29 giugno 2014

IL PUNTO DI VISTA PER UNA RAGNATELA SOLIDALE:SINERGIE IN RETE






Il punto di vista per una ragnatela solidale: sinergie in rete

 27 giugno Villa Cellimontana,Società Geografica Italiana

Lungo il cammino di viale Nilde Iotti, si pone innanzi la costruzione cinquecentesca di Palazzo Mattei sede, dal 1926, della Società Geografica Italiana.

Sono dentro una Villa Storica romana, immersa in uno scenario antropico e naturale, dove il verde ossigeno è un polmone per i cittadini che vogliono respirare e per chi ne ha cognizione.

In sintesi, la nota iniziale, vuole con immediatezza esprimere un concetto d’impronta basilare sul popolo sovrano in stretta relazione con il suo più prossimo ambito territoriale.

Fondato che il diritto giuridico si avvale di norme e di sanzioni, rimane sempre e solo di ognuno, l’abito etico personale, opera di una certa educazione sociale.

“Senza la libertà, che non è semplice spontaneità, non esiste il valore morale dell’azione”. Acquistato l’abito, dice Aristotele, il nostro carattere è già determinato.

Noi siamo i figli delle nostre azioni, perché ne siamo padri nello stesso tempo.

Le nostre radici sono rami di appartenenza e di identificazione senza le quali non c’è cultura, né tradizione.

A voler citare l’ultimo Montanelli e il suo scetticismo a riguardo del proprio Stato, si convalida la tesi per cui: “l’Italia è un Paese di contemporanei, senza antenati né posteri, perché senza memoria di se stesso”.

Quanti dei nostri avi hanno preservato a costo della vita fogli preziosi conferendo loro e confermando che il valore identitario di vecchie carte e non solo, fosse importante ispirazione per il futuro di una intera popolazione?

Queste nuove generazioni, quale dignità hanno appreso dai nonni e dai padri che non si sono piegati alle convenienze e convenzioni personali?

Venerdì 27 giugno, siamo ancora nella medesima giornata che irradia di luce piena Istituti, Società e Fondazioni di antica data.

Nomi di memoria storica: Basso. Gramsci, Sturzo, Treccani e la Geografica, le cinque sorelle, per descrivere e rappresentare studi di parte e dell’insieme.

BAICR, un tempo acronimo di Biblioteche Archivi Istituti Culturali di Roma, oggi soprattutto Cultura delle Relazioni è quasi giunto al suo diciannovesimo anno di apertura alla innovazione tecnologica.

BAICR, non è soltanto patrimonio di conoscenze, ma è trama di un tessuto a maglie intrecciate che divulga, ricerca, approfondisce, custodisce e genera sapienza non più in teleselezione, ma via cavo.

Attraverso l’interattività, con l’ausilio di piattaforme, strutture espanse di appoggio, di decollo e di atterraggio, spiccano il volo percorsi di abilitazioni accademiche, tirocini formativi attivi, insegnamenti di vario genere in linea.

La sensibilizzazione culturale viene trasferita con voce telematica, la creazione di competenze, comunicata a distanza, l’azione formativa è gestita operativamente in rete.

Tor Vergata, Politecnico di Milano e Università estere, partner in firma, collaborano in sinergia sperimentata per un processo di apprendimento continuo.

Le sfide di valore sono contese in circuiti di riserva del sapere con luci ed ombre.

Dove comincia l’istruzione e quando interviene la formazione?

Liberi tutti di poter partire con l’impegno caratterizzante la più leale cooperazione, qual è lo spazio tematico di connotazione?

Argomenti condivisi per gruppi di interesse organizzati, viaggiano nelle reti sociali di lavoro, plasmando idee e costruendo bisogni.

L’incipit è la madre che produce e l’azione veicolata non è solo da manuale.

Espressioni d’una costellazione che riluce a scopo didattico, attingono le proprie fonti dalla casa della memoria, riecheggiando frammenti di storia.

L’impresa moderna della cultura si diffonde con criteri di nuova generazione e di collaudata efficienza, indossando le vesti d’un rodato meccanismo di trasformazione.

I grandi Istituti per gli studi, rinnovate aziende capitalistiche e sociali di Stato, perseguono il fine ultimo facendo ricorso non soltanto a mezzi tecnici, ma applicando con sicurezza un metodo di lavoro avanzato, atto a conseguire più di un qualche risultato.
L’idea che balena, se è proprio quella giusta, produce valore aggiunto e non è ottenuta a forza. E’ sviluppo dinamico del progresso, è energia pulita e rinnovabile. E’ evoluzione che si origina per saziare appetiti cognitivi e per istruire anche la più genuina sensazione, nutrendola d’una intelligenza illuminante che si oppone a ogni forma di operatività opaca.

