiavi spezzate nei cancelli e sporcizia negli ascensori sono un dato  di fatto quotidiano.
È inutile forse accennare ai cassonetti dell’immondizia strabordandi nonostante che  a cinquanta metri  si trovi la sede dell’AMA con i famosi presepi dei Netturbini che tutti i papi conservatori hanno visitato. Papa Francesco no.
Ma il motivo di queste mie due righe è l’ultimo scempio di questa zona: l’Istituto Madri Pie nel curatissimo triangolo verde tra via Alcide De Gasperi, Via Stazione di S. Pietro e Via Alessandro III sta costruendo un edificio ex-novo. Iniziati i lavori a metà marzo, sono stati già buttati giù una casupola in legno, probabilmente luogo degli attrezzi dei giardinieri,  cinque alberi  e smantellato il verde. Dopo l’interessamento di alcuni residenti presso il Municipio è apparso un cartello che oltre ai dati della DIA (da verificare) mostra i renderings del progetto: un enorme edificio in cemento armato su tre piani (2 più un seminterrato) con inclusa una cappella.
È mai possibile che l’ampliamento del “Piano Casa” (regalo dell’accoppiata Berlusconi-Polverini) possa aver contemplato anche edifici di totale nuova costruzione? Può essere che il micro-clima dell’ambiente creato da quel delizioso giardino sia spazzato via da interessi economici delle suore che, peraltro non pagano neanche lMU?
L’ultima cosa in ordine di tempo, è che due giorni fa continuando a scavare nel giardino delle suore, sono stati trovati dei resti archeologici (probabilmente di domus romane) per cui il cantiere si è fermato per un pomeriggio.
Sono stati allertati l’Assessore all’Urbanistica, vari Enti e Associazioni, di cui stiamo aspettando gli esiti: “Salvaguardiamo il paesaggio”, “Italia Nostra” “Progetto Roma” e “Cittadinanza attiva” e  con i cui membri dobbiamo fare delle riunioni in questi giorni; continueremo con le nostre battaglie con la speranza di evitare il progressivo degrado di questo che una volta era un quartiere.
Ghisi Grutter

29 maggio 2014

L'ALTERNATIVA E' TSIPRAS


 
 
 
L’alternativa è Tsipras


Il match frontale delle elezioni europee, tutto italiano, tra due icone vuote di contenuti quanto piene di invadente presenzialismo, ha premiato Renzi e punito Grillo. Ma a perdere sono stati gli italiani o, meglio, ha perso la democrazia. Perché la riforma elettorale, quella del Senato o l’abolizione delle Province volute da Renzi non fanno che ridurne progressivamente il campo di applicazione.

Ha perso il pluralismo: ora c’è un uomo solo al comando di un partito al potere, al comando del governo e arbitro, anche, dei destini dello Stato; e gli altri partiti, satelliti o comprimari, sono in via di sparizione, né hanno molte ragioni per continuare a esistere. E ha perso, rendendo sempre meno sindacabili le scelte del “premier”, la prospettiva di un vero cambiamento: il quadro europeo in cui il PD si inserisce e di cui sarà un garante non consente cambi di rotta.

E insieme a tutte queste cose hanno perso i lavoratori, i disoccupati, i giovani condannati a una condizione di crescente precarietà e impoverimento; e i pensionati condannati a in larga misura alla miseria; anche, e forse soprattutto, quelli che lo hanno votato.

Ma non si è trattato, come sostengono molti commentatori, di una vittoria sul populismo. Renzi non è meno populista di Grillo se per populismo si intende un richiamo identitario: le “riforme”‘, presentate come intervento salvifico, senza specificarne contenuto e conseguenze, e la “rottamazione” del “vecchio”, presentata come programma senza saper specificare in che cosa consista il “nuovo”. Il programma di Grillo, se si eccettua la sua ambivalenza di fondo sull’euro, che è ambivalenza sul ruolo che può e deve avere l’Europa nel determinare un cambio di rotta per tutti, era addirittura più concreto di quello con cui Renzi ha affrontato questa scadenza elettorale. Entrambi comunque avevano gli occhi puntati sugli equilibri interni al pollaio italiano; la resa dei conti con le politiche europee l’avrebbero rimandata a un indeterminato domani: eurobond o uscita dall’euro per uno; ridiscussione dei margini del deficit per l’altro; nessuno dei due sembra rendersi conto che la crisi europea impone una revisione radicale del quadro istituzionale e delle strategie politiche, prima ancora di quelle economiche. Che comunque avrebbero bisogno di un po’ di coerenza; che manca.

