Gian Carlo Marchesini è un volontario educatore delle case famiglia nella tenuta della Mistica e al S.Giuseppe. Ha messo la sua sensibilità,la sua esperienza,il suo amore verso il prossimo al servizio dei più deboli e degli esclusi.
Progetto
Roma sabato prossimo visiterà la casa famiglia dei volontari di capitan ultimo
e potrà prendere coscienza di questa realtà.
Quello
che segue è un articolo di Marchesini che testimonia il disagio di tre giovani
adolescenti della casa famiglia.
D.F.
Piccole
cronache di un disastro annunciato
Di Gian Carlo
Marchesini
Cosa ci fanno tre
ragazzi quattordicenni con famiglie dissestate e padri assenti, madri senza
lavoro né soldi, sole e ossessivamente invadenti, in una scuola già di suo in
seria difficoltà, in un quartiere che campa di spaccio di alcol e droga e affitti
in nero a migliaia di studenti? Vagano agitati lungo scale e corridoi meandrici
inseguiti dai loro insegnanti che si sforzano di prepararli agli esami sciorinando
i grandi temi storici della lotta al razzismo e all’ingiustizia sociale, o con
la visione in aule mal ridotte di qualche film non banale. Gli altri ragazzi
“normali” delle classi frequentate dai nostri tre ragazzi “disturbati” sono
partiti per la settimana del campo scuola. Questo ovviamente ha prodotto nei
nostri tre eroi, per l’ennesima volta esclusi, una botta di frustrazione
ulteriore. Della serie: io ti escludo perché ti ritengo inaffidabile,disturbato,
molesto; tu reagisci moltiplicando le tue azioni di disturbo; così io dimostro
a me stesso e al mondo intero di averti giustamente escluso. Quando la catena
pedagogico educativa funziona disastrosamente rovesciata, della serie: per
salvare gli altri, non essendoci spazio per tutti, qualcuno dalla torre va
buttato. Guarda caso è sempre il più sgradevole e malandato, cioè proprio chi
avrebbe più bisogno di essere aiutato.
Tre ragazzi di famiglie
in grave difficoltà, e di una scuola dell’obbligo pure, se non peggio, girano
per i corridoi sparando calci e pugni a porte e armadi e trattando gli
insegnanti con smorfie di ostilità e insulti. Si sono perfino forniti, sottraendole
da qualche ripostiglio e nascondendole negli zaini, di tre robuste tronchesi,
immaginandosi così forti e invincibili. Il loro passatempo prediletto, nel
pomeriggio fino a sera tardi, è quello
di aggirarsi per le strade e le piazze del quartiere come lupacchiotti famelici,
mescolandosi alla fauna variopinta dello spaccio e della movida che
fornisce alcol e droga alle frotte di clienti.
Si fanno una canna, si bevono una birra, cercano con eccitazione
ribalda il pretesto per menare le mani e
tirare cazzotti, inseguiti dalle telefonate delle madri angosciate e degli
educatori allarmati. Se la famiglia e la scuola ci sono poco e male, se la
realtà del quartiere è questa, illegale e criminale, cinica e godereccia, cosa
volete che soccorrano assistenti sociali ed educatori, o qualche insegnante mal
pagato e malgrado questo bene intenzionato e volonteroso?
I tre ragazzi sono
lupacchiotti feriti e rifiutati che ringhiano disperati. Non capiscono perché
dovrebbero impegnarsi in attività nobili quando il pane che mangiano sa da
sempre di rabbia, ostilità e sputi.
Girano fumando e bevendo per le strade di San Lorenzo, quartiere che fu
operaio e antifascista e oggi campa di spaccio in quantità industriali di alcol
e droga, e di fitti in nero a migliaia di giovani alle prese con una università
che funziona da approdo transitorio verso un futuro che è una incognita oscura.
(E io lì, che ci faccio?
Cerco volonterosamente di dare una mano: ma temo di essere soltanto il cronista
testimone di un disastro annunciato.)
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