Arte versus rapporti umani
Turner è un film biografico girato
con un ritmo un po’ troppo lento che contrappone lo splendore dell’arte,
la bellezza della natura e il piacere della musica a esseri umani per lo più
brutti e spregevoli. M. W. Turner, detto anche il “pittore della luce”, uno dei
maggiori paesaggisti mai esistiti, usa lo sguardo come fosse una macchina
fotografica per fissare paesaggi naturali e captare dei movimenti come naufragi
o tempeste in mare. Questo famoso pittore inglese è vissuto prevalentemente a
Londra a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo ed è considerato un precursore
dell’impressionismo. Turner è assetato di immagini, di scenari naturali ma con
un tocco di mano dell’uomo: il mare con la nave, la campagna londinese con la
locomotiva, la campagna olandese con il mulino e così via.
Caratteristica umana – o meglio disumana - di Turner (molto ben
interpretato da Timothy Spall) è quella
di avere un pessimo rapporto con le donne: con la governante che usa per sveltine
senz’anima, con l’affittacamere sembra essere un rapporto univoco, con la
moglie (mai sposata ufficialmente) recriminante e con le due figlie il rapporto
è del tutto assente – non va neanche al funerale della figlia minore!
Si salvano nel film due personaggi, due anime semplici naturalmente
lontane dall’arte e dal potere: il padre di M. Willy Turner, un ex- barbiere
generoso che lavora sempre senza fermarsi mai e che svolge il ruolo di
assistente al figlio, e Sophia Booth la vedova affittacamere che non chiede
nulla se non di accudire e prendersi cura di qualcuno. Il pittore, invece, ha
un brutto carattere: è orso e scontroso, parla pochissimo e invece grugnisce
spesso. Forse il regista Mike Leigh lo ha fatto diventare un po’ eccessivamente
goffo per tentare di renderlo simpatico al pubblico e in tal
modo da far amare anche la sua arte.
Ghisi Grütter
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