Non è stata nemmeno, quindi, una vittoria contro l’antieuropeismo: se per Grillo il problema è inesistente – la sua “indipendenza” da tutto e da tutti gli impedisce di avere alleati e prospettive che vadano al di là delle Alpi e dei mari di casa, per Renzi è l’assoluta subalternità al patto tra Schulz e Merkel, ormai ratificato dall’esito elettorale anche in Europa, che gli impedisce di avere, se non a parole – ma di parole la sua politica non manca mai – una visione delle misure, delle strategie e delle conseguenze di una vera rimessa in discussione dell’austerità. Quell’austerità che l’Europa la sta disintegrando non meno dei risorgenti nazionalismi (e i primi a pagarne le conseguenze saremo noi).

Meno che mai quella di Renzi è stata una vittoria della speranza contro il rancore. Se nell’ultimo anno il movimento cinque stelle ha dato prova della sua sostanziale inconcludenza, dovuta al controllo ferreo che i suoi due leader pretendono di esercitare su quadri e parlamentari che forse un ruolo più propositivo potrebbero e vorrebbero averlo, la motivazione di fondo del voto a Renzi è stata un clima da “ultima spiaggia”. Paradigma di questo atteggiamento sono gli editoriali su Repubblica di Eugenio Scalfari, che non approva praticamente alcuna delle misure varate da Renzi e meno che mai i suoi progetti, ma che invitava a votarlo lo stesso perché “non c’è alternativa”.

Così, se con queste elezioni la parabola del movimento cinque stelle ha imboccato irrevocabilmente una curva discendente, mentre Renzi sembra invece sulla cresta dell’onda – forse raggiunta troppo in fretta per poter consolidare una posizione del genere – è il vuoto di prospettive e la mancanza di una proposta di respiro strategico per riformare l’Europa a condannarlo a sgonfiarsi altrettanto rapidamente. Il che succederà inevitabilmente – pensate alla parabola di uno come Monti! – non appena Renzi dovrà fare i conti con quella governance europea che forse immagina di riuscire a conquistare con la stessa facilità, superficialità e disinvoltura con cui si è impadronito, gli uni dopo le altre, di primarie, partito, governo ed elettorato. Ma là, invece, c’è la “scorza dura” dell’alta finanza, che Renzi non si è mai nemmeno sognato di voler intaccare, ma che non è certo disposta a concedergli qualcosa che vada al di là di un sostegno formale.

Di fronte a questo panorama, , i risultati della lista L’altra Europa con Tsipras rappresentano un piccolo ma importante episodio di resistenza; perché in quella lista, e in nessun’altra proposta di livello nazionale, è contenuto il nucleo di un’alternativa possibile e praticabile alla continuazione di politiche destinate a portare allo sfascio l’intero continente, Germania compresa. Certamente i numeri di quella lista non sono esaltanti, anche se lo sono quelli di alcuni dei suoi partner europei. Però sono il frutto di un lavoro di conquista, voto per voto, consenso per consenso, impegno per impegno, che ha coinvolto migliaia di sostenitori delle più diverse provenienze, che non avevano certo come obiettivo finale o esclusivo il risultato elettorale.

In questa piccola affermazione, i voti di preferenza raccolti da due capolista come Barbara Spinelli e Moni Ovadia, che hanno messo il loro nome, la loro faccia e un mare di fatica a disposizione del progetto per rappresentarne il carattere unitario, sono una importante dimostrazione di quella spinta a un radicale rinnovamento delle proprie identità che fin dall'inizio è stata la cifra di quella nostra intrapresa. In pochi anni, sotto la guida di Alexis Tsipras, Syriza, da piccola aggregazione di identità differenti si è fatta partito di governo. Dunque, si può fare. Quel nome nel simbolo della lista non è stato messo per caso.

QUESTA NON E' POLITICA:E' ROMA

Speciale elezioni europee a Roma e Lazio

QUESTA NON E’ POLITICA, E’ ROMA

VOLANTINO marino elezioniStrano modo di reagire, quello del PD romano, all’ incredibile vittoria del centrosinistra alle europee. A leggere i giornali, si direbbe che il Partito Democratico della Capitale abbia ascritto solo a sé la vittoria, e si trovi nella condizione di “contrattare” con il Sindaco poltrone e spazi nell’inevitabile – dopo le dimissioni di Flavia Barca – rimpasto della giunta.
A noi sembra piuttosto ingeneroso, da parte del PD romano, prendersi tutto il merito del fatto che a Roma il partito abbia guadagnato ancora più punti percentuali: basta immaginare cosa sarebbe successo se si fosse verificato il contrario, con i voti del PD inferiori alla media: un coro unanime di accuse al Sindaco e alla sua giunta per aver deluso i romani, e la richiesta perentoria di un cambio di passo.
Invece a Roma il PD ha vinto alla grande, ma il cambio di passo viene invocato lo stesso.
Secondo noi nella Capitale, più che un cambio di passo, serve un’accelerazione verso un profondo rinnovamento della politica, abbandonando una volta per tutte le vecchie logiche spartitorie e trasversali, a cui troppo spesso abbiamo assistito nel nostro presidio in Campidoglio contro le delibere urbanistiche che forse impropriamente abbiamo definito “di Alemanno”. Delibere urbanistiche che, sospettiamo, siano dietro al fermento per la (ri)conquista di certi assessorati-chiave, come quello alla Trasformazione urbana, quello al Patrimonio e quello ai Lavori pubblici.

