21 settembre 2014

Recensione film :THE RAILWAY MAN di J.Teplitzky




Le due vie del destino_The Railway man


 

 

Il regista australiano Jonathan Teplitzky per il suo terzo lungometraggio si ispira alla storia vera descritta nell’autobiografia (riadattata da Frank Cottrell Boyce e Andy Paterson) di Eric Lomax - un soldato inglese che durante la guerra è stato prigioniero dei Giapponesi e coinvolto, con maltrattamenti, alla costruzione della ferrovia tra Bankok e Rangoon.

Torturato dai poliziotti della polizia segreta Kempeitai, Eric – Jeremy Irvine è lui da giovane - non riesce a condurre una vita normale perseguitato da ricordi e incubi di tutto ciò che ha sofferto in quei giorni. Da adulto Eric - un fantastico Colin Firth - si innamora e si sposa con Patti – una non eccezionale Nicole Kidman – ma non riesce né a farla felice né a vivere una vita serena. Il film è ambientato in una piccola località nel nord dell’Inghilterra negli anni ’80 ma è continuamente inframezzato dalla storia di guerra nella Thailandia del 1942.

Scoperto che il suo maggiore aguzzino è ancora vivo torna lì sui luoghi degli orrori dove fa la guida turistica nel Museo della Guerra. Qui la storia narra che dal desiderio di vendetta si passa piano a piano al perdono mediante un percorso di rivisitazione degli agghiaccianti maltrattamenti. Rivivere e ripercorrere la sofferenza, invece di cercare di rimuoverla e di evitarla, avrà un potere liberatorio e quasi “catartico”. Il torturato e il torturatore arriveranno a  comunicare, spiegarsi e alla fine impegnarsi nella riconciliazione.

Il film si lascia vedere grazie soprattutto alla bravura dei protagonisti maschili di Lomax ragazzo e Lomax adulto. Sicuramente avrebbe giovato alla scorrevolezza e verosimiglianza del film una minore indulgenza sulle scene violente (ci si chiede come sia potuto sopravvivere a tali maltrattamenti…) e qualche accelerazione. L’Inghilterra rappresentata sinteticamente, sbirciata dai finestrini dei treni o ritrovata nei luoghi maschili d’incontro è bella e di estremo fascino. L’ottimo accompagnamento sonoro segue le varie vicende procurando in alcuni momenti un clima di suspense.

Anche se in questa circostanza l’iniziativa è stata individuale si inserisce in alcune importanti iniziative. Esistono, infatti, associazioni di gruppi che si incontrano con l’obiettivo di superare l’odio e il dolore a chi ha vissuto eventi così terribili: facendo incontrare le vittime con i loro persecutori si cerca proprio il dialogo attraverso la verbalizzazione delle sofferenze. Un noto gruppo  è  il “One by One”, un’organizzazione fondata da coloro che sono stati profondamente colpiti dall’Olocausto. I membri multi-generazionali si incontrano: i sopravvissuti alla Shoah o i loro discendenti con i loro aguzzini e torturatori, o i loro discendenti, spettatori di uno dei più tragici capitoli della storia umana. Ho conosciuto qualche anno fa una donna, sopravvissuta da bambina al campo di concentramento di Terezien e al campo di sterminio di Auchwitz, che dopo aver vinto una naturale e comprensibilissima avversione, ha aderito con grande partecipazione a questo progetto di riconciliazione.
 Ghisi Grütter
 

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