In Italia si allevano circa 8,5 milioni di maiali all’anno. Questo dato serve a dare risalto alla situazione tedesca, dove – primo paese in Europa – se ne allevano 28 milioni.
Per abbattere e indirizzare al mercato questo enorme numero di suini, ci sono oggi 28.000 aziende con circa 1000 capi ciascuna. Nel 1993 le aziende erano 264.000 con una media di maiali per allevamento (e macello) di circa 100 capi/anno.
Il processo di produzione, secondo i criteri tedeschi, è pensato in ogni minimo dettaglio: veterinario che scarta tutto quello che non è in regola con la normativa; i ganci cui si appendono le parti macellate, dotati di trasponder, che indirizzano ogni parte alla giusta destinazione.....
A questo lavoro, stressante sotto ogni punto di vista, erano dedicati lavoratori specializzati tedeschi.
L’industria della carne, è una delle più competitive e , come al solito, il successo passa attraverso alla teconolgia, alle dimensioni aziendali e, tutt’altro che ultimo, al costo del lavoro.
La tecnologia concorre a mantenere il più basso possibile, il numero dei lavoratori necessari; l’aumento delle dimensioni consente l’abbattimento dei costi fissi; il costo del lavoro è ridotto a livello di sussistenza. Il numero di addetti è , oggi, nelle aziende di maggiori dimensioni,complessivamente, soltanto di circa 8000. Ma è cambiato il tipo di lavoratore: al posto di operai specializzati tedeschi, oggi negli allevamenti/stabilimenti della Germania lavorano – tranne per le unità di gestione e controllo (super specializzate) – circa settemila (più del 85% del totale) tra rumeni, polacchi e ungheresi, con paghe circa dimezzate.
Da un poco di tempo, si avverte in Italia (non solo) il fenomeno dello “reschoring”: aziende che erano andate a produrre all’estero (oriente e Europa dell’est), tornano a casa (molti paesi - tra cui, per esempio, gli USA, danno incentivi sotto varie forme, in mancanza di rilievo speciale di marketing)
Le ragioni sono poche e molto ben visibili:
Il made in Italy paga in qualunque settore. Aziende che servono mercati “sofisticati” sono penalizzate dalla produzione all’estero.
Il differenziale tra i costi del lavoro – che compensava ampiamente la perdita di appeal - si è ridotto moltissimo e risulta penalizzante.
La tecnologia aiuta, al ritorno, non solo a ridurre il numero degli occupati, , ma anche a utilizzare manodopera meno qualificata per operazioni ripetitive; la “forza lavoro” è controllata da pochi super specializzati, con retribuzioni elevate.
Non sto a farne altri, (bisognerebbe parlare di UBER e di cose simili nel settore della ricezione alberghiera, con la trasformazione dei rapporti tra lobbies contrapposte e consumatori, ma sarebbe un discorso enorme) ma credete, spigolando nelle statistiche e nelle notizie “aziendali” se ne trovano a bizzeffe e tutti, evidenziano le stesse trasformazioni:
Riduzione del numero di aziende in ogni settore. E’ la contro deduttiva conseguenza della necessità di abbattimento dei costi, provocata dalla concorrenza spietata, che produce forme di oligopolio
Masse di lavoratori di colpo trasformate in disoccupati e altre, di disoccupati, che improvvisamente, da un’altra parte, trovano un lavoro. Le regole della concorrenza e del profitto non sono in grado di dare piena occupazione a livello globale, ma solo localmente, a seconda del grado di competitività delle diverse aree (che non necessariamente corrispondono a paesi nel loro complesso. In Italia abbiamo uno dei casi più eclatanti, con la differenza tra un sud dei caporali e in regresso e un nord ben inserito nella Europa del mercato e della finanza )
I lavori disponibili si dividono ovunque tra “lavori di massa (sempre meno massa)” e lavori super specializzati. Il primo tipo – che include la maggior parte degli occupati (anche nei servizi del terziario avanzato e non) è sempre più soggetto all’oscillazione dei mercati e ai mutevolissimi indirizzi delle suggestioni del “marketing”, per cui la frase che dichiara il “posto fisso” (cioè stabile) una chimera del passato, è una assoluta verità. La maggior parte delle popolazioni sarà cpmposta di precari, disoccupati e pensionati con pensioni inadeguate.
La ricchezza si concentra sempre di più nelle mani di tre categorie minoritarie : i lavoratori super esperti e specializzati, in ogni settore e funzione, che sostituiscono la vecchia borghesia e il vecchio ceto medio.
I “capaci” imprenditori di successo, organizzatori efficaci e dotati di spirito di iniziativa e di fantasia, sempre esistiti , ma in situazioni meno globali e mutevoli, in mercati meno concorrenziali, che producono capitali in eccesso che originano la terza categoria: quella dei percipienti delle rendite finanziarie che formano grandi ricchezze speculative e non produttive.