Non siamo dei politologi, ma tra i motivi della notevole affermazione del Partito Democratico di Renzi e della lista Tsipras, soprattutto a Roma, noi leggiamo il desiderio dei cittadini di facce nuove, gente che non viene da anni anni di casta e di carriere partitiche, che non parla il solito politichese e non pratica la solita realpolitik. Il contrario dei nomi che leggiamo in questi giorni sui quotidiani, tutti politici PD da vari lustri sulla breccia, sia tra quelli che elargiscono dichiarazioni – molti “renziani” convertiti – sia tra quelli che aspirano a entrare in giunta. Intendiamoci, aspirazione legittima, ma poco compatibile con lo slogan che tanti consensi ha dato al Sindaco Marino. “Questa non è politica, è Roma”.
Ecco, vorremmo che questo inaspettato ulteriore consenso dalle urne europee venisse valorizzato per tenere ben saldi al centro del governo della Capitale la città, l’interesse pubblico e i diritti. E per lasciare fuori i soliti giochetti di bassa cucina politica, e accantonare per sempre la logica da “manuale Cencelli” dei partiti e delle correnti, dappertutto, anche nella gestione delle aziende partecipate e nella selezione di dirigenti e amministratori.
Noi cittadini ce l’abbiamo messa tutta, ci siamo fidati. Adesso la politica migliore faccia la sua parte.

VILLA BLANC :PRESENTATO IL RICORSO AL CONSIGLIO DI STATO

Villa Blanc prima dei lavori LUISS

Villa Blanc dopo i lavori LUISS



Dopo l'iniqua sentenza del TAR,che aveva dato ragione alla LUISS e al Comune di Roma,che aveva interpretato alcuni articoli del Nuovo Piano Regolatore in una maniera sfacciatamente favorevole alla LUISS, i sette irriducibili cittadini supportati da Italia Nostra,hanno presentato ricorso al Consiglio di Stato entro i termini previsti,anche se l'ultimo giorno.E' stato rinforzato il collegio di difesa  con l'inserimento di due nuovi avvocati,di cui uno particolarmente esperto e capace.
Ma cosa vogliono questi cittadini?I cittadini non negano ovviamente alla LUISS il diritto di proprietà dell'intero complesso di Villa Blanc,4 ettari più 7 edifici compresa la Villa storica.Chiedono il rispetto delle norme del Piano Regolatore che su Villa Blanc parla di utilizzo a servizi di scuola primaria per gli edifici e di uso pubblico dell'intero Parco.Indicazioni che contrastano con l'uso post-universitario programmato dalla LUISS,dalla inibizione dell'intero parco alla cittadinanza,e con la destinazione di uno spicchio di parco per utilizzo pubblico di 4400 mq. (lato via Marliano),fissati nella convenzione siglata tra Comune di Roma e LUISS. 
E' innegabile comunque che la strada dei nostri sette sia in salita.Bisogna dare loro atto di non essersi arresi,di non aver alzato  bandiera bianca e soprattutto di non essersi lasciati intimorire dal peso specifico dell'avversario che nel corso della vicenda ha "silenziato"tante voci e ha saputo disperdere tante posizioni critiche .
In questi giorni l'Associazione Comitato Villa Blanc,di cui cinque dei sette cittadini fanno parte,raccoglierà per le strade del quartiere Lanciani i fondi per sostenere l'iniziativa legale,e sensibilizzare la cittadinanza alla vicenda.
Il 5 di giugno è inoltre previsto in Campidoglio un incontro della maggioranza capitolina con il sindaco Marino per chiedere che la convenzione firmata dal duo Alemanno - Corsini venga disconosciuta dall'attuale amministrazione con un atto formale di Giunta,così come venne approvata all'epoca dalla Giunta la convenzione.
Seguiremo da vicino la vicenda per informare i nostri lettori.
Domenico Fischetto

28 maggio 2014

IL SUCCESSO DEL PD VISTO DA UN "CERCHIOBOTTISTA"

Riceviamo e volentieri pubblichiamo



                                                                                                                                                                                            

La paura è stato il tratto distintivo della campagna elettorale delle destre, Lega Nord in primis, Fratelli d'Italia in secondo luogo. La paura dell'invasione da parte degli immigrati, la paura omofoba, la paura di una nuova legge sul diritto di cittadinanza, sommate ad altre paure sempreverdi evocate in precedenti campagne elettorali.

