30 settembre 2015
GRAZIE PIETRO
Pietro Ingrao
Con Pietro Ingrao,scompare l'ultimo comunista.In un'Italia omologata e berlusconizzata anche a sinistra,Ingrao rappresentava ,con il suo percorso di vita, una voce di coerenza e di passione politica unica .
Tre Righe gli rende omaggio e parteciperà all'estremo saluto che si terrà oggi,30 settembre,in Piazza Monte Citorio.
29 settembre 2015
ALLA FAMIGLIA BERLUSCONI I SOLDI DEI BIGLIETTI DEL COLOSSEO
Qualche tempo fa,persino La Repubblica si era occupata di spiegare ai propri lettori dove andavano a finire la maggior parte dei soldi dei biglietti staccati nelle aree archeologiche e nei musei di Roma.A questa documentata denuncia del maggior quotidiano italiano nulla era seguito .E' chiaro che si era scoperchiata una mattonella che nascondeva un verminaio niente male .E allora era sta precipitosamente richiusa.Ora ci ha pensato Il Fatto Quotidiano che con un articolo di qualche giorno fa ha spiegato ai suoi lettori, che la maggior parte dei soldi per esempio dei biglietti staccati per il visitare il Colosseo vanno a Berlusconi e figli.Si:avete capito bene.Ci aspettiamo che adesso il Fatto continui nella sua inchiesta e ci spieghi anche chi si prende i soldi dei biglietti delle altre aree archeologiche.Se non fosse successo "lo scandalo" della recente assemblea sindacale dei lavoratori del Colosseo che aveva lasciato fuori tanti visitatori in attesa di visitare l'area archeologica,probabilmente non si sarebbe mosso alcuno.
Dispiace sottolineare che ancora una volta il Sindaco Marino ha perso un'occasione per stare zitto e risparmiarsi l'ennesima figuraccia.E' buona regola per tutti, ma soprattutto per chi rappresenta una città come Roma,dare fiato alla bocca avendo attivato il cervello,e documentandosi,aggiungiamo noi.Ormai ci ha abituato a questa modo di fare e francamente ci ha stancati.
E naturalmente anche dal Governo ci aspetteremmo più chiarezza e trasparenza magari spiegandoci come vengono ripartiti gli incassi dei maggiori musei ed aree archeologiche italiane.
O forse chiediamo troppo?
E naturalmente anche dal Governo ci aspetteremmo più chiarezza e trasparenza magari spiegandoci come vengono ripartiti gli incassi dei maggiori musei ed aree archeologiche italiane.
O forse chiediamo troppo?
Riportiamo di seguito l'articolo pubblicato sull'argomento su www.cinquequotidiano.
Raffaele Fischetto
La esibizione muscolare del Presidente del Consiglio, del Ministro dei Beni Culturali e del Sindaco di Roma verso i lavoratori del Colosseo che hanno osato indire un’assemblea per rivendicare un anno e mezzo di straordinari non pagati, con tanto di decreto d’urgenza per restringere i loro diritti sindacali, si sta rivelando un vero e proprio passo falso.
DOVE VANNO A FINIRE I SOLDI? Mentre fioccano esempi dalle altre capitali europee di scioperi e manifestazioni ben più estese e scomposte , qualcuno ha tirato fuori il vero scandalo di cui il Colosseo è il caso più emblematico. Quello su dove vanno a finire gli ingenti ricavi delle visite ai monumenti. Su Il fatto quotidiano sono stati pubblicati i dati che il Circuito Archeologico di Roma (Teatro Flavio – il “Colosseo” – Foro Romano e Palatino). Il percorso turistico più visitato d’Italia rende annualmente ai privati per la gestione dei servizi aggiuntivi (biglietterie, prenotazioni, bookshop, visite guidate etc) la somma di 9, 6 milioni contro il milione e 327 mila euro che vanno alla Soprintendenza. Una miniera d’oro che a Roma come nel resto d’Italia (grazie a una serie di proroghe e di ricorsi che hanno bloccato il nuovo bando) da anni è affidata sempre agli stessi privati. Nel caso del Colosseo, da 18 anni alla stessa Associazione Temporanea d’Impres di Mondadori Musei, il gruppo guidato da Marina Berlusconi e Coopculture, Legacoop. Un contratto di cui i magistrati della sezione di controllo della Corte dei conti del Lazio, nel gennaio 2014, avevano detto che “si dovrebbe ormai ritenere invalido perché in violazione delle norme comunitarie sulla concorrenza”.
NELLA MANI DI POCHI – E a dire la verità, anche il Ministro Franceschini aveva manifestato l’intenzione di porre fine a questo andazzo come riportato dal settimanale l’Espresso nel gennaio 2015. Qualche settimana dopo, in conferenza stampa il Ministro aveva presentato le linee guida per indire tre diverse gare d’appalto entro il primo semestre del 2015, ma a oggi però è partita solo la gara per i servizi gestionali (pulizia, facchinaggio e manutenzione). Le altre due, che andrebbero a modificare lo status quo dei privati, riguardano i servizi finalizzati allo sviluppo di specifici “progetti culturali” e alla migliore fruizione dei siti: noleggio audioguide; visite guidate; laboratori e didattica; spazi, eventi e mostre. A questi potranno accedere il MiBACT e gli Enti locali con differenti modalità di ingaggio”, ma si attendono” i progetti elaborati dai Direttori dei musei. I quali fra molte polemiche sono stati nominati solo poche settimane facendo slittare le gare alla prossima primavera.
28 settembre 2015
ANNO SANTO E TERRORISMO
L'Anno Santo dedicato alla Misericordia indetto dal Sommo Pontefice può suonare anche come una sorta di sfida in direzione di un Islam fondamentalista che proprio della misericordia sembra avere perso la concezione oltre che il ricordo.
Sia pure con i soliti ritardi che caratterizzano ogni impresa italiana e che ci lasceranno con il cuore in gola sino all'ultimo momento - ce la faremo o non ce la faremo a presentarci a chi affluirà nella nostra condizione migliore? -, l'Italia e Roma si stanno preparando ad accogliere milioni di pellegrini.
Sullo sfondo di una collettiva opera di preparazione e di un clima di intensa aspettativa che coinvolgono, oltre a tutti i fedeli, anche tantissime categorie professionali, si avverte però un senso di allarme che diviene più forte man mano che la data di inizio dell'Anno Santo si avvicina.
Una minaccia ben presente
La paura è che il terrorismo possa approfittare di questa occasione per compiere uno o più attentati di grande valore simbolico, di straordinario impatto psicologico e di enorme risonanza mediatica, colpendo nel medesimo tempo lo spirito dell'Anno Santo, la Chiesa Cattolica e lo Stato Italiano. È una possibilità di cui sono ben consci tanto il Governo quanto l’Intelligence e le forze dell'ordine, nonché ovviamente la Chiesa ed il Sommo Pontefice.
Non c'è quindi da meravigliarsi di come siano già iniziate, e tendano ad intensificarsi con il passare del tempo, le azioni tendenti a rassicurare una opinione pubblica che si chiede se avremo o meno la capacità di individuare per tempo e neutralizzare con efficacia tutti gli attacchi che potrebbero (o potranno?) essere compiuti.
Parimenti, dal punto di vista pratico, si intensifica la preparazione di intelligence e forze dell'ordine che mirano a sviluppare prima dell'inizio dell'Anno Santo una rete a maglie tanto strette da non lasciar filtrare alcuno dei possibili attentatori. In parallelo, con una azione che procede forse con una disinvoltura che in tempi diversi sarebbe risultata discutibile, ci si libera degli elementi indesiderabili considerati potenzialmente pericolosi, rispedendoli al Paese di origine.
Sarà sufficiente tutto questo a garantirci quel livello di sicurezza pressoché totale che è nelle aspirazioni di tutti? Purtroppo la risposta non può che essere negativa. Per quanto faccia, per quanto si predisponga, per quanto si pianifichi, per quanto si crescano a dismisura il numero e l'efficacia degli uomini e mezzi impiegati, il rischio permarrà sempre e si tratterà di un rischio molto forte.
Analizziamo con calma il perché di questa pessimistica affermazione, anche per decidere poi su tale base quale possa essere il modo migliore per fronteggiare, se del caso, l'emergenza.
Avversari sfuggenti e opportunisti
È chiaro come per compiere un attentato occorrano sostanzialmente tre elementi , vale a dire un obiettivo da colpire, uno o più terroristi che si incarichino dell'atto e infine i mezzi per condurlo a buon fine.
Per quanto riguarda il primo di questi tre fattori la vera difficoltà per un commando del sedicente Stato islamico in una società vulnerabile come la nostra consisterebbe soltanto nella scelta tra possibili obiettivi troppo numerosi.
Già in passato, in occasione di attacchi in altre parti del mondo, la fantasia della nostra stampa si è sbizzarrita nell'individuare eventuali bersagli. Si è parlato così di bacini dell'acquedotto da avvelenare con il ricino od altri prodotti velenosi, di aerei dirottati da lanciare contro bersagli significativi, di aggressivi chimici da attivare in metropolitana, di cyber-attacchi che sconvolgano il traffico ferroviario, di attentatori suicidi che si facciano esplodere allo stadio. In una lunga elencazione che, per quanto si faccia, non riuscirà mai ad essere esaustiva.
Appare quindi vana la speranza che le forze dell'ordine riescano a garantire a tutti i potenziali obiettivi un livello di protezione totale e permanente. Si limiteranno invece a sorvegliare in permanenza soltanto quelli considerati più a rischio, perché maggiormente significativi, limitando a controlli saltuari e periodici la cura degli altri.
Quanto agli elementi da infiltrare sul nostro territorio, le difficoltà per la centrale terroristica risulterebbero veramente minime, specie nelle circostanze internazionali che stiamo vivendo. Da un lato infatti ci sono i migranti dal sud che, ondata dopo ondata, hanno finito col saturare non soltanto i sistemi di controllo italiani ma anche quelli di Paesi di norma molto meglio organizzati di noi. Si tratta di una condizione di cui tanto l'Is quanto altri movimenti del genere possono avere già approfittato per infiltrare elementi indesiderabili.
