da Carte in Regola
Rimozione forzata
(Riflessioni a margine dell’intervista di Fabrizio Barca pubblicata da “Il fatto quotidiano” il 28 ottobre)
Ignazio Marino è stato suo malgrado
un’arma di distrazione di massa, che ha permesso ai partiti di
bypassare la doverosa autocritica su Mafia Capitale e scaricare tutti i
problemi di Roma su un Sindaco marziano e pasticcione. E, alla luce di questa rimozione collettiva in atto, la
famosa relazione Barca “#mappailPD” rischia di diventare un ulteriore
diversivo, dato che finisce con l’indicare come “partito cattivo,
pericoloso e clientelare” solo quello dei circoli, senza mettere
minimamente in discussione la classe dirigente Dem della Capitale, che
ha costruito negli anni questo sistema politico, di cui i circoli
“cattivi” sono solo l’ultima rotellina.
No, il titolo non si riferisce al
Sindaco Marino, anche se potrebbe prestarsi molto bene a descrivere la
situazione di un Sindaco eletto dai cittadini mandato a casa da un
Presidente del Consiglio che non è stato eletto dai cittadini*. La
rimozione di cui parlo è la rimozione collettiva in atto da tempo,
quella che ha cancellato il coinvolgimento dei partiti e dei politici
in Mafia Capitale (e Regionale: altra rimozione collettiva) per
concentrarsi solo sul martellante referendum: Marino sì/Marino no.
Perchè diciamoci la verità: Ignazio Marino è stato suo malgrado
un’arma di distrazione di massa. A forza di parlare delle sue gaffes,
delle vacanze ai Caraibi, di insofferenze papali, di scontrini, si è
riusciti a far sparire nel nulla l’allucinante galleria di consiglieri
comunali e regionali indagati e arrestati, e l’inquietante serie di
intercettazioni che ha spinto molti politici (anche non indagati) a fare
un passo indietro (1). Ma le
rimozioni, come le bugie, hanno le gambe corte: tra pochi giorni, il 5
novembre, inizierà il processo che scaturisce dalle indagini
dell’operazione “Mondo di mezzo”, che vedrà alla sbarra, insieme a
Massimo Carminati, il “cecato”, e a Salvatore Buzzi, il ras delle
cooperative, molti personaggi di primo piano della politica capitolina
e non solo. E se proviamo a guardare ai fatti nudi e crudi, eliminando
le incrostazioni di gossip e di veleno, questa rimozione appare
evidente:
Nessuno, NESSUNO, parla più di Mafia Capitale,
dello tzunami che ha investito Roma e il Lazio da quasi un anno a
questa parte e dell’inimmaginabile (per penetrazione e dimensioni)
verminaio che ha toccato in diversa misura tutti i partiti
tradizionali, in primis il Partito Democratico e PDL/ Forza Italia. (nè
dei vari scandali che hanno investito, in un passato neanche lontano,
la Regione Lazio). L’iniziativa “Spiazziamoli! per la democrazia contro le mafie,
promossa il 6 e il 7 marzo scorso da 100 comitati e associazioni (e
anche militanti di vari partiti) per scuotere una politica e
un’opinione pubblica che avevano già archiviato gli arresti e le
perquisizioni del 3 dicembre 2014, è stata una voce nel deserto. La
richiesta delle stesse associazioni, il 16 aprile, di un’Assemblea Capitolina aperta sulle mafie e sulla corruzione è stata ignorata fino a oggi da tutto il Consiglio (2). L’unica
iniziativa pubblica organizzata dal PD, a cui si sono aggiunte Lista
civica Marino e SEL e alcune associazioni come ARCI e ACLI (oltre alle
istituzioni), è la manifestazione del 3 settembre scorso alla Chiesa
Don Bosco, dove qualche settimana prima era andato in scena il funerale
Casamonica (3). Iniziativa lodevole, ma troppo isolata per non sembrare un modo per “mettere una pezza” all’inquietante show in stile “Suburra” e nello stesso tempo pagare un simbolico tributo antimafia tenendosi alla larga da un confronto vero con la città. (4)
Nessun dibattito aperto nei circoli e nelle sezioni, nessuna assemblea pubblica, nessun congresso. Mentre
nell’area centrodestra il silenzio ha regnato assoluto, il Partito
Democratico qualcosa ha fatto. E’ stato commissariato il Partito, con
la nomina del Presidente Matteo Orfini (ora rinnovata per il secondo anno dopo un frettoloso voto dei membri della Direzione via email)
e sono state portate avanti due iniziative parallele. La prima è
“#mappailPD” di Fabrizio Barca, che dopo aver sottoposto un
questionario ai circoli romani, li ha catalogati sulla base di 6
tipologie, che vanno dai “circoli progetto” – quelli più virtuosi, che
hanno la capacità di coinvolgere i cittadini in iniziative per il
territorio, a quelli all’estremo opposto, denominati “potere per il
potere”, dove l’interesse collettivo si è perso per strada e prevalgono
gli interessi particolari (5). La
seconda è un’indagine avviata dalla Federazione sui dati del
tesseramento, spesso lievitato notevolmente prima delle elezioni (o
delle primarie) per poi riscendere subito dopo, con un grave
inquinamento della vita democratica dei circoli. Ora apprendiamo, da
un’intervista a Fabrizio Barca su Il fatto Quotidiano di ieri 28
ottobre, che in questi mesi “il commissario Orfini ha chiuso i [40 ndr] circoli che abbiamo definito “non utili” alla città. La parte cattiva, sulla carta, è stata cancellata” (5). Quindi l’operazione è stata condotta fino in fondo e senza sconti a nessuno.