Alessandra Mastronardi

27 giugno 2014

ASSEMBLEA PROGETTOROMA 15 LUGLIO 2014




Assemblea ProgettoRoma

”Una 
città 
bella,
 efficiente, 
equa, 
sicura 
e 
sostenibile”



 
 
 
 
 

Ai 
Sigg.ri 

Soci


dell’Associazione
 ProgettoRoma
Loro 
Indirizzi

Roma, 
25
 giugno
 2014

L’Assemblea
 dell’Associazione 
ProgettoRoma
 è
 convocata
 il
 giorno
 15
 luglio
 2014,
 alle
 ore
 17.00,
 presso
 la
 Sala
 Margana
 in
 Piazza
 Margana
 40,
 per
 discutere 
e 
deliberare 
sul
 seguente


ORDINE 
DEL 
GIORNO
1. Comunicazioni 
del 
Presidente

2. Presentazione
 di 
proposte per 
il 
rilancio 
dell’Associazione

3. Discussione e 
votazioni

4. Varie 
ed 
eventuali

Con 
riferimento 
al 
punto 
2. 
dell’OdG 
è 
possibile
 presentare 
documenti 
scritti
 fino 
all’apertura 
della 
seduta.

L’Assemblea
 è
 aperta
 a chiunque
 sia
 interessato
 a
 partecipare.
 Le
 votazioni
 sono 
riservate 
ai 
Soci
 iscritti 
per
 l’anno
2014; 
l’iscrizione 
può 
essere 
effettuata
 fino 
al 
giorno 
dell’Assemblea.

Il 
Presidente

Alessandro Bianchi

LETTERA APERTA DI UN IMPRENDITORE TRADITO DALLA POLITICA

 
 
 
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
La letttera non ha bisogno di commenti.
D.F.
 
 
Buonasera a tutti,
anche se la mia mail non sarà letta o passerà in "cavalleria" per i troppi impegni che i nostri rappresentanti hanno sul tavolo, vorrei spendere questi due minuti di tempo che ho per denunciare la porcheria dello spalma incentivi.

Sono un giovane imprenditore che ha fatto la sua fortuna investendo nel 2007 nelle rinnovabili e che ora si vede tradito dal proprio partito che ad oggi non ha elaborato un' idea su questo settore.
Ah vero ora c'è la riforma del senato, dimenticavo.
Vi ricordo che quando andavo in giro tra le imprese e tra le famiglie per spiegare che investire nelle rinnovabili era cosa buona e giusta, gli imprenditori e i cittadini mi ripetevano continuamente, attento che dello Stato non ti puoi fidare, da un lato dà soldi e dall'altro li richiede con gli interessi.
E fu così che la profezia si avverò!
Ora è il mio telefono che squilla, sono io che mi prendo insulti e non il legislatore che tra l'altro è del mio Partito.
Bene, ora per prima cosa io ridurrò drasticamente il personale che da 16 unità lo porterò a 4, tornerò come nel 2007 piccolo ma sereno, senza ansie e stress da fine mese.
Visto che non devo pensare al futuro dell'Italia (ci sono gli scienziati politici per questo), penserò solo al futuro della mia azienda che ora sarà messa a dura prova come quelle dei miei competitor e pensate bene al danno che avete causato. disoccupazione, cassa integrazione, riduzione del gettito fiscale e iva.

Cordiali saluti.

p.s. ovviante io sono segretario del circolo PD di Grottammare

--
dott. Umberto Pulcini
Solenergy Group srl
S.P. 259 Villa Rosa di Martinsicuro (TE)
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RIGENERAZIONE URBANA O URBANICIDIO?


                                                                 Piazza  Winckelmann

 
 
Gli spazi verdi pubblici sequestrati, recintati, chiusi. Chi ne vuol godere deve pagare.
 La città è un bene comune, così come una villa, una piazza, il quartiere.
Cos’è questa alleanza tra chi se ne appropria e spadroneggia, e chi complice nell’ombra al saccheggio regge il sacco? Gli alberi vengono abbattuti per fare posto a scarafaggi di plastica e ferraglia. L’edificio della gloriosa scuola Fratelli Bandiera crolla:" è stato il maltempo", dicono i giornali: e non l’abbandono ...e l’incuria nel tempo degli umani? Il profitto privato comanda, e i politici, ben che vada, troppo spesso girano la testa. 
Piazza Winckelmann, Villa Blanc, Villa Massimo, Via Como - tanto per segnalare qualche scempio e abuso (solo nel II Municipio) a danno del benessere di anziani e bambini.
 Girano per le strade in giacca e cravatta, sorridenti e pronti agli inchini, troppi potenziali assassini. Rigenerazione urbana o urbanicidio? E poi ci si stupisce che di bambini ne nascano sempre meno, e che i giovani se ne vanno .
Gian Carlo Marchesini

MARINO:"CHI SI VANTA DA SOLO ,VALE UN FAGIOLO" (proverbio popolare)

Ieri,26 giugno, anche noi eravamo rimasti come dire costernati leggendo la ben documentata inchiesta di Merlo su Repubblica sui guai di Roma,ormai ferma e  in declino proprio in quel versante,quello culturale,che tanto prestigio aveva dato alla Capitale in tempi passati.Poi passando alla lettura della cronaca di Roma dello stesso giornale ,incappiamo in un' intervista del Sindaco che non parla dei guai derivanti dal ristagno culturale indicato da Merlo e scientificamente testato in uno studio di Federculture,ma si vanta da solo come al solito di tutte le cose buone  fatte finora(quali?) dalla sua amministrazione e si lamenta dei suoi predecessori ,non risparmiando i compagni di cordata,riscopre la cura del ferro, rispolverandola da un' idea che "presa in prestito" da un suo antagonista nelle passate elezioni comunali,abbandona al suo destino la periferia e si concentra sul Centro Storico.Giustamente nell'articolo di Cinque Quotidiano ,che riportiamo qui di seguito,il Sindaco di Roma viene ridimensionato a Presidente del I Municipio,con tante scuse alla Alfonsi,visto il suo interesse per tutto quello che riguarda il Centro di Roma sorvolando sulle ricchezze e le potenzialità della periferia.

