Abbiamo detto già molte – troppe – volte che “il tempo è ora”.
Dobbiamo dire oggi che “siamo già oltre”.
1. Per questo dobbiamo prendere noi, e dobbiamo chiedere a tutti i nostri interlocutori politici, sociali e a importanti personalità, un PUBBLICO IMPEGNO, solenne, convinto, a dare concretamente inizio al processo costituente di una forza e di una soggettività politica nuova che abbia – come abbiamo ripetuto fin dalla nostra nascita - l'ambizione di essere alternativa al quadro politico esistente, a quello delle larghe intese tra popolari e socialisti in Europa, e a quello italiano in cui il renzismo ha ormai cancellato non solo le figure ma il concetto stesso della tradizione di sinistra.
Spetta a noi, che ci siamo posti fin dall’inizio il problema della rappresentanza politica come nodo cruciale della crisi di sistema italiana, la responsabilità, grande, di lavorare per superare l’ostacolo dei molteplici progetti concorrenziali a sinistra e creare le condizioni di una coalizione politica e sociale capace di competere – come in Grecia e in Spagna - per una reale alternativa di governo.
Dovrà essere – pena un fallimento che sarebbe ora senza appello – un processo partecipato e democratico, ampio, includente, capace di coinvolgere la moltitudine estesa di chi non sopporta più lo stato di cose esistente e non vuole limitarsi alla testimonianza.
L’adesione a esso di tutte le esperienze organizzate che si muovono alla sinistra del PD ne è la condizione necessaria, perché senza un segnale di superamento dell’attuale frammentazione non c’è credibilità. Ma non sufficiente, perché senza la costruzione di una road map fatta soprattutto di lotte e mobilitazioni, e senza un radicamento sociale, non si uscirebbe dall’ambito penitenziale della irrilevanza.
Per questo il “tavolo” con cui lavorare dovrà essere ampio, molto più esteso di noi, di quello costituito dalle sole forze politiche organizzate e dei nostri tradizionali interlocutori. E non dovrà stare nel chiuso di una stanza, ma estendersi ai “luoghi della vita” e ai territori. In quella sede si definiranno le tappe e le caratteristiche del processo costituente, che non potrà ricalcare le forme verticistiche e pattizie di esperienze come "Sinistra Arcobaleno" o "Rivoluzione civile", ma riprendere l'ispirazione che ci ha unito nel progetto dell'Altra Europa con Tsipras.
Ma da subito la nostra parte la dobbiamo fare. Abbiamo il dovere di lanciare, ancor prima di agosto, un messaggio chiaro e forte: che ci siamo. Che partiamo. Che possiamo farcela. Lo dobbiamo ai tanti che aspettano da troppo tempo. Lo dobbiamo ai greci, lo dobbiamo ai migranti lasciati sugli scogli, lo dobbiamo a chi ogni giorno è umiliato da questo governo. Per questo lavoriamo perché già a luglio ci sia un segno tangibile che il processo si è messo in marcia.
Facciamo sì che sia un “percorso del fare”. Individuiamo fin d’ora nell’iniziativa referendaria sui temi e le lotte più vicini alla vita delle persone un terreno su cui impegnarsi da subito. Impegniamoci a costruire su ogni tema la più larga rete di soggetti, che già ci sono, e già sono attivi, in primo luogo sui temi della scuola e del Jobs Act, dello Sblocca Italia, dell'Italicum, delle controriforme costituzionali.
Costruiamo questo processo in una cornice esplicitamente internazionale: lo si dichiari fin d’ora inscritto nello spazio europeo in cui muovono forze che come noi si battono, a cominciare da Syriza e Podemos, con le quali giungere a esplicite dichiarazioni d’intenti comuni.