Per farla breve, tutto questo si traduce in una piramide della ricchezza molto diversa dal passato, in cui masse sempre più ampie di umani godono di frazioni infinitesimali di benessere e ricchezza e percentuali sempre più piccole si dividono porzioni sempre più ampie della ricchezza globale.
Questo non distingue più i paesi tra ricchi e poveri, ma all’interno di ogni paese tra classi molto abbienti (con esigue punte dominanti) e moltitudini con vite precarie e aleatorie.Questo andamento è rilevabile su scala mondiale
Penso che questo stato di cose non possa reggere a lungo. Sono però sicuro che, ancora per un certo tempo, sarà difficile capovolgere la situazione. Nel mondo, la forza delle classi dominanti che governano il capitalismo finanziario o ne traggono vantaggio e privilegi, sono in grado di proporre politiche ad hoc.
In altre parole, nella politica di tutti i paesi, nel mondo, c’è ormai un vistoso difetto di rappresentanza, che, alla lunga, qualunque siano le politiche consapevoli o no (in maggioranza inconsapevoli) dei gruppi al governo, produrrà effetti dirompenti, che già lanciano segnali vistosi, che la presunzione del sistema cui sono affiliati i politici di questa epoca, non sa interpretare:
Migrazioni che si considerano più o meno eccezionali e che invece stanno diventando strutturali (non dimentichiamo che il numero dei “migranti” nel mondo è, già oggi, di circa 60 milioni, contro quei pochi che in Europa stanno affossando l’unione liberando la incapacità di stare insieme e la stupidità crudele e fascista di molti). Dopo – o insieme – alle guerre e alle persecuzioni,ci saranno la desertificazione, la carenza di acqua, ....
Sgretolamento delle costruzioni di stati artificiosi in Africa e medio oriente, che l’occidente ha incomgruamente creato nel tempo, con liberazione di odii e crudeltà connesse.
Divorzio tra la forma democratica di stampo occidentale e il capitalismo; la finanziarizzazione dell’economia ha smontato questa conveniente convinzione che era la foglia di fico del liberismo: la finanza non ha bisogno della democrazia. Oggi i maggiori successi e la crescita - soggetta come sempre agli andamenti ciclici e tremendi del capitalismo moderno – sono di paesi in cui “dittature” di vario tipo (vedi Singapore e Cina – la domamda, alla fine di una mail, che aveva posto Josi, pretende una risposta affermativa: sì, la Cina è un grande paese capitalista) sono in sella da molto.
La tendenza presente in tutti i paesi di “democrazia” occidentale secondo i canoni liberali dell’ottocento, è verso una democrazia “formale” che nasconde una “dittatura soft” di maggioranze sbilanciate e precostituite. Checchè se ne pensi, aveva visto giusto Marcuse.
Tutto questo è soltanto l’anticipazione di un futuro in veloce, profonda trasformazione basata su “modi di produzione” oggi ancora impensabili, che ci si sforza di ipotizzare ma che è difficile prevedere con sufficente approssimazione.
Contro questa tendenza dominante della politica compenetrata al liberismo capitalistico egemone, si intravvedono segnali di risveglio di quelle aree non rappresentate dalle politiche vincenti in quasi tutti i paesi del mondo. Specialmente nei paesi occidentali, dove i contrasti sono percepiti come più stridenti, stanno nascendo forme etentativi di riconquistare rappresentanza politica, secondo peculiarità specifiche di ogni storia e cultura, a contrastare altri movimenti dettati dalla paura e ben sfruttati dai “regimi” al potere.
Syriza, Podemos, 5Stelle... con errori, incertezze, marce indietro, confusioni, ambiguità... rappresentano la profonda necessità di rappresentanza di masse senza voce.
Probabilmemnte perdenti ancora per molto, costituiscono il sedimento su cui si costruirà l’edificio di politiche nuove, qualunque sarà lo scenario futuro.
Corbin, in Inghilterra, forse – allontanadosi dal Blairismo - che ha inaugurato la stagione trasformista della sinistra europea e la sua sudditanza nei confronti del conservatorismo e persino della reazione liberista – è il primo che sta impostando una politica di sinistra non nostalgica, ma coerente. Lo ha votato più del 60% del partito laburista. Gli inglesi spesso, nel bene e nel male, sono rottamatori e innovatori molto concreti.
Puo darsi che Cameron abbia ragione a gioire, convinto di avere in tasca un altro mandato assicurato dal “suicidio” dei laburisti. Il pensiero unico è fortissimo e questi modesti politici associati al carro della finanza, possono sentirsi le spalle coperte. Se sarà così, anche Corbin sarà solo un segnale del disagio dei non rappresentati e i segnali che anticipano la fine di una era, in genere, non sono rilevati dalla modestia intellettuale dei governanti. In questo caso la transizione verso il nuovo sarà più caotica e probabilmente violenta.
Se invece Corbin ce la facesse – contro ogni speranza di reazionari, conservatori dichiarati e conservatori sotto falso nome – forse si tratterebbe non più di un segnale ma di una presa di coscienza della necessità – che ci piaccia o no – che il difetto di rappresentanza, buco della finta democrazia, sia colmato.
