Pubblichiamo ,con un pò di ritardo ma che non lo rende meno interessante,questo post di Matteo Orfini,che dà ,dall'alto del suo incarico di commissario PD della Federazione Romana,la sua versione dei fatti non solo sui rapporti con Marino e il suo definitivo allontanamento dal Campidoglo,ma anche su altri fatti,primo fra tutti Mafia Capitale.Un post a tutto tondo che ,secondo l'autore,dovrebbe fare chiarezza e tranquillizzare gli elettori e i simpatizzanti del suo partito..
Fatica improba,ma almeno ci ha provato!
D.F.
Matteo Orfini
Post di Matteo Orfini del 31 ottobre 2015.
Sarà un lungo
post, ma è bene ripristinare qualche elemento di verità. Roma aveva e ha
miliardi di problemi. Quando quasi un anno fa sono diventato commissario del Pd
era stata travolta dallo tsunami Mafia Capitale. I problemi erano sotto gli
occhi di tutti: un’amministrazione colpita dall’inchiesta, i romani infuriati
per una città che non funzionava, un sistema dei partiti inadeguato. Il Pd
romano che non si era accorto di niente e in cui pochi erano disponibili a
riconoscere l’esistenza di un problema. Anzi, la reazione più diffusa era
alzare le sopracciglia e minimizzare la portata dell’inchiesta. Con questa
lettura e questi atteggiamenti ho fatto a capocciate da subito, perché erano la
dimostrazione che il Pd era parte del problema e non la soluzione. E ho dato a
quel partito alcuni obiettivi nuovi, primo tra tutti aiutare Marino. Ho detto
che era un baluardo della legalità e che chiederne le dimissioni era la linea
della mafia. Vedo che oggi qualche buontempone mi chiede conto di questa
dichiarazione. La differenza tra oggi ed allora sta nel lavoro di quest’anno
che ci ha consentito di costruire regole e strumenti che hanno messo in
sicurezza Roma. Che oggi, come certificato dalla scelta del governo di non
sciogliere il Comune, proprio grazie a quegli interventi non è una città
mafiosa. Fermarsi prima di averli messi in campo era esattamente quello che i
delinquenti speravano avvenisse. E che noi abbiamo impedito. Ma vinta quella
partita si è chiusa una fase e serviva un salto di qualità nella capacità di
risolvere i problemi quotidiani della città. Gli appassionati ricercatori di
vecchi tweet e dichiarazioni non faticheranno a trovarne in cui spiego queste
cose.
Aiutare Marino
è stato il mio principale obiettivo. Gli ho fatto da scudo umano; ho convinto
persone di spessore a venire a dargli una mano, ne ho giustificato
inadeguatezze ed errori. Molti di quelli che oggi mi accusano di averlo
scaricato, fino a qualche settimana fa mi accusavano di difendere
l’indifendibile. Sono convinto di aver fatto bene allora e di aver fatto bene
ora. Perché prima di interrompere l’esperienza di una amministrazione scelta
dai cittadini, un partito le deve provare tutte. E io le ho provate tutte. Ma
c’è un punto oltre il quale non si deve mai andare: se continuare significa
danneggiare la città occorre fermarsi. Ed è quello che abbiamo fatto. Perché la
perdita di credibilità e autorevolezza del sindaco –di cui solo lui è
responsabile- non la possono pagare i cittadini.
Era tutto
sbagliato dunque? No, Marino ha fatto cose buone e importanti che gli vanno
riconosciute. Ma il racconto autoassolutorio che nel momento dell’addio ha
offerto rabbiosamente alla città è semplicemente ridicolo. Perché la vera
discontinuità c’è stata dopo mafia capitale, quando in giunta è arrivato
Sabella e quando il Pd è stato commissariato. E se a volte siamo arrivati tardi
non è stato per responsabilità del Pd. Perché ci sono voluti mesi a cambiare
quei dirigenti che dal primo giorno avevo suggerito di cambiare? Perché è
dovuto arrivare uno da Torino per accorgersi che per 5 anni in Atac si facevano
solo appalti senza gara? Perché oggi siamo costretti a segnalare alla corte dei
conti decine di milioni di euro di discutibili somme urgenze fatte nei primi
anni di questa consiliatura? Sono solo alcuni esempi. E poi sono arrivati gli
ultimi mesi, segnati da una interminabile serie di errori, sottovalutazioni. E
bugie.