L'altra grande strada potrebbe essere quella degli "overstayers", cioè di coloro che entrati con un regolare visto turistico non ripartono più alla sua scadenza. Per assurdo l'Anno Santo potrebbe addirittura accrescere il rischio che tale eventualità si verifichi. Una richiesta di pellegrinaggio a Roma, un visto che lo Stato italiano non può rifiutare - e che magari viene apposto su un passaporto falso concesso da qualche stato compiacente - e per il terrorista il gioco è fatto.
E infine, se pure ci fossero reali difficoltà ad introdurre terroristi nel nostro Paese, i luttuosi episodi della stazione di Madrid, della Metropolitana di Londra, di Charlie Hebdo a Parigi, dimostrano chiaramente quante poche difficoltà abbia l'estremismo di un certo tipo a reclutare localmente.
Da ultimo, i mezzi da usare, su cui non ci si dilunga considerato quanto essi possano essere svariati, spaziando dal computer all'aggressivo chimico, dai composti per l'agricoltura utilizzati per fare esplosivi ai piccoli aerei o droni telecomandati.
Si ritiene però opportuno ricordare come in tempi relativamente recenti l'intera area adriatica sia stata interessata per circa un decennio da una guerra che la ha letteralmente inondata con una impressionante massa di armi e come in tempi più recenti la caduta del Colonnello Gheddafi abbia lasciato senza responsabili controllori un arsenale estremamente sofisticato ed aggiornato i cui pezzi più pregiati sono da tempo in vendita ai migliori offerenti.
È necessario coinvolgere tutti
In simili condizioni la sicurezza totale, pur restando un obiettivo da perseguire con ogni possibile sforzo, non può essere garantita. Bisogna essere consapevoli che rimarrà sempre un forte rischio residuale. Che fare allora per affrontare nel migliore dei modi una simile situazione?
Il primo passo è indubbiamente quello di creare una matura e partecipata consapevolezza collettiva, smettendola di alimentare illusioni di possibile invulnerabilità ed informando invece con chiarezza dei rischi reali, magari con gradualità, per non creare panico, l'opinione pubblica.
Il secondo consiste nello spiegare che la sicurezza collettiva è un obiettivo cui tutti debbono per la loro parte contribuire, senza lasciarne la cura soltanto a intelligence e forze dell'ordine. Il caso dei passeggeri intervenuti con successo a sventare un attentato sul Tgv francese è esemplare!
In terzo luogo bisogna prepararsi ad affrontare con forza e senza panico eventuali situazioni di tensione o addirittura di caos. Dopo l'attentato alla metropolitana di Londra, i soccorsi furono molto facilitati dal comportamento ordinato della folla presente nell'area.
Infine occorre ricordarsi in ogni momento come il modo migliore di reagire all'estremismo armato sia quello di dimostrare ai terroristi come per quanto essi facciano non riusciranno mai ad indurci a cambiare i nostri valori, le nostre regole, il nostro modo di vita. Quindi "business as usual"! Lo abbiamo fatto con le Brigate Rosse e le abbiamo sconfitte. Perché non dovremmo avere la stessa forza con le frange terroristiche dell'estremismo islamico?
Giuseppe Cucchi, Generale, è stato Rappresentante militare permanente presso la Nato e l’Ue e Consigliere militare del Presidente del Consiglio dei Ministri.
- See more at: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=3177#sthash.QtuM3FZf.dpuf
Sia pure con i soliti ritardi che caratterizzano ogni impresa italiana e che ci lasceranno con il cuore in gola sino all'ultimo momento - ce la faremo o non ce la faremo a presentarci a chi affluirà nella nostra condizione migliore? -, l'Italia e Roma si stanno preparando ad accogliere milioni di pellegrini.
Sullo sfondo di una collettiva opera di preparazione e di un clima di intensa aspettativa che coinvolgono, oltre a tutti i fedeli, anche tantissime categorie professionali, si avverte però un senso di allarme che diviene più forte man mano che la data di inizio dell'Anno Santo si avvicina.
Una minaccia ben presente
La paura è che il terrorismo possa approfittare di questa occasione per compiere uno o più attentati di grande valore simbolico, di straordinario impatto psicologico e di enorme risonanza mediatica, colpendo nel medesimo tempo lo spirito dell'Anno Santo, la Chiesa Cattolica e lo Stato Italiano. È una possibilità di cui sono ben consci tanto il Governo quanto l’Intelligence e le forze dell'ordine, nonché ovviamente la Chiesa ed il Sommo Pontefice.
Non c'è quindi da meravigliarsi di come siano già iniziate, e tendano ad intensificarsi con il passare del tempo, le azioni tendenti a rassicurare una opinione pubblica che si chiede se avremo o meno la capacità di individuare per tempo e neutralizzare con efficacia tutti gli attacchi che potrebbero (o potranno?) essere compiuti.
Parimenti, dal punto di vista pratico, si intensifica la preparazione di intelligence e forze dell'ordine che mirano a sviluppare prima dell'inizio dell'Anno Santo una rete a maglie tanto strette da non lasciar filtrare alcuno dei possibili attentatori. In parallelo, con una azione che procede forse con una disinvoltura che in tempi diversi sarebbe risultata discutibile, ci si libera degli elementi indesiderabili considerati potenzialmente pericolosi, rispedendoli al Paese di origine.
Sarà sufficiente tutto questo a garantirci quel livello di sicurezza pressoché totale che è nelle aspirazioni di tutti? Purtroppo la risposta non può che essere negativa. Per quanto faccia, per quanto si predisponga, per quanto si pianifichi, per quanto si crescano a dismisura il numero e l'efficacia degli uomini e mezzi impiegati, il rischio permarrà sempre e si tratterà di un rischio molto forte.
Analizziamo con calma il perché di questa pessimistica affermazione, anche per decidere poi su tale base quale possa essere il modo migliore per fronteggiare, se del caso, l'emergenza.
Avversari sfuggenti e opportunisti
È chiaro come per compiere un attentato occorrano sostanzialmente tre elementi , vale a dire un obiettivo da colpire, uno o più terroristi che si incarichino dell'atto e infine i mezzi per condurlo a buon fine.
Per quanto riguarda il primo di questi tre fattori la vera difficoltà per un commando del sedicente Stato islamico in una società vulnerabile come la nostra consisterebbe soltanto nella scelta tra possibili obiettivi troppo numerosi.
Già in passato, in occasione di attacchi in altre parti del mondo, la fantasia della nostra stampa si è sbizzarrita nell'individuare eventuali bersagli. Si è parlato così di bacini dell'acquedotto da avvelenare con il ricino od altri prodotti velenosi, di aerei dirottati da lanciare contro bersagli significativi, di aggressivi chimici da attivare in metropolitana, di cyber-attacchi che sconvolgano il traffico ferroviario, di attentatori suicidi che si facciano esplodere allo stadio. In una lunga elencazione che, per quanto si faccia, non riuscirà mai ad essere esaustiva.
Appare quindi vana la speranza che le forze dell'ordine riescano a garantire a tutti i potenziali obiettivi un livello di protezione totale e permanente. Si limiteranno invece a sorvegliare in permanenza soltanto quelli considerati più a rischio, perché maggiormente significativi, limitando a controlli saltuari e periodici la cura degli altri.
Quanto agli elementi da infiltrare sul nostro territorio, le difficoltà per la centrale terroristica risulterebbero veramente minime, specie nelle circostanze internazionali che stiamo vivendo. Da un lato infatti ci sono i migranti dal sud che, ondata dopo ondata, hanno finito col saturare non soltanto i sistemi di controllo italiani ma anche quelli di Paesi di norma molto meglio organizzati di noi. Si tratta di una condizione di cui tanto l'Is quanto altri movimenti del genere possono avere già approfittato per infiltrare elementi indesiderabili.
L'altra grande strada potrebbe essere quella degli "overstayers", cioè di coloro che entrati con un regolare visto turistico non ripartono più alla sua scadenza. Per assurdo l'Anno Santo potrebbe addirittura accrescere il rischio che tale eventualità si verifichi. Una richiesta di pellegrinaggio a Roma, un visto che lo Stato italiano non può rifiutare - e che magari viene apposto su un passaporto falso concesso da qualche stato compiacente - e per il terrorista il gioco è fatto.
E infine, se pure ci fossero reali difficoltà ad introdurre terroristi nel nostro Paese, i luttuosi episodi della stazione di Madrid, della Metropolitana di Londra, di Charlie Hebdo a Parigi, dimostrano chiaramente quante poche difficoltà abbia l'estremismo di un certo tipo a reclutare localmente.
Da ultimo, i mezzi da usare, su cui non ci si dilunga considerato quanto essi possano essere svariati, spaziando dal computer all'aggressivo chimico, dai composti per l'agricoltura utilizzati per fare esplosivi ai piccoli aerei o droni telecomandati.
Si ritiene però opportuno ricordare come in tempi relativamente recenti l'intera area adriatica sia stata interessata per circa un decennio da una guerra che la ha letteralmente inondata con una impressionante massa di armi e come in tempi più recenti la caduta del Colonnello Gheddafi abbia lasciato senza responsabili controllori un arsenale estremamente sofisticato ed aggiornato i cui pezzi più pregiati sono da tempo in vendita ai migliori offerenti.
È necessario coinvolgere tutti
In simili condizioni la sicurezza totale, pur restando un obiettivo da perseguire con ogni possibile sforzo, non può essere garantita. Bisogna essere consapevoli che rimarrà sempre un forte rischio residuale. Che fare allora per affrontare nel migliore dei modi una simile situazione?
