5 giugno 2015

UNA NUOVA IDEA DI ROMA DALLE CENERI DI MAFIA CAPITALE



La crisi esplosa con le due inchieste “Mafia Capitale” rappresenta un’irripetibile occasione per affermare una nuova idea di città, nella quale tornino a essere centrali l’efficienza dei servizi ai cittadini, la trasparenza nelle procedure amministrative e il rigore nell’impiego delle risorse.
Sbaglia chi riduce quanto accaduto in questi anni a Roma a un problema di “mele marce”: a essere malato è infatti un intero sistema, strutturato e organizzato per rendere possibile la degenerazione criminale dell'amministrazione.
Un sistema incentrato su meccanismi e protagonisti tuttora in piedi: è ancora pienamente attivo il sistema clientelare trasversale e radicato che continua a difendere con i suoi referenti in consiglio comunale le aziende fallimentari, le assunzioni indiscriminate, gli affidamenti a terzi di servizi senza verifica sui costi e senza indicatori di efficacia e di efficienza delle prestazioni erogate. Così come sono ancora al proprio posto gli alti dirigenti del Comune che non hanno vigilato sulla regolarità e la correttezza dell’attività amministrativa, nonostante i precisi compiti di controllo assegnati loro dalle leggi varate alla luce degli scandali degli anni scorsi proprio per contrastare e prevenire la corruzione negli enti pubblici. Non ultimi, sono ancora intatti i grandi poteri romani che hanno determinato le scelte strategiche sbagliate sulle opere miliardarie e incompiute.
La “mafia capitale” è il prodotto della cooperazione tra questi nemici degli interessi collettivi e la criminalità comune: un sodalizio che nei decenni ha trasformato l’emergenza in prassi consolidata, allo scopo di elargire denaro pubblico non per risolvere i problemi della città, ma per rafforzare ed estendere il proprio potere. Il risultato di questo meccanismo è sotto gli occhi di tutti: Roma è la città in cui i cittadini pagano le tasse più alte d’Italia ricevendo in cambio servizi tra i peggiori.
L’onestà, però, non basta: per scardinare questo sistema e ripristinare la legalità non è sufficiente fare pulizia di corrotti e corruttori. Occorrono invece profonde riforme strutturali, che rimuovano gli elementi grazie ai quali il potere romano ha potuto consolidare la propria posizione nel corso dei decenni: riforme attese da tempo o del tutto innovative, che esprimano una visione diversa di governo della città e che abbiamo riassunto nei seguenti punti:
LE ANAGRAFI CONTRO LA CORRUZIONE E GLI SPRECHI: è urgente predisporre strumenti di controllo che siano legati ai risultati gestionali e alla qualità dei servizi, creando una anagrafe pubblica delle società partecipate, con obiettivi e verifiche periodiche, e implementando sia l’Anagrafe pubblica degli Eletti e dei Nominati che quella dell’Anagrafe Pubblica degli Appalti: misure non realizzate o mai concretamente applicate, nonostante la “legge anticorruzione” e le più recenti norme sulla trasparenza, non consentendo ai cittadini un efficace controllo sull’operato dei loro rappresentanti e sui criteri con cui vengono impiegate le risorse. L’obiettivo di queste proposte è indicare adeguati strumenti di trasparenza, efficienza ed economicità;
NO AGLI IMMOBILI REGALATI AGLI “AMICI”, SÌ AL CO-WORKING CIVICO: in alternativa alla concessione di immobili di proprietà comunale a soggetti politici, sindacali o che svolgono attività di utilità sociale in comodato gratuito o con canoni irrisori, l’Amministrazione deve realizzare spazi dotati di servizi aperti all’uso condiviso di una molteplicità di soggetti civici nell’arco delle 24 ore, quale modello per superare le logiche che in questi decenni hanno difeso rendite di posizione e rapporti clientelari anche nell’attribuzione degli spazi pubblici. Come primo passo in questa direzione, deve essere messa a punto un’Anagrafe Pubblica degli immobili concessi a qualsiasi titolo da Roma Capitale a realtà politiche, sindacali e associative;
MESSA A GARA DEI SERVIZI PUBBLICI: è necessaria una riforma complessiva del sistema attraverso la messa a gara di tutti i servizi attualmente gestiti “in house” dalle aziende del Comune e la dismissione di quelle che, non fornendo servizi pubblici essenziali, hanno finito per essere solo strumenti di favori e consenso per i Partiti oltreché, spesso, non rivestendo alcuna utilità per i cittadini romani. Promuovere un assetto concorrenziale nell'offerta dei servizi pubblici ha l’obiettivo, tra gli altri, di accrescerne economicità ed efficienza. Contestualmente si propone di prevedere meccanismi istituzionali e strumenti per la valutazione e il controllo da parte degli utenti della qualità dei servizi comunali, di implementare lo scorporo dei servizi di progettazione dall’appalto delle opere nelle gare, con di obbligo supervisione dei lavori da parte dei progettisti a garanzia del rispetto delle opere realizzate, di promuovere maggiore trasparenza nell’affidamento dei servizi di progettazione eliminando l’obbligo di procedura negoziata sotto soglia, di istituire di un Albo fornitori on-line di servizi e forniture basato su parametri qualitativi e non solo quantitativi, con evidenza degli appalti aggiudicati e dei criteri;
LIBERTÀ DI SCELTA NEI SERVIZI ALLA PERSONA E FAMIGLIA: occorre un nuovo sistema di erogazione dei servizi alle persone disabili, non autosufficienti e all’infanzia basato sull’autodeterminazione del cittadino utente, sulla sua libertà di scelta e sul calcolo del costo reale dei servizi, anche favorendo la creazione di cooperative di utenti, per metter fine alle mediazioni che creano illegalità, bassa qualità e lunghe liste d’attesa;
CONVERSIONE DEI 1,7 MILIARDI DELLA SECONDA TRATTA DELLA METRO C IN UN PIANO DI METRO LEGGERA: è necessaria l’elaborazione di un piano strategico di interventi da avviare nei prossimi tre anni di sindacatura a partire da un profondo ripensamento sulla Metro C, principale opera strategica italiana, alla luce della totale sproporzione tra utilità pubblica e onere finanziario che essa comporta e delle risorse e delle progettualità che sottrae ad altri possibili interventi, con abusi e illegalità su cui stanno indagando la magistratura ordinaria, contabile e l’Anticorruzione. Riteniamo urgente avviare un dibattito nelle sedi istituzionali del Campidoglio per arrivare a un piano alternativo di conversione delle risorse già accantonate per la seconda parte della Metro C in infrastrutture leggere, sostenibili e realmente realizzabili;
CONVERSIONE DELLE GRANDI OPERE PER INTERVENTI STRATEGICI E REALIZZABILI: oltre alla Metro C, tutte le grandi opere che sono state concepite negli ultimi anni all’interno di questo sistema vanno riconvertite per evitare che continuino a danneggiare l’interesse pubblico. Dalle Vele di Calatrava all’autostrada Roma-Latina, dalla Nuvola di Fuksas alla Nuova Fiera di Roma, dalla vecchia Fiera di Roma all’ex Velodromo e allo stadio Flaminio, diversi cantieri cittadini vivono in stallo tra profonde incertezze, errori progettuali, debiti finanziari enormi. Roma rappresenta un gigantesco capitolo di spesa per le casse nazionali, ma non offre una visione complessiva di città e non possiede alcun contatto con il futuro delle produzioni più avanzate: è necessario che la politica e l’amministrazione avviino una discussione seria, e che la Giunta presenti un piano strategico per le grandi opere che preveda anche la conversione di progetti ormai superati, attraverso seri studi di fattibilità che valutino costi e benefici in un’ottica di medio/lungo termine;

