26 luglio 2015

I racconti di Tre Righe :IL GENERALE di Giuseppalfonso Mascolo

 
 
 
                                               Una veduta di Sabaudia
 
 
La Pontina come tutti i fine settimana è sempre molto trafficata e nonostante sia un buon guidatore, ho qualche difficoltà a seguire, senza farmi notare, il generale.
Un anziano play boy che da tre mesi mi costringe a girare per Roma e provincia ed ad assistere alle sue grottesche performance con una grandissima gnocca bulgara di 30 anni, un metro e settantacinque di viagra vivente. L’ha incontrata durante un concorso ippico ai Castelli romani,  dopo che mezza Roma aveva avuto con lei incontri molto approfonditi e se ne era innamorato perdutamente con l’incoscienza dei suoi 65 anni.
Non capisco perché io, ex maresciallo dei CC, cinquantenne e belloccio, con il fascino discreto dello 007, debba sempre far parte dell’altra mezza Roma…  Prima o poi dovrò convincermi di essere uno sfigato!
      Come sempre, il nostro si ferma a Sabaudia nell’hotel “Irma”,   un posto splendido con una spiaggia da Maldive, molto simile a quella di Ladispoli dove vado invece io d’estate, con la famiglia accompagnato da suocera e canarini.
Roba da pazzi, anzi devo ricordarmi di telefonare allo stabilimento Iole per confermare la cabina e l’ombrellone per il mese di agosto, allo stesso prezzo dell’anno scorso.
Non é molto originale il generale, sempre la stessa stanza, lo stesso ombrellone vicino al quale, casualmente è sempre presente la “sua” bulgara con due gambe abbronzate che mi ricordano quelle della Arcuri, identiche alle gambe di mia moglie Enrica, altezza 1,50, origini meridionali, coscia alta come il bordo del marciapiede…
Ma lo tsunami non arriva mai a Ladispoli ?
Mi distendo al sole, con in testa un cappellino falso acquistato da un vu cumprà di Latina, occhiali scuri classici e libro giallo da leggere, vicino ai due piccioncini e comincio il solito rituale, un mix di osservazione e memorizzazione di tutto quello che loro fanno o dicono, naturale o insolito che sia.
Certo, l’ultima volta che sono stati ad Ischia, dopo essersi guardati negli occhi per 10 minuti, si sono alzati e sono corsi in camera abbracciati mentre io riflettevo su quante volte avevo dovuto invece dedicarmi ad attività autonome suffragando le tesi metropolitane che giustificherebbero in questo modo l’uso degli occhiali fin da bambini.
Tra l’altro, oggi è uscito di gran fretta dal Ministero dove lavora, intorno alle 14, con una valigetta 24ore che abitualmente non è solito utilizzare ma che soprattutto adesso non ha con sé.
Con la scusa di cercare una toilette indicatami da un cameriere quasi compiacente di condividere con me i suoi problemi di prostata, salgo al primo piano dell’hotel, stanza 27, occupata dal generale e con l’abilità che mi contraddistingue impiego due minuti ad aprire la porta senza chiave ma soprattutto senza essere visto. All’interno noto subito, in un angolo, la valigetta nera ma è chiusa a chiave: la forcina di mia moglie compie il miracolo per la seconda volta, ma dentro non c’è molto, solo la copertina di un fascicolo vuoto di colore giallo con su scritto “Secret Cosmic” ed alcuni riferimenti in inglese circa un aereo.
Maledizione questa volta il nonno l’ha combinata grossa.
Mi precipito giù per le scale, ritornando immediatamente sotto l’ombrellone mentre con il cellulare velocemente chiamo il dott. Chiari per informarlo delle novità.
I due intanto erano rimasti tranquillamente seduti  sulle rispettive sedie sdraio e nel tentativo di spalmarsi vicendevolmente la crema abbronzante sul viso continuavano a scambiarsi delle smorfie che inducevano a presagire un tranquillo ma certo week-end di sesso.
Beati loro.
Chiari mi ha raccomandato di tenerli d’occhio perché anche se i documenti sottratti del generale sono stati sostituti con dei falsi, bisogna capire meglio il ruolo della donna e possibilmente fotografarli mentre se li scambiano.
Si farà risentire. Certo ‘sto dottor Chiari, sempre a casa sua il sabato e la domenica, mentre io sono sempre in giro a mangiare dove capita, con il caldo, il freddo, senza orari. Che vita ragazzi, anche se è molto eccitante quando per strada ti fermano gli ex colleghi e te, con noncuranza studiata, gli mostri il tesserino di appartenente al S.I.S. (Servizio Informazione Segreto) e loro ti lasciano andare subito, salutandoti con deferenza ed invidia.
Adrenalinico, quasi da James Bond, come quando mi ritrovai in una squadra che più che speciale sembrava uscire da un campetto di calcio del Laurentino 38, addetta a controllare un arabo di passaggio per Roma.
Sceso in un albergo di Via del Corso, un metro e ottanta di palestra, aveva deciso di uscire per guardare le vetrine del centro e forse fare qualche acquisto, offrendoci la ghiotta possibilità di dare un’occhiata alla stanza dove pernottava.
Tutto era a posto, lo tallonava uno dei nostri di Frosinone, non troppo sveglio ma estremamente collaborativo, mentre parte della squadra metteva a soqquadro tutti i suoi bagagli.
Io, Conti, appena arrivato al servizio, fui collocato nella hall, dove ebbi il modesto incarico di evitare un suo rientro affrettato, cosa che regolarmente avvenne perché il ciociaro se lo perse ingenuamente in via Frattina, ed io me lo vidi entrare spavaldo con alcune buste di cravatte in mano, mentre ero intento a pensare alla prossima partita Roma – Chievo.
