Mommy è un film
impegnativo e inquietante che costituisce una riflessione sulla malattia
mentale, sulla sua difficoltà di cura e sulla problematicità del conviverci. In
un Canada che non appare particolarmente avanzato nelle ricerche scientifiche
di cura della sofferenza psichiatrica, una madre (una fantastica Anne Doral) rimasta
sola ancora giovane, un po’ impudica e un pò aggressiva, deve gestire un figlio
quindicenne con turbe psichiche (ADHD disturbo di Deficit
di Attenzione?) dimesso da una casa di rieducazione. Il film mostra la
sofferenza del ragazzo (un bravo Antoine-Olivier Pilon) nei suoi alti e bassi,
tra impeti vitali e manifestazioni di affetto e crisi violente, il quale non ha
grandi prospettive future se non un
comprensibile grande desiderio di libertà. Diane, la madre, è attratta dalla
seduzione della follia ma continuamente
in antitesi con se stessa, divisa tra l’amore
per il figlio, e il desiderio di avere una propria vita e un’ identità al di là
dall’essere solo madre. Diane, infatti, è fagocitata dalle continue e
esasperate richieste di attenzioni del figlio Steve.
La dolce e timida Kyle, (una deliziosa Susanne Clément)
invece, è la nuova dirimpettaia che, a causa di qualche trauma recente (perdita
di un figlio?), è diventata balbuziente; riuscirà a comunicare con Steve e a
conquistarne la fiducia. Tre figure sofferenti, tre impossibilità a essere “normali”.
Si forma così un terzetto che riesce per un po’ anche a
vivere, sorridere, comunicare e - perché no? – anche a divertirsi. Ma la vita è altro: richiede disciplina, norme, lavoro, soldi e
il trio si deve sciogliere.
Il formato quasi quadrato più usato nel film è il 4:3 dove
sembrerebbe esserci poco spazio per due persone comunicando un certo senso di
claustrofobia. Il formato in 16:9 si troverà ogni tanto, in particolare nei sogni/desideri
di normalità di Diane, per incorniciare il diploma del figlio e il suo matrimonio.
Lo spettatore vive il film con una profonda ansia
precognitrice di qualche disgrazia. In ogni attimo può succedere di tutto…la
catastrofe incalza ma in fondo non arriva mai, perché in ogni scena in sé c’è
in fondo un disastro. Quella del karaoke su aria bocelliana è forse la più
sublime.
Xavier Dolan è un giovanissimo regista già alla sua quinta
esperienza. I suoi film riguardano sempre rapporti difficili specialmente tra
madre e figlio come ad esempio J’ai Tué
ma Mère del 2009; con il più maturo Mommy
il regista – che ne è anche lo sceneggiatore - ha vinto il premio della regia
alla 67ma edizione del Festival di Cannes.
Ghisi Grütter
Nessun commento:
Posta un commento