Il primo passo è indubbiamente quello di creare una matura e partecipata consapevolezza collettiva, smettendola di alimentare illusioni di possibile invulnerabilità ed informando invece con chiarezza dei rischi reali, magari con gradualità, per non creare panico, l'opinione pubblica.
Il secondo consiste nello spiegare che la sicurezza collettiva è un obiettivo cui tutti debbono per la loro parte contribuire, senza lasciarne la cura soltanto a intelligence e forze dell'ordine. Il caso dei passeggeri intervenuti con successo a sventare un attentato sul Tgv francese è esemplare!
In terzo luogo bisogna prepararsi ad affrontare con forza e senza panico eventuali situazioni di tensione o addirittura di caos. Dopo l'attentato alla metropolitana di Londra, i soccorsi furono molto facilitati dal comportamento ordinato della folla presente nell'area.
Infine occorre ricordarsi in ogni momento come il modo migliore di reagire all'estremismo armato sia quello di dimostrare ai terroristi come per quanto essi facciano non riusciranno mai ad indurci a cambiare i nostri valori, le nostre regole, il nostro modo di vita. Quindi "business as usual"! Lo abbiamo fatto con le Brigate Rosse e le abbiamo sconfitte. Perché non dovremmo avere la stessa forza con le frange terroristiche dell'estremismo islamico?
Giuseppe Cucchi, Generale, è stato Rappresentante militare permanente presso la Nato e l’Ue e Consigliere militare del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il Marnetto Quotidiano : Solidarietà a Gabanelli e Iacona offesi da De Luca
Il Marnetto Quotidiano : Solidarietà a Gabanelli e Iacona offesi da De
Luca
Anche da noi c'è il separatismo.
Anche da noi c'è il separatismo.
E quello dalla correttezza e dal rispetto del presidente della regione
Campania, De Luca. Che ha accusato di "camorrismo giornalistico" per le loro
inchieste Riccardo Iacona (Presa Diretta) e Milena Gabanelli (Report). Questa
pesante offesa - del tutto conforme alla volgare arroganza del personaggio - non
si poggia su alcuna contestazione specifica, ma esprime solo il violento
fastidio di essere oggetto di un controllo giornalistico, cioè della pubblica
opinione.
Tutto questo è inaccettabile.
Soprattutto in questo momento in cui - spezzato il legame di rappresentanza
tra cittadini e politici - sono i (pochi) giornalisti d'inchiesta gli unici a
farsi carico della richiesta di legalità che viene dalla parte sana del Paese.
Quindi, piena solidarietà alla Gabanelli e a Iacona e l'invito al PD a
riflettere - nel momento della morte di Ingrao - su come sia potuto cadere così
in basso.
Massimo Marnetto
Libertà e Giustizia di Roma
27 settembre 2015
ULTIME ORE PER FIRMARE I REFERENDUM
Referendum di Civati, ultimo giorno per firmare
Invitiamo caldamente i nostri lettori a firmare,qualora non l'avessero fatto, i referendum proposti da Pippo Civati.
La Redazione
Ultime ore per firmare i referendum promossi da Pippo Civati.
Otto i quesiti proposti:
Due riguardano la nuova legge elettorale approvata il 4 maggio dal Parlamento, il cosiddetto Italicum: uno chiede di eliminare la norma che prevede la possibilità di presentare liste elettorali con i capilista "bloccati", ovvero non scelti tramite la preferenza ma che vengono votati automaticamente con il voto alla lista, l'altro chiede di abrogare tout court la nuova legge elettorale.
I referendum sull'ambiente sono tre: riguardano le trivellazioni in mare, cioè le operazioni di trivellazione ed estrazione di idrocarburi dal fondale marino, e le cosiddette "grandi opere".
I due referendum sul lavoro riguardano due aspetti introdotti dai decreti attuativi del Jobs Act, la recente legge sulla riforma del lavoro: la possibilità del "demansionamento" del lavoratore nell'ambito di una riorganizzazione aziendale e l'eliminazione del reintegro nel posto di lavoro per i licenziamenti motivati da ragioni economiche (e non discriminatorie). I due quesiti referendari proposti servono ad abrogare questi due aspetti del Jobs Act.
Il referendum sulla scuola riguarda l'abrogazione di due aspetti della riforma della scuola diventata legge lo scorso luglio: la possibilità per i presidi di nominare direttamente gli insegnanti (quindi senza seguire la graduatoria, ma scegliendo autonomamente tra i vincitori di concorso e gli ammessi in graduatoria) e la possibilità di offrire incarichi triennali agli insegnanti
Due riguardano la nuova legge elettorale approvata il 4 maggio dal Parlamento, il cosiddetto Italicum: uno chiede di eliminare la norma che prevede la possibilità di presentare liste elettorali con i capilista "bloccati", ovvero non scelti tramite la preferenza ma che vengono votati automaticamente con il voto alla lista, l'altro chiede di abrogare tout court la nuova legge elettorale.
I referendum sull'ambiente sono tre: riguardano le trivellazioni in mare, cioè le operazioni di trivellazione ed estrazione di idrocarburi dal fondale marino, e le cosiddette "grandi opere".
I due referendum sul lavoro riguardano due aspetti introdotti dai decreti attuativi del Jobs Act, la recente legge sulla riforma del lavoro: la possibilità del "demansionamento" del lavoratore nell'ambito di una riorganizzazione aziendale e l'eliminazione del reintegro nel posto di lavoro per i licenziamenti motivati da ragioni economiche (e non discriminatorie). I due quesiti referendari proposti servono ad abrogare questi due aspetti del Jobs Act.
Il referendum sulla scuola riguarda l'abrogazione di due aspetti della riforma della scuola diventata legge lo scorso luglio: la possibilità per i presidi di nominare direttamente gli insegnanti (quindi senza seguire la graduatoria, ma scegliendo autonomamente tra i vincitori di concorso e gli ammessi in graduatoria) e la possibilità di offrire incarichi triennali agli insegnanti
Dove firmare a Roma
Roma | 27 | 10-15 | Piazza Ippolito Nievo (Porta Portese) | ||
Roma | 27 | 10-15 | Via delle Mura Portuensi (Porta Portese) | ||
Roma | 27 | 10-13 | Laghetto Eur (Viale Tulipani) | ||
Roma | 27 | 14-20 | Largo di Torre Argentina | ||
Roma | 27 | 9-13 | Piazza Menenio Agrippa | ||
Roma | 27 | 13-20 | Piazza Sempione | ||
Roma | 27 | 10-13 | Viale Marconi (nei pressi di Feltrinelli) | ||
Roma | 27 | 10-14 | Via di San Teodoro (Mercato Coldiretti) | ||
Roma | 27 | 18-22 | Via del Pigneto (zona pedonale) | ||
Roma | 27 | 18-22 | Piazza dell’Immacolata (San Lorenzo) | ||
per il resto d'Italia andare a :
26 settembre 2015
Recensione film:SANGUE DEL MIO SANGUE di Marco Bellocchio
Film in famiglia
Sangue del mio sangue
è l’ultimo film di Marco Bellocchio presentato al Festival di Venezia 2015. Non
sono sicura di aver capito del tutto il rapporto tra le due diverse storie
narrate nel film, ambientate nello stesso luogo a distanza di 600 anni, ma probabilmente
il nesso non c’è. Si riscontrano comunque delle analogie sul senso di enclave, sulla detenzione del potere, sull’autoprotezione
e chiusura al mondo esterno, sulle superstizioni.
Mentre la parte secentesca è molto ben girata con una bella
luce caravaggesca che mette in evidenza i volti scavati, gli abiti dell’epoca
(per quanto i costumi siano prevalentemente quelli di religiosi) e le
ambientazioni – sottolineate da un’ottima musica -, la parte contemporanea è frazionata,
goffamente felliniana, più comica che ironica, con dialoghi sull’attualità un
po’ generici, un po’ banali: le fatture del medico, gli scontrini, la guardia
di finanza, la navigazione in internet sono tutti segni della contemporaneità.
Le
storie: in un convento di suore di clausura sul fiume Trebbia a Bobbio, bussa
Federico (Pier Giorgio Bellocchio figlio del regista) un uomo d'arme, con lo
scopo di riabilitare la memoria del fratello (gemello?) sacerdote morto suicida.
L’Inquisizione accusa una giovane suora (Lydia Liberman è la nostra Monaca di
Monza) di
averlo sedotto e fatto impazzire. Una strega? Un patto con Satana? Tuttavia
Federico invece di vendicarsi si sente morbosamente attratto dalla giovane
donna che non ha nulla di cui pentirsi e viene pertanto condannata a essere
murata viva in una cella. La colpa, naturalmente, deve ricadere più sulla suora che sul sacerdote perché è sempre viva
l’idea della donna quale potenza demoniaca.
Nello
stesso convento ai tempi d’oggi sempre Federico, piccolo truffatore, si finge
ispettore regionale e vuole far comprare il degradato ex convento - diventato
ex carcere - a un suo amico sedicente miliardario russo.
Lì
tutta una serie di intrighi e intrallazzi: una sorta di conte Dracula (Roberto
Herlitzka) vive nascosto nel Convento ma partecipa a un Comitato politico e di
affari del paese con i cui membri gestisce la sorte della piccola cittadina con
la nostalgia di un periodo passato e di una giovinezza sfiorita. Un potere
connivente al sistema mafioso che distribuisce “favori” equamente tra gli
abitanti come le invalidità fisiche presunte per le quali si ottengono fondi
regionali o comunque sovvenzioni pubbliche.
Il
finale del film (o meglio i finali delle storie) sembrerebbe gratificare il
femminile perché la suora viene graziata da Federico diventato nel frattempo
cardinale (Alberto Bellocchio fratello del regista) e se ne va nuda e libera
mentre sia Federico nella prima storia che il Conte nella seconda, soccombono e
nulla possono rispetto al simbolo femminile di libertà.
E così, con un po’ di
fatica, le storie sono ricucite.