Qualunque sia il futuro, la dicotomia tra una politica di “destra” e quella di “sinistra”, manterrà integri i suoi pilastri.
La differenza fondamentale è stata sinteticamente e molto efficacemente riassunta nel mantra della Tatcher: non esiste la società; esistono gli individui.
Essere di destra quindi vuol dire stare dalla parte di chi ce la fa, di chi ha successo. Agli altri non sarà concessa nessuna rappresentanza politica, ma, se i “migliori” saranno benevolenti e se le esigenze del necessario consumismo lo pretenderanno, sarà garantita ai “perdenti” non una voce nel consesso di chi fa le leggi, ma l’elargizione di “provvedimenti” necessari a mantenere in funzione la macchina economica.
Compito fondamentale della sinistra è, al contrario, garantire rappresentanza alle masse sottomesse, pretendendo che in ogni settore, abbiano voce nella definizione delle leggi e facendo in modo che le ricchezze dei pochi possano essere utilizzate a favore dei più deboli.
Insomma compito di una seria politica di sinistra è fondamentalmente quello di dare rappresentanza sostanziale a quelli che hanno bisogno della “società”, riequilibrando e modificando la piramide della ricchezza, utilizzando le risorse che provengono dalla “redistribuzione dei redditi”.
C’è allora un necessario e dirimente crinale che separa la politica della destra da quella della sinistra:
la questione delle tasse, cui viene associata, in genere, quella riassunta nello slogan di destra “ meno stato più mercato”.
Forse, a questo punto, molti tra noi si accorgeranno che proprio di sinistra non sono, perchè, essere di sinistra oggi, ieri e domani vorrà dire : politica di alto livello di tassazione, che è esattamente il contrario della ripetizione, fino alla nausea, della necessità di ridurre le spese dello Stato per ridurre le tasse.
Qualunque governo non voglia mantenere un elevato livello di tassazione complessiva progressiva, ma al contrario ritenga suo compito principale liberare risorse da dedicare al “privato”, rinuncia al compito di redistribuzione del reddito, che non significa elargizione di sussidi ai meno abbienti, ma garanzia di servizi pubblici eccellenti.
Si possonno immaginare molti sistemi per ridistribuire il reddito complessivo, ma in genere saranno sistemi coercitivi. Una elevata tassazione dei redditi, con carattere di corretta progressività, rimane l’unico sistema capace di non mortificare i migliori e contemporaneamente di tarpare le ali alla speculazione reazionaria vincente (di cui gli ignari e modestissimi politici attuali sono inconsapevoli e utili sacerdoti)
Dare sussidi traendoli dalla fiscalità generale conviene alle elites economico finanziarie e non riduce lo stress delle classi dominate.
Garantire asili nido per tutti; libri scolastici gratuiti; scuole ben fatte e meglio attrezzate; trasporti efficienti, cure mediche di avanguardia, ricerca farmaceutica al servizio non del profitto ma del bisogno... risorse per un mucchio di altri servizi di alto valore sociale..... non importa affato a chi sceglie le scuole private; viaggia con mezzi propri; manda i figli negli asili per ricchi, si cura nelle cliniche private, compra medicinali dal costo proibitivo....
Oggi, qualunque governo si provi a seguire questa strada sarebbe osteggiato. Troppo forte è la presa del sistema. Per di più la stessa forza del liberismo capitalista ha frastornato persino i politici che si posizionano alla sinistra delle “sinistre finte”.: nessuno rivendica un alto livello di tassazione. Tutti si accodano al coro che recita la litania della necessità di ridurre le spese dello stato a favore della liberazione di energie nella competizione globale.
Questa è la ragione per cui la sinistra che scimmiotta i conservatori perde e, data la confusione, chi cerca di scrollarsi di dosso il sistema – con pulsioni incerte e spesso contrastanti - viene facilmente emarginato.
Essere di sinistra significa capovolgere lo slogan “meno stato più mercato” e opporsi quindi a ogni tentativo di sottomettere la politica del pubblico alle esigenze del privato, come per esempio, pretenderebbe il trattato TIIP.
Come il liberismo capitalista finanziario, il dare rappresentanza politica a chi non ne ha, con la diretta conseguenza di una efficiente redistribuzione dei redditi,è una idea sistemica di segno contrario.
Attuarla in ambiti ristretti – in uno o pochi paesi – è quasi impossibile.
Rimane il fatto che sia necessario tentare sempre, fino a che, attraverso alle sconfitte, all’affinamento dei programmi e sotto la spinta delle sempre più intollerabili disuguaglianze, le crepe nel sistema oggi egemone, non lo facciano crollare.
In tutto questo giocherà un ruolo determinante l’andamento demografico del mondo. Questa variabile, in qualunque direzione si muova, complicherà enormemente gli scenari, specialmente delle politiche di destra, che infatti sono già adesso confuse.
Umberto Pradella
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