Ma fatemi capire: scoppia Mafia
capitale, in cui si scoprono coinvolti altissimi esponenti del
Partito Democratico romano – vengono arrestati un Presidente
dell’Assemblea Capitolina, un Presidente di Commissione Capitolina, un
Presidente di Municipio, sono indagati l’ex Presidente del PD romano e
altri, dai giornali saltano fuori fiumi di intercettazioni, che anche
se riguardano consiglieri non indagati, spingono alcuni alle dimissioni
dal ruolo ricoperto in Campidoglio o in Consiglio Regionale, e l’ex
capogruppo capitolino a dimettersi da consigliere – e l’unica risposta
del Partito è sguinzagliare giovani ricercatori a fare le pulci ai
militanti dei circoli? Come se in un ristorante si verificassero casi di
intossicazione e anzichè indagare sui cuochi si mettessero sotto accusa
i camerieri e la donna delle pulizie. Perchè i circoli “incriminati”
saranno stati anche il terminale della filiera di quel “partito cattivo, pericoloso e clientelare” da riformare, ma non sono certo i promotori di quel sistema “cattivo, pericoloso e clientelare”
che gestisce da anni pezzi di politica e amministrazione romana.
Scrivevo – forse un po’ troppo entusiasticamente – all’indomani della
presentazione della Relazione Barca (6) : “non
può esserci cambiamento se prima non si affronta la realtà e
soprattutto non si fa autocritica, individuando i motivi di errori e
“mutazioni genetiche”, per ricominciare a costruire su una base solida” e mi auguravo che “il PD di Orfini, dopo questo primo passo coraggioso, dovrebbe fare quello successivo: #Mappairappresentantidelpd.
Non ci si può limitare a indagare i danni del “potere per il potere” o
l’inerzia della feudalizzazione del Partito limitandosi solo ai
valvassini. Adesso si tratta di porsi delle domande anche sui valvassori
e sui vassalli” . E questo, a oggi, non è accaduto.
Ma
soprattutto a questo punto Fabrizio Barca, a quanto pare, qualche
idea sul “Partito cattivo” che va al di là (e sta sopra) i circoli
sembra essersela fatta, dato che alla domanda del giornalista: “C’è una parte del partito “cattivo” che sfrutta la situazione e usa Marino per tornare ad avere una posizione centrale?” risponde “Assolutamente
sì. Persone che si appoggiano proditoriamente a Marino, e magari
nemmeno lo sostenevano prima. Gli stessi che attaccano Orfini. Sono
quelli che sperano che il rinnovamento si fermi». Un’affermazione molto grave, che ci
aspettiamo che un esponente così importante del Partito nazionale, che
ha parlato con grande sincerità e immediatezza al “popolo della
sinistra che spera” accorso alla sua presentazione di giugno, abbia il
coraggio di spiegare apertamente. Perchè le persone serie – e i partiti
seri – affrontano le situazioni difficili con coraggio, parlando chiaro
e andando fino in fondo. Altrimenti siamo sempre – più che nel
“mondo di mezzo”- nel mondo di sotto: quello della guerra per bande,
delle insinuazioni, degli avvertimenti.
Un mondo da cui speriamo che Roma, e il PD, si elevi alla svelta.
Anna Maria Bianchi Missaglia
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