31 maggio 2014

L'ANALISI DEL VOTO DI LUCIANA CASTELLINA

 
 
 
da ilmanifesto.it
Pd, il partito americano
Luciana Castellina, 29.5.2014
Dentro il voto. Non più di sinistra, né di centrosinistra. Neanche una reincarnazione della vecchia Dc
Commenti:
Il risul­tato ita­liano del voto del 25 mag­gio non è di quelli che pos­sono essere fret­to­lo­sa­mente giu­di­cati. Mi limito a qual­che con­si­de­ra­zione provvisoria.
Men­tre gli spo­sta­menti dell’elettorato negli altri paesi euro­pei appa­iono abba­stanza leg­gi­bili, i nostri sono più com­pli­cati. Per molte ragioni: innan­zi­tutto per­ché sono entrate in scena forze che prima non c’erano, e non solo che si sono ingran­dite o rimpicciolite.
Fra que­ste met­te­rei anche il Pd, che non è più la con­ti­nua­zione dei par­titi che l’hanno pre­ce­duto. E’ un’altra cosa, nuova: non più un par­tito di sini­stra, e nem­meno di cen­tro­si­ni­stra. Non direi nep­pure una rein­car­na­zione della vec­chia Dc: anche in quel par­tito coe­si­ste­vano inte­ressi e rap­pre­sen­tanze sociali molto diverse, ma cia­scuna era for­te­mente con­no­tata ideo­lo­gi­ca­mente, aveva pro­prie spe­ci­fi­che cul­ture e lea­der di sto­rico peso. Anche il par­tito ren­ziano è un arco­ba­leno sociale, ma le sue cor­renti sono assai meno chiare, hanno un peso assai minore, scarsi rife­ri­menti nella tra­di­zione di tutte le for­ma­zioni che l’hanno pre­ce­duto in que­sti quasi 25 anni.
Se si dovesse tro­vare una simi­li­tu­dine direi piut­to­sto che si tratta del Par­tito demo­cra­tico ame­ri­cano. Che certo non ose­rebbe mai pren­der­sela a fac­cia aperta con i sin­da­cati cui è sem­pre stato legato, ma certo include nelle sue file – basti guar­dare ai finan­zia­menti che riceve – ceti diver­sis­simi per censo, potere reale, cultura.
Se dico Par­tito demo­cra­tico ame­ri­cano è per­ché il nuovo par­tito ren­ziano segna soprat­tutto un pas­sag­gio deciso all’americanizzazione della vita poli­tica: forte asten­sione per­ché una fetta larga della popo­la­zione è tagliata fuori dal pro­cesso poli­tico inteso come par­te­ci­pa­zione attiva e dun­que è disin­te­res­sata al voto; assenza di par­titi che non siano comi­tati elet­to­rali; per­so­na­liz­za­zione det­tata dalla strut­tura pre­si­den­ziale. Il fatto che in Ita­lia ci si stia avvi­ci­nando a quel modello è il risul­tato del lungo declino dei par­titi di massa, che ha col­pito anche la sini­stra, e della ridu­zione della com­pe­ti­zione agli show tele­vi­sivi dei lea­ders che tutt’al più i cit­ta­dini pos­sono sce­gliere con una sorta di twit­ter: “i piace” o “non mi piace”.
E’ un muta­mento credo assai grave: immi­se­ri­sce la demo­cra­zia la cui forza sta innan­zi­tutto nella poli­ti­ciz­za­zione della gente, nel pro­ta­go­ni­smo dei cit­ta­dini, nella costru­zione della loro sog­get­ti­vità che è il con­tra­rio della delega in bianco.
Inu­tile tut­ta­via pian­gere di nostal­gia, una demo­cra­zia forte fon­data su grandi par­titi popo­lari non mi pare possa tor­nare ad esi­stere, o almeno non nelle forme che abbiamo cono­sciuto. Prima ancora di pen­sare a come rico­struire la sini­stra dob­biamo ripen­sare il modello di demo­cra­zia, non abban­do­nando il campo a chi si è ormai ras­se­gnato al povero sce­na­rio attuale: quello che Renzi ci ha offerto, accen­tuando al mas­simo il per­so­na­li­smo, il prag­ma­ti­smo di corto respiro, la rinun­cia alla costru­zione di un blocco sociale ade­guato alle tra­sfor­ma­zioni pro­fonde subite dalla società (che è media­zione in nome di un pro­getto stra­te­gico fra inte­ressi diversi ma spe­ci­fi­ca­mente rap­pre­sen­tati e non un’indistinta accoz­za­glia unita da scelte fal­sa­mente neutrali.)
