12 settembre 2015

Recensione film:VIAGGIO A TOKYO di Yasujro Ozu


 Locandina Viaggio a Tokyo

Dalla campagna alla città

 

Questo film in bianco e nero è considerato tra i primi tre più belli e più importanti del Novecento, anzi secondo la prestigiosa rivista cinematografica britannica “Sight & Sound”, il più bel film dell’intera storia del cinema. La pellicola è del 1953 ma in Italia uscì soltanto negli anni ’60; attualmente è stata restaurata ed è proiettata a Roma in questi giorni.

Onomichi è una piccola cittadina di mare nella prefettura di Hirochima, dove vivono Shukichi e Tomi, una coppia di sessantenni (Chichu Ryu, Chiyeko Higashiyama) con Kioko, la loro figlia più piccola (Kyôko Kagawa). Decidono finalmente di andare a trovare i figli grandi a Tokyo e di vedere così per la prima volta questa grande città. Ospiti a turno di Koichi, il figlio medico (Sò Yamamura) e di sua moglie Fumiko (Kuniko Miyake) poi di Shige (Haruko Sugimura), la figlia parrucchiera, si rendono conto di essere di impiccio perché i figli sembrano non avere tempo né per far loro conoscere i luoghi della città, né per stare con loro. Soltanto Noriko (Sestuko Hara), vedova da otto anni di Shoji, il loro figlio morto in guerra, si dimostra affettuosa e contenta di stare in loro compagnia. Così i figli pensando in qualche modo di sdebitarsi offrendo alla coppia un soggiorno ad Atami, una località termale e di vacanza non troppo lontano da Tokyo dove invece, i genitori non si trovano affatto bene - un posto troppo mondano e rumoroso - e decidono di tornarsene a casa. Il ciclo delle stagioni della vita si conclude con la morte della madre e l’arrivo tardivo a Onomichi dei figli che riescono a raggiungerla quando lei è ormai in coma.

Nel “viaggio a Tokyo sono presenti tutti i temi cari al regista il quale riscontra nel dopoguerra, un grande cambiamento sociale che incrina la famiglia giapponese e crea incomunicabilità tra le generazioni. Per contro gli elementi positivi mostrati nel film sono l’amore dell’anziana coppia e la disinteressata generosità d’animo della nuora.

Il punto di vista della ripresa è sempre molto basso – la macchina da presa a fil di pavimento - per rappresentare meglio la gran parte della vicenda che si svolge negli interni. La città è più allusa che raccontata talvolta, s’inquadra soltanto la fabbrica. Perfino la stazione ferroviaria è vista come una grande sala d’aspetto affollata. Un film è delicato dove s’intuisce soltanto l'influenza negativa della vita urbana sui rapporti umani e dove ristagna la solitudine. Il film si apre con una panoramica sui tetti della cittadina poi, da sinistra, entra un treno seminascosto fra le casette mentre i panni stesi sulle file ad asciugare sventolano al vento causato dal suo movimento. 

Molti sono i registi che si sono rifatti a Ozu: Wim Wenders nel 1985 gira Tokyo-Ga, un film omaggio al grande regista giapponese morto nel 1963, alla ricerca dei suoi luoghi e con l’obiettivo di testimoniare la trasformazione della città diventata ormai metropoli.

 
Ghisi Grütter

 

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