Ghisi Grütter
Ghisi Grütter
25 settembre 2015
LA SANITA' MODELLO MARCHIONNE
da
newsletter | 25 settembre 2015 | micromega.net |
La sanità modello Marchionne
di Giorgio Cremaschi
Che cosa rende una visita, un esame clinico, inutile? Il fatto che il paziente non abbia nulla. Che cosa lo rende particolarmente inutile? Il fatto che questo esame sia stato prescritto solo in via precauzionale, magari proprio solo per escludere il rischio malattia e tranquillizzare il paziente.
Questi esami inutili, se passa il provvedimento legislativo annunciato dal governo, non si potranno più fare, pena sanzioni contro il medico che li prescrive. Quindi saranno utili solo gli esami clinici che riscontrino effettive patologie, magari irrecuperabili.
Ci rendiamo conto della mostruosità di questa misura, naturalmente giustificata con la necessità del rigore nei conti dello stato?
Naturalmente i soliti pifferai liberisti spiegheranno che si tratta di eliminare sprechi, definendo standard validi per tutti, senza danni per nessuno. Mi pare che abbiano annunciato come esempio che gli esami sul colesterolo dovrebbero farsi ogni cinque anni. Immaginiamo una persona che improvvisamente abbia sintomi di malanni che il medico giudichi dovuti a cause di scompensi nel metabolismo, da sottoporre ad analisi. Se il paziente ha oltrepassato i tempi standard dall'ultimo controllo il medico potrà fare la prescrizione, se invece cosi non è dovrà aspettare. Oppure rischiare di finire sotto procedura di controllo e sanzione.
Si dice che in questo modo si risparmieranno 13 miliardi che potranno essere spesi meglio. Tutti i tagli alla spesa pubblica son giustificati così da sempre, e da sempre sappiamo che questo non è vero. La sostanza è che si ridurrà la prevenzione sulle malattie, solo i ricchi potranno continuare a permettersela mentre i poveri si ammaleranno e moriranno prima. Ma forse questo è proprio ciò che si vuole.
Il sistema pensionistico dalla riforma Dini si fonda sull'aspettativa di vita. Più questa statisticamente sale più si deve andare in pensione ad età elevate. Per questo le tabelle già prevedono la pensione a 70 anni di età nei prossimi decenni. Immaginiamo allora che i tagli alla sanità blocchino o addirittura abbassino questa aspettativa di vita. Sarebbe un doppio guadagno per le casse dello stato, da un lato risparmi sulla spesa sanitaria, dall'altro su quella pensionistica perché pur andando in pensione più tardi si morirebbe prima.
Tempo fa una giornalista televisiva parlando del sistema pensionistico si lasciò scappare che i costi crescevano perché "purtroppo" si viveva più a lungo. Ecco con quel purtroppo la giornalista era in perfetta sintonia con le intenzioni dei governanti liberisti.
I medici sono giustamente in rivolta contro questa legge, perché verrebbero sottoposti ad uno standard di regole e comportamenti di modello aziendalistico. È evidente infatti anche in questa "riforma" il modello Marchionne, il nume ispiratore a cui Renzi vorrebbe fare un monumento. Come nella scuola con i presidi caporali, anche nella sanità ci saranno strutture e poteri burocratici che avranno il compito di decidere sui comportamenti. Il modello aziendale fondato sul profitto è quello che da tempo si sta imponendo nei servizi pubblici, in questo modo trasformando le persone ed i loro diritti costituzionali in oggetti di mercato.
Ancora più infame è poi la partita di scambio che viene offerta ai medici per compensarli della distruzione della loro libertà. Il governo intende impedire le cause dei cittadini per malasanità. Così come ha fatto con il decreto Ilva, che ha garantito impunità ai manager che inquinano nell'esercizio delle loro funzioni, il governo offre la stessa protezione ai medici. I pazienti saranno meno immuni da malattie gravi, ma i medici verranno immunizzati dalle cause dei pazienti.
L'Italia è il paese di Cesare Beccaria, che alla cultura medioevale contrappose quella illuminista delle pene: meglio un colpevole libero che un innocente in prigione. Con lo stato sociale questo principio di civiltà si era esteso ai diritti sociali. Meglio spendere 13 miliardi in visite anche per chi non ne ha bisogno, che negare le cure a chi invece ne necessita.
Ora con le politiche di austerità il governo abbandona i principi illuministi per tornare a quelli medioevali, meglio che un malato muoia prima piuttosto che spendere dei soldi in più. L'autorità pubblica ha così potere di vita e di morte e il principio che la ispira è quello del mercato, rispetto alla cui suprema autorità, come nel Medio Evo, le persone normali non hanno più diritti personali indisponibili.
Quella dell'austerità è prima di tutto una cultura di morte
Che cosa rende una visita, un esame clinico, inutile? Il fatto che il paziente non abbia nulla. Che cosa lo rende particolarmente inutile? Il fatto che questo esame sia stato prescritto solo in via precauzionale, magari proprio solo per escludere il rischio malattia e tranquillizzare il paziente.
Questi esami inutili, se passa il provvedimento legislativo annunciato dal governo, non si potranno più fare, pena sanzioni contro il medico che li prescrive. Quindi saranno utili solo gli esami clinici che riscontrino effettive patologie, magari irrecuperabili.
Ci rendiamo conto della mostruosità di questa misura, naturalmente giustificata con la necessità del rigore nei conti dello stato?
Naturalmente i soliti pifferai liberisti spiegheranno che si tratta di eliminare sprechi, definendo standard validi per tutti, senza danni per nessuno. Mi pare che abbiano annunciato come esempio che gli esami sul colesterolo dovrebbero farsi ogni cinque anni. Immaginiamo una persona che improvvisamente abbia sintomi di malanni che il medico giudichi dovuti a cause di scompensi nel metabolismo, da sottoporre ad analisi. Se il paziente ha oltrepassato i tempi standard dall'ultimo controllo il medico potrà fare la prescrizione, se invece cosi non è dovrà aspettare. Oppure rischiare di finire sotto procedura di controllo e sanzione.
Si dice che in questo modo si risparmieranno 13 miliardi che potranno essere spesi meglio. Tutti i tagli alla spesa pubblica son giustificati così da sempre, e da sempre sappiamo che questo non è vero. La sostanza è che si ridurrà la prevenzione sulle malattie, solo i ricchi potranno continuare a permettersela mentre i poveri si ammaleranno e moriranno prima. Ma forse questo è proprio ciò che si vuole.
Il sistema pensionistico dalla riforma Dini si fonda sull'aspettativa di vita. Più questa statisticamente sale più si deve andare in pensione ad età elevate. Per questo le tabelle già prevedono la pensione a 70 anni di età nei prossimi decenni. Immaginiamo allora che i tagli alla sanità blocchino o addirittura abbassino questa aspettativa di vita. Sarebbe un doppio guadagno per le casse dello stato, da un lato risparmi sulla spesa sanitaria, dall'altro su quella pensionistica perché pur andando in pensione più tardi si morirebbe prima.
Tempo fa una giornalista televisiva parlando del sistema pensionistico si lasciò scappare che i costi crescevano perché "purtroppo" si viveva più a lungo. Ecco con quel purtroppo la giornalista era in perfetta sintonia con le intenzioni dei governanti liberisti.
I medici sono giustamente in rivolta contro questa legge, perché verrebbero sottoposti ad uno standard di regole e comportamenti di modello aziendalistico. È evidente infatti anche in questa "riforma" il modello Marchionne, il nume ispiratore a cui Renzi vorrebbe fare un monumento. Come nella scuola con i presidi caporali, anche nella sanità ci saranno strutture e poteri burocratici che avranno il compito di decidere sui comportamenti. Il modello aziendale fondato sul profitto è quello che da tempo si sta imponendo nei servizi pubblici, in questo modo trasformando le persone ed i loro diritti costituzionali in oggetti di mercato.
Ancora più infame è poi la partita di scambio che viene offerta ai medici per compensarli della distruzione della loro libertà. Il governo intende impedire le cause dei cittadini per malasanità. Così come ha fatto con il decreto Ilva, che ha garantito impunità ai manager che inquinano nell'esercizio delle loro funzioni, il governo offre la stessa protezione ai medici. I pazienti saranno meno immuni da malattie gravi, ma i medici verranno immunizzati dalle cause dei pazienti.
L'Italia è il paese di Cesare Beccaria, che alla cultura medioevale contrappose quella illuminista delle pene: meglio un colpevole libero che un innocente in prigione. Con lo stato sociale questo principio di civiltà si era esteso ai diritti sociali. Meglio spendere 13 miliardi in visite anche per chi non ne ha bisogno, che negare le cure a chi invece ne necessita.
Ora con le politiche di austerità il governo abbandona i principi illuministi per tornare a quelli medioevali, meglio che un malato muoia prima piuttosto che spendere dei soldi in più. L'autorità pubblica ha così potere di vita e di morte e il principio che la ispira è quello del mercato, rispetto alla cui suprema autorità, come nel Medio Evo, le persone normali non hanno più diritti personali indisponibili.
Quella dell'austerità è prima di tutto una cultura di morte
VILLA BLANC E DINTORNI:RIFLESSIONI DI SETTEMBRE
Se a volo d'uccello diamo un'occhiata al pezzo di territorio incluso tra la Nomentana, Via Sant'Angela Merici, Via Lanciani e Viale XXI Aprile, ci troviamo dentro Villa Blanc destinata a trasformarsi in sede di corsi di alta finanza a lauto pagamento per i figli della borghesia meridionale arricchita da un'economia del Sud che Saviano ha definito fallita perché a trazione malavitosa; una scuola elementare e media di Piazza Wickelmann che accoglie quotidianamente, dentro edific...i che sono una fatiscente galera fascista, 1.500 ragazzini che non hanno mai messo piede dentro il dirimpettaio magnifico parco della Villa; e, accanto alla scuola, sulla terrazza dell'edificio che ospita la Telecom, le emissioni dannose delle antenne che innaffiano di veleni ragazzini già aggrediti dai fumi del traffico che sale alle loro finestre da Via Lanciani.
