TAXI TEHERAN
Jafar Panahi.
Cinema come simbolo
di libertà
Vincitore dell’Orso d’Oro all’ultimo festival di Berlino,
"Taxi Teheran" è un film iraniano diretto e interpretato da Jafar
Panahi. Questo regista è stato condannato dal suo governo a non poter girare
film per vent’anni perché ritenuto colpevole di fare propaganda anti-regime.
Ciononostante Panahi riesce a girare in clandestinità. Ne è un esempio questo
film in cui lui stesso si finge autista di un taxi collettivo e, fissata una
telecamera sul cruscotto, riprende tutti i personaggi che salgono sulla sua
auto e le loro conversazioni. Idea di per sé non
originalissima poiché le confidenze ai tassisti hanno sempre stimolato la
fantasia di registi più o meno impegnati politicamente.
"Taxi Teheran" è un esempio di cinema militante che fa
riflettere. Sembra che le persone in taxi affrontino vari temi comi, ad
esempio, quelli dei reati e delle loro punizioni con posizioni anche
diametralmente opposte. Una maestra elementare, infatti, discute con un giovane
sedicente ladro, sull’eccesso della pena di alcuni piccoli furtarelli che lei
interpreta più come segno di disperazione che come un vero e proprio reato. Una
giovane avvocatessa, poeticamente e simbolicamente rappresentata sempre con un
mazzo di rose rosse, difende i diritti delle donne cui è vietato perfino
accedere allo stadio sportivo, crimine punibile in Iran con la detenzione! Un
piccolo trafficante di DVD mette insieme film non ancora usciti a film non
distribuiti in Iran giudicati troppo “occidentali” e democratici. Una donna in
lacrime accompagna il marito ferito che nel tragitto vuole filmare il suo
testamento. Smatphone, macchina fotografica e telecamera sono oggi dunque tutti
mezzi della memoria che captano la realtà e il volere delle persone.
Non è mai chiaro il limite tra finzione e realtà. Il mio dubbio,
infatti, è proprio su questo, il film non è uno “specchio segreto” perché c’è
un disegno dietro, una costruzione, ma non è neanche sufficientemente chiarificatore
perché spiega poco e affronta troppe poche cose, richiudendosi più su simboli
di libertà. Alla fine il film risulta interessante ma sicuramente non dei
migliori di Jafar Panahi.
Ghisi Grütter
Ghisi Grütter
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