Grillo aggiungeva a queste paure, un parlare da Dulcamara e, al tempo stesso, la predicazione catastrofista di certi profeti di sciagura che predicono lutti e sofferenze per tutti indistintamente, se gli uditori non si mostreranno ubbidienti alla parola della divinità di cui lui si era fatto intermediario, inteprete e portavoce incontrastato. L'elisir miracoloso da lui venduto era la rete, i cittadini e altre amenità del genere.

Io sono contento che Tsypras abbia superato la soglia del 4%, ma non ho granché fiducia nella sommatoria di partiti, partitini e sigle varie che si sono strumentalmente unite sotto la sigla l'Altra Europa, poiché hanno già più volte dato pessima prova di loro stessi nel 1998 come nel 2008 e, secondo me, non ci sarà due senza tre, perché il loro profeta è la purezza assoluta, in nome della quale ciascuno si sentirà libero di dire quello che gli pare. Faccio voti di essere smentito. A suo modo, anche Tsypras ha evocato paure, quella delle banche e della finanza, il cui potere può e deve essere assoggettato alle leggi nazionali e comunitarie, attraverso interventi unitari che rendano ugualmente perseguibile l'evasione fiscale in tutti e 28 i paesi membri dell'Unione, senza zone franche. Ma questo si farà lavorando dentro il governo dell'Unione, non chiamandosene fuori.

Renzi invece, ha chiesto un voto per e non un voto contro; trovo quindi del tutto naturale che l'elettorato, in grandissima parte, abbia deciso di dare un voto contro la frammentazione dei partiti, facendo nell'unico modo che gli è consentito, una semplificazione dello schieramento politico a tre forze, con la sola eccezione della Lega che ha potuto giovarsi di un suo ancora consistente radicamento territoriale. L'elettorato ha espresso un voto a favore di un cambiamento graduale e ragionato e non per aprire una velleitaria guerra al sistema, credendo alla volontà del premier di perseguire l'ottenimento delle riforme necessarie, per conseguire l'ammodernamento del sistema democratico italiano.

I sondaggi, anche stavolta, si sono rivelati clamorosamente sbagliati, il che dovrà far riflettere molto sulla necessità di rivedere il funzionamento dei metodi di rilevazione delle opinioni delle persone. In vent'anni di berlusconismo, gli italiani hanno imparato a mentire, speriamo solo agli intervistatori delle società di ricerca.

Il successo del PD, e soprattutto di Renzi, non è per sempre; toccherà a lui, e al partito, comprendere che proprio adesso viene il bello, perché non ci sono più alibi e bisognerà corrispondere in modo concreto alle attese suscitate.

Mi auguro che il PD e Tsypras riescano a trovare il modo di lavorare assieme, che il M5S si liberi di Grillo, mettendosi in gioco per la parte di responsabilità grande che ha nel Parlamento italiano.