Ma non disperiamo, siamo oramai prossimi all'apertura di otto parcheggi dentro la Villa, il principale dei quali sorgerà in Via Marliano proprio sotto le finestre della scuola. Che, ripeto alla noia, non è una scuola: è una prigione dell'epoca fascista assediata dal traffico, dalle emissioni nocive della Telecom - che per legge dovrebbero stare a distanza di 500 metri della scuola, e invece stazionano proprio sopra; dai parcheggi prossimo venturi di Villa Blanc, e dalla discarica di plastica e ferraglia che è diventata, grazie ai derisori veltroniani Punti Verdi per l'Infanzia, Piazza Winckelmann.
Insomma, a comandare su questa porzione di territorio del II Municipio è, sporco e inquinante, il dio denaro: della Luiss, di Telecom, del traffico d'auto, del gestore del parco giochi padrone assoluto di Piazza Winckelmann. Qui andrebbe tutto sequestrato e, nelle destinazioni e nell'uso, capovolto. Invece di essere protagonisti con i loro bisogni al centro, i 1.500 bambini della scuola sono trattati come un ingombrante impaccio.
A me, come questa città oggi funziona fa semplicemente schifo. Che gli amministratori, se realmente tali, si dessero una smossa. E cacciassero Erode.
O ne sono al servizio?
Ma non disperiamo, siamo oramai prossimi all'apertura di otto parcheggi dentro la Villa, il principale dei quali sorgerà in Via Marliano proprio sotto le finestre della scuola. Che, ripeto alla noia, non è una scuola: è una prigione dell'epoca fascista assediata dal traffico, dalle emissioni nocive della Telecom - che per legge dovrebbero stare a distanza di 500 metri della scuola, e invece stazionano proprio sopra; dai parcheggi prossimo venturi di Villa Blanc, e dalla discarica di plastica e ferraglia che è diventata, grazie ai derisori veltroniani Punti Verdi per l'Infanzia, Piazza Winckelmann.
Insomma, a comandare su questa porzione di territorio del II Municipio è, sporco e inquinante, il dio denaro: della Luiss, di Telecom, del traffico d'auto, del gestore del parco giochi padrone assoluto di Piazza Winckelmann. Qui andrebbe tutto sequestrato e, nelle destinazioni e nell'uso, capovolto. Invece di essere protagonisti con i loro bisogni al centro, i 1.500 bambini della scuola sono trattati come un ingombrante impaccio.
A me, come questa città oggi funziona fa semplicemente schifo. Che gli amministratori, se realmente tali, si dessero una smossa. E cacciassero Erode.
O ne sono al servizio?
Gian Carlo Marchesini
TRE RIGHE:IN EDICOLA IL NUMERO DI SETTEMBRE 2015
La Lupa Capitolina
Dopo la pausa estiva,torna oggi in edicola , in distribuzione gratuita,il numero di settembre 2015 di "Tre Righe le notizie e i protagonisti"
presso le seguenti edicole e librerie:
EDICOLE
Piazza Bologna
Largo Lanciani
Viale XXI Aprile/Nardini
Piazza Tommasini
Via Nomentana fronte S.Agnese
Via
S.Angela Merici
Piazza
Istria
Viale
Eritrea (Piazza Annibaliano)
Viale Libia (Piazza Emerenziana)
Viale Libia (Piazza Emerenziana)
Viale
Libia (Piazza Gimma)
LIBRERIE
Spizzichi d'autore Via Boldetti
Se esaurito ,richiedetelo scrivendo alla redazione :trerighe3@virgilio.it
24 settembre 2015
VILLA BLANC:PROVACI ANCORA COMITATO!
Duri a morire quelli del Comitato Villa Blanc,tra i cui associati si annidano quei sette facinorosi che hanno osato fare la guerra alla LUISS.Beata incoscienza dei sognatori!Ma come si fà a dichiarare guerra ai poteri forti quanto tutta la classe politica italiana che ha governato a Palazzo Chigi e al Campidoglio si è prostrata reverente alla LUISS e a tutto quello che rappresenta?Non solo gli ha praticamente regalato per una manciata di spiccioli un gioiello dell'arte liberty e un parco prezioso,ma le fornisce anche una lauta sovvenzione statale per il fatto di essere un'università privata.Praticamente una partita di giro.Indovinate chi ci rimette?Ma noi naturalmente .Ma vuoi mettere il fior fiore di manager che l'Università sfornerà gli anni a venire proprio da Villa Blanc?
Comunque i nostri "sfigati" del Comitato ci provano ancora ,inviando una lettera aperta al Sindaco Marino ed anche al mini mini sindaco del II Municipio.Sono proprio dei "capotosta".Marino non se li è filati fino adesso,non pregiandoli di un incontro e facendo finta di preoccuparsene ma poi,nei fatti,ha dimostrato che la questione di Villa Blanc "je rimbarza",come diciamo noi romani.
E allora carta e computer ed ecco l'ennesimo sollecito,l'ennesimo richiamo a una coscienza ambientalista,a una coscienza del bene comune ,a una coscienza di dover governare in nome dei cittadini e non dei poteri forti.
Quelli del Comitato non ce ne vogliano,ma pensiamo che anche questa volta il loro grido di dolore rimarrà inascoltato.E vorremmo tanto essere smentiti.
E un'altra brutta pagina sarà scritta nel libro di storia di Roma grazie al Sindaco Marino,come anche ai suoi predecessori Alemanno,Veltroni e Rutelli.
Domenico Fischetto
LETTERA APERTA A
SINDACO MARINO E PRESIDENTE GERACE:
CHE FINE AVETE
FATTO?
Ci rivolgiamo al Sindaco di Roma Marino e al Presidente Gerace del II Municipio.
Ci rivolgiamo ai seimila cittadini che hanno firmato
il nostro appello per salvare Villa Blanc da ogni manomissione indebita e, in rispetto di quanto detta il Piano
Regolatore Generale della Capitale, per mantenerla, oltreché integra, anche
quotidianamente aperta ai cittadini come le altre ville storiche comunali.
Ci rivolgiamo ai componenti tutti dei Consigli
comunale e municipale che hanno
approvato una analoga mozione, su proposta del nostro Comitato.
Ci rivolgiamo a tutti coloro che vogliono che Villa
Blanc sia aperta al pubblico.
Ci
sentiamo in obbligo di segnalare il
disappunto e lo sconcerto nel dover constatare la mancanza di un reale
impegno per tutelare i diritti dei cittadini da parte del Sindaco Marino
e della sua amministrazione.
Il
Sindaco Marino- che finora non ha mai
trovato il tempo di riceverci personalmente- aveva scritto una lettera alla
LUISS il 24 gennaio 2015 chiedendo di organizzare un incontro per discutere
insieme ai cittadini una soluzione capace di contemperare le esigenze di tutti.
Da allora non si è saputo più nulla, nonostante le nostre ripetute
richieste.
A
una pubblica assemblea organizzata il 28 maggio scorso l'Istituto
scolastico Winckelmann abbiamo avuto la presenza e il sostegno di
costituzionalisti come Paolo Maddalena e urbanisti e ambientalisti come Paolo
Berdini, e la firma di numerose personalità in calce all'appello pro Villa
Blanc da noi lì presentato, tra cui Portoghesi, Aiuti e tanti altri. Ma
finora è mancato qualsiasi
incontro/confronto tra il Sindaco e il Comitato che, insieme ad Italia Nostra, rappresenta
i cittadini sensibili alla tutela e fruizione pubblica di un bene storico come
Villa Blanc. Nel frattempo la Luiss sta completando i suoi lavori per
sottrarre definitivamente un'altra Villa storica romana alla fruizione
pubblica.
Chiediamo
ancora l'intervento urgente del Sindaco
per impedire che venga scritta definitivamente un'altra brutta pagina della
storia di questa città, di cui poi ciascuno dovrà prendersi la sua
responsabilità.
Roma 24 settembre 2015
OMICIDIO STRADALE
Aggiornamento sulla petizione
Sulle strade si continua a morire. Ma qualcosa si muove per il reato di omicidio stradale
Giannina Calissano
italia, Italia
24 set 2015 — Carissimi,
qualcosa si sta muovendo. Oggi le commissioni Giustizia e Trasporti della Camera esaminano il disegno di legge per l'introduzione del reato di omicidio stradale. Riparte quindi l'iter del disegno di legge per introdurre anche in Italia il reato di omicidio stradale, da sempre definito dal Vice Ministro dei Trasporti Riccardo Nencini una priorità.
Nel frattempo si continua a morire in incidenti stradali causati da persone che poi risultano ubriache o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Pochi giorni fa, sulle strade del Salento, hanno perso la vita due sedicenni: viaggiavano in scooter e si sono scontrati con una vettura guidata da un uomo, poi risultato positivo al test dell'alcol e della droga.
Quel terribile 26 dicembre del 2013 la mia vita e quella della mia famiglia sono cambiate per sempre. Insieme stiamo provando a cambiare le cose. Non possiamo permettere che l'abbia vinta la morte.
Grazie come sempre per il vostro sostegno
qualcosa si sta muovendo. Oggi le commissioni Giustizia e Trasporti della Camera esaminano il disegno di legge per l'introduzione del reato di omicidio stradale. Riparte quindi l'iter del disegno di legge per introdurre anche in Italia il reato di omicidio stradale, da sempre definito dal Vice Ministro dei Trasporti Riccardo Nencini una priorità.
Nel frattempo si continua a morire in incidenti stradali causati da persone che poi risultano ubriache o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Pochi giorni fa, sulle strade del Salento, hanno perso la vita due sedicenni: viaggiavano in scooter e si sono scontrati con una vettura guidata da un uomo, poi risultato positivo al test dell'alcol e della droga.