Vorremmo solo sommessamente ricordare a Cinque che sul raccordo non si può circolare in bicicletta e.........quindi il nostro Primo Cittadino è parzialmente giustificato!!!!

Noi di Tre Righe non ce la prendiamo con lui.Lui è un Sindaco peregrino, che per di più ha visssuto anni a Pitthsburg e dintorni,dove selo ricordano ancora,gira in bicicletta e non ha un'esatta dimensione e conoscenza della città.Giustamente potrebbero essergli di aiuto i suoi assessorini,ma ,ahinoi,sono figure di basso profilo,senza personalità e storia,degli yesman prestati alla politica e inclini a sbrigare solo  i loro piccoli interessi di bottega.
Quindi,a noi Romani , ci tocca subirlo fino al 2018 a meno che un miracolo possa salvare Roma da questa infausta amministrazione.
Raffaele Fischetto

 

Comune di Roma, Marino il sindaco che non va oltre le mura aureliane

Mentre il primo cittadino attende fondi dal governo, la città è ferma e dimentica anche il volano della cultura


mura_aureliane_roma



A quanto pare è iniziata la campagna di rilancio mediatico per Ignazio Marino con un forum pubblicato da Repubblica cui hanno collaborato ben quattro giornalisti ed un’intervista al Tempo. Vi si parla di tutto, dalle nuove linee tranviarie soprattutto in centro, al completamento della Nuvola per il 2016 quando 16mila medici dovrebbero confluire a Roma per un convegno medico, alla meticolosa elencazione dei lavori (palo per palo) per il ripristino della tangenziale ormai imminente, alla ristrutturazione delle partecipate. Con accenti di malcelato orgoglio sulla chiusura di Malagrotta (merito esclusivo di Ignazio) e sulla “trasparenza” nella sua opera che dopo l’opaca gestione di Alemanno era quasi obbligata. Grandi assenti le periferie che forse (ed è la novità) non verranno nemmeno più servite dal prolungamento della metro B a Casal Monastero.
UN ANNO, UN MUNICIPIO - L’impressione, dopo un anno di governo trasparente, è quella di un sindaco più presidente del primo municipio che non di questa proteiforme metropoli. La sua cultura pare non superare i limiti dell’archeologia classica (reminiscenze del liceo?) o del patrimonio storico della Roma rinascimentale e barocca, dai Fori al Tridente. Stop. Non è un caso che Repubblica oggi, nello stesso giorno dell’intervista al sindaco, dedichi una intera pagina al decadimento culturale della Capitale, tale da meritare una lettera a Marino del presidente dei senatori Pd Luigi Zanda. «L’inchiesta – scrive il senatore- così puntuale e così seria nelle sue conclusioni di Francesco Merlo, mette in primo piano il problema dell’anima di Roma, della crisi della sua identità culturale e della sua forma urbis, del degrado del suo profilo internazionale, dell’assenza di una prospettiva, di un’ idea sul futuro di Roma».
MANCANO I GRANDI CANTIERI - Ma nello skyline della Città Eterna non si vedono nemmeno le gru dei cantieri, non si ode il fragore delle macchine per le grandi opere di manutenzione e ripristino e nemmeno si intravede la nuova architettura che dà lustro a Londra, Parigi, Barcellona, Stoccolma ecc.. Così le due interviste finiscono per essere disarmanti sul futuro di questa città dove la cultura per almeno 10 anni ne rappresentò il motore economico. Nei ragionamenti di Marino non si intravede una idea di sviluppo urbanistico, di edilizia popolare o convenzionata diffusa, non ci sono accenni all’innovazione, alle autostrade informatiche, alle start up tecnologiche, nemmeno al ruolo economico dell’associazionismo cattolico o laico che sia. Questa amministrazione, come lo fu con quella di Alemanno, campa ancora su progetti da completare che risalgono a 10 o 15 anni fa; dalla riqualificazione dei mercati dell’Ostiense, al completamento della linea C e ancora la “Nuvola”, unica novità la rigenerazione delle caserme di Guido Reni di là da venire.
MANCANO I FONDI - Marino è schiacciato dai problemi finanziari ed in attesa di ossigeno da parte del governo: aspettative che vanno ben oltre i 109 milioni per gli extra costi della capitale o dei 300 milioni per il trasporto locale. Una metropoli eternamente assistita. Non è nemmeno del tutto vero, come afferma, che «la giunta precedente aveva avuto la possibilità di cancellare un debito storico di 22 miliardi e di avere 500 milioni all’anno per tre anni». Infatti il debito storico commissariato che al 26 luglio 2010 era di 10.064 milioni e i romani lo stanno pagando a suon di 200 milioni anno con l’aumento dello 0,4% dell’addizionale comunale IRPEF oggi allo 0,9%, fra le più alte d’Italia. Un dettaglio se volete, una esagerazione che al di là dei proclami su presunte rivoluzioni e svolte epocali ci conferma che questa amministrazione è finanziariamente inchiodata, anzi avvitata sui numeri e sui costi della gestione corrente.
IN MENTE SOLO IL PATRIMONIO STORICO – Non a caso gli investimenti dall’estero che Marino va chiedendo a emiri e magnati sono tutti per il restauro del patrimonio storico-archeologico mentre quel motore economico della Capitale che fu Cinecittà si va ad esempio spegnendo. Per lui Roma finisce con le mura Aureliane o poco oltre, fra quartieri che si possono raggiungere in bicicletta. Ma oltre quelle mura c’è una città che Marino non vede: quella dei distretti industriali e tecnologici dell’Aniene o di Acilia, la Roma della ricerca e del languente polo Tiburtino, dei centri di eccellenza, delle università sino al campus di Tor Vergata e tanto altro ancora. Oltre quelle antiche e qualche volta cedevoli mura, c’è ancora la Roma delle imprese e della conoscenza sulla quale giocò tutta la propria credibilità la sinistra di Petroselli, Rutelli e Veltroni.