LEGALITÀ E CONTROLLI PER SUPERARE L’EMERGENZA ABITATIVA: nella Capitale l’emergenza abitativa, esattamente come l’emergenza nomadi, è stata creata e viene alimentata ad arte, consiliatura dopo consiliatura, esclusivamente allo scopo di creare un enorme bacino clientelare. Secondo i dati interni al Comune, se si rispettasse la legge facendo uscire dalle case popolari chi non ne ha diritto perché ha un reddito troppo alto o ha altre case di proprietà, si azzererebbe immediatamente la graduatoria del 2010 ancora pendente.
STOP ALLA POLITICA DEI CAMPI ROM: è ormai chiara la necessità di abbandonare la “politica dei campi rom”, veri e propri luoghi di prigionia fisica, culturale e sociale, e di adottare il piano nazionale di inclusione, che sottrarrebbe denaro e potere alle clientele degli appalti distribuiti con logiche criminali, a beneficio di un processo di reale integrazione e con un considerevole risparmio di denaro pubblico; come primo passo, occorre l’istituzione di un “ufficio di scopo”che possa realizzare il piano, prevedendo percorsi di accompagnamento individuale e coinvolgendo le famiglie rom nella loro inclusione sociale, secondo un preciso cronoprogramma che porti alla chiusura degli insediamenti e alla conversione delle risorse in progetti di utilità sociale

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