di Jean-Loup
Felicioli e Alain Gagnol
Il
protagonista di questo delizioso fumetto animato è un gatto dalla doppia vita:
di giorno vive con una bambina la cui mamma è un commissario di polizia, mentre di notte aiuta Nico, un ladro gentiluomo - in
linea con tutta una tradizione di ladri dal cuore d’oro da Arsenio Lupin al
Gatto/Cary Grant, ladro di gioielli nell’hitchcokiano film “Caccia al Ladro”.
Zoe, la bambina, non parla più dopo lo shock della morte
improvvisa del padre, ucciso dal perfido gangster Costa. Da allora sua madre indaga per catturarlo e per perseguire
meglio il suo obiettivo affida la bambina alla persona sbagliata ma, per
fortuna, la loro strada - grazie allo zampino del gatto Dino - si incrocia con
Nico che nonostante rubi gioielli è persona di grande generosità. Non mancano
gli ingredienti di umanità dei personaggi, dal lutto di Zoe ai sensi di colpa
di sua madre per trascurare la figlia, e poi il tradimento, la pazzia, le visioni
fantastiche, e infine i ritrovati amore e serenità. Molti sono i critici che concordano nel
definire questo film una
dichiarazione d'amore al noir.
Felicioli e Gagnol sono due autori di un cinema di
animazione di qualità e fanno parte del prestigioso studio Folimage. “Un gatto
a Parigi” è il loro primo lungometraggio che, in verità, è stato prodotto nel
2010 e candidato
agli Oscar nel 2011, ma in uscita nelle sale solo questo dicembre. Una grafica accattivante, un
lavoro di ottima qualità che emoziona e commuove, anche con le musiche: il film
si apre con I wished on the moon di Billie
Holiday e continua con le musiche di Serge Besset, un compositore autore spesso di colonne sonore di film
d’animazione. Il film è visivamente originale, accattivante e pieno di
riferimenti: i
personaggi sono disegnati tutti simili a quelli di Modigliani con le labbra
sottili e i nasi stretti. Altri riferimenti espliciti: quello già citato a Hitchcock, sia nella suspense sia nelle ambientazioni
notturne, e quello a “Le Iene”
di Tarantino
per i soprannomi comici dati alla gang del cattivissimo Victor Costa.
I
personaggi si muovono con estrema fluidità fra i tetti di una splendida Parigi
notturna e sulle sommità della cattedrale di Notre Dame. La falsa
prospettiva, l’utilizzo non realistico dei colori, gli scenari spesso
bidimensionali conferiscono una singolarità al film facendolo avvicinare più alla
pittura che allo stile dell’odierna animazione, e proprio per questo “Un gatto
a Parigi” è da considerarsi un film originale.
Ghisi Grütter
Nessun commento:
Posta un commento