Con Michael Caine, Harvey Kartel, Rachel Weisz, Paul Dano,
Jane Fonda.
Nella Kurhaus
Devo dire che ho trovato il film di
Sorrentino piuttosto noioso. Se non fosse stato per la recitazione strepitosa
di Michael Caine forse non avrei aspettato neanche la fine…
L’idea non è male e l’inizio si prospetta promettente. Il
regista intende osservare l’invecchiamento di una serie di persone arrivate all’apice
del successo in settori diversi: il compositore e direttore d’orchestra - ancora
richiesto a tutt’oggi nonostante si sia ritirato dalle scene - il regista in
cerca di un suo ultimo film, l’ex calciatore ormai disfatto in una palese
caricatura di Diego Maradona. Tutti questi personaggi – che Sorrentino cerca di
sfaccettare come persone - arrivano a una conclusione del loro percorso nel
bene o nel male in una lussuosa Kurhaus a dir meno “poco affollata” località
sciistica nelle Alpi svizzere. Completano il quadro alcuni giovani lì per caso,
come l’attore che dovrebbe interpretare Hitler o la figlia e assistente del
direttore d’orchestra appena abbandonata inspiegabilmente dal marito (…e che
nonostante sia più che quarantenne dorme con papà neanche le mancassero i soldi
per una stanza tutta sua…). Sono presenti inoltre una massaggiatrice con
l’apparecchio ai denti solitaria ballerina e di poche parole, un barbuto
scalatore in cerca di compagnia e, in una piccola apparizione, la bravissima
Jane Fonda che interpreta la parte di una vecchia attrice sboccata e di modeste
origini. Il resto è edonismo manierato
alla Sorrentino: sommatorie di immagini che con movimenti di macchina lentissimi si avvicinano al
soggetto/oggetto e, sempre troppo lentamente, se ne allontanano.
Una musica bellissima inframezzata da lunghi silenzi a loro
volta inframezzati qua e là da monologhi più che dialoghi. Bella è la scena del
concerto delle mucche svizzere, quasi uno spot pubblicitario.
Tra una riflessione sul cinema e il suo eventuale declino (o
il declino del regista?) tra un senso di colpa verso mogli tradite o figli
trascurati, si va avanti senza avere la più pallida idea di quante ore il film
potrebbe durare. Un’ora in meno gli avrebbe sicuramente giovato.
Ghisi Grütter
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