13 dicembre 2014

LA TERRA DI MEZZO E IL GOVERNO DELLA CITTA' DI ROMA


 



Questo documento ,scritto da Alessandro Bianchi, era stato preparato per essere letto all’Assemblea di ProgettoRoma, che si è tenuta il 9 dicembre u.s.

Così non è stato,più che altro perché si è preferito ottimizzare i tempi,molto ristretti, a vantaggio  della discussione ed approvazione del nuovo Statuto dell’Associazione.

Rimediamo ora ,pubblicandolo  su TRE RIGHE.

D.F.

 


 

Cari Soci e Amici,

in vista dell’assemblea di oggi ho ricevuto diverse sollecitazioni a presentare un documento che delineasse quali prospettive Progetto Roma intende assumere per il prosieguo della sua attività, anche alla luce delle modifiche statutarie proposte.

 

Avevo iniziato a lavorare a questo documento, ma il terremoto politico-giudiziario che ha investito da una settimana a questa parte le istituzioni preposte al governo di Roma, ha inevitabilmente spostato l’attenzione verso vicende sulle quali un’associazione come la nostra, nata con l’obiettivo di fare di Roma una città “bella, efficiente, equa, sicura e sostenibile”, non può evitare di riflettere attentamente.

Per questo motivo ho preferito stendere una breve nota di commento a quanto è accaduto e sta accadendo, che lascio alle vostre riflessioni e ad una discussione di merito che credo sia opportuno fare a tempi brevi.

 

Punto primo: di che si tratta?

Si tratta della messa allo scoperto da parte della magistratura romana al suo massimo livello, di un fenomeno che chiunque avesse un minimo di capacità di discernimento di quanto accade giornalmente in questa città, aveva capito o intuito da tempo.

A Roma quasi nulla funziona più come dovrebbe, in particolare non funzionano i servizi essenziali per chi la abita e per chi opera al suo interno: la mobilità delle persone e delle merci; la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti; la manutenzione e la pulizia delle vie e degli spazi pubblici; l’assistenza medica e quella sociale, la repressione della illegalità; la sicurezza delle persone.

Al contempo vengono lasciati senza soluzione problemi enormi che impediscono a Roma di essere quello che dovrebbe essere una Città Capitale: l’accumularsi di un debito insostenibile; una politica urbanistica dissennata, che lascia la città in mano ai sempiterni speculatori immobiliari; l’incapacità di tutelare e valorizzare il patrimonio culturale; il degrado delle periferie e la mancata integrazione nella città storica; la mancanza di sicurezza dei luoghi e delle persone, e via dicendo.

 

Di tutto questo vi è da tempo una larga percezione, unita alla consapevolezza che la causa prima di una tale situazione è dovuta al fatto che la politica è stata trasformata da “arte di governo” in “pratica di potere”, che ha significato smettere di prendersi cura dei problemi della città e dei cittadini e occuparsi dei propri interessi: personali, familiari, di gruppo, di partito, di lobby, di loggia.

E poiché questo tipo di occupazione comporta la raccolta ampia e continua di denaro, ci si deve concentrare sulle attività che rendono disponibile il denaro, ovvero appalti, commesse, consulenze, concessioni e cose simili.

Attorno a questo grande catalizzatore che è il denaro si è formata l’accozzaglia malavitosa che è stata definita la “terra di mezzo”.

E’ la terra che a Roma vediamo abitata da criminali incalliti, da delinquenti comuni e da cascami di organizzazioni parafasciste.

Ma abitata anche da imprenditori senza scrupoli, da tecnici prezzolati, da arrampicatori sociali e da galoppini.

E abitata – e questo è l’aspetto peggiore – da intere filiere di amministratori: dai vertici del consiglio comunale, agli assessori, ai dirigenti apicali, ai funzionari, agli impiegati di concetto, fino agli uscieri.

Ed è patetico sentir ripetere che la maggior parte dei dipendenti del Comune sono brave persone dedite al loro lavoro, perché il funzionamento della macchina comunale non passa per i molti per bene, passa per le filiere degli inquinati, quelli a libro paga, quelli che incassano le tangenti, quelli che nascondono in casa le bustarelle.

La magistratura romana ha squarciato un primo velo – probabilmente ancora molto piccolo – e ci dobbiamo augurare che faccia il suo corso nel modo più rapido e rigoroso, tenendo lontani i soliti pennivendoli che hanno subito cominciato a sollevare critiche al suo operato.

 

 

Punto secondo: che cosa è successo nel Partito Democratico?

La domanda si pone in quanto il versante della vicenda sul quale possiamo e dobbiamo esprimerci non è quello giudiziario ma quello politico e, in modo particolare, quello che riguarda il partito che per molti di noi ha costituito e per alcuni costituisce ancora il principale riferimento: il Partito Democratico.

Dico questo dando per scontato che la responsabilità di aver introdotto dentro le strutture dell’amministrazione comunale le persone e le pratiche della “terra di mezzo”, ricade completamente sulle spalle dell’allora Sindaco Alemanno. E’ lui che le ha in qualche modo istituzionalizzate e ne ha consentito il radicamento.

 

Ma se queste persone hanno potuto agire indisturbate e se queste pratiche hanno dilagato, non può che esserci stata una connivenza e una complicità da parte degli esponenti del PD, prima dai banchi dell’opposizione e poi con l’amministrazione Marino dalle posizioni di governo della città.

Così è stato, con l’avallo dei responsabili locali e nazionali del PD. Ed è desolante vedere che il giorno dopo l’azione della magistratura, i vertici decidano di commissariare il PD romano. Fino al giorno prima nessuno sapeva nulla? Nessuno ha visto come erano state gestite a suo tempo le primarie per il candidato sindaco? Nessuno sapeva che ormai il PD romano è organizzato per gruppi, correnti, bande dedite a controllare pacchetti di voti a favore dei propri candidati?