26 giugno 2014

SOLUZIONE ALITALIA:ALTRO DISASTRO ANNUNCIATO SULLE SPALLE DEI CONTRIBUENTI?

 
 
 
ALESSANDRO BIANCHI,PRESIDENTE DELL'ASSOCIAZIONE POLITICO-CULTURALE PROGETTO ROMA, SI ERA OCCUPATO DELL' ALITALIA QUANDO SIEDEVA COME MINISTRO A VILLA PATRIZI ED E' UN PROFONDO CONOSCITORE DELLE VICENDE DELLA COMPAGNIA DI BANDIERA.ALLA VIGILIA DELL'ENNESIMO "SALVIFICO "ACCORDO CON  EITHAD ,DICE LA SUA SULL'ARGOMENTO IN MANIERA DIRETTA E SENZA FARE SCONTI NELLA LETTERA APERTA ALL'ALITALIA CHE SEGUE.
D.F.
26 giugno 2014

ProgettoRoma
”Una 
città 
bella,
 efficiente, 
equa, 
sicura 
e 
sostenibile”


 
 
 
 
 


Lettera Alitalia
(ab/26.6.2014)
Dichiarazione del prof. Alessandro Bianchi presidente di ProgettoRoma
Leggendo quanto trapela dall’ennesima trattativa per Alitalia, ho avuto la sensazione che il tempo si fosse fermato: 2200-2500 esuberi, un disavanzo di 500-600 milioni, quote di mercato in declino. Tutto come nel 2007, quando seguivo la vicenda come Ministro dei trasporti.
Ovviamente il tempo non si è fermato, anzi ha corso velocemente da quando nel 2008, su disposizione di Berlusconi, fu creata una bad-company alla quale furono accollati tutti i debiti e gli esuberi, coprendoli con nuove tasse a carico dei cittadini: circa 4-5 miliardi di euro.
E la nuova compagnia (quella chiamata CAI, nome anonimo ignorato da tutti) liberata dai debiti e finanziata dai "capitani coraggiosi", che cosa ha combinato nei sei anni successivi? Semplicemente ha portato Alitalia nuovamente sull’orlo del fallimento, come dicono i numeri che oggi tornano ossessivamente sempre uguali.
Le cause? In estrema sintesi il fatto che alla guida di Alitalia – dai soci, agli amministratori, ai manager, ai ministri - non ne abbiamo avuto uno che si intendesse di trasporto aereo e che avesse a cuore il destino di una compagnia pubblica. Incompetenza e interessi di parte l’hanno fatta da padroni.
E ora cosa accadrà? Ora tutti plaudono alla geniale iniziativa di coinvolgere Etihad, perché – dicono - quella compagnia investirà, risanerà i bilanci e riporterà Alitalia nel novero dei grandi vettori aerei.
Tutto falso. Se mai l'accordo si farà, sarà lo Stato italiano a doversi accollare un altro salvataggio coprendolo con nuove tasse, mentre la strategia operativa di Alitalia sarà quella che Etihad deciderà in base alle sue logiche e ai suoi interessi.
C’è rimedio a quest’altro disastro annunciato? Nulla di facile, ma per provare a mettere insieme una strategia credibile bisogna cominciare liberando Alitalia dal fardello di quanti finora ne hanno gestito le sorti.
E’ un compito squisitamente politico, che sia il governo che i due ministri direttamente responsabili sembrano poco interessati ad affrontare.
Alessandro Bianchi
@:info@progettoroma.org
www.progettoroma.org | Contatti

ARCHEOLOGIA ED URBANISTICA,PER SALVARE IL PATRIMONIO DI ROMA

 
 