Ciao

27 maggio 2014

IL SUCCESSO DEL PD VISTO DA UN INTELLETTUALE

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Non resisto alla tentazione di mettere in allegato una mail su Renzi che avevo spedito tempo fa.
Non ho cambiato idea da allora, ma, dopo il risultato eclatante delle elezioni europee e di quelle amministrative , penso di aggiungere qualche cosa.
Parlerò di me, così non rischierò di offendere la sensibilità di nessuno.
Ha ragione Zygmunt Bauman; la società è profondamente cambiata negli ultimi decenni. Adesso è una società liquida.
Così si votano i partiti che hanno nomi antichi di sinistra ben sapendo che non è più così. Nelle società liquide gli ideali e (figurarsi!) le ideologie sono morti e sepolti.
Grillo ha detto che l’Italia non lo ha premiato perchè è un paese di pensionati che non vogliono cambiare. Non ha capito niente.
Questo paese è un paese di poverissimi pensionati che vogliono cambiare: vorrebbero più soldi. Di precari giovani che sperano di cambiare, diventando meno precari.
Di piccoli e medi imprenditori che vogliono meno tasse, più flessibilità del lavoro, credito più facile.
E poi ci siamo noi, anzi, ci sono io. Io che, sotto sotto, spero che un Renzi mi protegga – per il tempo che mi rimane da vivere – dallo scivolare in basso. Troppo in basso, per colpa di qualche scalmanato che, sbandierando stupido nazionalismo e fingendo di non sapere che il sistema è ancora invincibile (cinismo stupido per raggiungere il potere o incommensurabile stupidità di leader ignoranti?) .
Insomma, mentre Renzi parla di speranza – e fa bene – quello che ha dominato queste elezioni è la paura; non solo in Italia.
La paura di scivolare verso il basso è quella che ha spinto verso la vittoria i populisti di tutti i paesi e che da noi, ha premiato Renzi. Gli Italiani, nella stragrande maggioranza moderati di centro destra, avevano sperato in Berlusconi. Ha fallito.
Hanno tentato la carta di Grillo, che si è dimostrato incapace ( non i suoi, che maturando e sporcandosi le mani aiuteranno Renzi e questo paese a diventare europeo, cioè ben inserito nel sistema).
Nei paesi in cui il sistema opera da tempo – bene o male (in Francia più male che bene, ma in ogni caso molto meglio che da noi, come tutti i paesi occidentali) - è evidente, lo si sente nella pancia, che le cose non sono migliori nè migliorabili, accettando di rimanerci, impaniati nelle regole . Quindi si sceglie il populismo nazionalista; si accusano le ondate di immigrazione, l’Euro, l’europa.....volendo credere che scrollandosi di dosso “l’ingessatura” sovranazionale e lasciando annegare i migranti e eliminando una moneta non amata, tutto di colpo, come per magia, tornerà ad essere tinto di rosa.La verità sarebbe davvero diversa: minuscoli paesi nel contesto di giganti globali e insensibili organizzazioni capitalistiche, sarebbero spazzati via e i loro cittadini non sarebbero più in grado di precipitare: sarebbero già sul fondo.
Renzi ha saputo con grande intelligenza regalare la impossibile speranza di un ritorno al benessere perduto, sostenendo una profonda metamorfosi dell’Europa, senza inimicarsi il sistema che non lo avrebbe perdonato (e rubando la scena ai Grillo, ai Salvini e alla ricicciata AN).
Lo stesso vale per Stipras in Grecia (dove propone le stesse cose di Renzi, apparendo e essendo definito radicale) e per noi, qui, quello che ho pensato per un poco: sono più di sinistra, meno rozzo e non corro rischi, intanto sarà grasso che cola se arriverà al 4%.
Poi, ascoltando i tamburi che davano la catastrofe grillina come imminente, per non sapere nè leggere nè scrivere, non ho voluto correre il rischio di dare, dell’Italia, l’immagine pericolossima di un paese fatto di nuovo di avventurieri incapaci e instabili. Sono tornato al PD, consapevole di essermi inchinato all’ineluttabile.
Può darsi che sia solo io a inchinarmi al meno peggio egoistico, che mi consente di ragionare e leggere di quello che dovrebbe essere; di battermi per la cultura, di amare la montagna (sperando che l’eccesso di turisti non mi impedisca di goderne bene).....
Temo che nella migliore delle ipotesi, quello che ci (perdonate il lapsus) mi sta a cuore, sia una bella e civile società borghese (anche se alla fine). Il resto del mondo è lontano e la povertà e la disperazione di milioni di diseredati stanno fuori dai confini del mio mondo quotidiano.
In una società liquida i partiti non sono più organizzazioni stabili, strutturate, territoriali. Sono “movimenti di opinione”, apparati elettorali, che coagolano interessi e forse anche bisogni (intesi gerarchicamente), che ottengono consenso a valanga e possono perderlo in frettissima, appena crescesse la convinzione che le promesse non fossero mantenute.
Bene dice Renzi, che festeggiare è fuori luogo. Bisogna mantenere fede alle promesse; lo vogliono quelli che lo hanno votato perchè vogliono un fisco più favorevole e lo vuole il sistema che pretende un paese con regole di mercato libero (qualunque mercato, compreso quello del lavoro).
Alle elezioni anticipate andrà soltanto se potrà dimostrare, fuori da ogni incertezza, che gli impediscono di fare le riforme (Cacciari mi rompe, ma ha ragione).
Secondo me, Renzi farà di questo paese un paese europeo, nel bene e nel male e il M5S, se si libererà di due guitti esaltati e incoscenti, sarà della partita.
Dimentichiamoci anche la “democrazia” come l’abbiamo vissuta, noi che non siamo giovani; ma questo è ancora un altro discorso.
umberto
 
