da www.donnealtri.it
E' stato presentato nei giorni scorsi all’Università Roma Tre il libro di Ghisi Grutter Architettura e rappresentazione, alcune questioni.
Dopo i saluti del Direttore del Dipartimento Prof. Elisabetta
Pallottino, la Prof. Ghisi Grütter curatrice e coautrice del libro, ha
sintetizzato le motivazioni che l’hanno portata a mettere insieme questi
saggi. Due capitoli consistono nelle trascrizioni delle due
lezioni/conferenze fatte l’anno scorso nel suo corso di Tecniche di
Rappresentazione: il Prof. Franco Purini in una sorta di introduzione al
corso ha elaborato un interessante “viaggio nel disegno” mentre il
Prof. Vieri Quilici ha parlato dei disegni e dei progetti di Adalberto
Libera nella sua esperienza romana e in particolare quelli elaborati per
l’EUR. La Prof. Ghisi Grütter ha voluto inserire uno scritto
sull’architettura a Roma nel secolo scorso in modo da dare una
consapevolezza storica e un senso ai lavori che gli studenti di
Architettura di Roma Tre fanno all’interno del tessuto urbano romano.
Gli ultimi tre saggi sono legati dal concetto di comunicazione del
progetto essendo le ricerche più recenti incentrate sui “disegni
definitivi”, per approfondire gli aspetti della “presentazione” del
progetto. Sempre di Grütter un saggio che tratta dei 3D artists, giovani
abilissimi talvolta con un background architettonico o più spesso
provenienti da studi fotografici. Saverio Silli e Michele Gattini sono
due giovani architetti laureatisi entrambi all’Università Roma Tre, che
lavorano con la Prof. Grütter da vari anni sia alla didattica sia alla
ricerca, Gattini più attento agli aspetti bidimensionali, Silli a quelli
tridimensionali.
Interviene il Prof. Francesco Cellini che dopo aver notato la grande
varietà di tematiche inserite nel libro ne ha colto il fil rouge che le
lega e che è il disegno nelle sue infinite declinazioni. Ha apprezzato
sia il libro sia il lavoro che la Grütter porta avanti con la sua cura
critica del dettaglio e delle composizioni (ad esempio le immagini di
Marek Denko), notando anche il suo questo amore per le operazioni
artistiche che vanno dall’Op al Pop. Si sofferma anche sul capitolo che
tratta di produzioni artistiche delle immagini anche quelle digitali più
“commerciali” e maggiormente dirette ad acquisire il consenso della
committenza. Cellini ha parlato inoltre dell’importanza che ha avuto il
disegno in particolare a Roma specialmente fino agli anni ’60 sia come
insegnamento (4 corsi annuali nei primi due anni di corso di laurea in
Architettura) sia nella pratica professionale. Ha sottolineato anche la
“fisicità” del disegno e di come cambi il segno a seconda anche di
caratteristiche fisiche: Franco Pierluisi era mancino, Alessandro
Anselmi aveva una mano grande…la presbiopia ecc.. Il mezzo pure
condiziona la rappresentazione, non a caso Franco Purini usa il
rapidograph che quasi incide e con il quale si deve disegnare lentamente
e perpendicolarmente altrimenti non scrive.
«La ‘mano’ è, infatti, quella parola che, riassumendo tecniche, segni e
gestualità, serve per relegarle tutte insieme nello spazio segreto della
personalità e della fisicità dell’autore (che cosa in fondo ci può
essere di più strettamente individuale, caratteristico, corporeo ed
irriproducibile?)…come il tratto del rapidograph di Franco Purini,
minuto, breve, controllato, ossessivo, ripetitivo e chirurgicamente
preciso convenga anche alla sua complessione massiccia, alla feroce
energia trattenuta e quasi rallentata dei suoi movimenti; ed ancora come
i fulminei tratteggi di Franco Pierluisi (matita, bulino), lanciati in
anomale diagonali attraverso lo spazio di tutto il disegno, convenissero
con la sua corporea irruenza e con lo stesso fatto banale che era
mancino; o, infine, vorrei far notare come i segni di Sandro Anselmi
abbiano negli anni perso in nettezza e precisione e guadagnato in
robustezza e sintesi, convenendo col fatto altrettanto banale e naturale
della sua progressiva presbiopia… Le campiture, i tratteggi e le ombre,
che appunto costituiscono uno dei caratteri più distintivi dello stile
(basta un centimetro quadrato di disegno per capire se sia di Purini o
di Anselmi)».
