In Italia si profila lo scontro – credo finale – sul
mercato del lavoro.
Sindacati e ribelli PD saranno spazzati via, in un modo o
nell’altro.
Le ridicole ragioni dei vari Sacconi, Ichino e compagnia,
che giustificano la cancellazione dell’art. 18 con sofismi cervellotici, non
incantano nessuno.
Per contro, la corretta – ma tardiva – difesa di tutti i lavoratori e non soltanto di una
parte ( argomento cavalcato da chi chiede la massima flessibilità sul mercato
del lavoro), a cui i sindacati e i vari
Fassina sono arrivati, risucchiati dalla corrente, insieme alla difesa
dell’art. 18, inutile e vessillifera (se il reintegro è conservato per i casi di vera sopraffazione), appaiono
l’ultimo soprassalto di una “sinistra” che avendo accettato (non poteva non
farlo)le regole del capitalismo globale, sa di combattere l’ultima battaglia,
peraltro “nominale”, prima di scomparire.
Non so se prima della attuazione delle “riforme” ci sarà
un ricorso al voto o no.
So che è soltanto questione di tempo.
L’ideologia borghese capitalistica troverà qualcuno, se
non Renzi, che le attuerà.
Il mondo è sottomesso a una legge che non permette di
considerare le “persone” come entità uniche e preminenti, anche se non
vincenti, in una gara durissima in cui pochissimi sono i trionfatori e la
stragrande maggioranza non conta.
Nel mercato del lavoro, quindi, parole come dignità della
persona, rispetto del lavoratore, e così via, appaiono incomprensibili a chi,
sulla base della ferrea legge della concorrenza e del profitto, non concepisce
la forza lavoro se non come un fattore di produzione fungibile.
La regola mondiale privilegia soltanto il capitale, il
profitto e i suoi sacerdoti inconsapevoli, cioè gli imprenditori .
Poichè la piena occupazione, nel mercato mondiale senza
barriere è una ipotesi irreale, il meccanismo che pretende la sussistenza dei
paria viene conferita al “pubblico” (cioè agli stessi paria) mentre la
flessibilità consente a chi intraprende di fare profitti per l’accumulo
finanziario, con la certezza che se l’idea non ha funzionato, i cocci saranno
regalati ai governi compiacenti.
Non ci sono alternative.
Non ci sono ideologie concorrenti che abbiano la stessa
forza, lo stesso potere la stessa volontà di auto protezione. I vincitori pretendono regole che consentano qualche
cooptazione di nuovi vincitori e l’eliminazione di qualche membro che ha perso
smalto e fortuna, ma non possono accettare regole che obblighino alla
solidarietà che non sia “gentile liberalità” di singoli.
Questa legge, borghese, capitalistica e “protestante”,
pretende vincitori duri che accettino competizione durissima, per sfruttare
ogni fattore al massimo utilizzabile (è di questi giorni la notizia che gli
imprenditori cinesi assumono operai africani, perchè oramai più docili e meno
esosi di quelli cinesi).
Viene allora in mente a me, che, nel nostro paese, per
mille ragioni, i nostri imprenditori, nella stragrande maggioranza sono
impreparati e incapaci.
In una intervista fatta da Piero Ottone (ripresa, se non
ricordo male, da La Repubblica qualche tempo fa), Cuccia,colpevole padrone della stanza di compensazione del
“capitalismo” italiano , sosteneva di essere obbligato a quel compito – anomalo
ovunque altrove – perchè , a parte rari esempi, la maggior parte dei presunti
imprenditori italiani erano dei “fetentoni”.
Le cose non sono cambiate molto da allora. Non essendoci
più un Cuccia protettore e essendo il mondo diventato piccolo, la nostra
“classe imprenditrice” è esposta, nella gara della concorrenza spietata, alle
spallate di gente ben più agguerrita.
E’ questa genia di finti duri, che spera di ottenere
vantaggi dalla eliminazione dei vincoli del mercato del lavoro.
Così, i paria italiani – e oramai anche molti che si
credevano al riparo – pagheranno lo scotto più duro: sottomessi alle regole
dell’insensibile capitalismo e in balia di giocatori incapaci.
Pagheranno – anzi, pagheremo – uno scotto doppio.
Raffaele Fischetto
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