 
LA LETTERA A RENZI
 
Tornato dalla montagna, dove l’eco della politica arrivava smorzato, arrivato a Roma, il rischio di fallimento della capitale del paese, mi ha risucchiato nel clima italico normale, a sua volta immerso in quello di un mondo che, a dispetto delle parolee degli appelli, sta correndo a riprodurre tutto il peggio (inevitabile)già vissuto.
Sono stato tanto in silenzio, che mi sento in diritto di annoiarvi su argomenti diversi.
Incomincio dal governo Renzi.
Mi sembra fosse scontato che Renzi, ci sarebbe arrivato, in un modo o nell’altro, al governo.
Ci è arrivato in un modo che, a chi, come me, sa benissimo come stanno le cose, ma vorrebbe inutilmente  che fossero diverse, non piace. Ci è errivato e adesso, come dice Franco, bisogna vedere cosa fa, aspettando le famose riforme (tornerò sulle riforme, almeno due; ma con un altra mail).
Allora scrivo un poco di pensieri al riguardo:
Renzi è un Berlusconi senza cadaveri nell’armadio e senza interessi da difendere e che, se non difesi, lo trascinerebbero alla rovina.
Un Berlusconi così, piace molto agli italiani e piace molto all’Europa e piace molto al mondo del pensiero unico.
Tutti speriamo che ce la faccia. Lo spera la Merkel; lo spera il FMI; lo spera la confindustria e persino i sindacati.
Cosa vuol dire “che ce la faccia”?
Vuol dire che se non ce la fa, il sistema punirà duramente questo paese che non sa imboccare la strada giusta.
Se invece ce la fa, tutti tireranno un respiro di sollievo, perchè riportare all’ovile l’Italia, un paese riottoso (e il sistema deve riportarlo certamente all’ovile), costa moltissimo e un Italia che ha preso la strada giusta, invece rafforza il sistema.
Cosa dovrà fare Renzi e cosa cercherà di fare? Con entusiasmo, cercherà di portare l’Italia tra i paesi correttamente liberisti, in cui le regole della concorrenza internazionale siano la bussola dell’agire politico; in cui al lassismo cattolico (altro bell’argomento: il papa e il cattolicesimo) si sostituisca un poco di calvinismo, ottimo lubrificante del mondo del profitto.
Quindi vorrà persino fare delle riforme che ristabiliscano le regole del gioco del mondo degli affari, e tutti diremo che saranno riforme di sinistra
I lavoratori saranno più “fungibili”, saranno più garantiti (al livello più basso possibile compatibile con il sistema)e saranno utilizzati dove più serve.
L’impresa sarà al centro del sistema e le persone saranno funzionali ad esso.
Insomma, se ce la fa, Renzi porterà l’Italia in Europa e contribuirà così a portare l’Europa fuori dalle secche dei residui impastoianti di un “welfare” socialistoide, che nessuno vuole più ma che, per inerzia, il vecchio continente finge di perseguire.
Gli oppositori di Renzi nel PD sono scomparsi. Non poteva essere diversamente.
Nessuno, oggi, sa davvero cosa sia “sinistra”. Il mondo è piccolissimo e tentare di portare le persone, anziche il profitto, al vertice della piramide dei valori, in una piccola porzione del piccolo mondo  è impossibile e nefasto per chi ci provasse.
I Civati, le Puppato, parlano (come noi) ma, misurandosi con i fatti si accorgono subito che tradurre le parole dette in azioni di governo, è suicida. La cosa migliore è modificare il detto con ragioni di opportunità per evitare il peggio.Per questo ho sempre pensato che non avesse importanza chi vincesse le primarie. Chiunque fosse stato si sarebbe dovuto piegare.
In Europa e nel mondo nessuno – Tranne molti intellettuali e scienziati  (sperabilmente capaci di mantenere viva la fiammella contraria al sistema, per il momento in cui lo stesso crollerà per ragioni sue interne) è di sinistra.
Il PD è entrato nel PSE, ma nel PSE si discute di nuovo simbolo e di nuovo programma, così Fioroni sarà contento e il PSE smettera di non voler aggiungere la parola democratici (partito socialista e democratico).
Essere di sinistra è una cosa troppo difficile. Riguarda il mondo e non un paese. Deve tenere conto del nuovo e fare amare la frugalità dei costumi, lottando contro le tendenze naturali dell’umanità.
(un mucchio di altri argomenti di chacchierata: il bello è di tutti a costo di ucciderlo? I leader sono nella natura dell’uomo, per cui privilegiare le idee al posto del potere è artificiale?.....)
Non è molto più facile giudicare del benessere di un paese sulla base del PIL procapite, fregandosene della realtà che nasconde?
Renzi per riuscirci dovrà dare qualche piccola dimostrazione, facendo subito qualche riforma che lasci intendere la strada che prenderà: legge elettorale che dia stabilità e continuità di governo; nuove regole per il lavoro, che daranno più “flessibilità” in ingresso e in uscita alle imprrese sul mercato del lavoro....
Se ci riuscirà – io penso che ci riuscirà – la Merkel allenterà certamente qualche vincolo capestro, così che Renzi possa proseguire fino in fondo sulla strada del liberismo e del capitale.
Il rigore continuerà ad essere un must, ma sarà “temporaneamente” mitigato per consentire la “crescita” che consentirà il rigore necessario al sistema basato sul debito, ma senza strilli troppo forti.
E tutti vissero felici e contenti
 

LISTA TSIPRAS:PRIMA LE PERSONE!!!!!