Pensiamo sia necessario costruire un unico soggetto alternativo al PD e che faccia riferimento al GUE sul terreno europeo. Anche per questo motivo riteniamo necessario avanzare una proposta sul terreno della forma politica. La nostra casa comune deve tenere insieme forme diverse del fare politica, dell'agire sociale e culturale, della costruzione della rappresentanza, della democrazia diretta, della partecipazione e costruzione del conflitto e delle pratiche mutualistiche. Dunque non un partito unico ma una casa in cui stiano insieme molteplici forme di attivazione e di adesione. Ci prefiggiamo di costruire una nuova modalità dell'agire collettivo e della costruzione della decisione sulla coalizione sociale, politica e culturale.
2. I nostri tempi di azione e di discussione sono drammaticamente inadeguati rispetto alla velocità vertiginosa con cui procedono le cose del mondo che ci sta intorno. Dell’Italia. Dell’Europa.
Dai giorni della nostra assemblea di Roma, lo scenario è già cambiato. In peggio.
Lo sapevamo che l’Europa – la quale da quando siamo nati è sempre stata lo spazio di riferimento della nostra identità e del senso della nostra azione politica – doveva essere cambiata alle radici. Che lì stava la radice della crisi, e dal suo rovesciamento dipendeva la possibilità di sopravvivere a quella crisi. Ma l’Europa come si rivela oggi – l’Europa finita che si mostra senza vergogna – va oltre ogni più cruda visione e pre-visione.
L’Europa che muore l’abbiamo vista a Ventimiglia, a Milano, a Roma Tiburtina – in quei mucchi di cenci trattati come rifiuti e che sono invece umanità.
La vediamo nelle immagini dei vertici di lusso, con le facce patinate dei Commissari che stringono la garrota al collo della Grecia.
Un continente che non sa più dare speranza a nessuno, né a quelli che vengono qui da lontano, né a quanti vi abitano e vi soffrono, è già morto. Comunica un senso di morte che cancella la storia. E la politica. E umilia il pensiero.
Dà il segno di una bancarotta insieme antropologica e politica.
Dobbiamo entrare in quest’ordine d’idee. Per la prima volta è diventato immaginabile, e forse anche possibile, un cedimento strutturale della costruzione europea – finanziario o politico. Viviamo una condizione eccezionale – uno “stato d’eccezione” e di pericolo come mai dopo la seconda guerra mondiale. Per il fallimento verticale delle élite. Per la dissoluzione, rapidissima, delle tradizionali culture politiche (particolarmente drammatico il dissolvimento delle socialdemocrazie). Per l’imbarbarimento antropologico che dilaga. Per il sadismo nei confronti della parte più fragile delle proprie popolazioni, imposto da un’applicazione ottusa e feroce del dogma neo-liberista.
A ogni tornata elettorale nazionale o locale la mappa si fa più chiara: un centro neoliberista che ha ormai assorbito quasi senza resistenza le tradizionali social-democrazie, circondato da un’ondata di protesta e di rifiuto in chiave populista che soprattutto a nord e a est assume il colore fosco della xenofobia e del razzismo. Solo sul versante mediterraneo, in Grecia e in Spagna (oltre che in Irlanda), la resistenza si esprime con forme di radicalità democratica e solidaristica.
Il che ci dice che l’unico antidoto in grado di resistere alla deriva fascistoide e alla mobilitazione del disumano dentro la crisi europea è l’esistenza di una sinistra forte, radicata e radicale, determinata e con chiarezza alternativa all’intero paradigma neo-liberista. Siamo convinti che la costruzione di una sinistra radicata, popolare e capace di raccogliere consenso, oggi si possa costruire nella radicale alternatività, a tutti i livelli e per ragioni diverse al PD e alle destre. Alternatività non solo a livello elettorale, a partire dalle prossime competizioni amministrative, ma anche nelle pratiche politiche, nella riconnessione di sociale e politico per modificare i rapporti di forza e sulla questione morale.
