Paolo Maddalena, magistrato esperto in diritto
ambientale, giudice prima alla Corte dei Conti, e poi, fino al 2011, della
Corte Costituzionale, autore di diversi importanti saggi sull’interpretazione
del diritto ambientale, l’anno scorso ha pubblicato il suo ultimo libro con
Donzelli: “Il Territorio, Bene Comune degli Italiani”.
Il nucleo base delle riflessioni di Paolo Maddalena
è da lui come incipit così riassunto. “L’attuale crisi, ambientale e
finanziaria, ha una causa comune:la concentrazione della ricchezza nelle mani
di pochi.” E poi cita quel che diceva
Theodore Roosvelt nel 1938 in una
relazione al Congresso degli Stati Uniti: “La libertà di una democrazia non è
salda se il popolo tollera la crescita di un potere privato al punto che esso
diventa più forte dello stesso Stato democratico.”
Di qui l’importanza di distinguere la proprietà
comune o collettiva, che ha il suo fondamento nella “sovranità”, dalla
proprietà privata, che ha il suo fondamento nella “legge”, ristabilendo un equilibrio che negli ultimi
decenni di storia italiana è stato tutto sbilanciato a favore della proprietà
privata. E Maddalena prosegue: “Si è radicato nella mente di tutti che il
proprietario è l’assoluto padrone dei suoi beni, non tenendo conto del fatto
che il fenomeno dell’edificazione produce effetti non solo sui beni in
proprietà al privato, ma anche sui beni che sono in proprietà collettiva di
tutti, come il paesaggio, che, essendo un aspetto del territorio, è in
proprietà collettiva del popolo a titolo di sovranità.”
Salvatore Settis, che del libro è autorevole prefatore, rincara la dose affermando che “la
politica diventa troppo spesso uno strumento, ora inconsapevolmente, ora
cinicamente, complice, al servizio della devastazione delle istituzioni e dello
Stato, mirata alla spartizione delle spoglie, al feroce saccheggio di risorse
comuni e pubbliche per il vantaggio di pochi. Quando dovrebbe invece essere
prima di tutto un libero discorso da cittadino a cittadino sulla polis, dentro
la comunità dei cittadini e a suo beneficio”. Sempre Settis sostiene poi che le
coordinate dentro le quali si muove il libro di Maddalena sono “politica,
cittadinanza, scontro frontale tra le ragioni del mercato e i principi del bene
comune. E che “esso sembra appositamente
scritto e indirizzato ai movimenti di resistenza civile e di consapevolezza
ambientale, quelli che si muovono tra diritto alla città e azione popolare.”
Anche per semplicemente anticipare traccia del percorso che Maddalena compie con il suo
libro, basta qui riportare alcuni titoli del sommario, ad esempio quello di
pagina 78: ”La proprietà collettiva in Costituzione, Prevalenza giuridica della
proprietà collettiva sulla proprietà privata.” E quello posto a pagina 116: “Il
dovere sacro dei cittadini di difendere il territorio. Il grande tema della
partecipazione.” E infine, a pagina 155:
“Le teorie liberiste. La loro dichiarata indipendenza dalla Costituzione”.
Insomma, un fascio di temi e questioni di importanza
oggi drammatica, motivo per il quale alcuni di noi del Comitato Villa Blanc - che abbiamo
fatto ricorso al Consiglio di Stato perché intervenga a scongiurare la
realizzazione del progetto LUISS, avallato dalla Giunta Alemanno, che vorrebbe
trasformare una splendida Villa Storica in campus chiuso ai cittadini dove
addestrare in cambio di un lauto compenso
nuove generazioni all’uso della finanza speculativa - abbiamo chiesto e
ottenuto un incontro con Paolo Maddalena, che ci ha gentilissimamente ricevuti
a casa sua per introdurci ai temi che ho provato a riassumere in questa nota, e
che troverete ben più efficacemente argomentati leggendo il suo libro.
Gian Carlo Marchesini
Gian Carlo Marchesini
Scheda libro
«Si è radicato nella mente di tutti che il proprietario è assoluto padrone dei suoi beni, non tenendo conto del fatto che il fenomeno dell’edificazione produce effetti non solo sui beni in proprietà del privato, ma anche sui beni che sono in proprietà collettiva di tutti, come il paesaggio, che, essendo un aspetto del territorio, è in proprietà collettiva del popolo, a titolo di sovranità».