Franco Purini ha parlato di varie cose; ha iniziato sostenuto
l’importanza del disegno nel progetto relegato oggi a un ruolo puramente
strumentale. Per Purini il disegno è un “giudizio” sul progetto, ha la
forza di un manifesto, ne comunica gli intenti, i principi nella volontà
di cambiare il reale. È l’Architettura come Arte.
Ha ripreso lo spunto di Francesco Cellini sull’architettura romana del
secolo scorso per ribadire la grande cultura architettonica di questa
città in contrapposizione alla mancanza di una scuola unitaria, come
invece è esistita ad esempio al Politecnico di Milano dove c’è la scuola
del Politecnico illuminista ed europea. Roma non ha avuto una scuola né
con Giovannoni né con Piacentini, il primo più attento alla storia il
secondo più aperto verso la modernità. Ci ha provato Saverio Muratori,
un grande conoscitore del tessuto urbano, che però è rimasto all’interno
di una cerchia ristretta di adepti. Ha parlato delle diatribe,
dissidenze e competitività a Roma, narrando anche un aneddoto di una
gara di disegno tra Libera e Ridolfi. Purini a poi aggiunto alcune
considerazioni positive sul lavoro che la Grütter sta svolgendo andando a
indagare i disegni di quegli anni ‘20 ‘30 e ‘40 fino alle palazzine,
oggi rilanciate all’attenzione del grande pubblico. Ha asserito che tra i
disegni a carboncino di Alessandro Limongelli e quelli della Metropolis
of Tomorrow di Hugh Ferriss non saprebbe decidere quali siano i più
importanti: se si va a New York ci si accorge che tutti gli edifici
hanno dei rimandi alla storia, gargoyles sui grattacieli quasi fossero i
sogni di Brasini.
L’intervento composito di Quilici ha trattato del “bello” e della
dialettica del segno versus l’immagine; ha rimarcato l’importanza dei
disegni di Purini come tracciati, frammenti di tracce, fino al
“capolavoro” dell’Eurosky. Ha aggiunto delle considerazioni sulla
nascita dei quattro poli Universitari negli anni ’80 – gli studenti
erano arrivati a 100.000 – in un periodo di corsa alla modernizzazione.
Il ruolo che la scuola di Roma Tre, apertasi nel 1992, ha voluto avere è
di insegnare la città all’interno della città. L’altro elemento della
scuola di architettura di Roma Tre è stato quello di inserire elementi
di “originalità” nell’insegnamento come ad esempio i workshop inventati
assieme a Cellini sull’ideazione architettonica. La Grütter è stata
chiamata apposta per questo ruolo “originale” che la
rappresentazione/comunicazione deve svolgere, e ne apprezza il lavoro in
tutti questi anni. Tutto ciò fa riflettere sulla mancanza di un corso
di storia dell’arte nelle facoltà di Architettura, mentre ai licei c’è
una materia che è proprio Disegno e Storia dell’Arte. Ha ricordato i
temi scritti che venivano svolti sotto Ludovico Quaroni in particolare
uno da lui elaborato sul Disegno di Architettura fin d’allora. Conclude
con un apprezzamento sia nei confronti del libro sia del tipo di
insegnamento portato avanti dalla Prof. Grütter.
Intervengono tra il pubblico: Cristiana Bedoni che ha ribadito
l’importanza del disegno del suo “senso” e della sua costruzione
facendo un paragone con gli scrittori e le loro “costruzioni delle
frasi”; Laura Farroni ha sostenuto il digitale di cui oggi si apprezza
ancora solo il valore meccanico e non quello espressivo, ricordando che
dietro ci deve essere un pensiero rigoroso e ha concluso gli interventi
Filippo Lapadula che, per sostenere l’importanza del disegno, ha
raccontato tre aneddoti di altrettanti architetti famosi (Oscar
Niemayer, Carlo Scarpa e Attilio Lapadula)
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