Tre Righe pubblica oggi il bellissimo intervento su Archeologia ed Urbanistica presentato alla conferenza tenutasi il 23 giugno al Campidoglio "8 domande per 8 risposte".
Sottolineamo che alla conferenza nessuno che si occupi di cultura nella giunta Marino era presente.Un'assenza a dir poco imbarazzante e irrispettosa nei confronti di quanti hanno lavorato alla Conferenza.
Ma si sa che i politici guardano con una certa diffidenza i "professoroni" di qualunque materia.Loro sono i possessori del verbo e guai a dare consigli,indicazioni,suggerimenti.
VADE RETRO!!!!.
Si spera soltanto che qualcuno nella penombra della propria stanzetta si legga questi atti e perchè no,tanto non si offende nessuno,faccia propri i suggerimenti ivi contenuti.
Per salvare Roma questo e altro
Domenico Fischetto
 
 
Archeologia e urbanistica, un rapporto fecondo
che può produrre inedite sinergie rinnovative per
Roma


Enzo Scandurra

Docente universitario


PREMESSA: DUE O TRE COSE INTORNO AL SINDACO

Che cosa mi aspetto dal Sindaco Marino e dalla sua Giunta? E cosa vorrei che facesse?
Cercherò di porre le domande così come è nello spirito del convegno. Ma prima una
premessa indispensabile e mi si scusi la schematicità con la quale la espongo dovuta al
limite di righe (e di tempo) assegnatomi.
Marino ha sconfitto, a Roma, i suoi sfidanti per quella sua aria di
estraneo ai fatti: un
chirurgo prestato alla politica, uno che ha studiato negli Stati Uniti. Refrattario alle
consorterie del Pd romano, egli è apparso addirittura “ingenuo” come il principe
Myskin,
“un uomo positivamente buono”, per usare direttamente l’espressione di Dostoevskij (da
notare che in russo l’espressione

prekrasnyi (tradotto in “buono”) indica lo splendore della
bellezza).
Da più parti (e anche dalla sua stessa parte politica) si chiede a Marino di essere più
concreto, più comunicativo con i romani e più deciso a perseguire e, conseguentemente, a
mostrare i segni del rinnovamento che invece fanno fatica a emergere anche quando ci
sono. Qualcuno propone (e anche tenta) di metterlo sotto tutela. Tuttavia proprio questa
sua estraneità al condominio della gretta politica romana è stata la principale caratteristica
che ha conquistato gli indolenti e disincantati romani. Ora questa sua caratteristica rischia
di trasformarsi in un deficit pericoloso che fa di lui facile preda di chi, da destra quanto da
sinistra, intende attaccarlo.
Io non chiederò mai a Marino di “tradire se stesso”, di normalizzarsi allo standard politico.
Quella di Marino è una virtù che in politica viene considerata una debolezza, proprio come
quegli uomini che dimostrando una sensibilità acuta, finiscono per essere bollati come
“femminucce” (con tanto di buon servito al sesso femminile). A Marino chiederei al
contrario proprio di far diventare un’arma potente questa sua “inadeguatezza” senza
inseguire il canto delle sirene della politica politichese.
Roma ha bisogno anche di sognare, di sperare, di credere che questa sua storica
indolenza possa avere un sussulto, una smentita. Non un illusionistico orizzonte di finta
modernità, ma uno scatto di orgoglio per essere all’altezza di se stessa. E Marino può fare
questo se riuscisse a rivolgersi direttamente ai romani, cercare di parlarne la lingua,
intercettare le loro speranze e le attese che qualcuno possa risollevarli da questo oblio
passato che ancora produce una ingannevole rendita (come i finti centurioni romani
davanti il Colosseo).


SULLA SEPARAZIONE DELL’ARCHEOLOGIA DALL’URBANISTICA



Fatta questa premessa entro nel merito del tema che mi è stato assegnato, quello del
rapporto tra lo stato di crisi dell’archeologia e l’urbanistica (che pure gode tutt’altro che di
buona salute)
Provo a fare una semplificazione. L’archeologia corrisponde alla memoria di una civiltà o
di una città, le tracce sedimentate, la storia evolutiva, i segni, le testimonianze, i successi


36

così come i fallimenti. Possiamo assumere l’urbanistica come invece il presente di questa
città, ciò che noi vorremmo fosse. Se tale semplificazione mi è concessa e se essa regge,
allora il rapporto tra le due discipline diventa il rapporto che lega passato e presente.
Comincerò dunque dalla memoria, dal passato e dal lascito che ci perviene ai nostri giorni.
Per farlo utilizzo sin da subito alcune affermazioni del noto antropologo Ernesto De
Martino, tratte dal suo libro “

La fine del mondo”.” [] il mondo è familiare perché la
famiglia culturale umana vi ha lasciato tracce di sé, vi documenta la sua storia. Il mondo è
la storia vivente degli altri in noi, e non importa se questa vita si muove in noi ora come
abitudine [
]. Quando l’uomo esperisce davvero il limite del suo mondo e si affaccia sul
nulla perché non sa più trascenderlo (il campanile di Marcellinara), quando l’ordine delle
sue memorie culturali si dilegua, è il mondo che sprofonda