Quel terribile 26 dicembre del 2013 la mia vita e quella della mia famiglia sono cambiate per sempre. Insieme stiamo provando a cambiare le cose. Non possiamo permettere che l'abbia vinta la morte.
Grazie come sempre per il vostro sostegno
23 settembre 2015
PER GRAZIA RICEVUTA....O NO?
Tema di un bambino della scuola elementare di Brindisi.Non sappiamo se sia vera ma comunque è esilarante.
Dalla pagina facebook :Dialetto Brindisino,frasi e aneddoti"
D.F.
Il Marnetto Quotidiano : Ungherexit
Il Marnetto Quotidiano : Ungherexit
Dopo lo scandalo dei motori diesel tedeschi, si scopre che anche l'Europa produce emissioni di nazionalismo oltre il limite consentito dalla sua unione.
Dopo lo scandalo dei motori diesel tedeschi, si scopre che anche l'Europa produce emissioni di nazionalismo oltre il limite consentito dalla sua unione.
La ripartizione dei migranti - primo vero test di cessione di sovranità
nazionale - ha rilevato la resistenza di un nutrito gruppo di paesi dell'est,
che sono passati dal comunismo al capitalismo riconvertendo lo stesso
massimalismo.
La sfida in atto, così, non è sulla sostenibilità dell'immigrazione, ma
dell'unione.
Infatti, un atteggiamento di rifiuto ad oltranza dell'Ungheria e paesi
limitrofi verso le decisioni del Consiglio Europeo potrebbe provocare procedure
di infrazione e sanzioni a forte impatto politico. E persino una frattura molto
vicina ad una uscita dall'Europa. Eppure, nonostante il rischio di Ungherexit,
l'Europa non può eludere la sfida che la questione migranti ha portato ai suoi
valori costitutivi. Anzi, questo enorme problema potrebbe e dovrebbe fornire
finalmente l'occasione per avviare una riflessione sull'essenza della propria
unità. Superando il tabù dell'unanimità.
Perché è venuto il momento di capire - dopo troppi anni di preliminari
economici - se quello che ci tiene insieme è il valore di una banconota comune o
i valori di una cultura comune.
Massimo Marnetto
PRESIDIO A ROMA CONTRO IL DISEGNO DI RIFORMA COSTITUZIONALE:23 SETTEMBRE,PIAZZA DELLE CINQUE LUNE
23 settembre 2015.
|
||
Se vuoi cancellarti da questa newsletter clicca quì |
22 settembre 2015
ALEXIS TSIPRAS
Un momento della manifestazione pro Tsipras svoltasi a Roma il 3 luglio 2015 a Piazza Farnese
Le elezioni politiche svoltesi in Grecia domenica scorsa hanno registrato la netta vittoria di Alexis Tsipras insieme al più alto tasso di assenteismo mai registrato in Grecia e la buona affermazione della formazione di ultra destra di Alba Dorata.Questa netta vittoria permetterà a Tsipras di formare un nuovo governo insieme ai suoi alleati del partito nazionalista senza dover ricorrere ad alleanze di qualsiasi natura con il partito di Nuova Democrazia.I Greci hanno rimesso in mano ad Alexis Tsipras il boccino della propria sorte ,confermando fiducia. ad un uomo che ha saputo negoziare con l'Europa e salvare il proprio Paese da una catastrofe finanziaria e sociale che l'uscita dell'Unione Europea avrebbe potuto causare.Escono di scena Varoufakis e i dissidenti di Syriza che non hanno superato il blocco del 3%.Peccato ,perchè una voce critica e competente in Parlamento come quella di Varoufakis avrebbe fatto bene al governo guidato da Tsipras e alla Grecia.
Auguri alla Grecia e al governo di Tsipras da parte di Tre Righe.
D.F.
Oggi Tre Righe ripropone un articolo di Guido Viale su Tsipras sempre attuale,pubblicato nel 2013.
Tsipras, Galileo e Tolomeo - di Guido Viale.
Alcuni anni fa - eravamo già in piena crisi - dopo una
trasmissione in cui un noto economista di "sinistra", nonché
columnist di un importante quotidiano, si era a lungo diffuso sulla necessità
rimettere in moto la "crescita", gli avevo chiesto: ma
davvero pensi che l'economia italiana possa tornare a crescere a breve?
Mi aveva risposto in modo perentorio: in Italia non ci sarà più
crescita per almeno dieci anni. Da allora quell'economista-columnist ha pubblicato articoli su articoli su
come il paese può riprendere a crescere; ora, subito, ovviamente; non fra dieci
anni. A un altro economista-columnist che aveva pubblicato, insieme a un terzo
collega - successivamente risucchiato nel buco nero della lista "Fermiamo il declino" di Oscar Giannino - un articolo molto citato dove
sosteneva che, per "fermare lo spread", bisognava vendere subito
tutte le imprese di Stato, avevo chiesto, qualche mese dopo, se non avesse
cambiato idea. Perché quello che si può ricavare da una vendita simile è
irrisorio rispetto alla montagna del debito pubblico italiano. Mi aveva
risposto di sì; considerava quell'articolo un errore. Da allora ha continuato a
scrivere articoli su articoli per propugnare la vendita di tutti gli asset di
Stato. E per occuparsi meglio della cosa è diventato anche un consigliere di
Renzi.
Questi
episodi, insieme ad altre riflessioni, mi hanno convinto che gli economisti
mainstream, o la grande maggioranza di essi, non credono assolutamente in
quello che scrivono. Sanno benissimo, o sospettano fortemente, che con le loro
ricette, o soprattutto a causa di esse, le cose non possono che andare sempre
peggio. Ma allora, perché lo fanno? Perché non raccontano quello che veramente
pensano?
Il fatto è che non riescono a uscire dalla gabbia concettuale in
cui li imprigiona la loro disciplina, ormai assurta al rango di "pensiero
unico", senza più distinzioni tra "destra" e
"sinistra". Non sanno ragionare senza il puntello di categorie che
rimandano a un mondo che non esiste e non è mai esistito,
dove tutto ruota intorno a un "mercato" immaginario, eretto a supremo
regolatore del creato, e a cui istituzioni, politica, cultura, ambiente, e la
vita stessa di miliardi di esseri umani, non possono fare altro che adattarsi
(o cercare di farlo) adottando come unica regola di condotta una lotta di tutti
contro tutti. Che loro chiamano concorrenza o competitività. Però, al termine
mercato (al singolare) con il quale designano per lo più un meccanismo anonimo,
impersonale, trasparente, agìto in modo preterintenzionale da milioni o
miliardi di individui, hanno da tempo sostituito il termine "mercati"
(al plurale), che allude invece a un potere opaco - anonimo solo perché i suoi
detentori agiscono nell'ombra - concentrato in mano a pochissime entità che
dominano il mondo con la finanza. Ecco spiegata in modo semplice la loro afasia
su ciò che sta succedendo: una gigantesca espropriazione di miliardi di esseri
umani per concentrare la ricchezza in un pugno sempre più ristretto di
privilegiati. Molti di loro, in realtà, lo sanno benissimo e dietro a tanta
teoria non c'è che la difesa dell'ordine esistente, per quante critiche, peraltro
assolutamente marginali, gli rivolgano.
Ci sono molti precedenti storici di un approccio concettuale del
genere, che Marx chiamava ideologia;
ma uno è più chiaro di tutti. E' il conflitto che aveva spinto la Chiesa
cattolica e l'inquisizione a mandare al rogo Giordano
Bruno e a imporre una
ritrattazione a Galileo Galilei per difendere una concezione dell'universo
consolidata in una dottrina da cui discendeva l'immutabilità dell'ordine
gerarchico della società del tempo. Anche allora gli inquisitori di Galileo non
credevano a quello che sostenevano: per questo si rifiutavano di guardare nel
telescopio che mostrava due satelliti di Giove che "bucavano" la
sfera celeste, mettendo in forse la sua perfezione cristallina e, con essa,
quella dell'ordine sociale che vigeva sulla Terra.
Ma oggi a "bucare" i cieli del pensiero unico non ci
sono solo due piccoli satelliti, ma diversi giganteschi buchi neri. Per restare in Europa, il primo è la Grecia, il
paese-cavia degli esperimenti "correttivi" della Troika, che anche il
nostro attuale ministro dell'economia, solo tre anni fa, spacciava come
un'amara medicina che avrebbe risanato il paese. Il paese non è stato affatto risanato;
anzi, è stato condannato al rogo come Giordano Bruno. E il suo popolo è ancora
in vita solo perché sta lottando con tutte le proprie forze contro quei
famigerati memorandum; cioè contro le conseguenze di politiche che, come ci ricordava Luciano Gallino su Repubblica del 15.3,
vanno considerate un vero e proprio "crimine contro l'umanità".
Eppure quella medicina i sostenitori del pensiero unico insistono a propinarla;
la loro "scienza" non può sbagliare; d'altronde a morirne è solo il
paziente. Ma in quel cannocchiale puntato sulla Grecia, qualcuno dei nostri
economisti-columnist ha provato a guardare?
Un secondo buco nero, che non richiede nemmeno un binocolo per
essere visto, è una meteora che sta per precipitare sul nostro già devastato
paese, e su molti altri, per ridurli in poco tempo in cenere come la Grecia. Si
chiama fiscal compact e prevede per le finanze dell'Italia,
a partire dall'anno prossimo, l'esborso di circa 50
miliardi all'anno, per venti anni di seguito, per restituire
una parte cospicua del debito pubblico del nostro paese. Cinquanta miliardi che
si andranno ad aggiungere ai quasi 100 che già sborsiamo ogni anno, sotto forma
di interessi, ai creditori (privati) dello Stato italiano; soprattutto da
quando è stato realizzato il famigerato "divorzio" tra Governo e
Banca d'Italia; la quale, da allora non ha più potuto finanziare il deficit
della spesa pubblica.