Avremmo dovuto
continuare nonostante tutto? In questi mesi ho provato a dimostrare che un
partito può essere qualcosa di diverso da quello che questa città ha
conosciuto. Non è necessario chiudere gli occhi di fronte a errori e
comportamenti discutibili solo perché il protagonista è un tuo compagno di partito.
In questi mesi non ci siamo fermati mai per “opportunità politica”. Questo ci
ha consentito di arrivare prima della magistratura. E’ successo ad Ostia dove
la lotta ai clan comincia quando arriviamo io e Esposito, non quando si insedia
Marino (anzi è sconcertante che per due anni nessuno si fosse accorto di
nulla).
Un partito
serio fa così, perché prima pensa all’interesse generale e poi alla convenienza
di parte. Questo è il principale insegnamento che viene dalla storia della
sinistra italiana e che mai dobbiamo dimenticare.
Ieri questo
abbiamo fatto. Non dal notaio, ma in Campidoglio. Si sarebbe potuto discuterne
in aula, come avevamo proposto al sindaco. Bastava non ritirare le dimissioni
prima e riunire subito il consiglio. Marino non lo ha voluto e non può
scaricare altrove anche questa responsabilità. La sua era una esperienza finita
e stava a lui prenderne atto e chiuderla responsabilmente. Ha scelto un’altra
strada e quella responsabilità se la sono assunta al posto suo i consiglieri
del Pd. Che hanno dimostrato coraggio, serietà e amore per la città.
Rinunciando al loro seggio hanno consentito di voltare pagina e ripartire. E
hanno mostrato che il Pd era unito e consapevole del proprio ruolo, con buona
pace dei retroscena creativi di questi giorni.
Qualcuno si
lamenta perché ho assunto questa scelta autonomamente, senza discuterne. Mi
fecero le stesse critiche quando sciogliemmo Ostia. Se allora avessi messo ai
voti quella decisione, non l’avremmo mai assunta. Probabilmente è proprio
grazie a quella scelta che Roma ha evitato l’onta dello scioglimento per mafia
(lo riconosceva anche Marino, prima di immergersi nella narrazione fantasy di
queste ore).
Un commissario
serve per questo: assumere quelle decisioni che un partito non è in grado di prendere
autonomamente perché ostaggio dei propri problemi. La scelta è stata mia e la
rivendico perché l’ho fatta nell’interesse esclusivo della città. Che ora
grazie all’impegno del governo e al lavoro del commissario e di chi lo
affiancherò potrà ripartire. Ai romani non prometto niente, perché è tempo di
fatti. E siamo già al lavoro per realizzarli.
Al mio partito,
ai circoli e ai tanti militanti che sono comprensibilmente colpiti da una
situazione come questa dico che il lavoro di questi mesi non si fermerà. E che
non ho alcuna intenzione di cominciare oggi a fare il commissario come qualche
capocorrente vorrebbe, ripristinando caminetti e vecchi riti. Quando ho
commissionato a Barca il rapporto, nessuno si aspettava che sarebbe stata una
cosa seria. E invece lo era. Quando ne ha presentato i risultati, nessuno si
aspettava che ne avrei tenuto conto. E invece i circoli finti oggi sono chiusi.
Se qualcuno ha nostalgia del partito di prima, di quello che non si accorgeva
di Mafia capitale, che sapeva solo chiudersi nei circoli a litigare, che
vincolava le proprie scelte al mantenimento degli equilibri tra le correnti, si
rassegni: non tornerà.
Ieri il Pd ha
fatto una scelta difficile, ma coraggiosa. Dolorosa, ma indispensabile.
Dicevano che saremmo andati avanti in eterno per paura del voto. Non è andata
così. Perché un partito che si chiama democratico non ha e mai avrà paura del
giudizio degli elettori. A noi sta costruire un progetto vincente intorno a
un'idea di cambiamento della città.
E un partito
che di questa sfida si faccia interprete.
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