prima le persone
Cara/o,
abbiamo superato il quorum per andare in Europa ottenendo 1.108.457 voti!
Questo splendido risultato è stato possibile principalmente grazie a te che ci hai sostenuto in questi tre lunghi mesi e ci hai aiutato in questo bellissimo ma impegnativo progetto che è la lista L'Altra Europa con Tsipras.
Sono state settimane intense, in cui i nostri candidati hanno girato l'Italia da Nord a Sud per far conoscere questo progetto, in cui i comitati territoriali hanno contribuito anche economicamente alla campagna elettorale, in cui ognuno di noi ha dato quello che poteva dare. Abbiamo ottenuto il risultato e questo ci rende ancora più consapevoli e forti dell'idea iniziale, e cioè di portare la Sinistra in questo Paese in cui se la contendono un comico, un pregiudicato e un democristiano.
Abbiamo speso, per questa campagna elettorale, solo 230mila euro, una minuzia rispetto a quanto solitamente si spende. Ma ne mancano ancora 35mila per tornare all'attivo. Per questo, e perché il progetto è ambizioso e richiede tanta passione, impegno e anche soldi, ti chiediamo di continuare a sostenerci anche con delle piccole donazioni che puoi effettuare con due modalità:
  1. Oppure fare un bonifico al conto corrente intestato a "verso lista tsipras” iban IT34V0501803200000000170078.
Nella conclusione del Manifesto di Ventotene era scritto "La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa, e lo sarà!": oggi ne siamo ancora più convinti.

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26 maggio 2014

IL RISULTATO ELETTORALE....VISTO DA MARCHESINI


Alla notizia dei risultati elettorali la Borsa di Milano ha fatto un balzo del 3%, e lo spread è crollato. C’è sicuramente un collegamento con il fatto che ha stravinto Renzi e perso Grillo, Berlusconi e Alfano. Ma l’andamento della Borsa e dello spread, di quale parte del Paese indica speranze e attese, della maggioranza che sta male o della minoranza che sta sempre meglio? Ed essendosi astenuto dal voto il 42% dell’elettorato, il PD di Renzi, malgrado l’ottimo risultato, non è alla fin fine il 25% dell’elettorato complessivo? A confluire su Renzi, per paura di Grillo, è stata parte significativa degli elettori di Scelta Civica, Forza Italia e Nuova Destra. Bene il 40% per Renzi e il 4% per Tsipras, ma io, che non mi sento così rappresentato dall’andamento dello spread e della Borsa, rifletterei bene prima di farmi prendere dall’euforia e gridare hip hip urra! Certo che se Renzi approfitterà della forza incamerata per lasciar perdere Berlusconi e Alfano, e ritentare la carta di un serio centro sinistra, comunque reagiscano Borsa e spread io  condividerò e mi sentirò  ancora meglio di stasera.
 
G.C.Marchesini

23 maggio 2014

I DIBATTITI TELEVISIVI DEI CANDIDATI PRESIDENTI ALLA COMMISSIONE EUROPEA

Francamente non ne avevamo conoscenza e ci sono letteralmente sfuggiti i confronti televisivi dei candidati alla presidenza della commissione europea,presi come siamo a seguire le vicende elettorali di casa nostra.Quindi volentieri pubblichiamo quest' articolo sull'argomento pubblicato nella newsletter di AffarInternazionali.
D.F.



Elezioni europee
Sbarco europeo per il faccia a faccia TV
Giampiero Gramaglia
22/05/2014
più piccolopiù grande
Avete presente i dibattiti presidenziali negli Stati Uniti, quelli che dal 1960 decidono quasi sempre chi andrà alla Casa Bianca? La tensione dei candidati? La maniacale minuta precisione di regole e conduttori? Le decine di milioni di spettatori, che solo il SuperBowl ne fa di più negli Usa? Bene: qui è un’altra cosa.

Dibattiti televisivi tra leader europei
I dibattiti presidenziali nell’Unione europea (Ue) non sono - per ora - nulla di tutto questo: share dell’audience da prefisso telefonico, diffusione confinata su reti minori, gestione dei tempi a volte un po’ caotica, l’intreccio delle lingue a complicare il tutto.

Se li fai in inglese, penalizzi chi, come il greco Alexis Tsipras, non si sente a suo agio in quella lingua; se li fai che ciascuno parla la sua, devi affidarti agli interpreti, la voce che arriva al pubblico non è l’originale, le frasi perdono fluidità, la percezione dei personaggi non è né immediata né piena.

Eppure, con tutti i loro limiti, i dibattiti in diretta tv, corollario delle candidature alla presidenza della Commissione europea, sono stati la vera novità mediatica di questa campagna elettorale europea, anche se i protagonisti non hanno mostrato l’aggressività dialettica che, spesso, fa la forza dei confronti americani.

Assente, pure, la retorica positiva in stile Usa: “Non voglio un’Europa che sogna”, sono state le prime parole del candidato del Partito popolare europeo (Ppe), Jean Claude Juncker. Negli Stati Uniti, gli avrebbero spento le tv in faccia; qui non è successo, anche perché di televisori accesi ce n’erano pochi.

Difficile dire quanto i dibattiti abbiano pesato sui pronostici di questa vigilia. L’ultimo rilevamento comparato europeo, diffuso il 20 maggio, dà i popolari -217- in calo rispetto al Parlamento uscente, ma in vantaggio d’una quindicina di seggi sui socialisti -201, in leggerissima ascesa.

