28 settembre 2014

Recensione film:IL FUOCO DELLA VENDETTA di Scott Cooper




IL FUOCO DELLA VENDETTA
Scott Cooper



Un film duro quello di Scott Cooper e con molte scene di violenza. Ma la violenza non è solo quella mostrata palesemente dove si vede il sangue del cerbiatto cacciato o quello del viso pestato per l’incontro clandestino di boxe a mani nude. La violenza attraversa tutto il film ed è presente nei luoghi di ambientazione: nell’habitat, nella vita in fabbrica, nel carcere urbano, nei drive-in e nei luoghi “dimenticati da dio” degli incontri. Un’America dei non-luoghi di qualche anno fa. Infatti, la storia è leggermente retrodatata: i protagonisti partono per la guerra in Iraq e ascoltano Ted Kennedy in TV. La narrazione quindi si dovrebbe svolgere presumibilmente tra il 2003 e il 2008, poiché si comincia a parlare di chiusura della fabbrica.

Il titolo originale Out of the Furnace, molto più pertinente e meno banale di quello italiano, ci fa proprio intuire che fuori della fabbrica la vita non sia poi migliore. I fratelli Blaze, così caratterialmente diversi, sono interpretati dallo strepitoso Christian Bale – l’operaio good guy e perfino religioso - e dal bravo e inquieto Casey Affleck (attore non casualmente legato a Gus van Sant). Il film, infatti, presenta un vasto cast di attori-simbolo anche nelle parti secondarie come lo zio Red interpretato da Sam Shepard che, oltre ad essere scrittore teatrale e cinematografico e regista lui stesso, ha recitato anche con Wim Wenders, considerato il campione di riprese dei non-luoghi urbani. Forest Whitaker, è il poliziotto, William Dafoe il cattivo e Woody Harrelson è il fantastico cattivissimo.

Il film ha un bel ritmo, luci violacee e musiche da western; tutta la parte centrale presenta il montaggio di scene parallele tra la caccia al cervo e l’incontro di boxe e, se anche in modo un po’ meccanico, prelude alla tragedia creando un’intensa aspettativa nello spettatore.

Un film anche che non lascia molte speranze in linea con i film sulla crisi delle istituzioni e sulla giustizia fai-da-te. Il finale leggermente ambiguo lascia in sapore amaro in bocca suggerendo una riflessione su chi siano realmente i buoni e chi i cattivi e fino a che punto un buon comportamento “civile” sia una libera scelta.
Ghisi Grütter
 
 

Nessun commento:

Posta un commento