Per questo la nostra responsabilità è oggi enorme. Nel contribuire alla formazione di quella nuova coalizione sociale e politica a dimensione europea – a cominciare dall’asse Mediterraneo – capace di alimentare vere e proprie lotte di liberazione, europee e nazionali, contro l’austerità e la Troika, com’è nel nostro progetto originario. Sul terreno sociale, politico e culturale, per contrastare la deriva xenofoba, razzista e oscurantista che si registra sul terreno del consenso e del senso comune. La dimensione europea è e deve essere per noi fondativa della costruzione del soggetto unitario.
La costruzione anche in Italia di una AAA (Alleanza contro le politiche di austerità) è un punto fondamentale per la realizzazione della mobilitazione del prossimo autunno, così come pensiamo sia fondamentale. Che Altra Europa promuova iniziative unitarie sui nodi cruciali del rapporto Europa-Italia: dal TTIP che determinerebbe un ulteriore processo di deregolamentazione a scapito della sovranità popolare, alla questione dei/delle migranti, per noi cruciale perché si parla della possibilità o meno che questa UE resti umana, alla questione dei diritti di libertà e dei diritti civili di donne e uomini. È evidente che la nostra alternatività al socialismo europeo come responsabile delle politiche di austerità e al PD che le incarna in Italia, si fonda su questioni politiche dirimenti.
3. Renzi oggi è più debole. Ma proprio per questo più pericoloso (la vicenda della scuola insegna): da una parte continua a picconare quanto rimane dei residui culturali e istituzionali di quella che un tempo era la sinistra, dall’altra alimenta con la propria azione e i propri fallimenti in campo economico i peggiori sentimenti di chi risponde a una condizione sociale bloccata nella crisi accodandosi alla peggior destra fascistoide alla Salvini. E noi siamo spaventosamente inadeguati. Noi, TUTTI.
Se un dato è emerso chiaro dalle recenti elezioni amministrative è che oggi, a sinistra, non c’è salvezza per nessuno al di fuori di un processo unitario che superi, rapidamente – bisognerebbe dire istantaneamente – l’attuale frammentazione e il messaggio d’impotenza che trasmette. Le uniche realtà in cui si sono ottenuti risultati positivi – tali cioè da dimostrare che esiste una forza in campo, in grado di dire che “si può” senza rischiare l’assoluta irrilevanza, come la Toscana e la Liguria – sono quelle in cui si sono presentate liste chiaramente unitarie e anche, in qualche modo, capaci di comunicare qualche segnale, sia pur timido, di innovazione.
D’altra parte la geografia politica emersa da quel voto, e resa cogente dall’Italicum, in particolare dal sistema del ballottaggio, strutturata su un tripolarismo con PD, 5Stelle e destra ad egemonia salviniana tutti in competizione per il premio al ballottaggio, ci costringe a mettere in campo, in fretta, una proposta che faccia da quarto incomodo, pena l’evaporazione di tutta la nostra area nella logica del voto utile (questa volta non più tanto al PD quanto ai 5 stelle) o nell’astensione. Esigenza resa tanto più impellente dall’accelerazione in senso xenofobo e imbarbarito delle posizioni sui migranti, di cui la volgare e disgustosa uscita di Grillo è un segnale inquietante (la corsa all’elettorato di destra è partita, e sarà feroce, nel nome della difesa degli interessi degli italiani).
Abbiamo la responsabilità di costruire un’alternativa politica ed elettorale efficace e credibile al PD renziano che ha indubbiamente perso la propria “spinta propulsiva”, ma che continua a occupare prepotentemente lo spazio politico italiano e a proseguire l’azione di manomissione della democrazia e di disgregazione della società che l’ha caratterizzato fin dall’inizio. Sempre più chiaramente il renzismo è l'ultima tappa nella perdita di senso del Paese: per questo non solo va fermato, ma contrastato con un’alternativa chiara, di governo e di sistema.
Altra Europa con Tsipras
approvato dal Comitato Nazionale il 21/6/2015