Cumulando
gli interessi che lo Stato italiano ha pagato da allora, infatti, e per nessun
altro motivo, si è andato costituendo quel mostruoso debito pubblico che oggi
viene invece imputato a una popolazione saccheggiata e impoverita, che secondo
gli economisti mainstream sarebbe vissuta per anni "al di sopra delle sue
possibilità". Quel "divorzio", peraltro, ha poi fornito alla BCE
il modello dello statuto che la esclude dal ruolo di "prestatore di ultima
istanza"; e che è all'origine della maggior parte dei colpi inferti alla
solidarietà e alla solidità dell'Unione Europea. Per questo, sia detto di
sfuggita, "uscire dall'euro", posto che sia fattibile, non ci
restituirebbe certo un prestatore di ultima istanza: un'istituzione che può
invece venir reintrodotta solo con una lotta condotta a livello europeo. Bene,
in quel binocolo nessun economista-columnist sembra disposto a guardare: cioè a
spiegare da dove lo Stato italiano potrà mai tirar fuori tutto quel denaro;
ovvero quale tasso di crescita sarebbe necessario raggiungere - e subito! - per
far fronte a un impegno simile. Preferiscono discettare, incensando il nuovo
premier come avevano fatto con tutti quelli venuti prima di lui, sui due o
quattro decimali di punto percentuale su cui potrebbe giocare Renzi per far
quadrare i conti senza far arrabbiare troppo la Commissione europea. Ma può
quel che resta del tessuto produttivo italiano, non dico "crescere",
ma reggere ancora a lungo, se lo Stato destina ogni anno alla rendita un decimo
del PIL? Nessuna risposta in proposito sembra venire dai politici e dagli
economisti che stanno mandando anche noi al rogo.
Il fatto è
che per scrutare sia le viscere di quei poteri dove si accentra ormai quasi
metà della ricchezza della Terra, sia l'universo di una popolazione mondiale -
e "nel suo piccolo", italiana - proletarizzata, impoverita,
sfruttata, indebitata e sospinta ai margini di una vita decente, ci vogliono
ben altre discipline che non l'economia mainstream, di destra o di sinistra. Ci
vuole una "scienza nuova" che cancelli dalla faccia della terra tutti
i quei pregiudizi; una scienza come quella con cui Galileo aveva fatto piazza
pulita dell'universo tolemaico. O, forse, non una scienza vera e propria, con
tutti i paludamenti che accompagnano questo termine, ma un insieme di saperi
costruiti guardando in faccia il mondo com'è (e come è stato ridotto dai
cultori e dai seguaci dell'economia mainstream). Dei saperi costruiti sulle
evidenze della vita quotidiana di milioni di uomini, di donne, di vecchi e di
bambini; sui loro bisogni; sui loro desideri; e soprattutto sui loro mille
talenti: quelli che l'organizzazione sociale prodotta dal pensiero unico non fa
che calpestare giorno dopo giorno.
21 settembre 2015
GIUBILEO 2015 .....E IO PAGO!!!!!
2015 Giubileo, il 40% degli alberghi della Chiesa non paga le tasse 20 milioni di euro di contenziosi con il Comune. La denuncia dei Radicali
> COPIANDO QUESTO LINK E INCOLLANDOLO SUL BANNER DEGLI INDIRIZZI E’ POSSIBILE SCARICARE LA VIDEOINCHIESTA “GIUBILEO DELL’EVASIONE” REALIZZATA DA RADICALI ROMA CON LA DOCUMENTAZIONE OTTENUTA DA RICCARDO MAGI: http://we.tl/JhqKqSfeea
......E INTANTO CI SI PREPARA AL GIUBILEO ALLARGANDO LA DISPONIBILITA' DI SPAZIO E QUINDI ABBATTENDO GLI ALBERI.IL TUTTO A BENEFICIO DI UNA NUOVA STRUTTURA RICETTIVA ....NATURALMENTE DI PROPRIETA' DEL VATICANO DALLE PARTI DI VIA PAOLO II.
CI CHIEDIAMO:MA IL BUON PAPA FRANCESCO,QUELLO DELL'ENCICLICA AMBIENTALISTA,LE SA' QUESTE COSE?
Dalla segnalazione pervenutaci da una nostra lettrice.
Questo è il suo accorato appello:
Cara Tre Righe
Oggi hanno buttato giù un ennesimo albero....ma si può fare così?
Siamo tutti un po disperati e preoccupati sono già 18 mesi di questi scempio!
Potete fare qualcosa per cortesia?
Grazie
Francesca
19 settembre 2015
Il Marnetto Quotidiano : Zoo Europa
L'immigrazione sta imponendo all'Europa Unita di assumere un valore che ha sempre respinto: la solidarietà.
Non quella episodica, legata ad emergenze contingenti, ma quella strutturale, organizzata, finanziata e sostenibile.
Cioè, politica. Un principio che può abitare solo in una Costituzione. Che l''EU non ha voluto, per far continuare i propri cittadini a darsi del lei, con educazione e diffidenza.
Sotto la spinta dei flussi migratori, l'Europa deve decidere se unirsi davvero o sgretolarsi.
Non è più tollerabile che un esodo così intenso sia gestito come un grande gioco della scopa, dove i profughi vanno passati velocemente allo stato vicino, per evitare che ti rimangano in casa. Né possiamo trasformare l'Europa in uno zoo, pieno di stati gabbia, chiusi da reti, muri e filo spinato.
Occorre creare un un sistema integrato di asilo europeo, dove ogni ingresso, in ogni stato, preveda le stesse fasi di accoglienza: soccorso-identificazione-alloggiamento-formazione-lavoro.
Ci vogliono molti soldi, obiettano i populisti, con la ruspa parcheggiata sempre in doppia fila. E' vero, le riforme strutturali hanno bisogno di fondi strutturali. Ma è il solo modo per ottenere risultati seri nel tempo: cioè l'integrazione vera, basata sull'identità costituzionale nei valori dei "nuovi cittadini". Sempre che l'Europa decida di darsi una Costituzione.
Massimo Marnetto
IL FEMMINILE E LA CREATIVITA':PRESENTAZIONE LIBRI A VILLA BORGHESE
Domani ,20 settembre,presso la Conserva della Neve a Villa Borghese si terrà la presentazione dei libri "Cake Garden " di Monica Sgandurra e "Ladra di Piante" di Daniela Amenta.
Tre Righe ha già pubblicato il 17 maggio 2015 la recensione del libro della Sgandurra ,in occasione di una precedente presentazione all'Auditorium,a firma di Ghisi
Grütter .Rimandiamo i nostri lettori alla sua lettura.
Una buona occasione, quella di domani ,per poter partecipare per quanti fossero stati stimolati dalla recensione di Ghisi e volessero conoscere da vicino le due scrittrici.
D.F.
18 settembre 2015
Da Venezia al martirio di Palmira la bellezza non salverà il mondo di Salvatore Settis
Segnalato da Eddyburg
Non ha senso difendere la bellezza senza rendersi conto che cosa la
rende tale, poiché «non
esiste una bellezza senza qualificazioni. E la bellezza delle città non è
estenuata e vacua forma, è prima di tutto vita civile». La Repubblica, 16
ottobre 2015
LA BELLEZZA come medicina. La invochiamo sempre più spesso, contro la depressione o contro la crisi; ci consoliamo dei nostri mali ripetendo che “la bellezza salverà il mondo” (o l’Italia). Ma esiste una bellezza senza qualificazioni? Di quale bellezza, oggi, avremmo bisogno? La bellezza, si sa, è relativa. Per esempio, per il neosindaco di Venezia il bacino di San Marco è più bello se vi transita una mega-nave come la Divina.
Una nave alta 67 metri, il doppio di Palazzo Ducale, e lunga 333 metri, il doppio di Piazza San Marco. Non sono abbastanza belle, invece, le foto di Gianni Berengo Gardin, che presentano le grandi navi come Mostri a Venezia. Esposte dal Fai a Milano, le foto dovevano andare in mostra anche a Venezia, ma lo ha vietato un diktat del sindaco Brugnaro: i veneziani potranno vedere le foto (“immagine negativa di Venezia”) solo accanto al progetto di un nuovo canale per le mega-navi in Laguna (che sarebbe, dice lui, un’“immagine positiva”). Interessante idea: onde chi volesse fare una mostra fotografica sulla distruzione di Palmira dovrà affiancarla a un’altra con il punto di vista dell’Is; e una mostra di quadri sulla Strage degli innocenti non è ormai pensabile, a Venezia, senza un’altra che illustri le ragioni di Erode. Berengo Gardin è uno dei fotografi più famosi del mondo, e quelle sue foto piacciono a Ilaria Borletti-Buitoni (sottosegretario ai Beni Culturali), piacciono ai molti veneziani che il 6 settembre hanno inscenato a piazza San Marco un flash-mob coprendosi il volto con foto delle grandi navi. Ma il sindaco dice no. Quale bellezza salverà Venezia, quella dei mastodonti che incombono sul Canal Grande o quella delle foto che ne denunciano l’invadenza?
Nel suo impeccabile Liberi servi. Il Grande Inquisitore e l’enigma del potere (Einaudi), Gustavo Zagrebelsky smonta l’uso della frase “La bellezza salverà il mondo” (prelevata da Dostoevskij): essa «è palesemente una sentenza enigmatica, e invece è diventata un luogo comune, una sorta d’invocazione banale e consolatoria, una fuga dai problemi del presente». Nei nostri paesaggi e nelle nostre città, la bellezza non può darci nessuna salvazione in automatico, assolvendoci da ogni responsabilità. Al contrario, la bellezza non salverà nulla e nessuno, se noi non sapremo salvare la bellezza. Come scrive Iosif Brodskij, va evitato ad ogni costo «quel vecchio errore, inseguire la bellezza. Chi vive in Italia dovrebbe sapere che la bellezza non può essere programmata di per sé, anzi è sempre l’effetto secondario di qualcos’altro, spesso volto a fini quanto mai normali». Non fu per un’astratta bellezza, ma in funzione della cittadinanza, del potere o della fede, che si innalzarono palazzi e cattedrali; non fu per provocare estasi estetiche, ma per esprimere, in dialogo con i concittadini, pensieri sulla vita, sul mondo e sul divino, che Michelangelo o Caravaggio posero mano al pennello o allo scalpello. E se le nostre città sono belle (quando ancora lo sono), è perché sorsero per la vita civile, come uno spazio entro il quale lo scambio di esperienze, di culture e di emozioni avviene grazie al luogo e non grazie al prezzo.