Superato un attimo di panico ripercorsi velocemente tutti i consigli avuti mentre ero nella nostra “scuola” che in queste circostanze esortava ad inventare… ed io inventai: un attacco epilettico simulato con bava vera ed abbraccio fraterno allo stupefatto arabo che sconvolto si vide costretto a soccorrermi, aiutandomi ad entrare nell’ambulanza.
Conclusione, la squadra riuscì a defilarsi, l’arabo non si accorse di nulla ed io finii ricoverato per tre giorni all’ospedale S. Giacomo, con invasivi cateteri infilati dovunque.
Osservo il mare splendido, attraversato da una vela lontana che sembra volare, ma con la coda dell’occhio mi accorgo di essere osservato da una giovane signora, credo romana, con due figli rompiballe che continuano a giocare con un rumoroso game-boy, che insiste a guardarmi con trasversale, furtiva attenzione.
Occhi neri, afgani che sembrano invitarmi ad un momento di cazzeggio, senza troppi coinvolgimenti.
Riepilogo mentalmente se si tratta di una mia ex ma il mio archivio non ha purtroppo molti nomi inseriti o di qualche “problema” legato alla mia attività, ma non trovo una risposta immediata se non un preciso ricordo di quella settimana trascorsa in un giardino pubblico della capitale dalle cinque alle otto di sera, costretto a sbirciare se nel portone del palazzo di fronte, sede di un ufficio statale, entrasse un diplomatico dell’Est con borsa al seguito.
Nella panchina di fianco a quella da me occupata, con giornale aperto fisso ed occhiali scuri, sedeva quasi sempre da sola una ragazza sui vent’anni, bellissima, con due occhi verdi da Irlanda selvaggia, vestita modestamente, ma con un corpo nascosto da top model alla quale non potevo fare a meno di lanciare continuamente profonde occhiate copulatrici rimaste inequivocabilmente prive di risposta.
Il sabato, ultimo giorno di lavoro, tra il perplesso ed il seccato, ma soprattutto perso nei suoi occhi verdi, decisi di approcciarla ed avvicinandomi in piedi davanti a lei, modello George Clooney, le chiesi se poteva offrirmi una sigaretta… Alla prevedibile risposta  negativa, insistetti nell’invitarla a prendere qualcosa da bere con me nel chiosco del giardino e lei incredibilmente acconsentì ed alzandosi in silenzio, allungò con la mano destra un bastone bianco di ferro retrattile, che aveva con se chiedendomi se potevo accompagnarla.
In quel momento compresi l’incertezza di chi talvolta deve decidere tra l’infilarsi velocemente sotto un bus o lasciarsi andare senza urlare da un balcone al quinto piano di un palazzo.
Basta con i ricordi, perchè magari questa volta ho rimorchiato! Lunedì, al bar, tra la Roma  che ha vinto e questa storia guadagno cento punti.
Mentre mi stavo “fomentando” (come esclama spesso il ragazzetto che lavora dal carrozziere),  lei si alza di scatto dalla sdraio e dirigendosi verso di me, già afflitto da un’accentuata sudorazione che risente copiosamente della “gita” effettuata nella stanza del generale, con una voce da sballo mi chiede un giornale da leggere che io ovviamente non ho perchè non ho fatto in tempo a comprarlo, avendo dovuto rincorrere il generale.
Bravo!
La vedo allontanarsi leggera sulla sabbia, muovendo delle splendide mani lunghe che sembrano salutarmi e che sicuramente non accarezzeranno mai il mio viso.
Mi guarda ancora, ma l’iniziale sguardo intrigante lascia il posto ad un  flash di malinconia e tristezza nei suoi occhi.
Osservo il marito che arriva con i gelati per i figli e capisco…
Intanto il generale, dopo aver fatto un lungo bagno con la donna ed essere ritornato all’ombrellone, le porge una rivista alla quale lei non sembra essere interessata, ma che lui di nuovo le offre con rinnovata cortesia affinché la legga.
In quel momento intuisco al volo e preparo l’accendino-macchina fotografica, dotazione del perfetto 007 e immolo la scena.
Mi accendo contemporaneamente una sigaretta che non riesco a fumare perché io in realtà non sono un fumatore, riuscendo ad emettere un colpo di tosse così forte ed inopportuno da spaventare un anziano cane.
Nella circostanza non posso fare a meno di notare che la donna non riesce ad aprire la rivista perchè le pagine sembrano quasi incollate ed allora eccola fissare negli occhi il generale che ricambia lo sguardo con un sorriso furtivo ma deciso invitandola ad infilare rapidamente la rivista nella borsa da mare.
Ma certo, i documenti sono nascosti tra i fogli della rivista, un vecchio sistema per passare di mano fogli riservati, senza attirare l’attenzione dei curiosi.
Avverto Chiari e la sua risposta non mi piace per niente.
La giornata è ormai al termine e i due non sembrano intenzionati a rimanere come le altre volte per tutto il week-end a Sabaudia perciò lui la saluta discreto ma affettuoso, dirigendosi a lunghi passi verso la sua Audi parcheggiata lungo la strada tra le dune mentre lei sale a bordo della sua Mini nera.
Mi avvio anche io lentamente con la mia vecchia Fiat Punto bianca e mentre mi allontano, guardando di sfuggita lo specchietto retrovisore, sento un boato fortissimo mentre delle fiamme rossastre circondano rapidamente l’Audi del generale.
Tiro dritto.
Roma è lontana e il sabato sera c’è sempre traffico.
Lunedì devo pagare il condominio e mia moglie vuole cambiare il frigo. Sento delle sirene che si avvicinano.
Che tempi ragazzi.

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