La terza forza sono la galassia degli ‘euro-scettici’ di destra, xenofobi, anti-euro, separatisti, che però a Strasburgo non faranno massa unica. Poi, i liberali, la sinistra radicale euro-critica, i conservatori. Ppe e Partito socialista europeo (Pse) insieme avranno la maggioranza dei 751 seggi.

Verhofstadt vincitore mediatico
Nell’arco dei tre dibattiti, il primo da Maastricht il 28 aprile - regia EuroNews -, il secondo da Firenze il 9 maggio - regia RaiNews -; il terzo da Bruxelles il 15 maggio - regia Eurovision e audience molto maggiore degli altri -, il migliore è stato l’ex premier belga Guy Verhofstadt, liberale, federalista, che rivendica alla Commissione un ruolo pilota dell’integrazione europea e contesta il presidente uscente Manuel Barroso per l’abitudine di telefonare a Berlino ed a Parigi prima di decidere che fare.

A Maastricht, Verhofstadt aveva vinto di misura e senza convincere, un 6 pieno, con un 6- agli altri. A Firenze, aveva vinto a mani basse: in termini ciclistici, visto che è in corso il Giro d’Italia, era già sotto la doccia quando sono arrivati gli altri. A Bruxelles, s’è limitato a controllare.

I due favoriti, Juncker, ex premier lussemburghese ed ex presidente dell’Eurogruppo, e il socialista Martin Schulz, attuale presidente del Parlamento europeo,Pe, sono stati soprattutto attenti a non farsi male l’un l’altro e a non inciampare in qualche gaffe: federalismo, eurobond, solidarietà erano parole per loro scivolose.

Impegnati a marcarsi a vicenda e preoccupati di non sciorinare le differenze, Schulz e Juncker si sono spesso impelagati nei tecnicismi più ostici della costruzione europea (il ‘modello comunitario’ contrapposto al ‘sistema inter-governativo’, l’intreccio dei poteri delle Istituzioni, i vincoli dei Trattati).

Così, mentre Schulz e Juncker traccheggiavano, Verhofstadt tirava diritto, in sella al cavallo di battaglia di una Commissione europea che non sia segretariato del Consiglio dei Ministri dell’Ue, cioè cane da riporto dei Governi dei 28, ma che guidi il processo d’integrazione, come avveniva ai tempi, ormai mitici, di Jacques Delors (e un pochino pure sotto la presidenza di Romano Prodi).

Forte di una sua linea, e di una legittimità conferitagli dall’indicazione popolare e dall’investitura del Pe, il presidente dell’Esecutivo di Bruxelles dovrebbe guidare l’Ue a rilanciare crescita e occupazione.

Tsipras spariglia le carte senza fare il botto
Quanto agli outsiders, i verdi Ska Keller - al primo e al terzo - e José Bové - al secondo - hanno fatto la loro parte, portando lei freschezza e lui aggressività. All’ultimo giro, ha esordito Tsipras, campione della sinistra euro-scettica, che ha (un po’) sparigliato le carte, senza, però, fare il botto.

Tsipras, l’unico senza cravatta, strizza l’occhio al voto italiano: chiama in causa Juncker, che c’era, per il vertice di Cannes dove, dice, dietro le quinte furono rovesciati due governi democraticamente eletti, il greco e l’italiano - un’eco delle polemiche sul complotto di questi giorni -; e cita l’impegno dei giudici contro la mafia.

Ma se c’è un po’ d’Italia nel dibattito europeo, è pure merito, anzi demerito, di Silvio Berlusconi: con la sua campagna anti-tedesca e anti-Schulz, diventa l’‘uomo nero’ del primo confronto. Dove tutti lo evocano e lo criticano, tranne Schulz che può permettersi d’ignorarlo. Juncker tradisce l’imbarazzo dei popolari per quell’alleato scomodo e invadente, che però non cacciano perché, senza Forza Italia, non sarebbero più la prima forza del Pe.

Elezione presidente della Commissione
Su un punto sono tutti d’accordo: la scelta del presidente della Commissione dovrà avvenire nell’ambito dei candidati, dal cappello a cilindro dei capi di Stato o di governo dell’Ue non potrà uscire un nome a sorpresa. Persino Juncker, di gran lunga il meno spericolato, dice: “Se non sarà uno di noi, nel 2019 non andrà più a votare nessuno, perché gli elettori si sentiranno presi in giro”.

Recitano un copione?, o sono davvero convinti? Intanto, è già chiaro che non saranno brevi i tempi di decisione sul presidente della Commissione, dopo le elezioni del 25 maggio. E anche i giochi che parevano già delineati potrebbero riaprirsi, nell’Unione e pure in Italia.

Giampiero Gramaglia è consigliere per la comunicazione dello IAI.