Ma la bellezza “preter-intenzionale” delle città è devastata da una mercificazione dello spazio che ruota intorno a due feticci del nostro tempo, il grattacielo con la sua retorica verticale e la megalopoli in indefinita espansione orizzontale. Anche le piccole città “mimano” le megalopoli con quartieri-satellite, autostrade urbane e altri dispositivi di disorientamento. I centri storici si svuotano (il caso di scuola è Venezia), e fronteggiano un triste bivio: ora decadono a ghetto urbano riservato agli emarginati; ora, al contrario, subiscono una gentrification che li svilisce a festosi shopping centers o a enclaves riservate agli abbienti, e da centri di vita si trasformano in aree per il tempo libero, assediate da periferie informi e obese. Il paesaggio urbano diventa così un collage di suburbi, dove la distinzione fra quartieri segna una frontiera fra poveri e benestanti. Spariscono i confini della città (rispetto alla campagna), si moltiplicano i confini nella città. Il “centro storico” diventa un’area residuale, un luogo di conflitti la cui sorte dipende dagli sviluppi o dal ristagnare della speculazione edilizia, dall’andamento delle Borse, dal capriccioso insorgere di bolle immobiliari.
Eppure chi provoca tali devastazioni sbandiera invariabilmente la retorica della bellezza. Come ha scritto Brodskij (e proprio a proposito di Venezia), «tutti hanno qualche mira sulla città. Politici e grandi affaristi specialmente, dato che nulla ha più futuro del denaro. Al punto che il denaro si ritiene sinonimo del futuro e in diritto di determinarlo. Di qui l’abbondanza di frivole proposte sul rilancio della città, la promozione del Veneto a porta dell’Europa centrale, la crescita dell’industria, l’incremento del traffico in Laguna. Tali sciocchezze germogliano regolarmente sulle stesse bocche che blaterano di ecologia, tutela, restauro, beni culturali e quant’altro. Lo scopo di tutto questo è uno solo: lo stupro. Ma siccome nessuno stupratore confessa di esserlo, e meno ancora vuol farsi cogliere sul fatto, ecco che i capaci petti di deputati e commendatori si gonfiano di obiettivi e metafore, alta retorica e fervore lirico» ( Fondamenta degli incurabili, Adelphi).
La bellezza del passato è una perpetua sfida al futuro, scrive Brodskij. Ma la bellezza delle città non è estenuata e vacua forma, è prima di tutto vita civile. Perciò ha ragione papa Francesco a ricordare agli architetti che «non basta la ricerca della bellezza nel progetto, perché ha ancora più valore servire un altro tipo di bellezza: la qualità della vita delle persone, la loro armonia con l’ambiente, l’incontro e l’aiuto reciproco» ( Laudato si’ , § 150). Non c’è bellezza senza consapevolezza verso il passato e verso le generazioni future. La bellezza di cui abbiamo bisogno non è evasione dal presente: non c’è bellezza senza storia, senza una forte responsabilità collettiva.
LA BELLEZZA come medicina. La invochiamo sempre più spesso, contro la depressione o contro la crisi; ci consoliamo dei nostri mali ripetendo che “la bellezza salverà il mondo” (o l’Italia). Ma esiste una bellezza senza qualificazioni? Di quale bellezza, oggi, avremmo bisogno? La bellezza, si sa, è relativa. Per esempio, per il neosindaco di Venezia il bacino di San Marco è più bello se vi transita una mega-nave come la Divina.
Una nave alta 67 metri, il doppio di Palazzo Ducale, e lunga 333 metri, il doppio di Piazza San Marco. Non sono abbastanza belle, invece, le foto di Gianni Berengo Gardin, che presentano le grandi navi come Mostri a Venezia. Esposte dal Fai a Milano, le foto dovevano andare in mostra anche a Venezia, ma lo ha vietato un diktat del sindaco Brugnaro: i veneziani potranno vedere le foto (“immagine negativa di Venezia”) solo accanto al progetto di un nuovo canale per le mega-navi in Laguna (che sarebbe, dice lui, un’“immagine positiva”). Interessante idea: onde chi volesse fare una mostra fotografica sulla distruzione di Palmira dovrà affiancarla a un’altra con il punto di vista dell’Is; e una mostra di quadri sulla Strage degli innocenti non è ormai pensabile, a Venezia, senza un’altra che illustri le ragioni di Erode. Berengo Gardin è uno dei fotografi più famosi del mondo, e quelle sue foto piacciono a Ilaria Borletti-Buitoni (sottosegretario ai Beni Culturali), piacciono ai molti veneziani che il 6 settembre hanno inscenato a piazza San Marco un flash-mob coprendosi il volto con foto delle grandi navi. Ma il sindaco dice no. Quale bellezza salverà Venezia, quella dei mastodonti che incombono sul Canal Grande o quella delle foto che ne denunciano l’invadenza?
Nel suo impeccabile Liberi servi. Il Grande Inquisitore e l’enigma del potere (Einaudi), Gustavo Zagrebelsky smonta l’uso della frase “La bellezza salverà il mondo” (prelevata da Dostoevskij): essa «è palesemente una sentenza enigmatica, e invece è diventata un luogo comune, una sorta d’invocazione banale e consolatoria, una fuga dai problemi del presente». Nei nostri paesaggi e nelle nostre città, la bellezza non può darci nessuna salvazione in automatico, assolvendoci da ogni responsabilità. Al contrario, la bellezza non salverà nulla e nessuno, se noi non sapremo salvare la bellezza. Come scrive Iosif Brodskij, va evitato ad ogni costo «quel vecchio errore, inseguire la bellezza. Chi vive in Italia dovrebbe sapere che la bellezza non può essere programmata di per sé, anzi è sempre l’effetto secondario di qualcos’altro, spesso volto a fini quanto mai normali». Non fu per un’astratta bellezza, ma in funzione della cittadinanza, del potere o della fede, che si innalzarono palazzi e cattedrali; non fu per provocare estasi estetiche, ma per esprimere, in dialogo con i concittadini, pensieri sulla vita, sul mondo e sul divino, che Michelangelo o Caravaggio posero mano al pennello o allo scalpello. E se le nostre città sono belle (quando ancora lo sono), è perché sorsero per la vita civile, come uno spazio entro il quale lo scambio di esperienze, di culture e di emozioni avviene grazie al luogo e non grazie al prezzo.
Ma la bellezza “preter-intenzionale” delle città è devastata da una mercificazione dello spazio che ruota intorno a due feticci del nostro tempo, il grattacielo con la sua retorica verticale e la megalopoli in indefinita espansione orizzontale. Anche le piccole città “mimano” le megalopoli con quartieri-satellite, autostrade urbane e altri dispositivi di disorientamento. I centri storici si svuotano (il caso di scuola è Venezia), e fronteggiano un triste bivio: ora decadono a ghetto urbano riservato agli emarginati; ora, al contrario, subiscono una gentrification che li svilisce a festosi shopping centers o a enclaves riservate agli abbienti, e da centri di vita si trasformano in aree per il tempo libero, assediate da periferie informi e obese. Il paesaggio urbano diventa così un collage di suburbi, dove la distinzione fra quartieri segna una frontiera fra poveri e benestanti. Spariscono i confini della città (rispetto alla campagna), si moltiplicano i confini nella città. Il “centro storico” diventa un’area residuale, un luogo di conflitti la cui sorte dipende dagli sviluppi o dal ristagnare della speculazione edilizia, dall’andamento delle Borse, dal capriccioso insorgere di bolle immobiliari.
Eppure chi provoca tali devastazioni sbandiera invariabilmente la retorica della bellezza. Come ha scritto Brodskij (e proprio a proposito di Venezia), «tutti hanno qualche mira sulla città. Politici e grandi affaristi specialmente, dato che nulla ha più futuro del denaro. Al punto che il denaro si ritiene sinonimo del futuro e in diritto di determinarlo. Di qui l’abbondanza di frivole proposte sul rilancio della città, la promozione del Veneto a porta dell’Europa centrale, la crescita dell’industria, l’incremento del traffico in Laguna. Tali sciocchezze germogliano regolarmente sulle stesse bocche che blaterano di ecologia, tutela, restauro, beni culturali e quant’altro. Lo scopo di tutto questo è uno solo: lo stupro. Ma siccome nessuno stupratore confessa di esserlo, e meno ancora vuol farsi cogliere sul fatto, ecco che i capaci petti di deputati e commendatori si gonfiano di obiettivi e metafore, alta retorica e fervore lirico» ( Fondamenta degli incurabili, Adelphi).
La bellezza del passato è una perpetua sfida al futuro, scrive Brodskij. Ma la bellezza delle città non è estenuata e vacua forma, è prima di tutto vita civile. Perciò ha ragione papa Francesco a ricordare agli architetti che «non basta la ricerca della bellezza nel progetto, perché ha ancora più valore servire un altro tipo di bellezza: la qualità della vita delle persone, la loro armonia con l’ambiente, l’incontro e l’aiuto reciproco» ( Laudato si’ , § 150). Non c’è bellezza senza consapevolezza verso il passato e verso le generazioni future. La bellezza di cui abbiamo bisogno non è evasione dal presente: non c’è bellezza senza storia, senza una forte responsabilità collettiva.
Iscriviti a:
Post (Atom)