” (pp. 528/9).
E’ un’affermazione efficace a rappresentare l’importanza del “passato storico” (senza
concedere nulla alla retorica del “passato”) e il ruolo che l’archeologia può svolgere nei
confronti dell’urbanistica ad evitare quella che De Martino chiama apocalisse, ovvero il
“vuoto della storia”.
Il “Progetto Fori” elaborato dall’Assessore Caudo, ad esempio, ha una straordinaria spinta
propulsiva volta ad affrontare i problemi del presente (spazio pubblico, traffico, stare
insieme) attraverso il recupero della memoria storica (i passaggi, la centralità dell’area,
ecc.). Qui archeologia e urbanistica possono incontrarsi e generare forme inedite di
rinascimento urbano conferendo senso a quelle soluzioni che si riallacciano al “mondo
domestico”. Il passato perduto costituisce in tal senso una indispensabile fonte di
informazione che illumina il presente, fornisce i punti di riferimento urbanistico cui orientare
il progetto, ovvero “per promuovere la prassi umana nel presente”.
In tal senso questo passato inerte ci consente un doppio movimento: orientare la prassi
urbanistica a segni che hanno organizzato il mondo domestico e “liberare” questa
memoria racchiusa in ognuno degli abitanti della città anche quando essi ne sono
depositari inconsapevoli. Al contrario, la separazione tra archeologia e urbanistica
costituisce la perdita di questo sfondo che ha una valenza collettiva e il rischio dello
sradicamento del mondo nuovo senza più riferimenti. Marcello Massenzio nel suo saggio
su De Martino afferma: “
Noi possiamo sostenere, a differenza del vecchio pastore di
Marcellinara, l’esperienza dello spaesamento, purché questa sia temporanea, a
condizione che il viaggio che ci conduce fuori dall’orizzonte consueto comporti il momento
del ritorno (all’universo) che ci è familiare, al patrimonio simbolico che fonda la domesticità
del nostro mondo

” (Roma, io aggiungo).
Queste riflessioni di (e su) De Martino dovrebbero metterci in guardia da facili suggestioni
urbane come la celebrazione di eventi straordinari, l’imitazione di effimeri modelli
internazionali, la distrazione simbolica prodotta da illusionistiche architetture che
celebrano solo se stesse, e tanti altri canti di sirene come ad esempio quelle straordinarie
fantasticherie urbane che vanno sotto il nome di
smart cities così tecnologicamente
seducenti che le stesse persone appaiono antiquate.
La domanda che pongo è la seguente: vuole il Sindaco Marino dare seguito al Progetto
Fori così come ci è stato (avaramente) illustrato in convegni quasi clandestini
dall’assessorato alla Rigenerazione Urbana? Vuole il Sindaco avviare una discussione
pubblica di tutta la città su questo cambiamento che segnerebbe una inversione di
tendenza rispetto alla prassi (internazionale) di inseguire i miti e i riti del cambiamento
continuo e della santa Innovazione che producono quella che De Martino chiama
apocalissi e fine del mondo familiare e domestico?

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La tela del patrimonio archeologico tra memoria
collettiva ed urbanistica contemporanea


Manlio Lilli

Archeologo – FORUM Salviamo il Paesaggio



Era il 1975 quando Alberto Moravia pubblicava “Contro Roma”, una raccolta di saggi di
intellettuali scandalizzati dalle condizioni nelle quali si trovava la Città. Solo un anno prima
il Vicariato aveva promosso un convegno sui mali di Roma che non passò certo
inosservato. Da quella stagione sono trascorsi quasi quarant’anni. Nei quali la città si è
allargata verso l’esterno, ma anche condensata, saturando tanti spazi al suo interno.
Scoprendo parti, anche considerevoli, delle sue fasi più antiche. Urbanistica e archeologia,
dopo decenni di lotte fratricide, hanno iniziato a confrontarsi. Purtroppo, troppo spesso, in
maniera sbagliata. Forse anche perché ognuna delle due parti ha ritenuto di inseguire il
modello “migliore” per la città. Gli uni convinti che Roma sarebbe potuta crescere,
svilupparsi, soltanto attraverso nuove costruzioni. Ovunque. Gli altri certi che la città non
potesse rinunciare a nessuna delle sue parti più antiche. Per questi motivi Roma continua
ad essere una città “sbagliata”, utilizzando la celebre definizione di Insolera. Una città
urbanisticamente disordinata, nella quale l’archeologia continua ad essere una questione
marginale. Nella quale i monumenti, le piccole e grandi aree archeologiche, sono quasi
“funghi pittoreschi”, fossili avulsi dal contesto. Spazi che quasi naturalmente, considerate
le sistemazioni nelle quali si offrono, appaiono votati al degrado.
Su questo Patrimonio agiscono, con competenze diverse, non sempre in perfetta
condivisione, attori differenti. Le due Soprintendenze archeologiche, quella Statale e
quella Comunale, l’Amministrazione comunale e quindi quelle municipali. Dalle loro
politiche evidentemente dipendono, in vario modo, le sorti di Monumenti ed aree
archeologiche. Il loro ruolo all’interno della Città.
Dei due elementi che contribuiscono alla definizione non solo spaziale della Città, cioè
urbanistica e archeologia, solo la prima si presenta con accezioni differenti, nei diversi
quadranti. Fino a mutare, anche radicalmente, spostandosi dal Centro alle Periferie. Se il
dissennato consumo di suolo ha potuto realizzarsi quasi senza contrasto al difuori della
città storica, anzi si è sviluppato progressivamente di più allontanandosi dal centro, al suo
interno si è necessariamente contenuto.

