Dall’11 al 27 giugno, nell’elegante galleria ANDRÈ di via Giulia al
numero 175, trova posto una inusuale mostra di Andrea Barzini e Silvio
Pasquarelli. Il primo è regista e sceneggiatore, rampollo di una famiglia
ingombrante (descritta in “Una famiglia
complicata” del 1996), il secondo è nato e cresciuto nell’ambiente romano
di architettura e di pittura. Un nuovo connubio, un’intesa platonica o un amore
senile? Andrea Barzini e Silvio Pasquarelli si sono incontrati a 60 anni ormai
compiuti e si sono piaciuti: si sono scambiati idee, opinioni, creatività e
sensibilità. Hanno lavorato per mesi gomito a gomito elaborando insieme queste cinque
statue quali effigi ironiche di una postmodernità.
In una stanza avviene la “presentazione” delle due identità separate, per
Barzini il riferimento è la Beata Ludovica Albertoni (sciattamente conservata
in S. Francesco a Ripa a Roma) disegnata più volte, fonte d’ispirazione,
modello di espressione, icona di movimento. Per Pasquarelli è il quadro con la calle,
un fiore che è fonte di grazia e di eleganza, elemento costante e ripetuto per molti anni nel suo repertorio
iconografico.
Più barocco il primo, più metafisico il secondo, Andrea e Silvio hanno unito
i loro sforzi con lo scopo di usare le plastiche in “modo proprio” e
nobilitandole. Ciò che è impressionante è questo lavorare all’unisono,
comporre, incollare in modo che le due personalità si fondano in un’altra. Giochi,
memorie, funzionalismi tutto è utilizzato – non riciclato – nei colori vivaci,
nella serie ripetuta. Le 2500 forchette gialle hanno il compito di illuminare
il volto del manichino che celebra l’estate mentre le figurine di soldatini
costituiscono il camouflage del
manichino della guerra. I materiali sono tutte reliquie del moderno:
detersivi americani, tappi, soldatini, ciucci, tubi, contenitori, palloncini e
quant’altro e vengono usati per queste teste di statue romane che ricordano i
busti di marmo di Villa Borghese, del Pincio, del Gianicolo…probabili luoghi
dell’infanzia e della giovinezza degli autori.
Interessante sono i miti scelti per farne statue, da un lato la donna-felicità
e dall’altro il Re Sole. A Grace Jones è
dedicata una composizione, una regina
musicale tra gli artefici della fusione tra la disco-music e il reggae. A Grace si devono molte rivisitazioni anche di evergreen:
il suo maggiore successo è la versione del 1978 de La vie en
rose di Edith Piaf.
Per giovedì 18 luglio,
sempre nella galleria ANDRÈ
alle 18.30, è prevista la lettura dei testi da parte degli amici e artisti
hanno contribuito ad arricchire il catalogo: Luisa Brancaccio, Eleonora Danco,
Francesco Gallo Mazzeo, Antonella Greco, Alessandra Mauro e Antonio Romano.
Ghisi Grütter
Rivedersi negli occhi attenti di qualcun altro è sempre utile, grazie. Andrea Barzini
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