Passione civile e competenza giuridica si fondono in questo densissimo contributo alla riflessione sui beni comuni. Con rigore e lucidità, non perdendo mai di vista l’obiettivo di dare al suo lavoro massima concretezza, Paolo Maddalena, uno dei più importanti giuristi italiani, pone il problema nel quadro sconcertante dell’attuale crisi, mettendo in luce come crisi ambientale e crisi finanziaria abbiano una causa comune: la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi. Come già diceva Roosevelt in una relazione al Congresso degli Stati Uniti nel 1938: «la libertà di una democrazia non è salda se il popolo tollera la crescita di un potere privato al punto che esso diventa più forte dello stesso Stato democratico». Di qui l’importanza di distinguere la proprietà comune o collettiva, che ha il suo fondamento nella «sovranità», dalla proprietà privata, che ha il suo fondamento nella «legge», ristabilendo un equilibrio che negli ultimi decenni di storia italiana è stato tutto sbilanciato a favore della proprietà privata. L’autore rileva con forza la precedenza storica della proprietà collettiva del territorio sulla proprietà privata e la prevalenza giuridica della prima sulla seconda, sancita dalla stessa Costituzione. Si tratta di due dati che consentono un capovolgimento della tradizionale concezione borghese, rafforzata dal pensiero unico dominante del neoliberismo economico, secondo cui l’interesse pubblico costituisce un limite alla proprietà privata, là dove è la cessione a privati di parti del territorio, oggetto di proprietà collettiva, che limita la proprietà collettiva medesima. Una tale inversione di prospettiva è, secondo l’autore, imprescindibile se si mette in atto una lettura non preconcetta della Costituzione rispetto al tema della funzione sociale della proprietà, dei limiti all’iniziativa economica privata e dell’intervento pubblico nell’economia. «Pochi intendono – sottolinea Salvatore Settis nella sua Introduzione – che solo il rigoroso fondamento sul disegno di società voluto dalla Costituzione e il puntuale radicarsi nel nostro ordinamento possono far uscire le tematiche dei beni comuni dal limbo dell’utopia, e farne invece il manifesto di una politica dei cittadini non solo auspicabile, ma possibile». Un pamphlet appassionante e appassionato che aiuta a riflettere su come custodire, preservare e ricostituire quello che dovrebbe essere per ogni cittadino uno dei beni più preziosi: il mondo in cui viviamo.
Passione civile e competenza giuridica si fondono in questo densissimo contributo alla riflessione sui beni comuni. Con rigore e lucidità, non perdendo mai di vista l’obiettivo di dare al suo lavoro massima concretezza, Paolo Maddalena, uno dei più importanti giuristi italiani, pone il problema nel quadro sconcertante dell’attuale crisi, mettendo in luce come crisi ambientale e crisi finanziaria abbiano una causa comune: la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi. Come già diceva Roosevelt in una relazione al Congresso degli Stati Uniti nel 1938: «la libertà di una democrazia non è salda se il popolo tollera la crescita di un potere privato al punto che esso diventa più forte dello stesso Stato democratico». Di qui l’importanza di distinguere la proprietà comune o collettiva, che ha il suo fondamento nella «sovranità», dalla proprietà privata, che ha il suo fondamento nella «legge», ristabilendo un equilibrio che negli ultimi decenni di storia italiana è stato tutto sbilanciato a favore della proprietà privata. L’autore rileva con forza la precedenza storica della proprietà collettiva del territorio sulla proprietà privata e la prevalenza giuridica della prima sulla seconda, sancita dalla stessa Costituzione. Si tratta di due dati che consentono un capovolgimento della tradizionale concezione borghese, rafforzata dal pensiero unico dominante del neoliberismo economico, secondo cui l’interesse pubblico costituisce un limite alla proprietà privata, là dove è la cessione a privati di parti del territorio, oggetto di proprietà collettiva, che limita la proprietà collettiva medesima. Una tale inversione di prospettiva è, secondo l’autore, imprescindibile se si mette in atto una lettura non preconcetta della Costituzione rispetto al tema della funzione sociale della proprietà, dei limiti all’iniziativa economica privata e dell’intervento pubblico nell’economia. «Pochi intendono – sottolinea Salvatore Settis nella sua Introduzione – che solo il rigoroso fondamento sul disegno di società voluto dalla Costituzione e il puntuale radicarsi nel nostro ordinamento possono far uscire le tematiche dei beni comuni dal limbo dell’utopia, e farne invece il manifesto di una politica dei cittadini non solo auspicabile, ma possibile». Un pamphlet appassionante e appassionato che aiuta a riflettere su come custodire, preservare e ricostituire quello che dovrebbe essere per ogni cittadino uno dei beni più preziosi: il mondo in cui viviamo.
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