PARCO ARCHEOLOGICO CENTRALE E METRO C


Così di fronte ad un’urbanistica “variabile”, c’è stata, direi c’è, un’archeologia “costante”.
Cioè sempre relegata ad un ruolo secondario. Di contorno. Che continua ad avere.
Nonostante il progetto del parco archeologico nell’area centrale. Progetto che ha avuto il
merito di riaccendere i riflettori su una questione antica. Ma in realtà mai affrontata. Uno
dei temi, il tema, di Marino in campagna elettorale diventato uno dei progetti del nuovo
sindaco. E del nuovo assessore alla Cultura Barca. A Luglio e poi ad Agosto ed anche a
Settembre le cronache romane anche dei maggiori quotidiani nazionali hanno contribuito a
dare il giusto risalto alla questione. Che continua ad articolarsi in una serie di successive
pedonalizzazioni. E sull’intenzione di smantellamento della fettuccia di via dei Fori
imperiali. Sfortunatamente con l’aggiunta della Metro C. Dei cantieri in via Sannio,
piazzale Ipponio, largo Celimontana e via dei Fori imperiali. Cantieri invasivi che a dispetto
delle rassicurazioni, hanno provocato l’abbattimento di numerosi alberi, la distruzione
almeno del belvedere Cederna. Oltre che la messa in pericolo di tanti monumenti antichi.
Dalle mura aureliane al tempio di Venere e Roma. Dalle sostruzioni del tempio di Claudio
alla Basilica di Massenzio. Ora, in attesa che si chiarisca quale sia il progetto del parco

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archeologico, che cosa preveda la sua realizzazione e quali siano le modalità con le quali
si pensa di portarlo a compimento, rimane incerta la sorte dei resti evidenziati nei
sondaggi preventivi. A partire da quelli rilevati nei cantieri di via La Spezia e di piazza San
Giovanni.

MONUMENTI LIMITROFI AL PARCO ARCHEOLOGICO CENTRALE


Segnalo a questo proposito come le attenzioni che si promettono per i Fori, non sembrino
riguardare le aree immediatamente vicine. Per le quali sarebbero indispensabili interventi
di vario impegno. In alcuni casi improcrastinabili. Come nel caso della
Meta Sudans, la
monumentale fontana di età flavia di forma conica i cui resti sono visibili tra il Colosseo e
l’arco di Costantino. Monumento di straordinaria rilevanza ma sostanzialmente ignoto a
turisti e passanti. Mancando perfino di un cartello che ne fornisca almeno le formazioni
primarie. Come nel caso delle Terme di Tito, i cui resti sono visibili lungo la scarpata,
affacciata su via dei Fori imperiali, che dall’altezza della fermata della metro B raggiunge
piazza del Colosseo trovano nel piazzale del Colosseo. Anche qui manca qualsiasi tipo di
indicazione sulla loro esistenza. Non solo. Il loro stato di conservazione è quanto mai
precario. Continui sono i distacchi di muratura delle strutture ed il loro scivolamento verso
il marciapiede.
L’impressione è che la gran parte dei monumenti si trovi in un limbo infinito, nel quale si
oscilla tra l’”invisibilità” e il suo connubio con l’abbandono e il degrado. Non poche volte
causato da una assoluta mancanza di decoro. Il timore è che a poter salvare l’uno
piuttosto che l’altro sia l’intervento speciale, piuttosto che una politica complessiva nella
quale si sono stabilite priorità. Si sono programmate scadenze.
E’ sufficiente dilatare il campo di osservazione, “uscendo” appena dal perimetro del più
grande parco archeologico del mondo, per verificare lo stato di conservazione del
Patrimonio archeologico romano. I resti delle terme di Traiano e il cantiere della Domus
aurea al Colle Oppio, sono luogo di sosta di senza tetto. E’ stato documentato più volte
anche negli ultimi mesi. Il parco che “lega” i monumenti, ormai da anni è un luogo di
abbandono. Gli importanti lavori di restauro che riguardano parti dell’impianto termale e la
residenza neroniana, per la quale come ha dichiarato il ministro Franceschini sono
necessari ulteriori 31 milioni di euro, restituiranno ambiti antichi sofferenti. Ma di certo non
contribuiranno a sanare quel vuoto esistente. Soprattutto non potranno offrire quel senso
d’insieme, necessario anche alla comprensione dei monumenti, che manca. Che continua
a mancare. L’ex assessore Barca agli inizi dello scorso marzo presentò un progetto che
riguardava anche quest’area del Colle Oppio. L’idea centrale era quella di (ri)creare una
sorta di Grand Tour. Il Grande Programma europeo Roma Grand Tour. Con l’obiettivo di
“ricucire, ricomporre e riunificare la tela del Patrimonio archeologico di Roma Capitale in
un percorso unitario di fruizione e di conoscenza”. Un progetto che prevedeva, oltre a due
siti periferici, otto centrali. Parco del Celio, Colle Oppio, Tor de Conti, Mercati di Traiano,
Campidoglio, Teatro Marcello, via dei Cerchi e Circo Massimo. L’elemento qualificante per
la Barca? Il fatto che ogni luogo avrebbe simboleggiato un tema. Così il Campidoglio la
vita pubblica, il teatro di Marcello l’arte, il Colle Oppio il benessere, il Celio gli stili di vita, i
Mercati di Traiano il progresso e il Circo Massimo il tempo libero. Non credo che quello
fosse l’approccio migliore a problemi anche contrapposti tra loro. Sono convinto che i
simboli finiscano per produrre l’effetto opposto rispetto a quello sperato. Non
identificazione, ma genericità. Confusione. In ogni caso sarebbe utile sapere se quel
progetto è ancora in itinere.