Detto que­sto credo sia neces­sa­rio evi­tare ogni demo­niz­za­zione di quel 40 e più per cento che ha votato Pd: non sono tutti ber­lu­sco­niani o popu­li­sti, e io sono con­tenta che dalle tra­di­zio­nali zone di forza della vec­chia sini­stra sto­rica siano stati recu­pe­rati al Pd voti che erano finiti a Forza Ita­lia o a Grillo. Per­ché il voto al Pd per molti è stato un voto per respin­gere il peg­gio, in un momento di grande sof­fe­renza e con­fu­sione della società ita­liana. Non vor­rei li iden­ti­fi­cas­simo tutti con Renzi, sono anche figli della sto­ria della sinistra.
Tocca a noi adesso con­vin­cere che ci sono altri modi per respin­gere il peg­gio: assai più dif­fi­cili, nei tempi più lun­ghi, ma ben altri­menti effi­caci per avviare la ricerca di una reale alter­na­tiva. E qui veniamo al che fare nostro, di noi sini­stra dif­fusa o orga­niz­zata in pre­cari par­titi nati dalle ceneri di altri par­titi. A me l’esperienza della lista Tsi­pras, nono­stante i tanti errori che l’hanno accom­pa­gnata, è parsa posi­tiva. Lo dimo­strano anche i dati elet­to­rali: il risul­tato è stato ovun­que supe­riore alla somma dei voti di Rifon­da­zione e di Sel, segno che ci sono forze dispo­ni­bili che non vanno spre­cate e che i par­titi esi­stenti dovreb­bero essere in grado di asso­ciare al pro­cesso di rico­stru­zione della sini­stra ita­liana evi­tando di chiu­dere la ricerca nei rispet­tivi recinti. Teniamo conto che que­ste forze sono molto più nume­rose dei dati elet­tori: lad­dove l’esistenza della lista di Tsi­pras era cono­sciuta (le grandi città) le nostre per­cen­tuali sono state il dop­pio di quelle rag­giunte in peri­fe­ria dove non è arri­vata alcuna comunicazione.
Fra le forze aggre­gate alla lista Tsi­pras ci sono come sap­piamo molti di quei micro­mo­vi­menti quasi sem­pre locali, che si autor­ga­niz­zano ma restano fram­men­tati. Sono una delle ric­chezze spe­ci­fi­che del nostro paese, dove c’è per for­tuna ancora una buona dose di ini­zia­tiva sociale. Que­sta pre­senza sul ter­ri­to­rio è la base da cui ripar­tire, intrec­ciando l’iniziativa dei gruppi con quella dei par­titi e coin­vol­gendo nella lotta per spe­ci­fici obiet­tivi e nella costru­zione di orga­ni­smi più sta­bili in grado di gestire le even­tuali vit­to­rie (penso all’acqua, per esem­pio) anche chi ha votato Pd. Un par­tito in cui sono tanti ad essere con noi su molti obiettivi:il red­dito garan­tito; i diritti civili; la sal­va­guar­dia dell’ambiente; la rap­pre­sen­tanza sin­da­cale,… . Accom­pa­gnando que­sto lavoro sul ter­ri­to­rio con un’analisi, una rifles­sione comune per com­bat­tere il pri­mi­ti­vi­smo di tanta pro­te­sta, il miope basi­smo spesso anche teo­riz­zato: la sini­stra ha biso­gno di rap­pre­sen­tare i biso­gni ma, dio­vo­lesse, anche di Carlo Marx per aiu­tare a capire come soddisfarli.
So, per lunga espe­rienza, quanto sia dif­fi­cile, ma penso non si debba stan­carsi di ripro­vare. Voglio dire che la cosa più grave che potrebbe avve­nire è di limi­tarsi ad una oppo­si­zione decla­ma­to­ria, o peg­gio a rifu­giarsi nel cal­de­rone del Pd pen­sando di potervi gio­care un qual­siasi ruolo. Il Pci – con­sen­ti­temi que­sto amar­cord – è stato per decenni un grande par­tito di oppo­si­zione, ma ha cam­biato in con­creto l’Italia ben più di quanto hanno fatto i social­de­mo­cra­tici ita­liani da sem­pre nel governo. E però per­ché, pur stando all’opposizione, ha avuto un’ottica di governo: vale a dire si è impe­gnato a costruire alter­na­tive, non limi­tan­dosi a pro­te­ste e denunce. Ma soprat­tutto per­ché non ha rite­nuto che le ele­zioni fos­sero il solo appun­ta­mento, e che far poli­tica coin­ci­desse con fare i depu­tati o i con­si­glieri comunali.
E’ pos­si­bile, tanto per comin­ciare, con­so­li­dare la rete dei comi­tati Tsi­pras? E’ pos­si­bile che Rifon­da­zione e Sel – cui nes­suno chiede nell’immediato di scio­gliersi nel movi­mento – si impe­gnino però a lavo­rare assieme a loro per un più ambi­zioso pro­getto di sini­stra? E’ pos­si­bile comin­ciare a creare nuove forme di demo­cra­zia che rico­strui­scano il rap­porto cittadino-istituzioni?
Vogliamo almeno provarci?

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