E perché mai il neo commissario Orfini sente il bisogno di ringraziare Coratti, Ozzimo e Patanè per il loro lavoro? Di quale lavoro parla, di quello che ha portato questi signori  ad essere indagati o arrestati? Di quello che ha gettato discredito sull’intero partito?

E che dire del fatto che solamente una settimana fa il PD romano, d’accordo con il vertice nazionale, considerava Marino una scheggia impazzita e spingeva per circondarlo di emissari del partito e oggi lo considera l’usbergo contro gli attacchi esterni?

La verità è che anche nel PD si è perso completamente il senso dell’etica pubblica e si è lasciato campo libero ad arrampicatori e affaristi.

 

Quello che servirebbe è una ricomposizione del rapporto con i cittadini, con i loro problemi, le loro aspettative, i loro bisogni, le loro paure, cose di cui nessuno più discute, meno che meno in quei luoghi privi di anima che sono diventati i “circoli”.

Ma questa ricomposizione sarà mai possibile se il novello segretario/presidente dice che non ha importanza se alle elezioni regionali in Emilia non ha votato il 60% dei cittadini? E che dire del fatto che discute di riforme istituzionali, di legge elettorale, di riforma della giustizia, e di elezione del nuovo Presidente della Repubblica, con un condannato per reati gravi contro la pubblica amministrazione, mentre sta scontando la relativa pena?

Ci può essere dimostrazione più evidente del baratro che questo modo di governare ha creato tra istituzioni e cittadini?

Questo non è governare, è comandare ed è la logica che creerà un terreno sempre più fertile per far crescere la malapianta della “terra di mezzo”.

 

 

Terzo punto: che si può fare in questa situazione per Roma Capitale?

Sappiamo bene che qualsiasi cosa dovessimo suggerire non ha la minima possibilità di essere raccolta da alcuno, il PD per primo, ma malgrado ciò credo che non possiamo esimerci dall’esprimere come sempre il nostro pensiero, se non altro per farne oggetto di discussione tra noi.

Allora ricordo, anzitutto, che abbiamo aderito all’appello lanciato subito dopo l’esplosione della vicenda con il quale Libertà&Giustizia chiede al Sindaco di Roma, Ignazio Marino, di sospendere da incarichi decisionali tutti gli inquisiti e quanti comunque siano risultati coinvolti nella "mafia Capitale", fin quando le singole posizioni non saranno chiarite (…) “La presunzione di non colpevolezza individuale non può ledere il principio di pubblica precauzione, soprattutto a fronte di intercettazioni sconcertanti ed altri chiari indizi concorrenti”.

 

Tuttavia dopo quella dichiarazione i contorni della vicenda si sono ulteriormente allargati e dobbiamo tenerne conto per rispondere al quesito di fondo: il Consiglio di Roma Capitale va sciolto?

La mia risposta riguarda l’opportunità politica di un simile passaggio, che va valutata in ragione dell’obiettivo prioritario che occorre perseguire oggi a Roma, ovvero l’avvio di un percorso di rigenerazione della macchina amministrativa.

Dunque lo scioglimento si può evitare se si procede al completo azzeramento della Giunta e alla sua sostituzione con una compagine diversa, composta da persone che devono possedere due requisiti irrinunciabili: competenza e onestà.

E’ una cosa sulla quale abbiamo argomentato ripetutamente durante la campagna elettorale dello scorso anno e che, ovviamente, non ha trovato alcun ascolto.

E’ possibile che ripeterlo oggi possa trovare orecchie più attente.

 

Dunque ripeto, anzitutto, che per assumere il ruolo di Assessore con una delega specifica ci vuole una persona con un’ampia, documentata e riconosciuta competenza in quel settore.

Il fatto che avvenga quasi sempre il contrario è dovuto a quell’insopportabile modo di pensare che si richiama alla “superiorità della politica”.

Ma per quale misteriosa ragione un signore qualsiasi che ha alle spalle un percorso formativo o professionale che non ha nulla a che vedere con la cultura, la sanità, i trasporti, il bilancio, l’urbanistica, le politiche sociali e via dicendo dovrebbe guidare un assessorato preposto a quei compiti a Roma?

La verità è che la persona da scegliere per quel posto deve avere la caratteristica di unire alla competenza in quel campo una spiccata propensione per la gestione amministrativa.

 

Quanto  alla garanzia di onestà, la strada da percorrere è quella che abbiamo indicato da tempo dell’istituzione dell’anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati, di cui bisogna sapere tutto - nomi, redditi, posizione fiscale, patrimonio immobiliare, partecipazioni societarie e simili – e quel tutto va monitorato per l’intero periodo in cui ricopre quel posto da parte un nucleo di valutazione esterno e indipendente

Con queste figure va costruita la nuova Giunta di Roma Capitale, se si vuole lanciare veramente un segnale di inversione di rotta.

 

Se questo non dovesse avvenire e, come purtroppo sembra di vedere, dovesse permanere quella zona grigia  in cui si svolgono le trattative politiche, se si dovessero ripetere i soliti rituali di contrattazione sui posti e continueremo a vedere persone mediocri e disoneste alla guida di Roma, allora il discredito, già molto alto, aumenterà e dilagheranno le pulsioni populiste che sono già riaffiorate.

In questo caso l’unica strada praticabile sarebbe quella dell’immediato ricorso a nuove elezioni.
 
Alessandro Bianchi

 

 

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