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I CASI DEL CIRCO MASSIMO E DELL’ANTIQUARIUM COMUNALE DEL CELIO


Quel che è certo è che tra gli otto luoghi scelti dall’ex assessore alla Cultura, almeno due
presentano caratteri di così evidente urgenza da sembrare improcrastinabile un intervento
risolutore.
Il primo luogo sul quale sembra doveroso un intervento è il Celio. Più propriamente il
vecchio Antiquarium, abbandonato nel 1939 a seguito delle lesioni provocate dalla
realizzazione dei lavori della Metro B. Recentissimamente il Sovrintendente comunale ai
Beni Culturali, Presicce, ha parlato di un progetto da 25 milioni di euro per la struttura
pericolante intorno alla quale anche quest’anno si svolgerà “All’ombra del Colosseo”, uno
degli eventi dell’Estate Romana. L’ambizione di recuperare quell’edificio per farne ”una
sorta di terrazza sovrastante ad una delle zone più importanti del centro”, legittima. La
necessità di strapparlo al degrado, un’urgenza. Sapere quanto il progetto di riutilizzo sia
avanzato, utile.
Il secondo è costituito dal Circo Massimo che continua ad essere per almeno due terzi del
suo ingombro uno spazio “per tutto”. Per concerti. Per festeggiare vittorie sportive. Per
eventi di ogni tipo. Oltre che per fare footing, passeggiare, giocare a pallone. Insomma
uno spazio multifunzionale nel senso deteriore dell’accezione, del quale sembra essersi
quasi persa l’”antichità”. A meno che non si raggiunga l’estremità dell’invaso, verso la Fao.
Definirne la funzione, recuperandone quella originaria, è un’operazione che necessita di
attenzione. Comunque un’operazione da farsi.
In ogni caso la sensazione è che Roma sia ancora incapace di legare il tessuto urbano
con i tanti buchi del presente come del passato. Dall’area sacra di Largo Argentina ai resti
del cd. Auditorium di Adriano in Piazza Venezia.

LA QUESTIONE “BUCHI”


Inizio con quello di Piazza Venezia, come lo definì il sindaco Alemanno. Il buco, realizzato
nell’ambito dei lavori per la Metro C, che ha permesso la scoperta dei resti del cd.
Auditorium di Adriano. Resti di grandissima rilevanza. A lungo rimasti invisibili, perimetrati
da una recinzione che non lasciava quasi vedere dentro. A lungo, anche questi, rimasti
senza alcuna indicazione. Nel novembre del 2013 la Soprintendenza archeologica ha
bandito un concorso di idee che prevedeva la valorizzazione e la fruizione dell’area.
Sembrava l’avvio di un esito finalmente felice. Invece il 25 febbraio la sospensione del
procedimento. E’ così che l’area archeologica continua ad essere un buco.
Da un buco all’altro. Da Piazza Venezia a piazza della Moretta. Dove tra via Giulia e il
Liceo Virgilio, nel 2009, nell’ambito della risistemazione del “buco”, nel corso delle indagini
preliminari alla realizzazione di un parcheggio multipiano interrato, con annessi albergo,
ristorante e un “urban center”, si rinvengono gli stabula augustei. “Una scoperta
importantissima per la topografia di Roma”, come affermarono dalla Soprintendenza
archeologica di Roma. Tanto importanti da comportare la loro musealizzazione e quindi
una modifica al progetto. Sembra che si stia scrivendo una nuova storia nella quale il
nuovo non debba comportare l’obliterazione dell’antico. Non è così. In un‘intervista al
Corsera del 1 giugno il direttore generale del Mibac, Federica Galloni dichiara che “il
rinterro è necessario per proteggere i resti, qualsiasi cosa si realizzi sopra”. Mancando le
risorse necessarie, sembra l’unica soluzione praticabile. Dunque area di sosta più piccola
e resti rinterrati. In attesa di una progettazione condivisa degli spazi pubblici. Il dubbio che
non si tratti della soluzione migliore per la città esiste.
Le risposte a questi quesiti, alcuni tra i tanti a dire il vero, avranno il merito di fare
chiarezza. Di rassicurare e rasserenare. Di far capire che la Città non può fare a meno del
suo patrimonio storico-archeologico. Non vuole rassegnarsi alla conservazione di tanti

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“buchi”. Come recita lo slogan sulla recinzione del cantiere di via della Moretta, le scelte
che si faranno serviranno “Per fare Roma più bella”. Per riuscire a farlo ascolterà chi ha
idee. Franco Purini teorizza che “le città sono individui portatori di un’intenzione”. In fondo
quel che si chiede oggi, con questo incontro a più voci, è proprio questo. A prescindere
dalle singole criticità. Dalle domande e dalle risposte. Capire quale sia questa intenzione.